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      Pretty Guy 
      parte I 
      di Sei-chan 
      
       
       
      
      Danny sospirò. 
    Quella sera, 
    andava male. Piovigginava e sul viale non passava quasi nessuno, e il fuoco 
    si stava quasi spegnendo, faceva freddo e lui era fradicio fino al midollo. 
    Aveva voglia di un bagno caldo, ma gli servivano un paio di bigliettoni, 
    altrimenti, quella settimana non si mangiava… 
    
    - Ehi, tu, vieni qui. 
    Quanto vuoi?- 
    
    Finalmente! sospirò Danny. Disse la cifra e 
    salì sulla macchina, che andò a parcheggiare poco lontano, sotto degli 
    alberi che di solito erano gremiti di macchine; quella sera non c’era quasi 
    nessuno. 
    
    Quando tornò al viale, non era rimasto più 
    nessuno. Aveva cominciato a piovere più forte, e si mise la borsa sulla 
    testa correndo all’autobus; comunque, quando arrivò, aveva tutti i capelli 
    appiccicati alla fronte. Scese alla sua fermata e si preparò a correre di 
    nuovo sotto la pioggia fino a casa, ma inciampò e dovette fermarsi sotto un 
    portone. 
    
    - Maledetto questo marciapiede…- sbottò, 
    prendendo la scarpa: si era rotta, e avrebbe dovuto correre nelle 
    pozzanghere anche scalzo, adesso. Decise di rimanere sotto quel portone per 
    un po’, nella speranza che smettesse di piovere, ma una voce lo fece 
    sussultare.  
    
    - Ehi, hai da accendere?-  
    
    Dietro di lui c’era un tizio, anche lui 
    bagnato come un pulcino, con un giornale zuppo in testa. Si rifugiò accanto 
    a lui sotto il portone e tirò fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca, e 
    Danny gli porse il suo accendino. 
    
    - Grazie. Ne vuoi una?- 
    
    - Grazie-.  
    
    Danny prese la sigaretta e l’accese, con un 
    sorriso all’altro. 
    
    - Ehi, scusa, amico, ma non è gratis-. 
    
    -Che cosa…- 
    
    L’altro lo colpì allo stomaco, tanto forte da 
    farlo piegare in due, e gli strappò la borsa. Danny si riprese e lo afferrò 
    per una manica, ma l’altro gli diede un altro pugno sul viso, e quando cadde 
    gli mollò un calcio nel fianco che lo stordì per qualche minuto. La caduta 
    non era stata morbida; quando si rialzò sentì la parte destra del viso 
    pulsare, e del sangue, o forse fango, scivolargli lungo la guancia. 
    
    Oh, no! Gli aveva rubato la borsa con quei 
    pochi spiccioli che aveva guadagnato… Ken l’avrebbe ucciso di botte, sì, 
    avrebbe avuto un compito facile, visto com’era conciato! 
    
    Aprì pianissimo la porta, sperando che Ken 
    fosse già addormentato, e cercando di non svegliarlo. Almeno avrebbe 
    rimandato un po’ un’altra scarica di cazzotti… Quando entrò, però, trovò la 
    luce accesa. Sospirò e pregò che in quel momento fosse comprensivo. 
    
    Si infilò subito in bagno per asciugarsi e 
    darsi una guardata allo specchio. Santo cielo! L’occhio era tutto viola, e 
    dall’altra parte la guancia era tumefatta e sanguinava, in più era tutto 
    sporco di terra… si lavò il viso e pensò di disinfettarsi subito. 
     
    
    - Che fai qui? Ma… che hai fatto?- Ken era 
    entrato in bagno e l’aveva visto allo specchio. 
    
    - Mmm… uno… qua fuori… mi ha scippato-. 
    
    - Idiota! Sei un idiota, ti sei fatto scippare 
    sotto casa, sei un vero idiota!- Ken batté le mani sul lavandino, e Danny 
    sussultò e cercò di ritrarsi: non facile, in un bagno così piccolo. - Datti 
    una sistemata, adesso!- 
    
    - Mi devo disinfettare, Ken, anzi…- 
    
    - Sistemati subito, e muoviti, c’è un mio 
    amico che ti sta aspettando da un’ora!- 
    
