Pretty
        guy 
        Parte IV 
        di
        Sei-chan 
         
          
          
        Lindomani volò via in un lampo.
        Danny non avrebbe saputo dire che cosa successe quel
        giorno, tanto fu insignificante e indegno di essere
        ricordato. Arrivò a cena con la sensazione di averlo
        sprecato; nemmeno uscire di nuovo con Jordan lo
        risollevò: Andrew si unì a loro e Danny si sentì
        circondato per tutta a serata di unaura di gelo che
        sembrava volerlo rimettere al posto che doveva occupare.
        Passò il tempo a chiedersi se Andrew aveva saputo
        qualcosa e non si divertì per niente. 
        - Domani è il gran giorno, eh?- gli disse
        Jordan mentre si preparavano per andare a dormire.
        Sembrava contento. Forse pregustava la festa o forse il
        momento in cui sarebbe tornato a casa, padrone della sua
        vita e non più costretto a stare appiccicato a lui.
        Danny sospirò di nuovo, e le carezze di Jordan non
        bastarono a cancellare il malumore; tanto più che anche
        Jordan era pervaso dello stesso malumore, e non era nelle
        condizioni ideali per risollevare lo spirito di nessuno. 
          
        - Senti, Jordan
 credi che Roger sia
        andato dai tuoi parenti a rivelargli il tuo scherzetto?- 
        - No, il nonno glielha proibito
        esplicitamente. Non può fare parola di nulla, e credo
        che stia ribollendo di rabbia
 no, sta
        tranquillo, non ti tireranno fango o torte, questa sera-. 
        - Mmm
 e dici che nemmeno Andrew sa
        qualcosa?- 
        - No. Roger non contraddirebbe mai il
        nonno, stanne certo, e oltre a lui lo sappiamo solo io,
        tu e il nonno. Non preoccuparti-. 
        - Ieri Andrew mi è sembrato molto
        sostenuto nei miei confronti, come se
 mi
        disprezzasse-. 
        - Te lho detto, è geloso. Vorrebbe
        essere al tuo posto ma non è disposto a cedere al suo
        proposito di nascondersi a vita. Lo sa che con me ha
        chiuso, ma non credo che si voglia dare per vinto.
        Comunque tu non preoccuparti. Nessuno sa niente-. Jordan
        si avvicinò e lo baciò in punta di labbra. Danny
        sorrise e si concesse di abbracciarlo. Jordan lo strinse
        con trasporto, dapprima, ma poi si irrigidì e lo scostò
        quasi meccanicamente. Afferrò i suoi vestiti e si vestì
        come se niente fosse successo, e Danny finse di ignorare
        la sua reazione e si vestì a sua volta.  
        Era tardi, ma quasi nessuno dei parenti
        era già sceso, tranne gli immancabili Roger e signora,
        ma il personale della villa era già indaffarato quasi
        dalla sera prima a tirar su dal nulla gazebo e padiglioni
        e a decorare tutti gli alberi del giardino con catene di
        lampadine bianche. Cera anche un piccolo palco per
        lorchestra sul lato di un grande spiazzo tra due
        fontane, e alcuni uomini stavano già montando lattrezzatura.
        Altri ospiti sarebbero giunti alla villa per la festa, a
        cui sarebbero intervenute non meno di duecento persone,
        secondo le stime più basse, perché nessuno sapeva
        esattamente chi e quanta gente il nonno avesse invitato.
        La tavola della colazione era stata collocata in un
        angolo vicino alla scala dingresso per non
        intralciare i lavori, ma nonostante ciò sembrava di
        trovarsi nel mezzo dei lavori per il trasloco della
        regina Elisabetta. 
        Il nonno non scese a colazione, e non si
        fece vedere neanche a pranzo. Danny si preoccupò, ma
        Jordan gli disse che era una cosa normale, che si faceva
        desiderare per tutto il giorno per apparire in tutto il
        suo splendore la sera alla festa. Furono dissuasi da ogni
        tentativo di aiutare per la festa, e Jordan prese Danny
        per mano portandolo alla sua fontana. Lì la festa non
        sarebbe arrivata, anche se il chiasso dei preparativi
        arrivava nitido e chiaro. 
        Si sedettero sul bordo e restarono in
        silenzio. Era tutto il giorno che si dicevano solo rare
        banalità. Danny aveva un groppo in gola che gli impediva
        di dire alcunché, al pensiero di dover tornare e che gli
        restavano ancor meno di dodici ore di vacanza
        si sentiva vuoto, disperato. E Jordan faceva in modo di
        guardare sempre da unaltra parte quando Danny
        girava gli occhi su di lui. 
