STARING AT THE SUN 4

di Unmei

Hakkai e Gojyo attendevano puntuali lì dove Sanzo aveva dato appuntamento per la sera, rinfrancati anche loro da un bagno profumato e da qualche ora di riposo. D'altra parte era quasi impossibile imbattersi nelle grandi e invitanti vasche delle loro stanze e resistere all'urgenza di colmarle d'acqua e infilarsici voluttuosamente dentro, specialmente quando si era viaggiatori pieni di polvere e stanchezza.

"Non dirmi che proprio lui che ci ha detto di trovarci qui adesso arriva in ritardo!"

"Forse si sono un po' 'distratti'."

Propose mite Hakkai, con un sorriso mezzo innocente mezzo malizioso sulle labbra e l'espressione di chi assolutamente *non* sta implicando un doppiosenso.

Gojyo rise, divertito.

"Sai che non ci avevo pensato?"

"Pare che tu stia iniziando a perdere colpi."

"Ehi, certe cose non si dicono neanche per scherzo! Ti assicuro che sono più in forma che mai….. è solo che mi pare strano immaginarli impegnati in una relazione 'fisica'. - Gojyo si fermò cercando le parole giuste - E' sempre stato evidente che ciò che li lega è un rapporto profondo….. quasi morboso….. ma mi viene ancora da pensare a Goku come ad un bambino, pure se ha solo pochi anni meno di noi. Lo vedi, non riesco nemmeno a pronunciare il suo nome e la parola sesso nella stessa frase!"

"Se ci fai caso adesso ha circa l'età che avevamo tu e io quando ci incontrammo."

Disse Hakkai con voce remota, malinconica, rievocando nella mente il freddo tombale di quella notte di pioggia battente e inesorabile, e gli occhi di rubino che avevano incrociato i suoi; l'ultima cosa che aveva visto un attimo prima di svenire. Erano trascorsi poco più di tre anni da quel giorno, eppure sembrava un tempo molto più lungo, più solido, come più antica gli sembrava la loro amicizia. Forse dipendeva da tutto ciò che avevano passato insieme, o forse era perché quella notte aveva segnato una rinascita per entrambi.

"Sì, è vero. Ma a maggior ragione mi sembra ancora più evidente la differenza tra come è Goku e come eravamo noi. Ricordi, vero, come ti sentivi a quei tempi?"

"In verità ricordo che non mi sentivo più….. tutto ciò che provavo era sofferenza, desolazione, ma ogni altra voce del mio cuore era estinta. La felicità, o la semplice serenità, non sembravano più raggiungibili."

"Ed io ricordo che la mia vita era piena di nulla. Un vuoto colmo di donne, alcol e azzardo, ma così priva di significato che alla fin fine vivere o morire non avrebbe fatto differenza. Vedere invece Goku così solare è consolante."

"Ma le cose sono cambiate adesso, vero?"

Gojyo guardò Hakkai come se non avesse colto la sua domanda.

"Intendo: ora hai capito la differenza tra vivere e morire?"

Il kappa mosse le labbra nel sorriso che sapeva in grado di avvincere i cuori, solo che questo fu più caloroso del solito, perché non si trattava di un gioco di conquista, di quelli che gli servivano più che altro per soddisfare il proprio ego. Non c'era da sedurre una bella ragazza, ma una cosa molto più importante: dire la verità ad Hakkai.

"Decisamente ho trovato una ragione molto importante per cui vivere."

"Ne sono lieto."

Rispose con sollievo. Sapeva che Gojyo aveva ricordi di ingiuste sofferenze a tormentarlo, che non potevano essere facilmente dimenticati. Anzi, proprio non dovevano essere dimenticati, ma accettati, affrontati e sconfitti.

"E tu, Hakkai? Non è valido che a una domanda simile risponda solo io: hai la tua ragione?"

Sul viso gentile del demone comparve fugace il rimpianto, subito cacciato.

"Credo di sì."

Chissà perché rimasero entrambi senza parole, o forse ne avevano talmente tante che si bloccarono loro in gola, lasciandoli in un silenzio difficile. Per questo furono sollevati quando sopraggiunse Goku, ottima occasione per Gojyo di dirottare completamente il discorso mettendo un po' in imbarazzo la scimmietta.

"Ci sei solo tu? Quel bonzo immorale è tanto esausto da non poter venire a cena? Dovete averci proprio dato dentro! - gli diede di gomito - Dai racconta, voglio i particolari."