    - Cosa? Ken! Cosa… l’hai fatto di 
    nuovo? Lo sai che non…- 
    Ken lo afferrò 
    per il collo e lo sollevò di qualche millimetro, stingendo. -Tu non che 
    cosa? Lo sai! Mi devi ubbidire, hai capito? O devo fartelo capire io? Eh?- 
    - No, no, Ken, ok, 
    va bene… fallo aspettare ancora qualche minuto, io… farò qualcosa, va bene?- 
    - Dieci minuti, e 
    renditi presentabile! Dio santo, guardati…- disse Ken con disprezzo, ed uscì 
    dal bagno.  
    Danny ricacciò 
    indietro le lacrime, avrebbero reso tutto più difficile. Prese l’astuccio 
    del trucco, si tolse il mascara che era colato sotto gli occhi e cercò di 
    rimediare al disastro che aveva in faccia. Non fu facile coprire quel 
    livido… e il fondotinta bruciava sui tagli della guancia… aveva paura che 
    avrebbero fatto infezione…  
    Dieci minuti dopo 
    Ken irruppe di nuovo in bagno. 
    - Sei pronto? Be’, 
    così sembri meglio. Insomma… ok, non importa il viso. Muoviti, mettiti la 
    sottoveste e vai in camera, e  guai a te se combini qualcosa! Mi ha pagato 
    un sacco di soldi, un sacco, capito?- 
    Danny sospirò. Si 
    tolse gli abiti bagnati e mise la sottoveste di seta beige, quella che Ken 
    voleva mettesse sempre. La detestava, e si detestava quando era costretto a 
    metterla… quando si costringeva a mettersela. Nonostante tutto non riusciva 
    a detestare Ken, per lo meno non abbastanza… per mollarlo e smettere di 
    umiliarsi. 
    Entrò nella sua 
    camera, dove l’amico di Ken era già pronto, in mutande. Che schifo… pensò 
    Danny, una volta di più. Che razza di schifo è diventata la mia vita… 
    Chiuse gli occhi 
    e cercò di farselo piacere. Questo non aveva un brutto aspetto, ma comunque 
    era disgustoso… e quella sera non si sentiva nemmeno bene, dopo le botte che 
    aveva ricevuto… no, non ce la faceva a sopportare, gli faceva male 
    dappertutto. Scostò il cliente e si mise a sedere. 
    - Ehi, che 
    succede? Guarda che ho pagato!- 
    - Lo so, ma ti 
    prego di scusarmi… stasera non me la sento, davvero, non sto bene. Mi hanno 
    aggredito e scippato, e… credo di aver bisogno di dormire. Forse Ken può 
    ridarti i soldi, o magari puoi tornare un’altra volta, ok?- 
    L’altro capì al 
    volo, raccolse le sue cose e andò via. Danny sperò che fosse comprensivo. 
    Non lo era. Li 
    sentì quasi subito cominciare ad urlare a proposito dei soldi, e allora 
    rinunciò ad andare a letto; se Ken ce l’avesse trovato l’avrebbe fatto secco 
    a furia di sberle. Invece si vestì, raccolse le sue cose e nascose in tasca 
    un po’ di soldi che servivano per le emergenze. 
    Quando Ken smise 
    di urlare con il cliente aprì la porta della sua camera come una furia; il 
    trovarselo davanti vestito di tutto punto lo spiazzò, e probabilmente 
    risparmiò a Danny una bella scarica di botte. 
    - Che… dove vuoi 
    andare?- 
    Danny non 
    rispose, e abbassò gli occhi. 
    - Che scherzo mi 
    hai fatto, eh! Complimenti! Ora chi me li ridà quei soldi, eh? Tu? Non sei 
    buono nemmeno di portare a casa quello che guadagni! Che cosa vuoi fare, eh? 
    Andartene? Va bene, vattene, vattene immediatamente!- Ken lo afferrò per le 
    spalle e lo spinse per tutto il corridoio, fino alla porta, e lo gettò 
    fuori. Danny ruzzolò sul pianerottolo. - Ma non farti più vedere! Non farti 
    vedere mai più!- gli urlò dietro Ken.  
    Danny si rialzò e 
    scappò via più in fretta possibile. Poteva star certo Ken che non sarebbe 
    tornato mai più! Intanto però era solo al freddo, sotto la pioggia. 
     
