Sole silenzioso

parte IV

di Mikako & Yurika


Sera. E le macchine che sfrecciavano nella strada sfidando tutto in un certo senso, correvano ignare del caos che sommergeva la città e delle anime che sfioravano Mattie nel loro incessante vagare. Anime spente o fiammeggianti. Pensieri nella testa e nel cuore il desiderio di correre in moto e perdersi.
Si era messo una camicia di raso senza maniche che possedeva solo due bottoni all'altezza del cuore e lasciava scoperto il 
collo e il ventre bianco. Forse faceva un po' fresco per quel tipo di abbigliamento, ma quella era una delle sue camicie preferite.
Era strano aspettare Michel e non Kether, era strano per lui prendere una sigaretta e accendersela, tirando una lunga boccata 
e tossendo un po', prima di ieri avrebbe giurato che qualsiasi ragazzo avesse mai tentato di baciarlo lo avrebbe picchiato come minimo...e invece adesso si ritrovava addirittura a uscire con Michel.
Scosse la testa. Era assurdo perdersi in questi pensieri, non lo avrebbero portato da nessuna parte.

Michel si dirigeva a passo spedito verso il luogo dell'appuntamento con Mathias. Era leggermente in ritardo e tutto per colpa 
di quei dannatissimi capelli che non avevano alcuna intenzione di starsene al loro posto! Ci aveva messo un'ora buona a farsi la piega, ma a quanto pareva il ciuffo chiaro che gli ricadeva sul viso preferiva andarsene per i fatti suoi.
Svoltato l'angolo di un palazzo lo vide. Mathias era di fronte al locale in cui dovevano andare e lo stava aspettando. Rimase 
stordito dalla sua bellezza. Quel ragazzo voleva proprio fargli venire un infarto! Come poteva pretendere che non gli saltasse addosso se si vestiva in quel modo?
Voltò lo sguardo e si fissò riflesso nella vetrina di un negozio. Certo che neanche lui era da buttare via. I pantaloni di 
cotone nero gli avvolgevano le lunghe gambe e la maglietta a maniche lunghe in piquet nero e bianco metteva in risalto il suo torace che, se non si poteva definire propriamente muscoloso, era per lo meno ampio e ben modellato.
Con poche falcate raggiunse Mathias che gli voltava le spalle non essendosi accorto del suo arrivo. 
"Pensavo che gli sportivi non fumassero" sussurrò molto vicino al suo orecchio.

Mattie sobbalzò lasciando cadere la sigaretta che morì sull'asfalto soffocando le ceneri in un unico bagliore rosso. 
"In effetti non dovrei" ridacchiò imbarazzato dall'improvviso calore che la sua vicinanza aveva scatenato.
Gettò un occhiata al pub pieno di gente e di confusione, amava la folla, gli dava energia in un certo senso.
"Dai andiamo" disse prendendolo per un braccio e trascinandolo dentro il locale. Non capiva perchè doveva arrossire come uno stupido. 
Appena entrati la musica li investì e il contatto si perse. Cercò un tavolo abbastanza tranquillo (anche se in mezzo a quel 
casino era un impresa) e si diresse verso di esso.

Michel non amava i posti troppo affollati. Non poteva concentrarsi bene sulla conversazione a causa della confusione e questo gli dava un enorme fastidio.
"Cosa vuoi da bere? E bada che stavolta pago io. L'altro giorno hai offerto tu anche se ero stato io ad invitarti".
"Per me una rossa, grazie".
Si accostò al bancone e ordinò una birra rossa per Mathias e un Cuba Libre per sè. Quando il barman gli domandò se la birra 
la voleva piccola, media o grande rimase un attimo perplesso. In effetti il moretto non aveva specificato. Non sapeva se l'altro reggeva bene l'alcool o meno. Forse era meglio prendere una piccola.
"Grande, per favore".
Non era mai stato un bravo ragazzo e non poteva di certo cominciare ad esserlo ora, giusto?