Come previsto le guance di Goku si imporporarono, mentre assumeva un'espressione scandalizzata, perfetta rappresentazione dell'innocenza offesa (o del bersaglio colpito in pieno).

"Non ti dirò mai niente, brutto pervertito! Sarebbe pericoloso fare certi discorsi con te: i tuoi ormoni prenderebbero il sopravvento, visto che sono più grossi del tuo cervello!"

"COSA?! Scimmia impudente, che vorresti insinuare? E da quando sai cosa sono gli ormoni, eh?"

Sotto lo sguardo divertito di Hakkai i due si azzuffarono come d'abitudine. Li avrebbe lasciati fare per un po', prima di invitarli a calmarsi e a comportarsi da ospiti civili. Intanto gli piaceva godersi quella divertente routine capace di cancellare i pensieri nostalgici.

Ma prima ancora che lui intervenisse fu Goku a concludere la finta rissa, immobilizzandosi e staccandosi dal suo amico. Hakkai e Gojyo seguirono il suo sguardo spalancato; preoccupati per il pallore che di colpo gli aveva sbiancato il volto e la smarrita maschera di afflizione, tradimento che lo adombrava.

Goku sentì il mondo intero vacillare.

Fu solo per un istante, ma il suo cuore si fece di ghiaccio, immobile e così gelido da dolere: lì, in fondo al corridoio, era Sanzo; i suoi lucenti capelli biondi, splendidi. Era vicino, troppo vicino alla sottile figura in cheongsam rosso cupo, su cui la lunga treccia nera risaltava con riflessi quasi blu. Troppo vicini, davvero, e lo furono ancor di più quando si sorrisero, e le loro dita si intrecciarono.

Non era Sanzo, ovviamente, ma Dewei, lo aveva capito subito. E nemmeno era Liang la persona con lui, pur se la figura era simile. Eppure quella doppia somiglianza era stata più sufficiente a turbarlo, a evocare in lui i peggiori fantasmi. Anche se quell'uomo non era Sanzo per alcuni secondi lo fu davvero, e così ebbe davanti agli occhi il suo amore che si avvicinava ad un altro, con dolcezza. Paura. Il materializzarsi di un'ipotesi dolorosa e temuta, ignorata, seppellita nel fondo del cuore per non sentirne la voce: <un giorno potrebbe trovare una persona più adatta a lui, che ne sarà allora di te?>.

La gelosia di Goku era completamente irrazionale, aspra, istintiva, fuori controllo. Se Sanzo avesse sorriso così a qualcuno lui non l'avrebbe sopportato; era un gesto tanto raro da parte sua che desiderava essere l'unico a goderne. E non importava sapere benissimo che Sanzo non era il tipo da distribuire munificamente sorrisi e parole gentili, o da flirtare con persone appena conosciute. Erano occorsi interi anni e un sacco di mal di cuore per permettere a Goku di avvicinarsi così tanto a lui e nessuno avrebbe mai potuto compiere lo stesso percorso in un solo giorno, in un mese o in un anno. Forse nemmeno in una vita intera. Ma di questo il ragazzo sembrava dimentico.

"Goku, qualcosa non va?"

Hakkai, come sempre empatico, aveva percepito il disagio acuto del compagno pur senza indovinarne le cause. Il suo intuito non prendeva in considerazione la paranoia.

"Ah! È tutto ok….. scusa, mi ero distratto. È solo che per un momento ho immaginato….. niente, una cosa stupida. Piuttosto, ci stanno venendo incontro."

Il cuore gli accelerò mentre la coppia si avvicinava a loro, imbarazzato e colpevole per i pensieri di un attimo prima. Dewei si accostò, la sua espressione cordiale e disponibile; era quasi impressionante vedere un'aria tanto amichevole su un volto che somigliava così a quello di Sanzo. Anche la persona accanto a lui sorrideva: una donna, bella, con un volto da bambola e la vita sottile. Era così simile al giovane che li aveva accolti alle porte della città che la parentela fra loro poteva darsi per scontata. Scoprirono un attimo dopo che doveva esserne la sorella: il suo nome era Shan, ed era la moglie di Dewei.