    Si rifugiò alla 
    stazione degli autobus, c’era molta gente che aspettava e passava lì la 
    notte, si confuse con loro e riuscì anche a dormire un po’. Quando si 
    svegliò era già mattina, e aveva smesso di piovere. Uscì dalla stazione 
    senza dare nell’occhio e prese a camminare per la città. L’unico problema 
    era dove avrebbe dormito la prossima notte, ma quello era un problema ancora 
    lontano, il sole era appena sorto.  
    Si era struccato 
    e medicato il viso, e si era coperto di nuovo il livido di trucco. Girò per 
    il parco e dormì ancora un po’, su una panchina, prese un panino e ne diede 
    metà ai piccioni, e poi, verso le quattro, mentre gli uffici cominciavano a 
    svuotarsi, iniziò a pensare dove avrebbe dormito.  
    All’aperto faceva 
    troppo freddo. E non aveva abbastanza denaro per permettersi un motel: 
    doveva fare economia. Tornare per strada... 
    Alla fine, a 
    tarda sera andò al solito viale. Aveva degli amici, e forse potevano 
    ospitarlo per qualche notte… giusto per tornare in forma e cercare qualcosa, 
    qualsiasi cosa per andare avanti. 
    Niente: appena 
    diceva che Ken l’aveva sbattuto fuori, si tiravano tutti indietro. Ken aveva 
    un nome, in quel posto, e nessuno ci teneva a farsi spaccare le braccia e 
    chissà cos’altro da lui. Danny provò a mentire, a dire che avevano la casa 
    allagata, ma nessuno ci credette. Nessuno voleva prendere quella grana, e 
    facevano bene. 
    Per lo meno non 
    pioveva più. Danny si strinse nella giacca, era troppo leggera per quella 
    temperatura… avrebbe voluto non essere costretto a battere di nuovo. Poteva 
    entrare in una chiesa, o in uno di quei supermercati aperti tutta la notte… 
    ma voleva dormire, si sentiva stanco e anche un po’ stordito. 
    Sedette sul 
    marciapiede col viso tra le mani. Tornare da Ken? No, non se ne parlava. 
    Magari avrebbero anche fatto pace, ma… il pensiero di quella sottoveste che 
    lo aspettava in un cassetto lo faceva impazzire. No, non voleva tornare 
    indietro. Come se fosse facile! 
    - Ehi, sei solo?- 
    Una macchina 
    suonò per attirare la sua attenzione e un ragazzo si affacciò dal 
    finestrino. Danny alzò un po’ gli occhi. Che buffo: il giorno prima nessuno 
    si fermava, e quel giorno che non si era neppure messo il vestito adatto ce 
    n’era uno che gli strombazzava, persino! Ma Danny non aveva assolutamente 
    voglia, quella sera. 
    - No, vattene 
    via!- 
    - Dai, guardami! 
    Non ti va di bere qualcosa con me? Dai, vieni!- 
    - Stasera non è 
    aria, vattene… cercati qualcun altro-. 
    - Pagando, 
    s’intende! Di’, quanto vuoi? Eddai, salta su!- 
    Dio, quant’era 
    insistente! Danny alzò gli occhi e vide un bel ragazzo bruno alla guida di 
    una decappottabile grigio metallizzato. Molto molto ben messo, pensò 
    sospirando. Anche carino, una volta tanto. Danny si alzò e si spolverò i 
    calzoni. Poi magari l’avrebbe lasciato dormire in macchina, chissà… pensò 
    avvicinandosi. 
    - Cosa vuoi che 
    ti faccia?- chiese stancamente. 
    - Dai, sali, ci 
    pensiamo dopo-. 
    Danny alzò le 
    spalle e salì in macchina. Come si stava comodi! Sfrecciava lungo le strade 
    che era un piacere, anche se forse c’erano troppi semafori per godersi la 
    strada. 
    Danny vide che si 
    stava allontanando molto dal viale. 
    - Dove stiamo 
    andando?- 
    - Al Plaza-. 
    - Al Plaza? Ma 
    guarda che le stanze…- 
    - Io alloggio lì! 
    Non preoccuparti, non è un motel, eh!- 
    - Lo so cos’è il 
    Plaza!- ribatté Danny. Ci sarebbe voluto ancora un po’, in quel punto c’era 
    del traffico. La radio era accesa ma non era assordante, anzi, era molto 
    piacevole. Talmente tanto che la testa di Danny cominciò a ciondolare e lui 
    si appisolò in un batter d’occhio. L’altro, ad un semaforo si voltò per 
    parlargli, e lo vide così addormentato, e sorrise. Poi notò quel livido 
    scuro che si vedeva anche sotto il trucco. 
    - Ehi, siamo 
    arrivati- lo scosse delicatamente, nel parcheggio dell’hotel. Danny si 
    svegliò un po’ confuso: non conosceva né quel posto né quel tizio, poi in un 
    attimo si ricordò e sorrise. 
    - Ah! Scusami, mi 
    sono… mi sono addormentato…- 
    - Ho visto. Stai 
    bene?- 
    - Sì, sì. Certo, 
    non ti preoccupare-.  
    Non era vero che 
    stesse così bene: quel pisolino gli aveva fatto ritornare il sonno arretrato 
    che aveva perso quella notte. Aveva davvero voglia di dormire, ma quello 
    doveva essere pieno di soldi… poteva sistemare le cose per un po’. 
    Anche in 
    ascensore fece fatica a tenere gli occhi aperti, e l’altro se ne accorse. Lo 
    guardò e gli sorrise, ma non disse niente. Arrivarono in camera e lui tirò 
    fuori la chiave magnetica. 
    - A proposito, il 
    mio nome è Jordan- gli disse, tendendoli la mano, davanti alla porta. 
    - Ah. Piacere-. 
    Danny gli strinse la mano. 
    - E tu?- 
    - Io cosa?- 
    - Come ti 
    chiami!- 
    - Ah, hai 
    ragione! Mi chiamo Danny-. 
    - Piacere, Danny!- 
    Jordan entrò in 
    bagno.  
    - Sai, non è che 
    faccia spesso le presentazioni con i miei clienti…- 
    - Scusa, hai 
    detto qualcosa?- 
    - No, no, niente, 
    Jordan, niente-. 
    Danny si risolse 
    ad abbandonare l’anticamera ed entrò nella camera. Era la Junior Suite, 
    l’aveva letto fuori, ed era davvero bella. C’era una vetrata con una vista 
    stupenda sulle luci della città e sulla baia, e anche il dentro non era da 
    meno. Era grande come un appartamento, c’era il salotto, i divani in pelle 
    bianca con il tavolino di cristallo, un paio di porte che davano su 
    qualcos’altro e il letto su un soppalco rotondo circondato da una ringhiera 
    bianca. Una specie di castello delle fiabe per lui che era abituato a farlo 
    su sedili stretti o al massimo su lenzuola lerce di stanze ad ore. 
    - Ti va di bere 
    qualcosa?- gli chiese Jordan uscendo dal bagno in accappatoio. 
    - No, grazie, io 
    sto bene così… così…- 
    Danny non riuscì 
    a concludere la frase, starnutì all’improvviso e Jordan rise. 
    - Sei 
    raffreddato?- 
    - No, no, sto 
    bene, è solo che qualcosa qui…- 
    - Ti va di fare 
    un bagno? Ci vuole un minuto, te lo preparo io-. 
    - No, Jordan, non 
    disturbarti, io…- ma Jordan era già ritornato in bagno, e Danny decise che 
    alla fin fine poteva approfittarsene un po’, e comunque aveva freddo 
    davvero. 
    Entrò in una 
    vasca da tre o quattro piazze, anche lei su un grazioso rialzo a tre 
    gradini, e si immerse nell’acqua calda piena di schiuma. 
    - È gelsomino- 
    disse Jordan. - È il mio preferito, spero che ti piaccia…- 
    - Grazie…- disse 
    Danny, e si rilassò totalmente, tanto che si addormentò di nuovo senza 
    pensarci su. 
    Jordan entrò in 
    bagno dopo venti minuti e lo trovò profondamente addormentato, il trucco 
    sciolto sul viso e quel livido così evidente ancora più visibile, insieme ad 
    una costellazione di escoriazioni sulla guancia. Quando l’aveva fatto salire 
    in macchina non gli era sembrato molto collaborativo, anzi aveva avuto 
    l’impressione che stesse scappando da qualcosa piuttosto che cercarla…
     
