Disclaimers: tutti i personaggi di GW appartengono alla Sunrise.
Note per chi legge: Vedi chap precedenti.
Spoilers: qua e là...


 


Tutto in una notte

meteor III - Black Pearl

di Choco

 

Treize si lasciò sfuggire un sospiro tremante, mentre le sue orecchie percepivano il lievissimo suono ovattato del bicchiere di Zechs che ricadeva sul copriletto.
Chiuse gli occhi, reclinando il capo all'indietro per dare più libero accesso alle labbra del ragazzo, concedendo alle proprie mani di spostarsi dalla schiena al torace di Zechs; accarezzarono, leggere come piume, gli addominali scolpiti, permettendosi anche di sfiorare appena i piccoli capezzoli rosa.
La bocca del giovane principe cercò un'altra volta la sua mentre si stringeva ancora di più a lui; Treize continuò ad accarezzarlo dolcemente, quasi con riverenza, prima di staccarsi da lui e costringerlo delicatamente a cambiare posizione, in modo da fargli appoggiare la schiena contro al proprio petto.
Il Colonnello appoggiò il mento su una spalla di Zechs, abbracciandolo stretto e inspirando profondamente.
"Sei bellissimo, piccolo principe...", gli sussurrò all'orecchio, beandosi nella meravigliosa sensazione di appagamento che gli dava anche soltanto avere il suo adorato Milliardo così tra le sue braccia, languidamente abbandonato contro di lui.
Zechs non rispose, limitandosi ad appoggiare una guancia contro quella di Treize e a sospirare, cercando poi le mani del suo superiore e accarezzandole piano.
I due rimasero così per qualche minuto, godendo semplicemente della reciproca presenza; poi Treize si mosse e Zechs avvertì qualcosa che gli solleticava le labbra ed aprì gli occhi, per trovarsi di fronte ad un altro quadretto di cioccolato bianco offerto da dita affusolate appartenenti ad un paio di bellissime mani che si erano appena sciolte dalle sue.
Il Tenente sorrise, schiudendo le labbra e accettando di buon grado il piccolo dono; cercò alla cieca il calice abbandonato poco prima sul copriletto di raso.
"Me ne verseresti ancora un po'?", Chiese una volta trovatolo.

***

Duo e Heero raggiunsero la grande sala da pranzo di Villa Winner, allestita all'interno di una gigantesca veranda tutta circondata da immense vetrate ovviamente tutte rigorosamente chiuse per permettere ai climatizzatori installati di funzionare a dovere.
La vista sul giardino esterno, una specie di piccola oasi con tanto di laghetto e palmizi, donava una sensazione di serenità e pace di cui nessuno più dei cinque ragazzi aveva bisogno; la lunga tavola era già imbandita, come se nella tenuta si dovesse tenere una cena ufficiale con ospiti importanti: tre candelabri d'argento troneggiavano sulla tovaglia di lino bianco, accompagnati da due imponenti portafrutta carichi di datteri, uva, ananas e fette di cocco attorniate di ghiaccio tritato.
I grandi occhi di Duo si illuminarono come piccoli soli a quella vista.
"Waaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah!!! Questo dev'essere il Paradiso… L'ho sempre detto io che Quatre è un Angelo sceso sulla Terra, altro che erede dei Winner venuto da una colonia!"
Il ragazzino con la treccia si avvicinò alla tavola con l'entusiasmo di un bambino che veda per la prima volta la neve; cominciò a saltellare da un angolo all'altro, studiando più da vicino la frutta esotica che riempiva i grandi vassoi d'argento, sorridendo estatico come se fosse stato appena beatificato.
Era talmente assorto ad ammirare le primizie disposte in bell'ordine sul tavolo che si perse il sorriso di Heero, incredibilmente dolce e privo di qualsiasi traccia di sarcasmo.
Un rumore di passi affrettati attirò l'attenzione dei due piloti; poco dopo, dall'altissimo arco di forma bizantina che introduceva a quel salone da Mille e una Notte entrò Quatre, quasi di corsa, con i capelli scarmigliati e la camicia di lino nero, che gli scendeva fino a metà cosce, lasciata sciolta fuori dai pantaloni color corda.
Heero lo squadrò con aria disapprovante; dopo qualche istante, fece il suo ingresso nel salone anche Trowa nel suo lento ed elegante incedere molto simile a quello di un agile e snello felino. C'era qualcosa, nel suo modo di camminare, che ricordava il languido ancheggiare femminile e questo particolare lo rendeva, se possibile, ancora più affascinante.
Heero sbuffò, un po' divertito ed un po' indispettito: se quei due avevano qualcosa da nascondere, tanto valeva che almeno lo facessero con un certo stile… Oppure che non cercassero di nascondersi affatto, tanto erano talmente ovvi da non riuscire a dare adito a dubbi.
"Quatre!!! E' proprio vero che chi trova un amico trova un tesoro!!! Non credo di essermi mai trovato di fronte a tanto cibo tutto assieme!" Esclamò Duo correndo incontro al padrone di casa prendendogli le mani nelle sue; il pilota arabo le strinse, pervaso da un immenso senso di appagamento per essere riuscito a rendere felice il suo amico con così poco.
"E Wufei? Dov'è?", chiese però Heero all'improvviso, elettrizzando l'aria conviviale e pacifica che si respirava nella veranda.
Duo sbatté le palpebre, guardandosi attorno come se qualcuno lo avesse risvegliato da un bel sogno.
Trowa si avvicinò alle spalle di Quatre e gli infilò una mano nella tasca destra degli ampi pantaloni, per estrarne un biglietto che tenne sospeso davanti agli occhi del pilota del Wing.
"L'abbiamo trovato prima sul tavolo, accanto al segnaposto con il suo nome. Credo che non ci farà compagnia, per stasera…."