Mattie spalancò gli occhi vedendolo arrivare con quel bicchiere enorme di birra.
"Ci starò una vita prima di finirla tutta" commentò afferrando il boccale e sistemandosi meglio sulla sedia. Era buona e fresca la birra, prese il boccale e se lo portò alle labbra, bevendo una lunga sorsata e lasciando che una gocciolina scivolasse fuori dalle labbra per lambire il collo candido e morire sulla camicia.
Il caldo cominciava a soffocarlo, adorava la confusione, ma forse non era stata una buona idea venire qui, c'era gente 
dappertutto che aspettava in piedi e che guardava da fuori le vetrine del pub.
"Buona" sorrise Mattie "grazie".

Michel faceva fatica a respirare e non solamente a causa dell'afa opprimente di quel posto affollato. Non bastava che Mathias si fosse vestito in quel modo così provocante! Ora ci si metteva anche quella stupida gocciolina di birra a ipnotizzarlo con la sua lenta scia argentea su quel collo di puro avorio.
Oh no! I suoi pensieri stavano decisamente prendendo una brutta piega. Doveva fare immediatamente qualcosa per distrarsi o non avrebbe più risposto delle sue azioni.
"Quando giocherete la prossima partita?" 
L'argomento non era dei più interessanti forse, ma almeno questo gli avrebbe tenuto la mente occupata impedendogli di continuare la visione del filmino porno con protagonisti lui e l'altro ragazzo che il suo cervello gli stava trasmettendo.

Mattie buttò i capelli indietro scuotendoli e rispondendo "Beh, sabato visto che questa domenica corro".
Stiracchiandosi come un gatto e protendendosi verso di lui chiese "E tu come mai hai scelto una facoltà del genere? Di solito non è molto amata".
Oddio, non che lui si intendesse chissà che, ma c'era Ale che stava scegliendo l'indirizzo universitario e gli stava facendo 
venire una testa così. Anche se frequentava il classico a dire la verità non aveva molto bene chiaro dove voleva andare o cosa volesse fare. Gli sembrava di trascinarsi e basta e si sentiva contento solo quando correva in moto o giocava.

Ma allora glielo faceva apposta! Perchè doveva trovarsi così maledettamente vicino? E soprattutto, perchè non riusciva a 
staccare gli occhi da quelle labbra così dolci che aveva potuto assaggiare per un tempo troppo breve? Calmati Michel, devi stare calmo!!!
Bevve un lungo sorso del suo drink. 
"In effetti non sono molti i ragazzi che oggi intraprendono gli studi classici. Io sono sempre stato molto portato per le materie umanistiche e sono tremendamente affascinato dalle teorie estetiche dell'Antica Grecia. Un mondo così selvaggio e razionale allo stesso tempo! Credo che non avrei potuto scegliere niente di più eccitante".
Fece una breve pausa durante la quale bevve un altro sorso e fissando un punto imprecisato nel vuoto. 
"E poi mio padre voleva che facessi ingegneria".

Mattie alzò un sopracciglio. 
"E hai scelto questa facoltà per dare contro a tuo padre?" la voce piuttosto alta per contrastare il 
volume della musica. 
Bevve un altro sorso per poi dedicarsi alla sua risposta. Quel ragazzo lo incuriosiva, sembrava sempre perfetto, ma intuiva 
che doveva esserci di più. Molto di più. Intrecciò le dita in attesa.

Poteva raccontarglielo davvero? Poteva fidarsi di lui? Ma se Mathias lo avesse guardato con compassione come facevano tutti gli altri per lui sarebbe stato fatale.
"Facciamo così. Io rispondo alla tua domanda solo se prima mi dici una cosa". 
Fece una piccola pausa tattica sorseggiando lentamente la bevanda scura. Gli piaceva il modo in cui il ragazzo lo stava fissando in quel momento.
"Cosa intendevi dire quando hai affermato che domenica devi correre?"

Rise appoggiandosi allo schienale e bevendo l'ennesimo sorso. 
"Faccio motocross e la domenica sono sempre in gara".
Gli piaceva correre, annullava i pensieri e i problemi, si sentiva 
completamente libero e al contempo assolutamente concentrato sul percorso 
accidentato, non ne avrebbe mai potuto farne a meno.
Appoggiò i gomiti sul tavolo. 
"E adesso dimmi tu!" disse assolutamente concentrato.