    Lo svegliò 
    dolcemente, accarezzandogli il viso. Di nuovo Danny saltò su come se fosse 
    stato punto, e solo dopo un attimo si ricordò dov’era e che cosa stava 
    facendo lì. 
    - Scusami, io… 
    non so cosa mi sia preso oggi, non preoccuparti però, ora…- cercò di 
    giustificarsi. 
    - Non 
    preoccuparti tu, non è successo niente. È evidente che sei stanco, capitano 
    a tutti le brutte giornate-. 
    - Sì, ma ora mi è 
    passata…- mormorò Danny, poi si guardò allo specchio e pensò che la piega 
    dei suoi occhi l’aveva sbugiardato alla grande. 
    Quando uscì dal 
    bagno trovò Jordan con i calzoncini del pigiama, seduto sul letto a bere. 
    Gli sorrise. 
    - Non guardarmi 
    male… è una tisana, niente di alcolico… berla nel bicchier del whisky dà 
    un’altra sensazione, ne vuoi?- 
    - No, no, grazie… 
    la mia tariffa è ad ore, lo sai?- disse Danny slacciandosi l’accappatoio. 
    - Credi che 
    m’interessi pagarti un’ora in più o in meno? Non ho niente da fare per tutta 
    la notte…- 
    - Bene…- disse 
    Danny facendosi cadere di dosso l’accappatoio. Jordan gli lanciò una 
    maglietta.  
    - Tieni, metti 
    questa. Me la sono fatta portare su mentre tu eri in bagno. Non credo che 
    stanotte tu sia in vena di fare niente… mi sembri un po’ addormentato!- 
    Danny infilò la 
    maglietta senza fare storie. - Dove dormo?- chiese un po’ imbarazzato. 
    - C’è un altro 
    letto di là, se vuoi. Oppure qui con me- sorrise Jordan. 
    - Comunque… non 
    mi dovrai pagare per questa notte, ok?- 
    