***

Zechs giaceva supino sul letto di Treize, con gli occhi chiusi e le braccia sollevate ed abbandonate ai lati del viso; le dita della mano destra erano ancora mollemente avvolte intorno allo stelo del calice dal quale aveva più volte bevuto.
La camicia di seta bianca era ormai completamente aperta e lasciava scoperti i pettorali armoniosi e l'addome cesellato che le mani e le labbra del colonnello Kushrenada stavano esplorando con infinita pazienza e metodica lentezza.
Per Treize quello che stava accadendo aveva quasi del fantastico… Temeva quasi che, se avesse toccato quel corpo meraviglioso senza il dovuto rispetto, Milliardo avrebbe potuto scomparire, disintegrarsi tra le sue mani.
Lo desiderava… Era eccitato, si, ma le sensazioni di dolcezza ed appartenenza che lo stavano sopraffacendo erano ben più forti delle pulsioni sessuali, in quell'istante; continuava ad accarezzarlo con la stessa delicatezza con cui avrebbe sfiorato le ali di una bellissima farfalla, godendo dell'espressione estatica di Zechs, delle sue labbra socchiuse dalle quali il respiro usciva irregolare e tremante, del modo silenzioso e discreto in cui riusciva ad esprimere il proprio piacere e ad esternare quella passionalità troppo a lungo relegata in un remoto angolo della sua anima…
Treize sentiva il corpo del ragazzo vibrare sotto alle sue mani e ogni tanto alzava gli occhi per inebriarsi di ogni singola espressione che si dipingeva su quel volto angelico; ogni raro, lievissimo gemito che riusciva a strappare al suo ufficiale rappresentava un premio di inestimabile valore…
All'improvviso, però, tutto divenne ancora più silenzioso; Zechs si rilassò improvvisamente ed il suo respiro si fece stranamente calmo e regolare.
L'incanto si ruppe.
Treize, che stava mordicchiando le creste iliache sporgenti dai pantaloni immacolati, sollevò il viso preoccupato: cos'era successo? Aveva forse fatto qualcosa di sbagliato? Aveva corso troppo?
Tutta la confusione del mondo vorticò nella testa del Colonnello come un tornado impazzito, finché il nobiluomo non si rese conto, osservando il volto serafico e disteso di Zechs, che il suo angelo di luce si era pacificamente addormentato con un sorriso soddisfatto ad ingentilirgli le fattezze già aggraziate.
Treize rimase per qualche istante congelato nella posizione in cui si trovava, prono sul letto e sollevato sui gomiti; poi una sua risata, sincera e liberatoria, si sovrappose alle note di Tchaikowsky che avevano continuato a riempire la stanza.
"… Decisamente mi sono preso *un po' troppo* tempo, mio amato Principe…"
Il colonnello colse l'immagine della bottiglia ormai praticamente vuota sul comodino e scosse leggermente la testa, passando le lunghe dita affusolate tra i capelli leggermente ondulati; sedette sul letto, osservando la figura addormentata di Zechs, una specie di nuvola bianca e oro distesa sul raso celeste.
Povero Milliardo... Treize ricordava che il giovane principe gradiva qualche assaggio vino pregiato ma, evidentemente, non era davvero abituato a bere... In quel modo.
E, sicuramente, l'alcool doveva esser stato aiutato dal conflitto interiore di cui era palesemente vittima il giovane principe quella sera, nonché da quel piccolo assaggio di esperienza sessuale che per lui doveva essere del tutto nuova... Almeno con un altro uomo.
Zechs esalò un lungo sospiro, per poi girarsi su un fianco ed assumere una posizione quasi fetale; qualche ciocca dei lunghi capelli argentati gli ricadde sul viso e Treize la scostò, portandola dietro ad un orecchio.
Era un vero peccato coprire quel viso nei pochi momenti in cui aveva occasione di ammirarlo, senza che fosse celato da quella *maledetta* maschera... Chissà quanto tempo sarebbe passato prima di poter perdersi di nuovo in tanta bellezza... Chissà per quanto tempo non avrebbe più avuto l'opportunità di stringere Milliardo tra le braccia... Magari quella sera sarebbe stata la loro unica occasione...