Michel lo fissò a bocca aperta. Quel ragazzo era una continua scoperta! Non solo era un bravissimo calciatore, ma gareggiava anche con la moto.
"Decisamente sei un ragazzo fuori dal comune. Comunque, tornando al discorso di prima, devi sapere che io non vado molto d'accordo con mio padre". Scoppiò a ridere." Non andare d'accordo è un eufemismo! Diciamo 
che lui mi rinfaccia la mia nascita e io gli rinfaccio di essere un vecchio e sudicio porco".
Bevve un altro sorso di Cuba libre. Non era facile per lui parlare di quelle cose.
"E' per questo che, nei limiti del possibile, cerco di fare sempre il contrario di ciò che vorrebbe".
Una smorfia di disgusto gli attraversò il viso. 
"Quando mi sono diplomato mi ha chiesto - per telefono, ovviamente! Sono secoli che non lo 
vedo di persona - di scegliere una facoltà che mi permettesse di aiutarlo nel suo lavoro. Sai, tra le varie altre cose, lui gestisce anche dei cantieri, per cui sembrava scontato che diventassi un bravo ingegnere civile e mi affiancassi a lui. Io ho riflettuto due secondi e poi gli ho risposto che avrei intrapreso gli studi umanistici.

"Ma lo fai solo per dar contro a tuo padre?" 
La domanda era venuta automatica e il lungo sorso di birra che seguì servì solo a incasinargli i pensieri, non riusciva a ragionare bene quando beveva accidenti!
"Ha lasciato tua madre? Per questo non vi vedete?" chiese poi con dolcezza. Sapeva che queste erano ferite troppo recenti e che Michel si sarebbe potuto spezzare come cristallo a un solo gesto sbagliato da parte sua, si era aperto a lui e gli faceva un enorme piacere, avrebbe voluto fare di più per lui, ma poteva solo afferrargli una mano per fargli sentire la sua presenza per poi ritrarla arrossendo, ricordando ciò che gli aveva detto ieri.
Doveva sempre avercelo stampato in mente accidenti!
Era strano guardarlo e pensare che era innamorato di lui. Percorse con lo sguardo i capelli biondi leggermente spettinati e i lineamenti delicati e forti al contempo. Sicuramente era bello. Ma lo era ancora di più quando perdeva i suoi atteggiamenti perfettini e restava sè stesso, come in questo momento.
Affondò per un attimo nei suoi occhi blu che viravano al viola per poi distogliere lo sguardo e bere un altro sorso di birra.
Era sicuramente l'alcool che lo faceva stare così.

Decisamente portargli quella birra grande non era stata una buona idea. Si vedeva che Mathias cominciava ad avere i pensieri un po' confusi. Varie emozioni ed espressioni si dipingevano sul suo bel volto nel giro di pochi istanti.
"No, non lo faccio solo per dare addosso a mio padre e sì, non ci vediamo più perché ha abbandonato me e mia madre perché gli siamo diventati d'impiccio per poter portare avanti la sua vita dissoluta".
Osservò il ragazzo dai magnetici occhi azzurri per qualche secondo. 
Temeva di aver usato un tono troppo duro, ma non riusciva a parlare di quegli avvenimenti senza che non lo cogliesse una fitta lacerante al petto. 
"Nonostante tutto, sono felice della scelta che ho fatto" gli disse, cercando di raddolcire il tono della sua voce.
"Cosa ne diresti di uscire di qui e fare due passi ora? Tutta questa confusione comincia a farmi venire il mal di testa".

Mattie annuì, anche a lui la testa scoppiava, era un miracolo che non avesse già vomitato, lui l'alcool lo reggeva poco. Si alzò in piedi barcollando un po' e lasciandosi aiutare da Michel. L'aria lì dentro cominciava a farsi irrespirabile davvero.
E l'oscurità li avvolse col suo mantello e i suoi profumi, profumi che portavano alla follia ma era così dolce lasciarsi trasportare sull'onda di quell'incredibile notte, così assolutamente perfetta.
Respirò a pieni polmoni cercando di schiarirsi i pensieri. Non aveva il coraggio di staccarsi dal braccio di Michel, sapeva che sarebbe caduto irrimediabilmente, così borbottò un " guidami dove vuoi" lottando per riacquistare un po' di contegno.