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Quella sera a cena ebbero l'occasione di conoscere anche i figli di del padrone di casa; il più piccolo, Sying, avrà avuto poco meno di dodici mesi, dormiva beato in braccio alla madre. Il maggiore si chiamava Jin: un bimbetto di tre anni, vivace e irrefrenabile che corse intorno al tavolo, giocando, finché una balia se lo portò via, con sommo sollievo di Sanzo. In nome della pazienza che non aveva avrebbe anche potuto sopportare un pargolo chiassoso (sarebbe stato troppo anche per lui minacciare un microscopico poppante che per di più era pure suo nipote), ma non il fatto che ad un certo punto il piccoletto si fosse fermato a fissarlo con insistenza, per poi cercare di dare la scalata alle sue ginocchia. Jin era un bambino socievole, per niente timido, secondo la cui logica vedere tante facce nuove era una cosa divertente: all'inizio era partito con l'idea di tirare gli invitanti capelli rossi e lunghi del tipo più alto, ma trovando poi così familiare la fisionomia di Sanzo aveva deciso di rimandare la faccenda, incuriosito. Stoicamente il bonzo aveva ricambiato quello sguardo attento, anche se con una certa diffidenza, dopodiché aveva preso ad ignorarlo, non prestando attenzione agli infantili tentativi di ottenere la sua attenzione, e ciò gli venne anche con una certa naturalezza. Infine però, quando le paffute manine si erano strette alla sua tonaca e il bimbo aveva fatto per tentare l'arrampicata, si era irrigidito notevolmente.

Gojyo fece un qualche commento salace su un certo bonzo sanguinario e privo di morale che pareva nutrire un'insospettabile fobia verso cose tenere, morbide e innocue come mici e bambini. L'uso del sarcasmo verso Sanzo poteva portare ad una sola, certa, reazione, immancabile come il mal di testa dopo un'epica sbronza: una lucidissima Smith&Wesson puntata nella propria direzione. Per fortuna prima che insulti e proiettili volassero dall'uno all'altro i due si ricordarono che per una volta il loro pubblico non era costituito da coriacei avventori di una qualche locanda incrociata lungo la strada, ma da persone che, nonostante la tradizione guerresca, non erano avvezze a sparatorie nel mezzo della cena. Sanzo ripose l'artiglieria, ma con uno sguardo che lasciava intendere che la provocazione del kappa era stata messa in conto.

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Il pomeriggio successivo mentre passeggiavano nel vasto giardino del palazzo Gojyo e Hakkai si imbatterono di nuovo nel piccolo Jin. Sotto lo sguardo benevolo di una governante che riposava all'ombra Goku lo stava facendo giocare, ed avevano entrambi l'aria di stare divertendosi un mondo. Rimasero per un po' ad osservare il loro compagno, commentando che sembrava saperci davvero fare, in modo istintivo, con i bambini. Si fecero avanti mentre correva in tondo portando seduto sulle spalle il pargolo, che rideva come un matto. Vedendoli Goku si fermò e Gojyo gli si avvicinò sogghignando, indicandolo ad Hakkai con un cenno della testa.

"Non mi stupisce che si trovi tanto bene a giocare con un marmocchio di tre anni: hanno la stessa età mentale!"

"Chiudi il becco, scarafaggio rosso!"

Fece di rimando Goku, come d'abitudine, e la destra di Gojyo calò su di lui scompigliandogli energicamente i capelli.

"Dovrei insegnarti una volta per tutte a rispettare chi è più vecchio di te, ma ora eviterò perché non mi piace che i lattanti assistano a scene di violenza."

"Paura che ti distrugga, vero?"

"Vedi di non tirare troppo la corda, pivello."

Rispose Gojyo, e si avvicinò maggiormente a Goku per guardarlo bene in faccia; Jin vide a portata di mano i lunghi capelli rossi e gli tornò alla mente il progetto della sera prima, che non aveva fatto in tempo ad attuare. Sorridendo e blaterando commenti di apprezzamento afferrò quelle ciocche attraenti, strattonandole entusiasta.

"Ouch! No! Fermo! Ma cos'è, la scimmia ti ha corrotto?"

Mentre Goku sghignazzava incoraggiando il bambino ('se tiri più forte si allungano') e Hakkai ridacchiava discretamente, Gojyo riuscì a mettere in salvo la chioma e preso in braccio il piccolo lo mise sopra le proprie spalle.

"Vedrai che ti divertirai di più con me che con quel microbo: lui non può certo sollevarti così in alto."