Ma forse era giusto così, magari il Destino aveva voluto fargli capire che doveva tenere le mani lontane da quell'inestimabile tesoro...
Le dita di Treize vagarono leggere come piume qualche istante sugli zigomi cesellati, per poi scendere ad accarezzare le labbra socchiuse; dopodiché, l’uomo si alzò con cautela dal letto e, sospirando, sciolse i legacci che tenevano chiusi i tendaggi del baldacchino e li accostò.
Si diresse verso l’ampia porta finestra, aprendola e lasciando che la brezza della sera primaverile entrasse a rinfrescargli un po’ le idee.
Si voltò, fissando le tende oltre le quali si trovava Zechs; rimase qualche minuto così, fermo in piedi con le braccia incrociate sul petto ad immaginare il suo Principe addormentato e realizzando una volta di più quando profondamente lo amasse e chiedendosi se una persona con Milliardo, incarnazione di bellezza, lealtà e nobiltà d’animo potesse suscitare in qualcuno sentimenti diversi dall’amore e la devozione.
Si domandò quanti altri uomini, oltre a lui, sarebbero caduti vittima del fascino di Zechs senza preoccuparsi minimamente del fatto che anche lui era un uomo; poi sorrise tra se e se, dandosi mentalmente dell’ipocrita.
Perché, se era vero che una creatura tanto perfetta avrebbe potuto facilmente far innamorare di sé chiunque, a prescindere dal sesso cui apparteneva, era anche vero che per lui, Treize Kushrenada, le cose stavano in modo *leggermente* diverso.
Il fatto che non lo turbasse essere innamorato di un altro uomo non dipendeva solamente dalla straordinarietà di Zechs; a dire il vero, per lui non aveva mai fatto differenza il sesso di qualcuno che lo interessava, sotto i più diversi punti di vista… Trovava riduttivo ed invalidante obbligarsi a ricercare un intesa esclusivamente con le donne.
E infatti…
Infatti, negli ultimi tempi, quando si era trovato a dirottare i suoi pensieri riguardanti Milliardo su un’altra rotta… era finito a pensare a due occhi neri come l’inchiostro e scintillanti di rabbia e orgoglio, a un paio di labbra scure e carnose, ad un fascio di muscoli flessuosi…
Treize scosse la testa, disgustato da se stesso, passandosi un’altra volta le dita tra i capelli, come se quel gesto potesse allontanare i pensieri vagamente disturbanti che lo stavano assalendo; andò a recuperare il suo calice, per poi dirigersi verso il frigo e scegliere un’altra bottiglia di ottimo vino, questa volta bianco e dolce.
Ne assaggiò un sorso, appoggiandosi delicatamente alla credenza in cristallo; il suo sguardo si perse su un punto lontano della parete di fronte e le sue labbra si incurvarono in un sorriso malinconico.
Se pensava al suo desiderio nei confronti di Milliardo come qualcosa di illecito, allora le sue perverse fantasie riguardo al pilota del Gundam 05 meritavano un posto d’onore nel girone dei lussuriosi all’inferno…
Chang Wufei.
Che ragazzino straordinario…
Aveva raccolto la sua sfida senza un attimo di esitazione, aveva accettato di battersi a duello con lui quando avrebbe potuto facilmente disintegrarlo con il suo Gundam… Gli aveva chiesto di ucciderlo per salvare il proprio onore.
L’onore…
Qualcosa che la maggior parte degli uomini sembrava aver dimenticato così magistralmente custodito da un bambino costretto a fare il guerriero…
A pensarci la situazione era talmente tragica e triste che Treize si sentiva ancora più colpevole ad avere certi pensieri nei confronti del ragazzino. Eppure…
Era più forte di lui.
Desiderava rivederlo con tutte le sue forze e sapeva che, in un modo o nell’altro, ci sarebbe riuscito…
“Treize Kushrenada…”
Treize sussultò leggermente, sbattendo le palpebre, riportato bruscamente alla realtà da quella voce che non avrebbe mai potuto dimenticare.
Si voltò lentamente, provando una stupidissima sensazione di assurda felicità.