        - Che... regalerai a tuo nonno?- chiese
        piano Danny, dopo un po, abbozzando un sorrisino. 
        - Nulla-. 
        - Non gli regali niente?- 
        - Non può bere vino, non può fumare
        sigari, dice che gli abiti sono inutili perché non farà
        in tempo a goderseli
 gli regalo la mia presenza. E
        poi ha tutto quello che può volere, e abbastanza denaro
        per comperare il resto-. 
        Danny si morse le labbra e tacque. Jordan
        aveva parlato in tono del tutto freddo e impersonale, e
        si convinse che voleva rimettere fra loro quella distanza
        che avrebbe dovuto esserci fin dallinizio. 
        - È giusto- disse a voce alta. 
        - Già. E poi siamo talmente tanti parenti
        che è praticamente impossibile fargli un regalo
        originale-. 
        Danny lo guardò interrogativamente. Non
        si era reso conto di aver parlato ad alta voce. 
        Tacquero ancora. Danny cercò di
        avvicinarsi a Jordan, irrazionalmente, solo per sentirlo
        un po più vicino, ma Jordan si voltò verso di lui
        prima che lo facesse. 
        - Preferisci
 contanti o un assegno?-
        gli chiese a bruciapelo. 
        - Come
?- 
        - Per i cinquemila dollari. Li vuoi in
        contanti o
- 
        Danny trattenne il disappunto. Infatti,
        Jordan aveva ristabilito le distanza. Lavrebbe
        pagato come una qualsiasi puttana
 si sforzò di
        sorridere e di non mostrarsi ferito. 
        - Come vuoi- disse con un filo di voce. 
        - Allora ti farò un assegno
 non ho
        abbastanza denaro con me, e
 così è più comodo
        per tutti, giusto?- 
        - Già-. Danny distolse lo sguardo e si
        osservò attentamente le scarpe. - Io
 farò lavare
        gli abiti e poi te li restituisco- disse, tanto per
        aggiungere qualcosa. 
        - Ma no, tienili. Te li regalo-. 
        Oltre allo stipendio anche una buonuscita,
        pensò Danny. Doveva essere felice, ci guadagnava molto
        in questa storia. Avrebbe potuto indossare tutti i suoi
        abiti uno sopra allaltro se fosse stato costretto a
        dormire allaperto. Tirò su col naso un paio di
        volte, abbassando il viso per nasconderlo. 
        - Tutto bene, Danny?- chiese Jordan
        chinandosi a sua volta. Non ottenne risposta, e gli
        toccò il viso. - Ehi, tutto a posto?- 
        - Certo!- rispose stizzosamente Danny,
        scostandogli la mano. - Va tutto bene, benissimo! Adesso
        scusami, ma torno in camera!- gridò, scappando via.
        Jordan rimase interdetto sulla fontana. Si morse un
        labbro. Aveva fatto male a tirar fuori la faccenda dei
        soldi in quel momento? Forse aveva dato lidea di
        volersi sbarazzare di lui
 e non era vero,
        maledizione se non era vero! Era stato troppo brusco
        troppo distaccato, e Danny aveva del tutto frainteso.  
        Danny corse in camera sua, e chiuse a
        chiave la porta dingresso e la porta comunicante.
        Si gettò sul letto respirando affannosamente, e
        stringendo convulsamente il cuscino al petto. Sentiva
        come se dovesse mettersi ad urlare da un momento allaltro.
        Cercò di calmarsi, inutilmente. Prese il cuscino e lo
        sbatté contro la testata del letto, contro il muro,
        contro la porta comunicante. 
        - Stupido! Cretino! Stupido!- urlò con
        quanta voce aveva in corpo, circondato da una pioggia di
        piume che si posavano lentamente sopra di lui.  
        Al diavolo le belle parole! Gli aveva
        detto di non considerarsi una puttana, e alla prima
        occasione glielaveva sbattuto in faccia, quello che
        era! Lui e i suoi stupidi soldi! 
        Si accasciò per terra, tremante. Ma
        perché se la prendeva così? Era tutto chiaro fin dallinizio,
        fra loro. Perché aveva preteso tanto da quella vacanza?