Il cuore di Michel sussultò nel sentire quella voce bassa e impastata dall'alcool. Il contatto col suo corpo gli trasmetteva scariche bollenti, lievi ustioni che lo ferivano e gli davano piacere. Il piccolo angelo ferito che aveva al suo fianco era così bello da togliere il fiato. 
"Sì, ci penso io a te" gli sussurrò in un orecchio.
'Ma non solo per questa magica serata. Non solo per il breve attimo in cui questa luna ci osserva affacciandosi tra il corteo di nuvole scure che le danzano attorno. Per il resto della mia vita, io starò con te. Anche se tu non mi vuoi. Anche se tu mi odierai. Nel mio angolo silenzioso rimarrò a guardarti e a proteggerti finché avrò fiato per respirare e forza nelle gambe per camminare. Ovunque andrai, io sarò al tuo fianco'.
Si diresse verso la parte della città che preferiva: il Lungarno. 
Adorava il modo in cui le luci si rispecchiavano nell'acqua scintillante del fiume. Una brezza sottile li cullava teneramente e Michel pensò che non si era mai sentito tanto felice in vita sua.

Il ragazzo dai capelli neri si lasciò andare contro Michel, gli piaceva il modo in cui lo guidava, lo faceva sentire protetto, la stessa protezione in cui lui avvolgeva Kether.... no era diverso. Lo sentiva. Ma aveva la mente troppo annebbiata per pensare coerentemente. Lo sapeva che non doveva bere accidenti!
Imboccarono Ponte Vecchio, le botteghe che lo costellavano erano tutte chiuse e straordinariamente quel tratto di strada era deserto, gli piaceva guardare il fiume di notte, il modo in cui le luci si riflettevano sull'acqua nera creando gorghi scuri di luoghi dove il pensiero si annegava. Li guardò quasi ipnotizzato appoggiandosi al muro e sospirando. Era bello essere lì insieme.
"Ho mal di testa" mormorò premendosi le tempie e giurando di non toccare più un goccio di alcool in vita sua.

Michel gli sorrise e gli scostò delicatamente le mani. Appoggiò le sue lunghe dita sulle tempie di Mattie massaggiandogliele con lenti movimenti circolari.Il ragazzo moro sospirò beato e tirò la testa all'indietro appoggiandola sulla spalla del ragazzo dietro di lui.
Era così bello con quell'espressione rilassata e totalmente abbandonata! Michel faticava a respirare. Non riusciva a smettere di fissare le labbra appena dischiuse di Mathias. Senza rendersene conto si stava avvicinando sempre di più al suo viso. Quando fu a soli pochi millimetri dalla sua bocca si fermò esitando. Non poteva fare una cosa del genere! Insomma, Mattie era palesemente ubriaco, sarebbe stato come approfittarsi di lui.
Tuttavia rimase in quella posizione. Mathias era ancora appoggiato contro di lui e non accennava a spostarsi. I loro fiati si incontravano e si intrecciavano in una danza molto sensuale. Era rapito da quella visione, rasentava la sublime perfezione delle statue di Fidia. Non poteva fare a meno di volerlo. Ma lo amava. Quindi non era del tutto sbagliato anche se lo baciava mentre era ubriaco, giusto?
Michel annullò anche la breve distanza che li separava poggiando le labbra alle sue. Aspettò qualche breve istante per essere sicuro che Mattie non si sottraesse, poi cominciò a passare la lingua sulle sue labbra gustose cercando di fargliele dischiudere ulteriormente. Quando sentì che gli era stato concesso il permesso di entrare in quel sacro antro, approfondì il loro bacio rendendolo coinvolgente e passionale. Ormai aveva perso totalmente il controllo su di sè. Portò una mano sotto il mento dell'altro per far sì che il contatto diventasse ancora più intimo. Ingaggiò un duello estenuante con la sua lingua, al quale Mathias rispose con la stessa foga. Ormai esausto e in carenza di ossigeno, Michel dovette staccarsi da quella bocca che gli aveva donato il paradiso. 
Rimase immobile in attesa di una condanna o di una grazia.