***

A villa Winner due paia di occhi erano intentissimi a leggere la nota che il pilota del Gundam Shenlong aveva lasciato sulla tavola della sala da pranzo.
Heero si era seduto compostamente davanti al suo coperto e Duo gli si era appiccicato, trascinando la sedia vicina vicina alla sua; Trowa e Quatre si erano accomodati di fronte ai due compagni ed il posto di capotavola, riservato a Wufei, era vuoto.
“Dove pensate possa essere andato?”, chiese Duo, palesemente in ansia nonostante facesse del suo meglio per non darlo a vedere. “Questa storia della missione solitaria non mi convince nemmeno un po’… Non è che si metterà nei guai?”
Heero posò il biglietto che aveva studiato per qualche minuto sulla tovaglia, alzando gli occhi per incrociare lo sguardo con quello di Trowa.
“A te ha detto niente? Sei stato tu l’ultimo che ha controllato gli hangar… Non è che per caso l’hai incontrato?” , chiese il pilota del Wing al ragazzo castano.
Trowa chiuse gli occhi ed abbassò lievemente il capo, mentre le sue labbra si incurvavano in un impercettibile sorriso che però non sfuggì a Heero.
“Non mi ha detto dove stava andando… D’altra parte, io non gliel’ho chiesto”, si limitò poi a rispondere il proprietario dell’Heavyarms, ricambiando quindi lo sguardo indagatore del compagno.
Heero sorrise, lasciandosi sfuggire un mezzo sbuffo.
Era proprio tipico di Trowa rispondere così… Anche per quel motivo lo ammirava tanto.
Duo si era un po’ allontanato, dondolandosi sulla sedia fino a riportarla davanti al proprio piatto, che cominciò a riempire con tutto quello che poteva starci dentro; Quatre aveva appositamente chiesto ai suoi domestici di lasciarli da soli, un po’ per non mettere in imbarazzo i suoi amici, un po’ per godersi quel momento di pace insieme agli altri ragazzi.
Il biondino guardò teneramente il pilota americano, sorridendo incoraggiante:
“Dai, Duo… Non ti preoccupare, sono sicuro che non gli accadrà niente di male… Lo sai, Wufei è un tipo in gamba e ha la testa sulle spalle! Sono sicuro che prima di mezzanotte lo vedremo ritornare!”
“Si, magari con Shenlong trasformato in zucca…”, provò a sdrammatizzare Duo, senza per altro autoconvincersi troppo.
“Spero solo che non si faccia seguire da qualcuno, rivelando la nostra posizione… O lui e il suo Gundam faranno davvero una brutta fine.”, replicò Heero, mentre prendeva il cibo dai vassoi con movimenti ordinati e metodici, nello stesso modo in cui avrebbe innescato una bomba.
“Complimenti per l’originalità, Heero…”
“Taci e mangia, Maxwell…”
“Comunque secondo me possiamo stare tranquilli…”, sentenziò infine Trowa, che non stava mangiando affatto ma seguitava a tenere le braccia incrociate sul petto. Nel tono di quella frase c’era un’ombra quasi minacciosa, come se in realtà avesse voluto esprimere un concetto del tipo: “siete pregati di far cadere il discorso oppure potrei seriamente irritarmi”.
Quatre si affrettò a servire il suo ragazzo, sorridendo compiacente, preparandogli un piatto di carpaccio e insalata, mentre parlava ai suoi compagni.
“Massì, Trowa ha ragione! Perché non cerchiamo di stare bene assieme, finché possiamo… Finché non verranno definiti gli obiettivi della nuova missione? Sono sicuro che domani a quest’ora staremo volando chissà dove per intercettare quei mobile suits… Cerchiamo di non pensare a nulla di spiacevole per il momento, OK? Eh, vi va?”
Duo abbozzò un sorriso tirato a beneficio del suo sensibile amico, mentre Trowa cominciava a mangiucchiare ciò che gli era stato parato davanti agli occhi, senza obiettare né chiedere niente, come ogni volta che il dolce Quatre gli *imponeva*, nella sua maniera gentile e tenerissima, di fare qualcosa; questo riuscì a far sì che il pilota con la treccia potesse sorridere in modo un po’ più sincero.
“Forse hai ragione tu, fratellino… Potremmo cambiare argomento… Sentite, ragazzi, voi avete mai pensato a cosa farete alla fine della guerra? O meglio… A cosa farete *se* questa nostra guerra avrà mai fine…” , buttò lì il ragazzino americano tra un boccone e l’altro, guadagnandosi un’occhiata indefinibile da parte di Heero.
Trowa sollevò appena gli occhi dal piatto, mentre il viso e lo sguardo del padrone di casa si illuminarono.
“Io sono *sicuro* che prima o poi noi potremo ritornare a vivere come tutti i ragazzi normali della nostra età, Duo… E potremo fare della nostra vita quello che più ci piacerà!”
Heero gli rivolse un sorriso accondiscendente, senza peraltro guardarlo in faccia.
“Hm. Forse *tu* potrai fare quello che più ti piace, dato che sei pieno di soldi…”
“Ma potremmo fare *qualcosa* assieme! Adesso siamo amici, no?” Gli occhi di Quatre vagarono da uno all’altro dei tre ragazzi seduti a tavola con lui, mentre formulava quella domanda; Trowa smise per un attimo di mangiare, prendendogli la mano nella sua e guardandolo con un sorriso dolcissimo stampato in faccia; Duo si affrettò ad ingoiare il grosso pezzo di soufflé al formaggio che stava masticando, per rispondergli un entusiasta “puoi scommetterci”, mentre Heero si limitò ad un altro dei suoi “Mh”, che per di più nascondeva un tono quasi derisorio.
“Sentite… Sapete a cosa stavo pensando, prima?” Continuò imperterrito Quatre. “Mi è venuta un’idea grandiosa… Potremmo organizzare una Boy Band!”
Al pilota del Gundam Wing rischiò di andare per traverso l’acqua che stava bevendo, mentre a Trowa scappò una risata intenerita, che nascose graziosamente voltando il capo dall’altra parte.
L’unico ad essere entusiasta dell’idea era, ovviamente, Duo Maxwell.
“Sei un *grande*, l’ho sempre detto io!!!”
“Grazie per capirmi così bene, Duo! Non è un’ideona?!?! E bada, non saremmo una boy-band di quelle per finta… Io e Trowa qualcosa di musica sappiamo… E tu Duo canti così bene!”
“Eh? E quando mi avresti sentito?”
“Ascolta… Secondo me Wufei potrebbe imparare a suonare la batteria… Un giorno devo assolutamente farti vedere dei pezzi che avevo provato a comporre…”
“COOOOOOOOSA?!?! Hai composto della musica? Pop-music? Credevo ti piacesse solo la musica classica!”
“No… La musica è musica. Mi piace e basta…”
Heero e Trowa ascoltavano i due sproloquiare sui loro progetti futuri, l’uno con un’espressione d’incredulità mista a compassione, l’altro visibilmente divertito.
“Si, scusa… Ma cosa facciamo fare a Heero?”, domandò quindi Duo, lanciando un’occhiata di sfida al compagno seduto accanto a lui. “Te lo vedi *questo* a far impazzire le ragazze?”, caricò la dose, con un palese cenno del capo.
“Beh, mi pare che ci riesca benissimo… Vuol dire che lui sarà il nostro ragazzo-immagine! Gli insegneremo a suonare un po’ di chitarra…”
“Voi siete *malati*…” , sentenziò Heero, scuotendo la testa e tornando alla sua cena.