Goku gli rispose con una boccaccia, ma nient'altro. Era in uno stato d'animo così particolare da non aver voglia di attaccare briga, anche sapendo che si trattava sempre del loro mutuo scherzo. Si sentiva sospeso in una strana felicità, screziata da un'inquietudine che ancora non comprendeva. Felice di rilassarsi in un posto così bello, ma perplesso dal non riuscire a capire perché Sanzo ancora non volesse ripartire: non era da lui perdere tempo a quel modo. Addolorato perché se non riusciva a intuire le ragioni dell'uomo che adorava forse significava che non lo comprendeva bene come credeva. Era ubriaco d'amore ma non riusciva a dimenticare l'affilata lama di gelosia che lo aveva ferito la sera prima, e l'inquietudine che essa aveva recato. Avrebbe voluto che Sanzo fosse lì con loro, ma quel giorno dopo pranzo era andato via con Dewei e non era ancora tornato….. così come la sera prima, dopo cena, si era attardato a parlare con lui e aveva fatto ritorno alla loro stanza solo in piena notte. Di Dewei, almeno, non era geloso; forse l'istintiva simpatia che provava derivava solo dalla sua somiglianza con Sanzo, ma si chiedeva cosa avessero di tanto importante e segreto da dirsi, così, sempre in privato.

E poi c'era l'emozione e l'attesa per quella sera: al contempo la temeva e non vedeva l'ora che giungesse, un momento importante cui pregava in cuor suo di essere all'altezza. Per ingannare l'inquietudine si mise a inveire dietro al kappa che stava allegramente lanciando in aria il bambino, più che mai entusiasta, per poi riacchiapparlo al volo.

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Con la stessa turbata eccitazione Goku aveva pazientato lungo tutto il resto della giornata, poi nel corso cena, e durante il giro in città che avevano fatto tutti e quattro assieme. L'impazienza era diventata insostenibile, ma per tutto il tempo non aveva fatto cenno con Sanzo dei suoi sentimenti. Sapeva di dover aspettare in silenzio, perché l'intromettersi troppo sarebbe stato controproducente: aveva avuto spesso la sensazione che il volersi avvicinare a forza a Sanzo fosse solo il metodo più efficace per allontanarlo ancora di più, e stava imparando a non essere troppo petulante.

Ma quando furono infine soli nella loro stanza, quando i lumi vennero abbassati e loro si furono spogliati per andare a dormire, Sanzo ancora non aveva accennato nulla, come se avesse dimenticato il patto. Goku si accorse che quasi evitava di incrociare il suo sguardo, e che pur essendo stato abbastanza loquace durante l'uscita ora si era fatto taciturno e distante. Intuì che non gli avrebbe raccontato proprio nulla se lui non avesse fatto il primo passo. Lo desiderava, ma temeva anche di scatenare l'ira del compagno: conosceva bene le sue parole sferzanti, lo sguardo astioso, il tono freddo….. una spietatezza che lo feriva a fondo, anche se ormai sapeva che era figlia delle emozioni del momento e che sarebbe evaporata senza conseguenze.

D'altra parte era stato egli stesso a dirgli di insistere, se si fosse tirato indietro. Anzi, no, come aveva detto? Di 'assillarlo'. Ormai erano stesi tra le lenzuola già da mezz'ora, ma era certo che non dormisse, quindi parlò.

"Senti Sanzo….. l'altro giorno avevi detto che volevi parlarmi….. dei tuoi discorsi con Dewei. E di altre cose."

L'altro non rispose, ma Goku non si perse d'animo.

"Ho ubbidito e non ti ho fatto altre domande….. però adesso siamo qui, e questo è il momento che ho aspettato da quella sera. Quello che ti inquieta, e perché, lo voglio sapere."

"È maleducazione usare il 'voglio' , scimmia. Ho sonno e non ho niente da dirti."

[E' più difficile di quanto pensassi, Goku. Non ci riuscirò mai.]

"Avevi promesso che me ne avresti parlato, non puoi rimangiarti tutto!"

"Io posso fare quello che voglio."

"Ma ci tengo veramente a sapere. Non è semplice curiosità; io desidero conoscere di più di te per capirti meglio, per….. - stava per dire 'aiutarti' ma si fermò, considerando che forse quella parola lo avrebbe irritato - ….. per esserti maggiormente utile."

Sanzo non rispose e si voltò su un fianco, a occhi aperti nella mezza luce. Una parte di lui desiderava raccontare tutto a Goku, dando una possibilità alla sua dolcezza e alla comprensione, offerte come sempre dal profondo del cuore. Se gli avesse chiesto di ascoltare e basta, senza chiedergli nulla, sapeva che avrebbe obbedito. Gli avrebbe fatto del bene confidarsi? Lo avrebbe aiutato a mettere in ordine le idee e a rendersi pienamente conto del significato di ciò che era successo? Il suo cuore forse si sarebbe alleggerito, forse Goku sarebbe stato felice per lui e la sua gioia lo avrebbe coinvolto, facendolo sorridere e togliendogli l'anomalo rammarico che lo affliggeva.