        Come tutto, sarebbe dovuta finire. Lo sapeva. Jordan non
        ne aveva colpa, anzi
 era stato più gentile di
        quello che poteva aspettarsi da lui, laveva portato
        fuori, laveva fatto divertire, e stare bene
        si era confidato. No, non era con lui che ce laveva,
        ma con se stesso, perché aveva buttato fuori la sua vita
        troppo violentemente, e ora quella stessa vita stava
        rientrando contro la sua volontà
  
        - Danny? Danny, ci sei?- Jordan bussò
        alla porta comunicante. Danny non ripose. Jordan uscì e
        bussò alla porta dingresso. - Stai bene? Che cè,
        è colpa mia? Danny!- 
        Danny si strofinò la faccia, si spolverò
        le piume dalle spalle e aprì la porta comunicante. 
        - Sì, sto bene- sorrise. - Non cè
        niente che non va, scusami, era solo
- fece un vago
        gesto con la mano, e Jordan sorrise.  
        - Bene- disse. - Allora vediamo di
        cominciare a prepararci per la festa-. 
        - Di già? Sono solo le quattro e mezza-. 
        - Il tempo non basta mai, mio caro.
        Dobbiamo essere impeccabili-. 
        - Sì, neanche fossi una donna!- 
        - Ma chi lha detto che gli uomini
        devono prepararsi più in fretta delle donne? Guarda che
        anche i miei preparativi richiedono tempo!- 
        - Tu sei proprio matto!- 
        Jordan tenne fede alla sua parola, si
        chiuse in bagno e uscì solo unora dopo. Danny lo
        osservò bene e credette di notare che si era anche
        sistemato le sopracciglia. Scosse la testa. Una nuvola di
        dopobarba lo raggiunse, mozzandogli il respiro. 
        - Hai fatto il bagno nel profumo?- 
        - Tra un po andrà via, non
        preoccuparti. Tu sei già pronto?- 
        - Da mezzora, sai!- 
        - Avresti potuto sistemarti meglio i
        capelli. E quelle unghie
!- disse Jordan fintamente
        perplesso. 
        - Hai ragione, mamma. Forse dovrei anche
        procurarmi un fazzolettino pulito!- 
        Jordan gli si sedette accanto e gli
        accarezzò la testa, cercando di dissimulare il gesto di
        sistemargli i capelli. Poi gli sorrise, strofinandogli la
        mano. 
        - Che cè?- rise Danny. 
        - Niente. Sono felice che tu sia qui. Ho
        passato una bella settimana-. 
        - Anche io- disse Danny, e lo baciò.
        Jordan accettò il bacio, ma dopo un minuto si staccò. 
        - Ecco!- gridò. - Ora devo rimettermi il
        rossetto!- 
        - Cretino!- rispose Danny lanciandogli un
        cuscino. 
        Scesero nel salone dingresso alle
        sei; cera già una cappa grigia di fumo verso il
        soffitto, e un gran via vai e un gran vociare di gente
        che salutava, risalutava, e salutava ancora i parenti uno
        dopo laltro. I camerieri del catering giravano con
        vassoi di cocktail e stuzzichini; Jordan prese due
        bicchieri e trascinò Danny fuori dalla nebbia di
        sigaretta, in giardino. 
        - Che casino!- esclamò Danny. 
        - Puoi ben dirlo. Credo che diventeremmo
        tutti pazzi se fossimo costretti a fare la festa al
        chiuso. Lì dentro cè abbastanza fumo da far
        venire il cancro a tutti. Hai visto? Puzziamo già di
        fumo dopo dieci minuti
- 
        Danny annuì. Tirò fuori dalla tasca un
        accendino. - Credi che posso scroccarne una a qualcuno?
        Ok, ok, sto scherzando. Sto scherzando!- ribadì Danny
        allocchiataccia di Jordan. 
        - Non vorrai appestarmi anche tu. Non
        voglio che i miei abiti sappiano di fumo!-  
        - Va bene, comunque scherzavo. Non fumo
        non spesso. Davvero-. 
        Jordan scosse la testa, alzando gli occhi
        al cielo. Sedette senza grazia sul piccolo dondolo che cera
        in fondo al giardino e porse il cocktail a Danny. Bevvero
        in silenzio. 
        - Ci voleva qualche tartina- disse Jordan
        quando ebbe finito. 
        - Ci sarà abbastanza roba al buffet-. 
        - Sì, ma ho fame ora-. 
        - Vado a prenderti qualcosa?- 
        - Ma no. Mangerò più tardi. Spero che
        lascino qualcosa
 spero che ci sia qualcosa di
        mangiabile-. 