***

“Chang Wufei… Non mi aspettavo di rivederti così presto…”
Wufei si sentì stringere qualcosa nella pancia quando udì quella voce melodiosa e dolce che poco si addiceva ad un colonnello di OZ e che, al tempo stesso, non poteva appartenere ad altri che a Treize.
Il pilota del Gundam Shenlong deglutì. Quell’uomo aveva il potere di disorientarlo e confonderlo, facendolo sentire debole… E Wufei *odiava* sentirsi debole.
Si era intrufolato nelle sue stanze dalla finestra, dopo aver eluso la sorveglianza; era arrivato sin lì dopo qualche miglio percorso a piedi, dato che era stato necessario lasciare Nataku nascosto in modo che nessuno potesse notarlo; era rimasto appollaiato sul ramo di un’alta quercia che si arrampicava ben oltre il terrazzo della stanza del Colonnello… Gli era piombato in camera e lui si limitava a guardarlo, languidamente appoggiato ad una credenza di cristallo, con un bicchiere in mano e… Sorrideva, gli occhi di quel bellissimo azzurro intenso addolciti da una strana luce.
Come si permetteva di accoglierlo in quel modo, come se al suo posto dall’albero di fronte fosse saltato giù un innocuo scoiattolino?
Wufei teneva le braccia tese lungo i fianchi ed i pugni talmente stretti da sentire le unghie ferirgli i palmi della mani; i suoi molari stavano pericolosamente stridendo l’uno contro l’altro.
Certo che Kushrenada era veramente… veramente…
*Bello*.
Anche con quei pantaloni sbiaditi e la camicia lasciata mezza aperta sul petto, i polsini sbottonati e risvoltati in su. *Specialmente* così.
Il pensiero attraversò la mente di Wufei come uno sparo e gli occhi del ragazzino si sgranarono inconsciamente.
*Bello come la sua voce… *
Il fanciullo si sentì improvvisamente girare la testa, mentre la vista pareva annebbiarsi a causa della rabbia crescente che lo stava dilaniando… Ma cosa gli stava venendo in mente?
Treize continuava a fissarlo, sorridendo; si era mosso, andando a posare il calice che teneva in mano sul basso tavolino di fronte alla finestra.
“Questa è la serata delle visite inaspettate…” *Ma oltremodo gradite…* “…A cosa debbo l’onore, giovane Dragone?”
Le sopracciglia perfettamente disegnate si aggrottarono, mentre un’espressione indignata si dipingeva sul viso di Wufei.
“Ti avevo detto che sarei tornato… Sono venuto per uccide*l*ti, T*l*eize!”
Il cinesino si sentì avvampare le guance appena finito di parlare: proprio in quel momento doveva fallire entrambe le ‘r’? Una vergogna infinita si impossessò di lui, trasformata subito in rabbia bruciante e desiderio incontrollabile di scagliarsi contro l’uomo di fronte a lui, apparentemente tranquillissimo se non… Contento?
“Oh… E come avresti intenzione di uccidermi, mio nobile guerriero? Forse continuando a lanciarmi dardi infuocati da quegli incredibili occhi a mandorla?”, domandò il Colonnello con una voce più soave del solito, senza smettere di sorridere e senza mostrare la minima preoccupazione per la presenza di un terrorista delle Colonie nella sua camera da letto.
Wufei stava per replicare che gli avrebbe tagliato la gola con la sua nobile spada cinese di famiglia ma…
La spada!!!
Non era possibile… L’aveva lasciata nell’abitacolo di Nataku!!!
*No… No!!! Questo dev’ essere un incubo…*
Era talmente eccitato all’idea di fronteggiare ancora Kushrenada da lasciarsi distrarre dalle proprie emozioni e… Aver dimenticato la sua arma nel Gundam?!?
Il giovane pilota si guardava le mani, come sa da esse potesse effettivamente materializzarsi la sciabola; nella sua testa non riusciva più a mettere insieme nessun pensiero coerente, c’era solo una gran confusione che sembrava mescolarsi con il martellante battito del suo cuore impazzito.
La risata cristallina ed intenerita di Treize agì da interruttore ed il ragazzino, dopo aver lanciato un grido di rabbia, si affidò d’istinto alle arti marziali, lanciandosi sul suo acerrimo nemico con un calcio volante che avrebbe potuto facilmente demolire un muro di mattoni…
…E che invece venne abilmente evitato da Treize che anzi, con un’abile mossa di karate, riuscì a bloccare il ragazzino in ginocchio sul pavimento di lucidissimo marmo, un braccio piegato dietro alla schiena ed il collo imprigionato nella piega del gomito del Colonnello.
“La rabbia è cattiva consigliera in battaglia come in ogni altra occasione, Wufei”, sussurrò il nobiluomo all’orecchio del pilota, allo stesso tempo esterrefatto e terrorizzato da quanto era appena successo.
Il fiato caldo di Treize che gli soffiava sul viso gli aveva procurato un lunghissimo brivido lungo la schiena, nonché un’altra, *spaventosa* sensazione che cercò stoicamente di ignorare.
Qualcosa di *definitivamente* chimico spinse il corpo di Treize a muoversi autonomamente: fu come se qualcuno avesse interrotto i contatti con la sua parte razionale, aprendo invece le gabbie in cui aveva tenuto rinchiusi i suoi ormoni fino a quell’istante.
Anche se non lo poteva vedere attraverso gli ampi pantaloni alla cinese, l’uomo *sentiva* l’eccitazione di Wufei, la percepiva attraverso ogni singola cellula.