Ma per quanto le parole premessero per uscire dalle sue labbra, era duro trovare la forza per liberarle, per ripetere ciò che gli aveva raccontato Dewei….. passando attraverso il dolore di spiegare di un padre che era il suo e che non aveva mai conosciuto, e di uno che aveva amato e gli era stato strappato. Di Goku si fidava, ma non poteva dire la stessa cosa di sé.

Sentì una mano calda posarsi sulla sua schiena, accarezzarla lentamente, con una familiarità gentile e per nulla invadente. La mano gli sfiorò il fianco e scivolò a cingergli la vita, poi un bacio sulla spalla, una guancia liscia contro la sua pelle e il solletico di un respiro che amava.

Aveva detto a Goku di dargli il tormento, se lui si fosse tirato indietro, aspettandosi lamentele, bronci e ricatti simili a quelli di un bambino che fa i capricci….. certo non s'era immaginato un atteggiamento del genere. Un'offerta muta, paziente, che gli ricordava all'improvviso che il suo Goku aveva patito la solitudine di più e più a lungo di lui, e nonostante ciò era la dolcezza e la voglia di vivere personificata. Molte volte lo irritava oltre ogni buon senso, ma riusciva sempre a compensare aprendogli gli occhi su verità che lui da solo avrebbe preferito ignorare.

Attraverso Goku poteva affrontare meglio il mondo, e se stesso….. quindi a chi altri mai avrebbe potuto parlare? Chi altri avrebbe potuto esserne più meritevole?

"Questo è il posto….. - iniziò - il posto che avrei dovuto chiamare casa."

"Sanzo?"

Il tono era sottile e incerto, quasi Goku si sentisse preso alla sprovvista dall'improvvisa, e ancora incomprensibile, rivelazione.

"Dimmi, che hai pensato, quando hai visto per la prima volta Dewei?"

"Credo quello che hanno pensato tutti, anche tu….. sembrava di vedere te, solo un po’ diverso."

"Perché quell’uomo….. è mio fratello."

Ecco, lo aveva detto, e quell’ultima parola era rimasta sospesa nell’aria, in attesa. Che strano pronunciarla ad alta voce. Era troppo tardi per tornare indietro, lo sapeva….. ora le domande di Goku si sarebbero fatte pressanti, e c’era già da stupirsi che gli fosse vissuto accanto per anni senza mai chiedere nulla sul suo passato. Goku si era accontentato del presente, anche ora che aveva un posto nel suo futuro.

"E tu non sapevi che esistesse, vero?"

Chiese a bassa voce; Sanzo sentì le sue ciglia muoversi contro la pelle, quasi impercettibili. Rispose in modo incongruente solo all’apparenza.

"Prima sapevo chi ero, ora non ne ho più la certezza."

"Sei sempre Sanzo."

Un cervello da scimmia fornisce risposte semplici anche a dubbi complicati. Sanzo accennò un sorriso e si voltò sulla schiena, e Goku fu svelto a insinuarsi fra le sue braccia e a mettersi comodo.

"Ti ricordo che quello non è il mio nome ma solo un titolo."

"Ma sono abituato così, ormai….. non mi verrebbe da chiamarti Genjo."

"Neanche quello è il mio nome."

[E nemmeno Kouryu, se è per questo.]

Shaiming….. ci aveva pensato più volte da quando aveva saputo ma non riusciva ad immaginarsi con un nome del genere. Come sarebbe stata la sua vita se lo avesse portato? Come sarebbe stato lui? Ciò di cui era sicuro è che avrebbe conosciuto molto meno tormento, e per un breve ed irrazionale attimo provò nostalgia per ciò che non aveva mai avuto.

"Se questa avrebbe dovuto essere la tua casa, e lui è tuo fratello….. com’è successo che vi siate separati, che tu non lo abbia mai conosciuto prima d’ora?"

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**Ero un bambino quando accadde, avevo da poco compiuto sette anni. Forse non dovrei ricordare i fatti così bene ma ciò che successe fu troppo grave e doloroso per lasciarli appannare dalla nebbia dell’infanzia.**

Gli aveva raccontato Dewei la notte precedente, quando erano rimasto svegli fino a tarda ora, parlando.