        Danny non disse niente, e si guardò le
        mani. 
        - Coshai? Sei silenzioso
 sei
        giù di corda?- 
        - No
 va tutto bene-. 
        - Senti, per prima
 non volevo
        offenderti per la storia del denaro, non voglio che tu
        pensi
 che sei solo questo, per me-. 
        - Ah, no? E allora che cosa sono?- 
        Jordan abbassò gli occhi. - Be
        mi sono divertito molto con te. Non mi divertivo tanto da
        anni, qui in Italia, sul serio. Tu
 mi sento molto
        vicino a te- concluse sorridendo, e rialzando lo sguardo
        nel suo. 
        Danny si sentì arrossire. - Wow. È
        non me laspettavo. Io credevo
 oh, è una cosa
        molto bella quella che hai detto
- sorrise, e Jordan
        gli afferrò una mano, stringendola nella sua. Si
        avvicinò al suo viso e lo baciò. Danny sentì il suo
        cuore accelerare dentro il suo petto, e il respiro
        mozzarglisi in gola. Si staccò improvvisamente da
        Jordan. 
        - Che cè? Ho fatto male?- chiese
        Jordan.  Danny scosse la testa. 
        - No. Non hai fatto nulla di male, scusa,
        è solo colpa mia. Non
 non mi aspettavo questo.
        Davvero, tu non centri-. 
        Jordan annuì. - È vero. Ne avevamo già
        parlato, ok. Non preoccuparti- disse, circondandogli le
        spalle con il braccio. Danny per un istante si chiese che
        cosa aveva capito Jordan, ma poi si lasciò andare al
        contatto caldo con il suo corpo, un contatto che
        cominciava ad essere un po troppo piacevole. 
        Dopo qualche decina di minuti si alzarono
        e tornarono alla festa. Erano rimasti in silenzio per
        tutto il tempo, e tacquero anche per il resto della
        serata. Si scambiarono solo sguardi furtivi e qualche
        raro sorriso, e frasi di circostanza.  
        La festa era piena di gente, la musica non
        taceva mai e i tavoli dei buffet venivano continuamente
        riempiti. Il cibo non era male, per fortuna, ma Danny non
        vedeva nessun altro a parte Jordan, e non vedeva niente
        altro a parte il fatto che lui lo ignorava. Forse era
        vero che era stato bene con lui, che laveva sentito
        vicino, ma a quanto pareva stava bene anche senza di lui.
        Per Jordan Danny era solo un piacevole diversivo,
        qualcosa con cui divertirsi durante una settimana
        altrimenti noiosa. Per Danny invece Jordan era una fugace
        visione di qualcosa che desiderava da morire e che non
        avrebbe mai più avuto. Per lui era dura pensare di
        tornare in città senza nemmeno la certezza di avere un
        tetto sulla testa, e senza nemmeno la certezza che Ken lo
        lasciasse in pace.  
        Ken
 era da un pezzo che non pensava
        più a lui
 e doveva tornare a pensarci, se non
        altro perché era a causa sua se ora si trovava in mezzo
        ad una strada. Si toccò il viso, il punto dove il livido
        ormai era stato riassorbito quasi completamente.  
        Rimase seduto per ore sulla stessa sedia,
        completamente solo, con lunica compagnia del
        cameriere che ogni tanto gli offriva un bicchiere pieno.
        Jordan era a pochi metri da lui, anche lui immobile,
        impalato, insieme ad un uomo anziano che parlava a
        raffica, che non si staccò da lui per ore e a cui Jordan
        rispondeva con un sorriso ebete e qualche cenno con la
        testa. 
        Danny sbadigliò. La musica era diventata
        monotona, il cielo era diventato scuro, ma il tempo non
        passava mai. Tutti lo ignoravano. Non aveva visto il
        nonno, probabilmente era nel gazebo o in qualche altro
        punto del giardino circondato da invitati. Probabilmente
        aveva anche fatto un piccolo discorso di cui lui non si
        era reso conto. Girò per lennesima volta lo
        sguardo attorno a sé, e si trovò dimprovviso
        Jordan davanti agli occhi. 
        - Ehi- gli disse. 