Tutta la passione che aveva represso nei confronti di Zechs e che era rimasta insoddisfatta esplose ed il Colonnello si trovò con le labbra premute contro alla giugulare del ragazzo, la presa in cui l’aveva immobilizzato tramutata in un possessivo abbraccio.
Gli occhi allungati del giovane pilota si sgranarono fino ad assumere una forma quasi perfettamente rotonda, mentre il fiato gli scappò dai polmoni in un breve gridolino di sorpresa; Treize aveva incrociato le braccia sul suo petto e lo stringeva forte contro di sé, così forte che persino respirare stava diventando un’impresa… La pelle su cui era poggiata la bocca dischiusa del suo mortale nemico sembrava bruciare e la testa gli girava vorticosamente.
“Che… Che cosa vuoi *farmi*?” Riuscì a chiedere, soltanto un tremante sussurro un po’ stridulo uscitogli dalla gola costretta.
La risata di Treize gli vibrò sul collo, facendolo rabbrividire violentemente; avvertì le labbra del Colonnello spostarsi in una delicatissima carezza fino a raggiungere di nuovo il suo orecchio; un calore intossicante lo pervase e si sentì improvvisamente come se stesse per liquefarsi.
“Soltanto quello che il tuo corpo mi sta chiedendo, piccolo drago… E con cui il *mio* corpo è assolutamente d’accordo.”
Wufei deglutì inconsciamente, rimanendo senza parole a quell’affermazione, mentre una sensazione che credeva dimenticata lo assalì con prepotenza: il naso che pizzicava e gli occhi che bruciavano, pieni di lacrime che rischiavano di scivolargli sulle guance morbide.
Era tutto terribilmente *assurdo*: Treize non solo era il comandante delle forze armate di OZ, ma era anche un uomo… Cioè, un *maschio*… Ed aveva circa dieci anni più di lui.
E allora perché si sentiva in quel modo? E perché Treize gli stava facendo questo?
L’uomo alle sue spalle cominciò a baciargli delicatamente il lobo, per poi spostarsi sul suo viso paonazzo e riscendere nuovamente lungo il collo.
Panico, desiderio e vergogna investirono il ragazzino come uno tsunami; le lacrime ruppero gli argini, scivolando cristalline sul volto congestionato.
“No… No! No, no… no…”
Il cinesino cominciò a ripetere quella singola sillaba, incapace di formulare qualsiasi altra parola coerente; cercava di dibattersi, di divincolarsi per liberarsi dalla stretta in cui era imprigionato… Ma le forze sembravano averlo abbandonato, non riusciva a spostare di un solo millimetro le braccia forti che lo stringevano. Le sue dita erano affondate negli avambracci di Treize, in un misero tentativo di liberarsi di lui… Ma *sapeva* che non ci sarebbe riuscito.
Il Colonnello aveva ragione: il suo corpo *desiderava* quello che stava accadendo,
anche se il suo orgoglio lo negava con ostinazione.
Le labbra di Treize si posarono su una guancia, asciugando una lacrima in un gesto tenero e gentile; poi si mossero nuovamente vicino all’orecchio, continuando a sussurrare.
“Ssssh… Non aver paura, piccolo drago… Non voglio farti del male…”
Il nobiluomo si rendeva perfettamente conto di stare parlando inutilmente: era *ovvio* che il ragazzino fosse spaventato da tutto quello che stava accadendo ed era anche consapevole di stare approfittando in qualche modo di lui ma, a differenza di come era solito riuscire a controllarsi, questa volta dominare i propri istinti gli sembrava un’impresa veramente impossibile. Anzi, per certi versi sentiva che *doveva* lasciarsi andare… Che avrebbe fatto bene ad entrambi, che quel bambino bellissimo ed orgoglioso che stringeva contro il petto aveva bisogno più di chiunque altro di sentirsi amato e desiderato… Forse era solo una scusa che stava cercando con se stesso, ma non gli interessava.
Fece in modo di far voltare Wufei tra le sue braccia senza lasciargli troppo spazio per riuscire ad allontanarsi o di tentare qualche altra pericolosa mossa di Kung Fu; il viso del fanciullo era un mosaico di emozioni indefinibili e non sembrava più quello del coraggioso pilota che l’aveva sfidato durante il loro primo incontro, ma di un ragazzino spaventato e confuso dai suoi stessi sentimenti… Come un qualsiasi ragazzo di 15 anni avrebbe dovuto essere.
Treize gli sfiorò la bocca dolcemente con la sua, mentre si adagiava sul pavimento trascinandosi dietro il corpo al tempo stesso esile e muscoloso di Wufei, che si
era immobilizzato tra le sue braccia tremando leggermente, il respiro affannato.
Le labbra del suo piccolo drago erano morbide e bollenti, quasi come se scottassero per la febbre; lo guardò negli occhi e si accorse che erano spalancati, le pupille dilatate che guardavano il soffitto.
Il Colonnello appoggiò le labbra alla fronte di quel viso insieme delicato e severo, indugiando in quel bacio rassicurante per qualche istante; lo sguardo del cinesino si portò nel suo, sostenendolo, pieno di interrogativi.
Gli stava forse tacitamente domandando perché gli stava facendo una cosa del genere… Se davvero lo desiderava o se quello era soltanto un modo per punire la sua arroganza, per dimostrargli quanto era piccolo e debole in confronto a lui… Ma non c’era bisogno, né tempo, di spiegarglielo a parole… L’avrebbe capito da solo.