In verità Sanzo non aveva detto quasi nulla di sé, ritenendo che l'abito e il rango che portava fossero segni più che tangibili di quale era stata la sua storia e la sua vita. L'altro sembrò comprendere il suo desiderio di riservatezza e non gli pose domande, cosa che Sanzo apprezzò enormemente. Se proprio la sua vita doveva essere sconvolta aveva almeno la consolazione di scoprire che suo fratello (la parola, l'idea stessa, ancora gli suonava inverosimile) non era un ficcanaso, e nemmeno uno stupido, apparentemente. Fosse stato il contrario avrebbe preferito ripartire in fretta e ignorare tutta la faccenda.

"Come vi ho già detto noi siamo un popolo guerriero. Non amiamo la violenza, o la distruzione….. o almeno non lo fa la maggior parte di noi, ma battaglie e conquiste sono il fulcro attorno al quale ruota tutta la nostra storia, e tre quarti della nostra arte. Quest'ultimo periodo di pace dura ormai da quasi sei anni e non è mai stato turbato da alcunché, ma in passato….."

Sanzo seguiva così attentamente le parole di Dewei che non aveva nemmeno toccato l'ottimo sakè nella tazza che aveva davanti. Il profumo fiorito e intenso gli solleticava le narici senza però destare alcun desiderio, ma non era escluso che una volta terminato quel discorso ci si sarebbe ubriacato.

"Eravamo in guerra anche quando voi nasceste, ma in quell'occasione nostro padre strinse una tregua con gli avversari. Il motivo era di poter viaggiare senza pericoli e presentare il nuovo nato anche al sacro tempio di Nanjing, città d'origine di nostra madre. Si decise di navigare il fiume, per guadagnare tempo e rendere il viaggio più agevole. Avrebbe dovuto essere un'occasione di gioia e tranquillità, ma….. i nostri nemici non rispettarono l'accordo. Agirono con disonore, ignorando ciò che era stato stipulato. Vili quali erano decisero che l'unico metodo sicuro per sconfiggerci fosse coglierci di sorpresa, quasi disarmati."

Dewei si interruppe e tacque per lunghi minuti. Mordendosi il labbro si versò da bere, mentre sul suo volto si leggevano una rabbia ed un disprezzo mai sopiti.

"Attaccarono quando ormai eravamo molto lontani dia nostri territori, - riprese poi - impossibile ricevere rinforzi in tempo utile. Le loro navi da guerra erano piccole e agili, la nostra era una grande imbarcazione lussuosa e cerimoniale, adatta alle parate, non alle battaglie. Avevamo soldati, sì, armi….. avevamo una scorta d'onore, ma fu quasi inutile. Ci aspettavamo, sbagliando, il rispetto e la lealtà che si deve ad un nemico."

"E quindi….."

"E quindi fu fuoco, violenza e morte. Fu l'acqua del fiume che si colorò di rosso. A volte vedo ancora quel massacro, in sogno, e ne odo le grida. Pochi dei nostri riuscirono a salvarsi; tra cui io e nostro padre, non so per quale miracolo, poiché il governatore della città, il suo erede e la famiglia erano ovviamente gli obiettivi principali della mattanza. Nostra madre - gli spigoli dell'ira si soffusero di dolore - morì quel giorno. Nella furia della battaglia la nostra famiglia venne divisa: io ero con nostro padre, voi con lei, che le guardie cercarono di mettere in salvo usando una delle più agili barche della scorta. Inutilmente: trovammo la barca incagliata, lei e le sue guardie uccise, e di voi nessuna traccia. Tutti vi credettero morto, anche se per lungo tempo nostro padre non si diede per vinto e vi cercò. Ora è chiaro che nostra madre vi affidò al fiume, pregando gli dei di condurvi lontano, alla salvezza."

"Poi che accadde?"

Sanzo sentì la propria voce raspare in gola. Non era logico provare quella stringente emozione alla notizia di una morte avvenuta ormai molti anni prima. Quella donna in fondo era per lui una sconosciuta., non ne aveva alcun ricordo e mai nella sua vita, nemmeno da bambino, aveva sentito il desiderio o il bisogno di una figura materna…. però sembrava un'ingiustizia l'essere privato della possibilità di conoscerla ora.

"Dopo quell'agguato la guerra riprese più cruenta che mai. Nostro padre era furioso, pieno d'odio fino ad avvelenarsi, e così anche i soldati desiderosi solo di vendetta e di recuperare l'orgoglio ferito. Con questi sentimenti nel cuore il nostro esercito fu inarrestabile e sanguinario come le legioni infernali. Non uno dei nostri nemici rimase vivo, tra i soldati o tra i civili, adulti o bambini. Le loro città furono rase al suolo."