    - Oh, sei onesto! Ma lascia 
    decidere a me come usare i miei soldi...- Danny sorrise. - Allora, rimani?- 
    continuò Jordan, strizzandogli l’occhio e battendo sul copriletto. 
    - Se insisti… 
    guarda che non è necessario dormire-. 
    - A me forse no, 
    ma tu stai cascando dal sonno-. 
    - Posso anche 
    restare sveglio- insistette Danny. 
    - Ne dubito-. 
    Jordan si infilò nel letto, e anche Danny entrò, nella parte opposta. Sentì 
    subito il calore di Jordan dietro di sé, anche se non si era avvicinato, 
    ancora, e il pensiero di Ken si affacciò improvviso alla sua mente. Chiuse 
    gli occhi e fece il gesto di scacciarlo come una mosca. 
    - Che c’è? 
    Problemi?- chiese Jordan. 
    - No, niente… un 
    ricordo. Ma è passato-. 
    - Così 
    m’incuriosisci-. 
    - Lascia 
    perdere-. 
    - Mmm. Ok. 
    Posso…?- Jordan gli passò le mani attorno alla vita, e Danny appoggiò la 
    schiena al suo petto. 
    - Come vuoi. Ah… 
    non mi faccio baciare sulla bocca, scusami-. 
    - Peccato… hai 
    delle belle labbra- mormorò Jordan accarezzandogliele col dito. - Ora dormi, 
    avanti-. 
    - Se vuoi fare 
    altro…- 
    - Sogni d’oro-. 
    Danny alzò le 
    spalle, e si mise comodo sul cuscino, chiudendo gli occhi.  
    Dapprima credette 
    di sognare quel tocco delicato che gli sollevava la maglietta sulla pancia. 
    Poi spalancò gli occhi al calore del fiato di Jordan sul suo collo, e alla 
    sensazione della sua lingua. 
    - Ah… che fai…?- 
    mormorò, improvvisamente sveglio. 
    - Ssst. Dormi-. 
    - E come faccio… 
    ah… che… fai?- disse di nuovo, mentre il suo corpo rispondeva prontamente. 
    Le mani di Jordan non avevano incontrato neanche l’ostacolo della 
    biancheria, ed il suo sesso aveva accettato allegramente quella carezza. 
    Danny cercò di voltarsi per guardare Jordan, ma questi lo tenne stretto, e 
    continuò ad accarezzarlo lentamente, leccandogli il collo e coprendolo di 
    baci. 
    Danny non riuscì 
    a trattenersi, e venne nella sua mano. Avrebbe voluto fare qualcosa… 
    voltarsi e ricambiare, ma… stava talmente bene, ed il sonno era tornato ad 
    assalirlo… si addormentò con un bel sorriso sulle labbra. 
    Jordan sorrise; 
    aspettò che fosse addormentato, andò in bagno e poi tornò a letto. Nel 
    sonno, Danny si voltò e affondò il viso nel suo petto. Jordan vide di nuovo 
    le ferite sul suo viso, e ne vide altre sulle braccia. Si morse le labbra e 
    lo abbracciò. 
      