La bocca di Treize cercò di nuovo la sua, per accarezzarla dolcemente qualche interminabile istante, muovendo piano le labbra contro le sue; lentamente, sentì che il corpo sotto di lui si rilassava e che Wufei stava timidamente ricambiando il suo bacio. Non ne rimase troppo sorpreso…
*Sapeva* che non avrebbe trovato troppa resistenza, ma comunque il cedimento del ragazzino infuocò il suo già provato desiderio, spingendolo ad approfondire il bacio violando quella bocca ancora così giovane ed inesperta.
Wufei sussultò leggermente, ma non fece nulla per cercare di interrompere il contatto; anzi, dopo alcuni secondi di rigidità il ragazzo reclinò il capo all’indietro, concedendo al suo assalitore maggior accesso e presto Treize lo avvertì rilassarsi completamente, lasciandosi andare ad un sospiro tremante.
Per il Colonnello fu come assaporare uno dei cioccolatini alla rosa che tanto gli piacevano: sentì sciogliersi dentro qualcosa di dolcissimo e caldo e la passione che lo stava divorando si mescolò ad una sensazione di tenerezza infinita.
Allentò un poco l’abbraccio in cui stringeva il corpo snello del ragazzino, interrompendo il bacio con un’ultima carezza sulle labbra; cercò gli occhi a mandorla, che erano lucidi e semichiusi e brillavano come due ossidiane.
“Se ti lascio libero mi prometti di non fare niente di stupido?” Chiese in un sussurro.
Wufei lo fissava rapito e annuì lentamente, come ipnotizzato; Treize si spostò un poco di lato, liberando il corpo del compagno dalla maggior parte del suo peso e cominciò ad accarezzargli delicatamente la schiena con una mano che insinuò senza indugi sotto alla camicia color cremisi che donava così tanto all’incarnato bronzeo del giovane pilota.
Il cinesino dal canto suo sapeva bene che quello che stava accadendo aveva dell’assurdo, ma più di questa considerazione il suo cervello non riusciva ad elaborare: era perso tra le braccia di quello che da qualche tempo considerava il suo più grande nemico e stava provando le sensazioni più belle di tutta la sua vita.
Non riusciva più a ricordarsi nemmeno perché ce l’aveva tanto con lui, forse nemmeno perché avrebbero dovuto essere nemici…
Quelle mani grandi e delicate sulla sua pelle che scottava erano l’unica cosa di cui era cosciente, ormai, e dopo qualche attimo le sue braccia avvolsero il collo di Treize, mentre le loro labbra si incontravano di nuovo.
Il corpo del Colonnello era caldo ed accogliente e le sue mani sembravano conoscere ogni più remoto punto sensibile del suo corpo; Wufei le sentì armeggiare con i bottoni della camicia, sfiorargli delicatamente gli addominali ed il petto scolpiti da anni di arti marziali, accarezzargli le anche con i polpastrelli, infilandosi appena al di sotto della cintura dei pantaloni.
Il ragazzino si staccò un attimo dalla bocca di Treize, guardandolo negli occhi per cercare un po’ di sicurezza che ancora gli mancava e quello sguardo colmo di passione e tenerezza cancellò in un istante tutti i suoi dubbi; abbassò nuovamente le palpebre sulle iridi di ossidiana e si abbandonò completamente, sussultando appena quando un ginocchio di Treize gli si insinuò tra le gambe, tremando un poco quando il nobiluomo lo sollevò leggermente dal pavimento per sfilargli del tutto la camicia.
Il cuore cominciò a martellargli nel petto più forte che mai, sentì il bisogno di toccare a sua volta il corpo statuario sdraiato accanto a lui sulla liscia e fresca superficie di marmo chiaro; affidandosi all’istinto, lasciò che le proprie mani vagassero lungo l’ampia schiena del Colonnello, suscitando uno strano suono gutturale che sembrava molto simile alle fusa di un grosso gatto rosso.
L’improvvisa consapevolezza del potere che esercitava su Treize procurò al giovane pilota un violento brivido di eccitazione; si allontanò di nuovo dalle labbra che divoravano le sue, gettando la testa all’indietro ed offrendo loro la gola.
Una mano del Colonnello risalì fino alla nuca, liberando i lucidi e sottili capelli neri dall’elastico che li imprigionava; poi, le sue labbra scesero dalla bocca fino al collo percorrendo la linea della mandibola, andando a stuzzicare prima il lobo dell’orecchio e poi il collo lungo e sottile, mordicchiandolo e sfiorandolo ad ogni morso con la punta della lingua.
Il respiro di Wufei si era fatto irregolare, dalle labbra gli uscivano sospiri sempre più simili a gemiti; Treize era perso in una spirale di sensazioni squisite, stava letteralmente *assaggiando* il suo bambino guerriero, il suo Wufei, il ragazzo che aveva popolato le sue fantasie dal giorno in cui lo aveva incontrato… Ed era ugualmente passionale ed intenso, sia quando combatteva sia ora, perso così tra le sue braccia…