Migliaia di vite stroncate dalla furia cieca di un uomo folle di dolore, migliaia di vite spezzate anche in nome suo….. a quanto pareva sin dall'inizio la sua esistenza era stata segnata dal sangue. Un pensiero morboso, ma aveva un suo fascino cupo.

Avevano poi parlato a lungo, lui e Dewei, e ancora avevano molto da dirsi, ma a Goku avrebbe raccontato solo il succo dei fatti: dopotutto non erano le sue origini la cosa più importante. Svelarsi a lui e aprirgli il suo passato significava soprattutto raccontargli di come aveva vissuto da ragazzino, di Komyo Sanzo, degli insegnamenti che da lui aveva avuto e….. a fatica….. gli avrebbe raccontato come era morto. Né Hakkai né Gojyo erano a conoscenza del suo passato, di quella notte maledetta, e si augurava che Goku capisse cosa significava per lui metterlo a parte di tutto ciò. Dei sensi di colpa, delle lacrime che aveva versato (già ammettere d'esser capace di piangere era sufficiente a chiudergli lo stomaco), del desiderio di morire che lo aveva a lungo accompagnato. Era come confessare….. di essere umano.

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"Se vuoi sapere perché sono stato separato dalla mia famiglia, te lo dirò. In realtà non è importante che tu lo sappia, non ne hai alcun bisogno: è altro quello che conta. Ti racconterò anche il resto, più avanti."

Goku annuì, appoggiato a lui, carezzandogli il petto. Era un dono prezioso quello che gli stava facendo il compagno, insperato, miracoloso. Ne era emozionato e forse spaventato: non voleva deluderlo, desiderava meritarsi la sua fiducia. Se avesse scoperto cosa lo rattristava avrebbe trovato il modo scacciare le ombre dal suo cuore, di coprire quell'ultimo, irto, tratto di strada che ancora li separava.

Sanzo ripeté la storia così come l'aveva narrata Dewei. I nomi dei suoi genitori, a cui probabilmente non si sarebbe mai abituato, la guerra, il tranello, la vendetta. Un uomo, il suo vero padre, che dopo la vedovanza non si era perdonato: si era ritirato in uno sterile guscio di dolore, pessimismo, odio verso se stesso. Non si era mai più ripreso, o forse non aveva mai veramente posto resistenza: tutti sentimenti che lo avevano consumato un po' alla volta, uccidendolo giovane e lasciando pesanti responsabilità sulle spalle di quello che era poco più di un ragazzo.

<<Per lungo tempo non lo capii - aveva detto Dewei - Non capii perché non volesse convincersi di non avere alcuna colpa, perché non accettasse ciò che era successo e lasciasse guarire il dolore. Non capivo perché cercasse la sofferenza come se dovesse espiare e non trovasse più gioia in nulla. Finii con l'accusarlo di essere un egoista e di stare rovinando anche la mia vita….. lo privai pure del figlio che gli era rimasto. Quando morì da lungo tempo non ci parlavamo. Ed ora….. solo ora che ho moglie e figli riesco a comprendere i suoi sentimenti.>>

Sanzo non entrò così nei dettagli con Goku, ma gli parve di riconoscere una parte di sé in quel discorso, nel far pesare agli altri il fardello delle proprie sofferenze, nell'attaccamento ad esse che forse aveva in sé qualcosa di vigliacco.

Parlò invece del ritratto che gli era stato mostrato, quello dei loro genitori; pareva che nella sua famiglia i capelli biondi si tramandassero in linea maschile. La donna che era sua madre era invece una graziosa ragazza castana, la lunga chioma illuminata da ramati riflessi d'autunno ed un sorriso sereno, così ignaro del futuro da fare male al cuore, a guardarlo.

C'era anche un grande ritratto, e delle foto, in cui tutta la famiglia era riunita, gli aveva detto Dewei….. tutti e quattro insieme, l'immagine intrappolata sulla carta di una realtà che per lui non era mai stata.

Una famiglia che avrebbe potuto essere felice. Quelle immagini Sanzo non aveva voluto vederle, perché sapeva che altrimenti non sarebbe mai riuscito a dimenticarle.

Quando smise di raccontare quasi gli venne da trattenere il fiato mentre attendeva una risposta da Goku.

"Non so….. non so cosa dire. È terribile quello che successe - e dalla sua voce flebile si capiva che lo pensava davvero - ma credo sia bello che tu abbia un fratello, che sembra anche una persona gentile. Però tu ora….. stai soffrendo?"

"Perché mai dovrei?"

"Io….. forse al tuo posto mi sentirei triste."