Mattie rimase per un attimo stranito e il suo primo impulso fu quello di riattaccarsi alla sua bocca e tornare a baciarlo. Il corpo era morbido e premuto al suo e i capelli dovevano essere tremendamente soffici. 
Ma cosa gli prendeva? Lui non era gay! Almeno non credeva...oddio era tutto così confuso, non si riconosceva più. 
Ma era stato così bello prima, così dolce e giusto sentire le labbra e la lingua di Michel intrecciarsi alla sua, non lo avrebbe mai creduto possibile. 
Ma non poteva! Non poteva così... doveva pensare.
Si staccò di colpo spingendolo indietro quasi con dolore, il suo corpo urlò quell'assenza improvvisa mentre la mente gridava che stava facendo la cosa giusta. A chi credere? E il cuore....lui cosa diceva?
Si allontanò un po' correndo e un po' barcollando. Kether, lui l'avrebbe aiutato, avrebbe capito.
Capiva sempre.

Rimase immobile a fissare lo scorrere regolare del fiume. Lo aveva spinto via. Del resto, cosa si aspettava? Che gli gettasse le braccia al collo e gli dicesse che lo avrebbe amato per sempre? Sì, dannazione, era proprio questo che si aspettava! Si era approfittato del fatto che fosse ubriaco e vulnerabile senza tener conto dei suoi reali sentimenti. Bella azione aveva compiuto, degna di un malfattore!
Solo in quel momento Michel si rese conto che Mathias era ancora ubriaco e per di più sconvolto e che quindi chiunque avrebbe potuto approfittarsi di lui. Senza rifletterci troppo corse nella direzione dove aveva visto incamminarsi il ragazzo. Non aveva idea di dove stava andando, svoltava prendendo vie a caso sperando di ritrovarsi Mattie davanti sano e salvo.
Dopo alcuni minuti la sua perseveranza venne ripagata. Di fronte a lui c'era la figura traballante del suo bell'angelo dagli occhi di cielo. 
Lo seguì fedele come un cane ubbidiente senza mai lasciarsi scorgere per paura che la sua presenza lo infastidisse. Stavano camminando verso la zona periferica della città. Che strano, Mathias non abitava affatto da quelle parti!
Finalmente Michel vide il ragazzo fermarsi di fronte a un caseggiato dall'aria un po' decadente. Il portoncino era aperto, per cui Mattie non ebbe bisogno di citofonare. Michel aspettò che entrasse, poi fece una corsa riuscendo a fermare la porta prima che si chiudesse. Entrò anche lui e seguì l'altro ragazzo su per una scala, facendo ben attenzione a non fare rumore e a mantenere sempre una rampa di distanza tra loro.
Arrivato al quarto pianerottolo, Mathias suonò all'ingresso di un appartamento. Michel si nascose dietro la ringhiera per vedere chi fosse il proprietario della casa. Dopo pochi secondi la porta venne aperta e comparve un ragazzo piuttosto assonnato dagli splendidi capelli rossi, guardò intensamente Mattie e poi lo abbracciò forte facendolo entrare in casa. Quando i due ragazzi furono spariti dalla sua vista, Michel si accorse di una furtiva lacrima inaspettata che gli scendeva giù per la guancia.