    Danny si svegliò 
    con calma. Gli sembrava di aver dormito una vita. In quel momento, mentre 
    strizzava gli occhi per abituarli alla luce, non gli mancava proprio niente. 
    Si alzò a sedere. 
    Jordan non c’era; sembrava essersene andato da un pezzo. Non lo vide in 
    giro, andò a dare un’occhiata in bagno ma non lo trovò neppure lì. Quell’appartamento 
    era immenso… 
    Aprì un paio di 
    porte a caso, e finalmente sentì la sua voce; stava parlando con qualcuno. 
    Seguì la voce ed entrò in una stanza che pareva un ufficio. Jordan era 
    seduto con i piedi sul tavolo, e stava parlando al telefono. 
    - Ehm, scusa, 
    volevo dirti che…- cominciò Danny, ma Jordan gli fece cenno di aspettare, 
    continuando la telefonata; Danny lo osservò vestito di tutto punto, e gli 
    venne da ridere paragonandolo a se stesso, con niente più che una maglietta 
    addosso e i capelli in disordine che sparavano da tutte le parti. 
    Finalmente Jordan 
    attaccò il telefono. 
    - Allora, che mi 
    volevi dire?- chiese. 
    - Per questa 
    notte… insomma, io… grazie. Ma non dovevi-. 
    - Perché no?- 
    disse Jordan incrociando le mani sotto il mento. 
    - Perché… l’avrei 
    dovuto fare io-. 
    - Oh. Questa 
    legge mi era sfuggita. Non credevo… be’, di essere obbligato a rispettare 
    certe procedure-. 
    - Oh, no, non 
    volevo dire questo… ecco, solo che…- 
    - Quando porto 
    qualcuno in camera mia, mi piace fare quello che voglio io. O no?- 
    - Sì, ma… ecco, è 
    che… il cliente sei tu-. 
    - Ah-ah, aspetta… 
    non avevi detto che questa notte non la pagavo? Così non sono più il 
    cliente, tu non sei più a pagamento, mi sbaglio?- 
    - Ma…- Danny 
    rimase a corto di parole. Non sapeva che cosa dire, aveva l’impressione che 
    Jordan avrebbe trovato argomenti per ribattere su tutto. 
    - Cambiando 
    discorso, io non ho fatto colazione. Tu hai fame?- 
    Danny sorrise ed 
    annuì. Mentre Jordan chiamava il servizio in camera, andò ad aspettarlo di 
    là. Jordan lo vide camminare in quella maglietta tutto sommato corta e fu 
    sfiorato da un’idea. 
    - … sì, per due, 
    al numero 1562. Senta… può mandarmi su tutto fra, diciamo, una mezz’ora, tre 
    quarti d’ora? La ringrazio. Buona giornata a lei-. 
    Jordan tornò in 
    camera da letto; Danny era seduto su un divano, un po’ imbarazzato, senza 
    sapere che cosa fare. Jordan si avvicinò slacciandosi la cintura. Si sedette 
    ripiegando una gamba sotto di sé, accanto a Danny. 
    - Allora, ti sei 
    riposato?- disse. 
    - Certo. Mi sento 
    come se avessi dormito un anno. Erano secoli che non mi svegliavo così 
    riposato-. 
    - Bene…- sussurrò 
    Jordan, posandogli una mano sul ginocchio. Si morse il labbro inferiore. 
    Danny trattenne il respiro. - Credo che… la notte gratis sia finita, no?- 
    mormorò dopo un po’. 
    Danny non capì 
    che cosa voleva dire, e lo guardò interrogativo. Jordan si alzò, gli tese la 
    mano; Danny l’afferrò e si lasciò condurre al letto. Adesso aveva cominciato 
    a capire. Afferrò la maglietta da dietro, togliendosela, e si sdraiò sul 
    letto, con le gambe leggermente aperte, e, suo malgrado ma non poi tanto, 
    quasi eccitato. 
    Jordan nascose un 
    gemito e si leccò le labbra. Mise un ginocchio fra le sue gambe e iniziò a 
    slacciarsi la camicia. Danny osservava le sue dita che volavano sui bottoni, 
    desiderando aiutarlo, ma voleva attendere l’ordine di Jordan, che non 
    arrivò. Dopo la camicia Jordan abbassò i pantaloni quel tanto che bastava 
    per liberare il suo membro eretto. Si chinò su Danny, guadando a lungo le 
    sue labbra, e iniziò a baciarlo su tutto il viso, sul collo, a succhiargli 
    dolcemente il lobo dell’orecchio. Danny gli afferrò la stoffa della camicia, 
    tirandola smaniosamente. Le sue gambe strusciavano contro il velluto dei 
    pantaloni, e non gli piaceva… non gli piaceva fare sesso vestito né che il 
    suo amante fosse vestito e lui no. Non gli piaceva nessuna delle due cose, 
    ma le faceva entrambe quasi tutte le sere. Non poteva spogliarsi 
    completamente in un’auto, e invece Ken pretendeva che Danny si spogliasse 
    del tutto mentre lui si abbassava soltanto i pantaloni. Quando Danny 
    gliel’aveva timidamente fatto notare, all’inizio del loro rapporto - gli 
    aveva detto che sembrava dovesse pisciare- aveva preso talmente tante botte 
    che non aveva osato mai più dire niente, limitandosi a voltare la testa 
    disgustato, e a subire le sue camicie ruvide e i suoi jeans sulla pelle 
    nuda.  
    - Non ti piace? 
    Stai bene?- sussurrò Jordan al suo orecchio. Danny sussultò e lo guardò, 
    così vicino. 
    - Cosa? No, no, 
    sto bene… va’ avanti, continua- disse gentilmente. 
    - Sembravi da 
    un’altra parte…- 
    - Non ti 
    preoccupare, continua- insistette Danny. Era l’abitudine di pensare ad altro 
    quando stava con un cliente… in genere pensava a Ken e a qualcosa che 
    detestava nel suo comportamento, così si sentiva da schifo nel corpo e nello 