        - Ciao, Danny
 scusa, sai
-
        disse abbassando gli occhi e sventolando il suo
        bicchiere. - Sono cinque ore che quello non prende fiato,
        devo aver bevuto per lo meno cinquanta di questi, e
        ad un certo punto si è messo a parlare di piscine e
        costumi da bagno
 insomma, ho unerezione
        tremenda, e
 se vuoi unirti a me vivacizziamo un po
        questa festa
 non sei obbligato, posso anche fare da
        solo
- concluse con un sorriso mettendo una mano su
        quella di Danny. 
        Danny finì il suo champagne e strinse la
        sua mano. - Ok, andiamo- si alzò sorridendo. 
        Jordan gli diede un bacio sulle labbra
        dolcemente. - Muoviamoci- sussurrò poi. - Non ce la
        faccio più!-  
        Risero, e Jordan trascinò Danny fino alla
        camera da letto.  
        - Pensavo volessi farlo in giardino!-
        ansimò Danny, riprendendo fiato dopo aver fatto di corsa
        le scale. 
        - Più tardi!- rispose Jordan togliendogli
        la cravatta e la cintura. Danny si inginocchiò sul letto
        e infilò un ginocchio fra le sue gambe, baciandolo
        profondamente. Poi Jordan lo staccò da sé e lo spinse a
        sdraiarsi, e finì di spogliarlo. Si inginocchiò sul suo
        torace togliendosi la camicia, poi si spostò per
        togliersi i pantaloni.  
        Danny si voltò e si stese sulla pancia,
        sorridendogli con il viso girato verso di lui. Jordan si
        fermò. 
        - No- disse con voce roca. - Non mi piace
        così-. 
        - No? Non ti piace? Guarda che posso anche
        piegarmi, sai, è
- 
        - No, non mi piace questa posizione.
        Voltati, voglio guardarti in faccia-. 
        Jordan lo fece girare, e lo guardò in
        faccia, ma Danny non riuscì a sostenere il suo sguardo,
        e voltò il viso. Si morse un labbro e poi lo guadò di
        nuovo, con occhi languidi. 
        - Ma tu
 non avevi fretta, prima?-
        mormorò. 
        - Ce lho ancora
- rispose
        Jordan, respirando a fatica. Danny finì di togliergli i
        pantaloni e le mutande. 
        - Oh, sei in forma stasera
- disse
        guardandolo ancora. Al tocco delle sue mani Jordan prese
        il controllo. Gli afferrò i polsi e glieli riunì sopra
        la testa con una mano, e con laltra gli sollevò il
        bacino. Danny piegò le gambe.  
        Jordan lo penetrò con un sospiro rauco, e
        Danny aprì la bocca, senza alcun suono. La lingua di
        Jordan la invase e il suo corpo cominciò a spingere con
        movimenti sempre più rapidi.  
        Danny chiuse gli occhi, cercando di
        concentrarsi, ma Jordan laveva preso troppo presto.
        Non era eccitato
 non abbastanza. Cercò di non
        darlo a vedere a Jordan, cercò di rimediare e di darsi
        da fare, ma i movimenti secchi dellaltro in lui non
        lo aiutavano. Si sentiva solo un po squallido, non
        sentiva nemmeno il piacere che Jordan era stato capace di
        dargli. Emise un lamento e mosse di scatto la testa,
        involontariamente.  
        Sentì Jordan che pian piano smise di
        spingere e uscì da lui. Lo guardò interrogativamente e
        sorrise. 
        - Che cè?- disse dolcemente. - Non
        ti piace?- Guardò giù, fra le gambe di Jordan: era
        ancora eccitato, lerezione sembrava ancor più
        vibrante di prima.  
        - No, è a te che non piace- sussurrò
        Jordan, con il fiato mozzo, in un tentativo pressoché
        vano di fingere autocontrollo. 
        - Jordan
- 
        - Vuoi che smetta? Non sei costretto, lo
        sai-. 
        - No! No, mi va, ma
 perché dici
        così?- 
        Jordan sospirò per soffocare dentro di
        sé il desiderio. - Non cerco una scopata a buon mercato,
        Danny. Pensavo lavessi capito. Non ho bisogno di un
        buco da sbattere, voglio te. Voglio una persona, e voglio
        fare lamore. Se non vuoi, dimmelo. Credimi, sarebbe
        molto meglio-. 
        Danny distolse lo sguardo. Era ancora
        steso sul letto, con le gambe aperte, e con Jordan sopra
        di lui. Non disse niente. 
        - Ok, ho capito- disse Jordan spostandosi,
        facendo per rialzarsi. Danny lo afferrò per un polso. 