L'abbraccio era caldo e confortevole, sebbene Kether fosse fragile e minuto riusciva tranquillamente a reggere Mattie che si era in pratica accasciato fra le sue braccia, la testa pulsava e non sapeva cosa fare. Sentì solo vagamente l'amico trascinarlo in casa, chiudere la porta con un calcio e stenderlo sul divano facendo lo slalom fra le varie candele sparse a terra. 
"Cosa hai fatto?" fu la domanda sussurrata con tono dolce all'orecchio di Mattie, sapeva che aveva bevuto, ma non era solo 
quello, lo conosceva abbastanza da intuire che se Mattie era così sconvolto era successo qualcosa di grave. Sollevò la testa del ragazzo portandosela sulle ginocchia e accarezzandogli tenero i capelli, come se gli stesse carezzando l'anima.
Adagio. Adagio come se stesse camminando su una ragnatela. Adagio.
Le parole di Mattie sussurrate nel silenzio e nella luce di mille candele poste nella notte. Crepitano, bruciano, bruciano istanti di vita di un giorno ormai finito. Se solo si potesse conservarli in sè, quegli istanti, come fotografie meravigliose, conservarle nel cassetto nella memoria e tirarli fuori quando le cose si spezzano e il mondo si rovescia. 
Se solo.
Ma forse Mattie voleva il buio. Si allungò per soffiare sulla candela più vicina a loro, per creare un po' di ombre in quella stanza dove la luce regnava.
"Lascia che bruci, non spegnerla per favore. Se mi vuoi bene non spegnerla".
Sorrise, Kether, avvicinandosi al suo viso e baciandogli la guancia.
"Ti voglio bene" sussurrò per poi restare così, in silenzio. Aspettando. 
"Michel mi ha baciato".
Lentamente, nel calore e nella luce di Kether Mattie stava riacquistando i pensieri.
"E tu?"
"A me è piaciuto" si coprì gli occhi con le mani "Dio... mi è piaciuto". 
Il ragazzo coi capelli rossi rimase immobile, non avrebbe mai creduto possibile che a Mattie potesse piacere un ragazzo un giorno, era uno degli etero più convinti lui!
Ma questo Michel sembrava averlo messo nel pallone fin dalla prima volta.
"Siamo andati in un pub e abbiamo parlato un po', io bevevo e non mi accorgevo e dopo quando siamo usciti mi ha portato a Ponte Vecchio ed era tutto così bello e io avevo mal di testa". 
Si interruppe per riprendere fiato. 
"E insomma io non capivo molto, so solo che ad un certo punto mi sono ritrovato con le sue mani che mi massaggiavano la testa ed era così bello... così sono rimasto fermo e dopo mi ha baciato. Che stupido sono stato!!!! Lo sapevo che è innamorato di me e nonostante tutto sono rimasto lì con lui e ho lasciato che mi si avvicinasse così... merda!" 
In mezzo a quel fiume di parole Kether stava cominciando a vedere la trama complessiva della serata, sbrigliava paziente i ricordi ingarbugliati di Mattie. 
"Ero ubriaco cazzo! Non mi rendevo conto di nulla sapevo solo che.. era bello e.." 
Non era l'espressione adatta, in realtà era stato coinvolgente e aveva sentito il desiderio scorrergli per le vene e infiammarlo, avrebbe voluto di più, avrebbe voluto lui. E questo lo spaventava come non mai.
"Il fatto di poter essere gay ti spaventa tanto?" fu la voce di Kether a ridare una dimensione reale all'accaduto, sapeva che l'amico ingigantiva sempre tutto e non voleva che perdesse di vista la questione reale. 
"Ok ti è piaciuto, ora chiediti se ti piace lui.. un bacio può essere tante cose e in sè non dice molto, lui invece cosa ti dice?" Mattie lo guardò cercando nell'anima le parole più adatte, i sentimenti e le passioni. Era una bella domanda, da milioni di Euro. 
"Non lo so, è così bello, non mi ero mai soffermato a guardarlo bene prima". 
Perse i suoi occhi dietro ai ricordi. 
"Così morbido.." 
Un sussurro inudibile come se parlasse più a sè stesso che altro. 
"Sto bene con lui ma non so.. è un ragazzo e non è facile per me". 
Keth sospirò, ricordava bene la tempesta di emozioni e pensieri che aveva turbinato in lui quando si era reso conto che i 
ragazzi gli piacevano. Che parole poteva dirgli per fargli capire che era sempre con lui e che non lo abbandonava? Si abbassò abbracciandolo e posando le labbra sulla sua fronte. 
"Lo so che non è facile" sussurrò "ma cerca di essere il più possibile onesto con te stesso". 
Poi ci fu solo silenzio interrotto dal respiro spezzato di Mattie e da quello tranquillo di Kether.