    spirito. Cercò di scacciare i pensieri e di concentrarsi su Jordan. Era 
    strano: gli stava piacendo più del solito, ma la sua mente divagava ancora 
    più del solito. Forse stava cercando di non farselo piacere troppo. 
    Sussultò: aveva 
    chiuso gli occhi, ma li riaprì di scatto, facendo per alzarsi 
    repentinamente. Sentiva il fiato caldo di Jordan sulle cosce, una sensazione 
    che forse non aveva mai provato.  
    - N… no, Jordan... 
    aspetta… te lo faccio io, se vuoi…- 
    - Sta’ zitto- 
    disse rudemente Jordan. Poi alzò gli occhi. - Scusa-. 
    Ma Danny non 
    aveva sentito. Aveva reclinato la testa sul cuscino e si stava mordendo le 
    labbra. 
    Jordan continuò 
    nel suo lavoro lentamente. Sentiva i sussulti del bacino di Danny rispondere 
    ai suoi stimoli, e ben presto anche i gemiti dimostrarono il suo 
    apprezzamento. 
    Danny strinse 
    forte le lenzuola; stava per venire... la bocca calda e umida di Jordan su 
    di lui… quella notte le carezze sotto la maglietta e ora questo… nessuno si 
    era mai occupato di lui in quel modo. Lui l’aveva fatto milioni di volte, ma 
    per lui nessuno… Ken piuttosto si sarebbe fatto sparare. Per lui farlo 
    godere quando facevano sesso non era una priorità. 
    Quando si 
    risvegliò dal pensiero di Ken si sentì ad un passo dall’orgasmo. Ora non si 
    faceva nessuno scrupolo a gridare, e non avrebbe potuto impedirselo neanche 
    se avesse voluto. Stava per venirgli in bocca. 
    - Jordan!- 
    strillò con voce assurdamente acuta. - Jordan, ti prego! Sto per… sto per…- 
    La bocca di 
    Jordan si allontanò da lui, suscitando un mugolio di protesta. 
    - No, tesoro… 
    sta’ calmo…- sussurrò Jordan, infilandogli un cuscino sotto i fianchi. 
    - Non ce la 
    faccio… ti prego… fa’ in fretta!- I colpi frementi del bacino di Danny 
    manifestavano la sua impazienza molto più delle parole. Si scostò 
    stizzosamente dalla mano di Jordan che sollecitava le sue natiche. 
    - Sbrigati!- 
    ordinò gridando. Non era da lui, non era il suo approccio tipico coi 
    clienti. Di solito li lasciava fare i loro comodi, il suo piacere era del 
    tutto secondario anche per lui, ma ora… era una delle poche volte che si era 
    lasciato eccitare così tanto. - Sbrigati!- 
    Jordan smise di 
    prepararlo e si appoggiò alla sua apertura, leccandosi di nuovo le labbra. 
    Gli piegò una gamba attorno ai propri fianchi ed entrò con un unico 
    movimento, lento ma fluido. Danny spalancò la bocca ma non venne alcun 
    suono, e un attimo dopo si ritrovò a spingere alle spinte uguali di Jordan 
    dentro di lui, alle carezze ritmiche della mano di Jordan sul suo sesso. 
    Venne solo un 
    attimo dopo gridando qualcosa di sconnesso, sentendo mentre si riprendeva i 
    movimenti di Jordan ancora dentro di lui. Poi anche Jordan venne e cadde 
    disteso su di lui con un gemito. 
    Danny chiuse gli 
    occhi cercando di mettere ordine nelle sue emozioni. Mai aveva provato tanto 
    piacere con un cliente; nell’ultima parte del rapporto aveva persino 
    dimenticato che era un cliente… aveva pensato a sé stesso e non a Jordan, al 
    proprio corpo, scordando per un attimo che era un oggetto di piacere. E… 
    anche in tutta la sua vita non aveva provato quelle sensazioni molte volte. 
    Con Ken… aveva urlato un paio di volte all’inizio della relazione, ed era 
    venuto con lui solo per le prime settimane. Poi, aveva sempre lasciato che 
    Ken facesse i suoi comodi con lui, non gliene era importato più niente. 
    Jordan uscì 
    delicatamente, guardandolo e accarezzandogli il viso. 
    - Scusa- gli 
    disse con un’espressione contrita. 
    - Per cosa?- 
    chiese Danny, senza voce, sussurrando. 
    - Mi sono 
    eccitato troppo presto. Non sono riuscito a spogliarmi. Ti volevo subito- 
    rispose. 
    - Non importa…- 
    - E poi mi sono 
    dimenticato i preservativi-. 
    - Non sono 
    malato-. 
    - Ma forse tu lo 
    preferivi-. 
    - Non importa-. 
    - Sei sicuro? 
    Puoi chiedermi di più se vuoi-. 
    Danny fece un 
    gesto con la mano, per farlo smettere. Jordan annuì. In quel momento 
    bussarono alla porta, era la loro colazione. Jordan fece entrare il 
    cameriere e poi servì la colazione a letto, in grembo a Danny. 
    - È stato bello 
    fare l’amore con te- disse finendo di mangiare, sorridendo, stringendogli 
    una mano. Danny sorrise a sua volta.  
    - Grazie- disse 
    prima di riuscire a trattenersi. - per non aver detto sesso, oppure…- 
    Jordan fissò gli 
    occhi nei suoi, e Danny distolse lo sguardo. Jordan passò un dito sul livido 
    attorno all’occhio, e Danny sussultò. 
    - Fa male?- 
    - Un po’-. 
    - Com’è successo? 
    Chi è stato?- Danny tacque. - È stato il tuo ragazzo? Tu… hai un ragazzo?- 
    - No… mi hanno 
    scippato. È stato il ladro, ma… non è niente di grave- disse Danny, 
    sentendosi sollevato dentro di sé perché per una volta era la verità, era 
    stato qualcun altro e non Ken, anche se aveva mentito e avrebbe continuato a 
    farlo per coprire Ken. - Il mio ragazzo… non ce l’ho, me ne sono andato-. 