Le sue labbra scesero, scesero ancora fino ad incontrare un capezzolo scuro, mentre le sue dita sfioravano l’altro facendo tendere tutto quel piccolo corpo perfetto verso il suo; le mani sottili del cinesino si intrecciarono ai suoi capelli mentre gli baciava l’addome e giocava con il suo ombelico. Quando la bocca di Treize raggiunse finalmente il bordo dei pantaloni alla cinese il Colonnello si fermò, soffocando il piccolo singhiozzo di protesta che uscì dalla gola di Wufei con un bacio; si mise a sedere, trascinando con sé il ragazzino, si avvolse le sue gambe intorno alla vita e, cingendolo con sicurezza, si alzò in piedi sollevando il giovane pilota con lui.
Treize si sedette sulla poltrona accanto al tavolino di cristallo, sistemandosi il flessuoso corpo di Wufei in grembo, a cavalcioni su di lui, facendo così in modo che le loro erezioni si sfiorassero attraverso i vestiti; il fanciullo si lasciò sfuggire un gemito torturato e allacciò le braccia attorno alle spalle del colonnello, affondando il viso contro al suo collo, baciandolo con la passione che solo un bambino alle prese con un nuovo giocattolo potrebbe avere, spingendo i fianchi contro i suoi dapprima quasi timidamente, poi con sempre più urgenza.
Treize sentiva la vista annebbiarsi, ogni rimasuglio di raziocinio abbandonarlo mentre un suono roco e spezzato gli uscì dalla gola; avvertì le mani sottili del ragazzino giocare con i bottoni della sua camicia, mimando i suoi movimenti ed eccitandolo ancora di più, spingendolo ad osare: afferrò con decisione i glutei del cinesino, massaggiandoli brevemente per poi spostare le mani sull'abbottonatura dei pantaloni chiari e cominciare a slacciarli.
I baci di Wufei si trasformarono in morsi delicati e molto presto anche il colonnello si trovò senza camicia, con i jeans slacciati, la testa abbandonata sullo schienale della poltrona mentre il suo giovanissimo amante si muoveva sensualmente contro si lui.
Delicatamente, il nobiluomo insinuò le mani nei pantaloni ormai slacciati di Wufei, sotto ai boxer di seta rossa (che tra l'altro erano vagamente visibili sotto al tessuto chiaro); il ragazzino si sollevò leggermente per concedergli maggior accesso, continuando a baciarlo e a morderlo ovunque riuscisse a raggiungerlo, percorrendo il torace e l'addome scolpiti, ricambiando il piacere che era stato donato poco prima a lui.
Wufei si sentiva come se qualcuno l'avesse drogato, come se fosse impazzito... Era tutto come un sogno, come se quello che si stava strusciando contro Kushrenada non fosse davvero lui; una parte di sé gli stava gridando di smetterla, che era tutto sbagliato, che si sarebbe vergognato a vita per quello che stava facendo; ma l'altra parte, quella che ogni tanto concedeva al fuoco che giaceva in fondo alla sua anima di incendiarsi ed esplodere non gli permetteva assolutamente di tirarsi indietro.
*Voleva* Treize, lo desiderava con tutto se stesso; lui era bello, era nobile, era coraggioso, era dolce e seducente come il profumo di rose che emanava dalla sua pelle ed in quel momento Chang Wufei non desiderava altro che appartenergli completamente. Lasciò che il Colonnello lo muovesse, spostandolo in modo tale da riuscire ad accarezzarlo *ovunque*, anche dove pensava che *nessuno* avrebbe mai potuto raggiungerlo e a baciarlo in quel modo al tempo stesso tenero e sensuale, un modo in cui solo Treize avrebbe potuto baciare... Quasi gridò quando Treize accarezzò il suo sesso e tremò violentemente quando sentì le sue dita giocare con la piccola apertura tra i glutei, insinuandosi poi dentro di lui, spaventandolo ed eccitandolo al punto che desiderò di morire... Quasi svenendo quando quelle lunghe dita agili sfiorarono qualcosa che ebbe lo stesso effetto di un elettroshock: tutto il suo corpo venne percosso da brividi intensi, prima di tendersi e prima che tutto diventasse sfocato e surreale quasi quanto il suo stesso grido, che gli arrivò alle orecchie distante ed ovattato.
Wufei si accasciò contro il corpo di Treize, esausto e sconvolto, terrorizzato ed appagato.
Certamente era finito all'inferno, perché faceva caldo, troppo caldo, come in una fornace... Eppure era stato talmente bello e dolce e violento che...
Le labbra del Colonnello gli si posarono sulla tempia sudata, mentre quelle braccia forti ma delicate lo abbracciarono con dolcezza, tenendolo stretto, al sicuro...
Nella grande stanza non si udiva altro che i loro respiri appesantiti.
"Treize... Treize, cosa abbiamo fatto?" Riuscì a dire Wufei in un roco sussurro, mentre sentiva le palpebre sempre più pesanti e ogni briciolo di forza rimastagli abbandonare il suo corpo ancora scosso da leggeri fremiti.
"L'amore, piccolo drago...", fu la risposta che ricevette prima di essere nuovamente sollevato in braccio all'uomo che lo stava cullando dolcemente, quasi come avrebbe fatto un papà con il proprio bambino.
"Abbiamo bisogno di un bagno, mio bellissimo guerriero.", affermò quindi Treize, prima di dirigersi con il suo leggero fardello verso l'arco a volta che divideva il salottino da una piccola anticamera che introduceva alla lussuosissima toilette del colonnello Kushrenada.


- end of chapter three -

 

 

 


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