La notte entrava discretamente attraverso la finestra lasciata aperta. Michel era seduto al buio sul divano di casa sua. Non si era mosso da lì da quando era rientrato, circa due ore prima. Pensava. Pensava a due occhi azzurri profondi quanto l'oceano. Pensava al nero setoso e lucente dei capelli. Pensava alla pelle nivea come il marmo delle statue del Canova. Pensava a un ragazzo dalla risata di un bambino e dallo sguardo di un vecchio.
Perchè aveva risposto al suo bacio? Perchè aveva risposto e anche piuttosto appassionatamente, su questo non c'erano dubbi. Un punto a suo favore.
Perchè lo aveva respinto subito dopo senza dargli spiegazioni? Perchè era corso via e si era rifugiato tra le braccia di un altro? Due punti a suo sfavore.
Chi era quel ragazzo? Probabilmente un qualche suo amico. Si ricordava che una volta gli aveva accennato qualcosa sul suo migliore amico gay. Sicuramente era lui. Ciò nonostante soffriva moltissimo ogni volta che rivedeva nella sua mente la scena dell'abbraccio.
Aveva anche pianto. Bè, non proprio pianto, in fondo era stata una lacrima solitaria quella uscita dai suoi occhi che credeva ormai inariditi. Ma anche una sola goccia era più che sufficiente per uno che non piangeva più - da quanto? - 12 anni circa.
Ne erano già passati 12 da quel giorno, quando suo padre aveva fatto sparire tutte le sue cose dalla loro casa mentre lui e sua madre si trovavano in Francia per il week-end a trovare i suoi nonni. Le uniche spiegazioni che avevano ricevuto erano contenute in una laconica lettera che diceva: 'Non sono tagliato per la monotona vita famigliare. Amo troppo il mio lavoro e i miei divertimenti. Sono un pessimo padre che non si interessa di suo figlio e un pessimo marito che trascura sua moglie. Continuerò ad occuparmi di voi, ma nell'unico modo in cui sono capace'.
Michel era rimasto chiuso in camera sua per due giorni, mentre sentiva la madre urlare e disperarsi. Quando si rese conto che una strana pace era calata nell'appartamento si allarmò tantissimo. Cercò sua madre in tutte le stanze, finché non la ritrovò riversa sul pavimento del bagno con una confezione vuota di antidepressivi al fianco. Glieli aveva prescritti il medico da quando erano cominciate le sue litigate con il marito sempre via per lavoro. Lui aveva solo 10 anni all'epoca. Corse fuori casa chiedendo aiuto. Furono i suoi vicini a chiamare l'ambulanza. Stava lì seduto su una poltroncina della sala d'aspetto dell'ospedale pensando a cosa sarebbe successo se anche sua madre lo avesse lasciato. La sua mamma, la sua bella e dolce 'maman' che gli raccontava le storie dei paladini delle corti di Re Artù e Carlo Magno, che gli dava il bacio della buona notte prima di addormentarsi, che non lo sgridava mai e che quando era triste veniva ad abbracciarlo con tanto amore.
Piangeva Michel e non riusciva a fermare le lacrime.
Sentiva i commenti delle persone che gli stavano accanto. Dicevano che sua madre aveva commesso quel gesto disperato perchè era troppo fragile e, ora che il marito se ne era andato, non aveva più nessuno che gli donasse abbastanza forza per andare avanti. Fu in quel momento che decise che se sua madre fosse sopravvissuta lui non avrebbe più pianto. Sarebbe diventato forte e sicuro di sè, talmente perfetto da poter essere il solido pilastro di roccia su cui la bella francese potesse appoggiarsi.
Sua madre sopravvisse e lui non pianse mai più. Ma la donna stava ancora molto male e tentò il suicidio altre volte. Ogni volta Michel si incolpava perchè pensava di non essere ancora sufficientemente in grado di badare a lei. E così continuava a migliorare, faceva tutto ciò che sapeva avrebbe gradito sua madre arrivando ad annullare quelle che erano i suoi reali interessi e la sua stessa natura per realizzare il suo scopo. Ma ancora non era bastato.
Infatti era lì, solo, perfetto esteriormente e profondamente infelice nell'anima.
Solo per un attimo si era di nuovo sentito amato come quando veniva cullato dalle braccia e dalla voce della sua 'maman'. Ed era stato quella sera. Quando Mattie aveva risposto al suo bacio. In quell'istante si era riempito il vuoto che si portava dentro fin da bambino. Ma poi, si era aperta di nuovo la voragine e lui vi era precipitato dentro.
"Non ti lascerò andare così. Ho bisogno di te, lo capisci? Puoi sentire il mio cuore che grida per te? Puoi vedere la mia anima che sanguina per te? Non mi lasciare anche tu, ti prego! Non mi lasciare".
Gli dei, impietositi dal richiamo disperato di quel triste ragazzo, inviarono Morfeo a donargli la consolazione dell'oblio. Almeno per qualche ora.

FINE CAPITOLO IV



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