    Jordan sospirò. 
    Danny non capì se era sollevato e perché. L’altro lo fissò a lungo, senza 
    parlare, tanto da farlo sentire in imbarazzo, e poi finalmente si alzò dal 
    letto, sistemandosi i vestiti. 
    - Se vuoi fare 
    una doccia…- disse Jordan indicando vagamente il bagno. - Prendi 
    l’accappatoio di ieri- 
    Quando Danny uscì 
    dalla doccia trovò i suoi abiti ordinatamente piegati sul letto. Si rivestì 
    e considerò se era il caso di sgattaiolare via così: Jordan avrebbe dovuto 
    pagare così come lui avrebbe dovuto pagare Jordan. Era stato bene e gli 
    aveva fatto bene, ma pensò che per lo meno voleva salutarlo e non scappare 
    via come un ladro. E poi l’aveva portato in un posto tanto diverso dal 
    solito, dove c’erano cuscini e non sedili, ed il bagno era un vero bagno. 
    L’aveva lasciato dormire vedendolo stanco… l’aveva accarezzato e fatto 
    godere più di chiunque altro. 
    Andò a cercarlo 
    nello studio in cui l’aveva trovato prima. 
    - Sei già pronto? 
    Ok, dimmi quanto ti devo…- disse prendendo il portafogli dalla tasca. Danny 
    arrossì e aprì la bocca per rispondere, ma in quel preciso momento il 
    cellulare di Jordan suonò.  
    Jordan rispose e 
    poi fece cenno a Danny di aspettarlo di là. 
    - Come? Certo che 
    vengo- disse Jordan nel telefono. - Come potrei mancare? Ma certo, è 
    logico…- poi si interruppe e guardò la porta dello studio. - Aspetta… può 
    darsi che saremo in due… ora devo andare, ti confermo. Ciao-. 
    Trovò Danny 
    seduto nell’identica posizione di quella mattina. Si avvicinò sorridendo, 
    come chi pregusta qualcosa di molto divertente. Appena lo vide, Danny 
    cominciò a parlare, troppo ansioso per trattenersi. 
    - Senti, io non 
    credo che sia il caso di pagarmi, perché io…- 
    - Ehi, ehi, 
    frena, micetto… ascolta, ho una proposta da farti: il prossimo week-end la 
    mia famiglia dà una festa, e io… credo che se venissi con me sarebbe 
    splendido!- 
    - Che cosa?- 
    - Posso darti 
    tremila… cinquemila dollari se accetti. Ti prego, vieni con me!- 
    - Ma… la tua 
    famiglia? Voglio dire… noi ci conosciamo appena…- 
    - Appunto! Loro 
    mi conoscono da una vita, e mi detestano. E poi… ci resterebbero di sasso, 
    tu non te lo immagini neanche. Ho bisogno di portarmi dietro una faccia 
    amica!- 
    - Io… non so, E 
    poi… io sono un…- 
    - Tu non li 
    conosci!- ripeté Jordan, con gli occhi brillanti come quelli di un bambino. 
    - Sarebbe… la cosa più divertente che ho mai fatto, e poi… dio, dio, quanto 
    pagherei per questo!- 
    - Ma… è il caso 
    che… venga con te? Cioè… come mi presenterai?- 
    - Senti, ascolta: 
    è il compleanno di mio nonno, facciamo questa festa tutti gli anni, e i miei 
    zii e cugini fanno a gara a chi fa il leccapiedi più bravo; tutti vogliono 
    che il nonno  schiatti e gli lasci i suoi milioni… sono tutti membri 
    dell’azienda di famiglia e si fanno belli col nostro nome senza muovere un 
    dito… mio padre ed io ci siamo staccati dall’azienda, e loro mi odiano da 
    morire… e poi… ce l’hanno a morte con me perché sono gay e non mi vado a 
    seppellire per questo! Perché non mi vergogno e non lo nascondo, dicono che 
    infango il nome della famiglia… se andassi lì con un compagno 
    schiatterebbero, altroché! Diventerebbero di sale dalla sorpresa!- 
    - Quindi… sarei 
    il tuo compagno?- 
    - Non sarai 
    obbligato a fare sesso con me, comunque!- 
    - Io non so… non 
    è che… tuo nonno… insomma, gli rovineresti la festa?- 
    - Se vuoi farti 
    degli scrupoli per questo… mio nonno è più aperto di tutti i suoi nipoti 
    messi insieme… loro sono un branco di avidi bigotti, mio nonno è fortissimo, 
    invece. È l’unico della mia famiglia che approvi le mie scelte di vita e 
    professionali. Si divertirebbe un mondo, e sono sicuro che ti troverebbe 
    adorabile!- concluse Jordan dandogli un buffetto sulla guancia. 
    Danny sorrise. La 
    prospettiva di uscire da quella stanza per andare chissà dove non gli 
    sorrideva. Non aveva ancora una casa, e i soldi che gli avrebbe dato Jordan 
    non sarebbero durati per sempre. Cinquemila dollari, invece… 
    - Be’, se è solo 
    per una festa…- cedette. 
    - Fantastico! 
    Allora dobbiamo andare!- 
    - E dove?- 
    - Per negozi, a 
    fare shopping. Ti servono un sacco di cose!- 
    - Come un sacco 
    di cose? Per una festa sola?- 
    - La festa è solo 
    una parte dei festeggiamenti… di solito il tutto dura una settimana, o giù 
    di lì-. 
    - Come, una 
    settimana?- chiese Danny, stupito. Una settimana… a fingere di essere il 
    ragazzo di Jordan davanti ad estranei? Ci sarebbe riuscito? 
    - Certo. La famiglia si 
    riunisce nella villa di mio nonno, e la festa è solo la grande conclusione 
    di tutti i salamelecchi rituali. Ma non devi preoccuparti… ci procureremo 
    tutti gli abiti che ti servono-. 
      
       
       
       
      
        
        
          
            
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