| Cos'è rosso come il 
  sangue?La follia? La Passione? L'Amore? E se il tutto questo ti allontanasse 
  dall'unica persona che tu abbia mai amato?
 Se andate fino in fondo lo scoprirete ^__^
 Buona lettura
     
   
     
  Rosso 
  come il sangue   
    
  di Parsifal 
    
    Il rumore delle onde che si 
  infrangono contro gli scogli è l'unico suono che riesce a calmarmi.Guardo il sole, che si è tuffato nell'oceano ed ha colorato di rosso ogni 
  cosa.
 Osservo le rare nuvole che passano, pigre.
 Medito sulle acque ingannevoli che riflettono questo cielo come se fossero un 
  tutt'uno.
 Perfino io, agli occhi di qualche passante, rifletto questi colori sanguigni.
 Forti.
 Accesi di una passione latente, forte come il sangue che scorre nelle vene.
 Sospiro stancamente e guardo ancora una volta le acque che, con il loro canto, 
  sembrano invitarmi a raggiungerle.
 Sarebbe così facile.
 Sarebbe fin troppo facile lasciarmi andare e cancellare tutto, far si che 
  quelle onde si richiudano su di me, che quel rosso mi avvolga e mi cancelli 
  completamente.
 Smettere di respirare, di pensare.
 Fare a meno di quella fatica immane che è vivere.
 Eppure so benissimo che non servirebbe a nulla.
 A nulla.
 So che qualsiasi cosa io possa fare, qualsiasi cosa io possa pensare o dire il 
  presente non cambierà.
 Non si modificherà nulla.
 Qui o...là...qualsiasi luogo sia là...non lo incontrerò.
 Non lo incontrerò mai più e la colpa è solo mia.
 Completamente mia.
 Mi metto a ridere forte...alla fine sto facendo quello che non ho mai fatto 
  quando era qui con me.
 Sto ammettendo a me stesso che ho sbagliato tutto.
 Ogni cosa.
 Che se sono rimasto solo, sera dopo sera, a guardare il tramonto nell'oceano, 
  cercando il coraggio di far terminare con un tuffo la mia vita, è unicamente 
  per colpa mia.
 Soltanto per colpa mia.
 Mi fa schifo questo pensiero.
 Mi fa ribrezzo il mio affondare lentamente, giorno dopo giorno, nella melma 
  del mio dolore.
 Mi danno nausea la mia debolezza, la mia vigliaccheria.
 Eppure nemmeno questo basta.
 Guardo le mie mani e le vedo ancora piene di sangue.
 Vedo il suo sguardo, sgomento prima e triste poi...e sento ancora il furore 
  che si impossessa di me.
 Se potessi tornare indietro rifarei lo stesso errore?
 Se potessi tornare indietro lo rifarei di nuovo?
 SI', MALEDIZIONE!!!
 Lo rifarei ancora.
 Ed è per questo che sono condannato ad un'eterna solitudine.
 Continuo a guardarmi le mani e la mia mente torna indietro nel tempo e nel 
  luogo.
 Come una scheggia l'antico dolore si conficca nella mia mente ed inizio a 
  sanguinare di nuovo.
 Ancora ed ancora.
 Quella notte è scolpita in me e non la dimenticherò mai più.
 Eppure...eppure è stata soltanto l'ultima fase di un processo già iniziato da 
  tempo.
 Un processo che ha preso il via quando Robert è entrato nella nostra vita, 
  anzi...nella sua.
 Scuoto la testa con rabbia...lo sapeva che eravamo una coppia.
 Lo sapeva che stavamo insieme, lo avevo avvertito di stargli alla larga.
 Ma lui no...lo voleva a prescindere da me.
 E da Lucien.
 Lo voleva a tal punto da forzarlo.
 Quando Lucien si fu reso veramente conto delle sue reali intenzioni, lo 
  allontanò.
 Non mi sono fidato di lui?
 E' successo davvero questo?
 Sono incorreggibile.
 Ancora adesso, a distanza di tempo, non riesco a capire perfettamente se la 
  mia è stata davvero mancanza di fiducia o semplice e puro istinto di 
  conservazione.
 La cosa importante è che Lucien non me l'ha mai perdonato.
 L'oscurità sta prendendo il posto del tramonto.
 E' arrivata senza che io me ne rendessi veramente conto, come ogni sera del 
  resto.
 E' la mia maledzione?
 Forse...forse la mia condanna per ciò che ho fatto è proprio questo ricordo 
  che, incessante, arriva ogni sera e mi fa rivivere , attimo per attimo, la mia 