        - No, non andare via! Stavo per dirti di
        continuare... mi dispiace per averti smosciato, adesso
- 
        - Non ci vuole niente per tornare su
-
        sorrise Jordan, sdraiandosi accanto a lui. Gli accarezzò
        timidamente il fianco. - Era ancora a metà strada, non
        preoccuparti. Quindi
- 
        Jordan cominciò ad accarezzare Danny
        senza fretta, dominandosi. Danny rabbrividì al tocco
        leggero delle sue mani, ben più eccitante di una carezza
        rude. Le dita di Jordan evitavano qualsiasi zona erogena
        convenzionale, ma ne trovarono di più sensibili in punti
        sconosciuti. Danny si sentiva come un adolescente alla
        sua prima volta: stava sentendo il suo corpo con una
        forza che non aveva mai provato prima.  
        Jordan si avvicinò e lo accarezzò con
        tutto il suo corpo. Ora la sua erezione era ancora più
        urgente e dolorosa di prima, e si strofinò contro Danny
        trattenendo un gemito. 
        - Dai- disse Danny annuendo. Aprì le
        gambe per lui. Jordan vi si sistemò in mezzo ed entrò
        piano, trattenendosi, con lentezza, ma Danny spinse
        dentro di lui prendendolo dentro interamente. 
        Jordan rimase dentro di lui per un po,
        dopo essere venuto. Lo strinse a sé e solo quando Danny
        cominciò a muoversi per il fastidio uscì. 
        Danny lo guardò sorridendo,
        accoccolandosi contro di lui. Jordan tirò su le coperte
        e vi si rannicchiò per combattere laria fredda che
        soffiava sulla sua pelle sudata.  
        - Hai freddo?- chiese Jordan dopo un po. 
        - No, perché?- 
        - Stai tremando, come mai?- 
        - Niente
 sono un po ubriaco,
        ho bevuto un sacco di champagne-. 
        - Ah, ok- rispose Jordan senza
        convinzione, e lo strinse. 
        In realtà Danny si stava trattenendo, e
        tremava per questo. Avrebbe voluto sfogare il nervosismo
        che sentiva dentro, che lo attraversava come una scarica
        elettrica, ma non gli andava di dare spiegazioni. Non gli
        andava soprattutto di confessare ciò che provava, e
        specialmente a Jordan
 
        Lidea di dover partire il giorno
        dopo lo faceva diventare matto. Non voleva, no
        voleva restare il più a lungo possibile, voleva stare
        ancora in quel posto lontano dal suo mondo e come sospeso
        nel tempo, in cui i suoi problemi erano lontani e non lo
        angosciavano. Invece era tutto finito, e si sentiva come
        uno straccio disperso nel vento, non aveva idea di che
        cosa avrebbe fatto dora in poi
 
        - Jordan, dormi?- sussurrò, sentendo il
        respiro regolare dellaltro sulla nuca. Non
        ricevette risposta, e si allontanò un po da lui,
        sgusciando via dal suo abbraccio, si strinse contro il
        cuscino e scoppiò a piangere. Trattenne i singhiozzi per
        non svegliare Jordan, e alla fine si addormentò con il
        viso umido. 
        Jordan si mosse piano per assicurarsi che
        stesse dormendo. Lo guardò alla luce dellabat-jour
        che spense subito dopo essersi assicurato che non fosse
        sveglio, e aver visto il riflesso delle lacrime sul suo
        volto. 
        Sospirò e si morse le labbra. Si alzò,
        indossò il pigiama e cercò a tentoni la giacca di
        Danny, frugò nelle tasche e prese le sigarette e laccendino.
        Danny le teneva sempre a portata di mano ma non laveva
        mai visto fumare. Andò alla finestra dellaltra
        stanza e ne accese una.  
        Da quanto non fumava più! Credeva di aver
        smesso! Era successo quando James era morto
 no, non
        aveva smesso
 le sigarette una volta gli servivano
        per scaricare a tensione, il nervosismo e le emozioni
        troppo forti
 no, non aveva smesso, era solo che
        dalla morte di James aveva smesso di farsi toccare dai
        sentimenti. 
        Ma adesso
 non
        capiva neanche lui che cosa gli era preso. Era tutto
        cominciato quando aveva caricato Danny sulla sua macchina
        era torturato dallidea di lasciarlo andare di nuovo
        chissà dove. Finì la sigaretta, cercò nelle sue
        valigie dei vestiti, si cambiò ed uscì dalla stanza. 
        
        Continua... 
         
        
            
            
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