"Ho conosciuto fin troppo bene la tristezza e il dolore e ciò che provo adesso è molto diverso. Ma non chiedermi di dargli un nome. Non parlare, ora."

Obbedendo, Goku non disse più nulla. Si accontentò di rimanergli quieto accanto, continuando a dargli qualche bacio leggero di tanto in tanto ma senza tentare approcci più profondi. Sanzo probabilmente non era dell'umore giusto per il sesso, sembrava ancora pensieroso e stanco e insistere avrebbe potuto accendere la sua rabbia. Forse era indeciso se fermarsi ancora o andarsene presto lontano da lì. In fondo….. Sanzo aveva già una famiglia. Aveva lui….. e Hakkai, e Gojyo.

Quella era una cosa di cui il bonzo stesso si rendeva conto; aveva cercato in ogni modo di impedirlo, di isolarsi, ma quei tre amici (o quei tre idioti, a scelta) erano diventati le uniche persone di cui veramente si fidasse e a cui tenesse. Specialmente la scimmia testarda e ingorda. Guardò la testa bruna che gli poggiava sul petto e lo colpì un'idea che gli fece correre i brividi sulla pelle.

"E pensare che all'inizio la mia intenzione era quella di darti in adozione. Di allontanarti al più presto da me e dal tempio."

Lo disse accarezzandogli assentemente la nuca, assorto nell'immaginare come sarebbe stata la sua esistenza. Quanto diverso, freddo e solo e forse addirittura morto, lui stesso. Riuscì a supporlo anche troppo bene.

"Temo che sarebbe stato un grosso guaio."

Aggiunse, con un sorriso appena accennato sulle labbra che però era pienamente visibile nella luce sincera dei suoi occhi.

"Sì….. sarebbe stato un davvero bel problema se avessi perso il controllo e non ci fossi stato tu a fermarmi. Pensa a quello che - "

"Non intendevo questo!"

Sanzo sbottò, irritato dal fatto che Goku non avesse recepito quella che secondo lui era una specie di dichiarazione. Molto vaga, molto alla lontana e anche molto contorta; probabilmente chiara solo nella sua testa. Forse.

"Me lo ricordo, sai?"

Disse Goku dopo qualche istante.

"Mi ricordo il giorno in cui venisti da me dicendo che mi avresti trovato una casa altrove. Non capivo perché volessi mandarmi via….. eri stato tu a trovarmi….."

"Non hai mai pensato che forse saresti stato più felice con una famiglia, che in un monastero?"

"Non mi è nemmeno passato per la testa."

"Sei davvero senza speranza."

Sospirò Sanzo, decidendo poi che era giunto il momento di dormire. Non ci fu più alcuna parola nella stanza, quella sera, nemmeno un 'buonanotte', ma Goku si addormentò lo stesso a cuore contento.

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Non trovò Sanzo al suo fianco quando si svegliò, ma non si preoccupò più di tanto: il sole era già alto e le abitudini del monaco erano mattiniere. Gli era grato, piuttosto, di averlo lasciato dormire fino a tardi in quel bel lettone comodo dalle lenzuola che venivano cambiate ogni giorno.

Fece una doccia canticchiando, mise abiti puliti e si intrufolò nelle cucine per racimolare qualcosa da mangiare, anche se l'ora di colazione era passata da tempo. Confidava nel potere dei suoi occhioni dorati….. che in effetti funzionò alla perfezione.

Così di buon umore, tirato a lucido e rifocillato decise di fare una passeggiata in città; avrebbe preferito andare con i suoi amici ma sembrava che nessuno di loro fosse in giro. Da solo sarebbe stato meno divertente, ma pazienza….. in fondo curiosare gli piaceva sempre e comunque e da quanto aveva visto il giorno del loro arrivo la città era ricca d'attrazioni.

Passò infatti un'ora piacevole andando senza meta di qua e di là, fino a quando decise di recarsi al parco degli imponenti ed antichi alberi sacri, uno dei posti che più gli erano piaciuti durante la prima visita. Avrebbe potuto riposarsi, e fare un'offerta ai kami…..

Fu proprio al parco sacro che gli parve di rivivere la scena che tanto lo aveva turbato la sera che aveva visto Dewei insieme alla moglie. Ma questa volta fu peggio, perché si trattava proprio del suo Sanzo insieme a Liang. Discorrevano all'ombra delle fronde di una grande quercia e, anche se nulla nel loro atteggiamento la potesse giustificare, la gelosia tornò a farsi sentire, così forte da seccargli la bocca.

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