  fine.
 Come al rallentatore rivedo il momento in cui lui aveva afferrato Lucien per 
  le spalle, lo aveva attirato a se, lo aveva addossato al muro e lo aveva 
  baciato con rabbia.
 Rivedo le sue mani che stringevano quelle spalle conficcandosi nella pelle.
 E sento ancora il furore che mi acceca.
 Solo perchè sono tornato indietro a prendere la giacca che avevo lasciato a 
  casa sua.
 Vorrei tanto poter affermare che è stato un sesto senso.
 Che ho sentito il pericolo...ma non è andata così.
 Non ho sentito nulla...se non il vento che si era improvvisamente alzato ed il 
  freddo che mi entrava nelle ossa.
 Quello mi permise di vedere tutto.
 Ogni cosa.
 Lucien era ancora lì a guardare il punto in cui ero sparito...avevamo litigato 
  anche quella notte per colpa mia e della mia gelosia.
 Dio...come vorrei cancellare dalla mia mente quella scena.
 Quella scena non mi da tregua.
 Quelle mani che lo afferravano, quella bocca che lo baciava.
 Egli che tentava di respingerlo e che veniva colpito da un pugno.
 Non ci vidi più.
 Mi alzo in piedi e resto fermo lì, a guardare l'oscurità che mi avvolge dove 
  c'è l'oceano celato dalla notte ormai avanzata.
 Non riuscì a fermarmi.
 Nemmeno Lucien riuscì a fermarmi.
 Nemmeno la sua voce che mi implorava ne le sue mani che cercavano di fermarmi.
 Quando tornai in me avevo le mie mani piene di sangue...del sangue di un'altro 
  essere umano.
 E non ne ero affatto pentito.
 Fu questo che ci divise.
 Che lo fece allontanare da me.
 Torno indietro lentamente, ripercorrendo quel sentiero che ormai potrei fare 
  ad occhi chiusi.
 Il suo ultimo abbraccio...io ancora sporco di sangue, lui che appoggiava la 
  sua testa sul mio petto.
 Sconfitto.
 Lo sapevo, lo sapevo che lo avevo perso.
 Lo sapevo che nessuna delle cose che potevo dire gli avrebbe fatto cambiare 
  idea.
 Avevo ucciso per lui.
 E questo non l'ha mai perdonato.
 Ne a me ne a se stesso, incolpandosi di non essersi accorto in tempo delle 
  reali intenzioni di colui che giudicava un amico.
 Di non avermi ascoltato.
 E di non essere riuscito a fermarmi.
 Evitai la prigione.
 Non mi denunciò mai, consapevole che la peggior prigione che potessi mai avere 
  me la sarei costruita da solo.
 Entro in casa e vado in cucina a mettere su la cena, mentre il rumore 
  dell'oceano invade la stanza dalle finestre aperte.
 Lo sguardo mi cade sulla segreteria telefonica...sta lampeggiando.
 La ascolto sapendo già che cosa sentirò: il suo respiro.
 Come ogni sera.
 Sta aspettando.
 Sta aspettando che io mi penta di quello che ho fatto.
 Che io capisca che la vita umana, qualsiasi essa sia, di chiunque, è preziosa 
  ed unica.
 E che nessuno può fermarla.
 Per nessun motivo.
 Nemmeno per salvare il proprio compagno.
 Basterebbe che io alzassi quella maledetta cornetta.
 Egli tornerebbe qui, con me.
 Ma io non sono ancora pentito e non so se mai lo sarò.
 Ogni volta che rivedo il corpo di quel maiale su di lui che lo bacia, che lo 
  morde, che lo colpisce con un pugno...impazzisco.
 Ancora.
 So che è tutta colpa mia.
 Lo è stata quella volta e lo è tutt'ora.
 Lo sapevo che facendo così lo avrei perso.
 Ma l'ho fatto lo stesso.
 Lo so che continuando a tacere lo tengo lontano da me.
 Ma lo faccio lo stesso.
 Ed è proprio per questo che lo amo.
 Per questo suo essere così diverso da me.
 Così calmo, così sicuro nelle sue certezze.
 Così integerrimo nella sua onestà.
 Non c'è una via d'uscita.
 Non riesco a pentirmi di aver ucciso un uomo...e non riesco a toglermi la 
  vita.
 Posso solo vivere in questa prigione, dove io sono l'unico carceriere, dove 
  solo io ho le chiavi.
 Nell'aria si alza il canto malinconico di un animale notturno... mentre mi 
  siedo a mangiare davanti ad una TV perfettamente spenta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
    
        
  
   |