Le parti in corsivo sono flashback

Per ricordare, per dimenticare

di Lidia


Capitolo 7

 

 

*** Seduto nel punto più alto degli spalti, avvolto nel buio, guardava il giocatore in divisa bianca che ancora si allenava in campo illuminato dalla luce arancione dei fari.
Era tardi, ma come ogni sera, il giocatore rimaneva dopo i normali allenamenti.
Lo guardò pescare da un secchio accanto a lui una palla, lanciarla in aria davanti e colpirla con la mazza con tutta la sua forza rimanendo a fissare l’arco descritto dalla palla mentre cadeva dall’altra parte del campo.
Rimase a spiare il giocatore per quasi  un’ora, come suo solito, sicuro che l’oscurità e la leggera foschia che saliva dal mare  lo proteggessero dall’essere visto a sua volta.
Gli piaceva guardare quel corpo atletico che si torceva mentre colpiva la palla, lo sguardo di vittoria quando la palla arrivava in fondo al campo.
Il giocatore si chinò per prendere un'altra palla, ma il secchio era ormai vuoto. Lo prese per il manico e si diresse in fondo al campo per raccogliere quelle che aveva lanciato.
A metà strada si fermò e  girandosi verso gli spalti.
-Ti và di darmi una mano?-
Sean trasalì, era sicuro di non essere invisibile ai suoi occhi.
Combattuto tra la possibilità di  scendere in campo o scappare via scese dagli spalti avvicinandosi  al giocatore e iniziò a raccogliere le palle sparse tra l’erba tagliata di fresco.
-Deve piacerti molto il baseball, se vieni ogni sera a guardare gli allenamenti.
-  gli chiese Chris.
(-Il baseball? Chi se ne frega del baseball! Io vengo a guardare te! Con quella divisa sembri un dio e bacerei il terreno su cui cammini.
-)
Per sua fortuna dalle labbra gli uscì solamente un sì tremante.
Non riuscì a spiccicare altra parola mentre lavoravano fianco a fianco.
-Mi tieni compagnia mentre faccio la doccia?- gli chiese quando l’ultima pallina finì nel secchio – Sai, l’allenatore mi permette di rimanere ad allenarmi fino a tardi e mi lascia le chiavi per chiudere gli spogliatoi.
-
Pochi minuti dopo era seduto su una panca dello spogliatoio. Si sentiva onorato dell’attenzione che gli aveva dedicato quel ragazzo così popolare a scuola e più grande di lui di un paio d’anni.
Dalla docce sentiva il rumore dell’acqua che scorreva.
Non poteva vederlo, ma immaginava quel ragazzo nudo, mentre l’acqua gli scorreva sulla pelle.
Era l’immagine a cui correva la sua mente ogni  sera, steso nel suo letto avvinghiato al cuscino, da quando lo aveva visto la prima volta all’inizio dell’anno scolastico.
L’acqua smise di scorrere.
Sentì le ultime gocce cadere sulle piastrelle.
Quando alzò lo sguardo e vide Chris seduto accanto a lui, con solo una asciugamano intorno ai fianchi e le ciocche bagnate che gli ricadevano sulle tempie.
-Ti và di darmi ancora una mano?-
-Certo! Cosa devo fare?-
-Semplicemente darmi una mano- gli rispose Chris afferrandogli una mano e facendola sparire tra le pieghe dell’asciugamano.
Rimase senza parole mentre Chris guidava la mano sul suo membro facendola scorrere avanti e indietro sempre più velocemente, fino a quando, soddisfatto, lasciò la presa e si abbandonò contro il muro con aria soddisfatta.
Sean non poteva credere a quello che era successo. Si guardò la mano imbrattata di sperma e cercò intorno qualcosa su cui pulirsi.
Chris intuì le sue intenzioni e lo fermò afferrandolo nuovamente per il polso.
-No,- lo  fissò dritto  negli occhi -così..- disse spingendogli la mano verso il viso e facendo scivolare le dita sporche tra le labbra una dopo l’altra.

 

Mezz’ora dopo Sean rientrò a casa.
La voce di sua padre lo bloccò appena varcata la soglia.
 -Dove sei stato fino a quest’ora? –
(-A fare una sega al capitano della squadra di baseball, papi. E dopo mi sono ripulito la mano con la lingua, papi.-)
-In biblioteca, papà.
- rispose con un sorriso sulle labbra.
Salì volando le scale fino alla sua camera.
Sentì a mala pena suo padre che commentava sottovoce che bravo ragazzo era suo figlio.
Era il più bel giorno della sua vita di quattordicenne.

 

Come la sera precedente  aveva aspettato che finisse l’allenamento extra, non nascosto sugli spalti, ma seduto a bordo campo. Come la sera precedente l’aveva aiutato a raccogliere le palle che aveva usato e,  come la sera precedente, aveva aspettato che finisse la doccia seduto su una panca degli spogliatoi.
Quando gli si era avvicinato aveva potuto sentire l’odore della sua pelle mischiato a quello del sapone.
-Vieni più vicino.
- gli aveva sussurrato facendogli scivolare una mano sulla nuca e spingendogli la testa in grembo.
Aveva ubbidito, imbarazzato, prendendogli il membro tra le labbra.
Chris gli prese la testa tra le mani per guidarlo su e giù, arrivandogli fino in fondo alla gola.
Sean, all’inizio, si sentì soffocare, ma si abituò presto al ritmo a cui Chris lo obbligava.
Solo alla fine aveva cercato di allontanarsi da lui, ma Chris gli aveva tenuto bloccato la testa contro il proprio corpo obbligandolo a ingoiare tutto.
-Ho bisogno del tuo aiuto.
- gli sussurrò alla fine lasciandolo libero di rialzare la testa.
-Qualunque cosa.
- gli rispose Sean pulendosi la bocca con il dorso della mano. ***

 

-Del mio aiuto?- chiese Justin lasciandosi accarezzare i capelli.
Justin non capiva. Si sentiva troppo stanco. Voleva solo lasciarsi andare e sprofondare nel sonno, ma la mano che scorreva tra i suoi capelli lo tratteneva.
-Sai bene che quest’anno le cose non mi vanno tanto bene. Il mio compagno di stanza quest’anno se n’è andato, ed era lui a sostituirmi agli esami. Non mi interessa molto dell’università. E’ stato mio padre ad obbligarmi a scegliere legge. - continuò Chris accanto a lui – e se non supero gli esami estivi sarò costretto a lasciare la squadra. -
-Posso continuare ad aiutarti a studiare. -
-No, sarebbe inutile. C’è una soluzione più semplice. Basta che ti presenti all’esame al posto mio. Così potrò rimanere nelle squadra. E all’università. Vicino a te, così non sarai mai più solo. Lo farai?
Gli occhi di Justin si spalancarono solo per un attimo prima di richiudersi.
Non essere più solo.
Avere qualcuno accanto.
Qualcuno che gli accarezzi i capelli.
Qualcuno che lo stringa tra le braccia e lo faccia sentire di nuovo bene.
Qualcuno che possa fare tutte quelle cose che Ray non poteva più fare.
La risposta gli uscì dalla labbra quasi senza che lui se ne rendesse conto.
-Sì, lo farò. -

 

*** -Hai fatto quello che ti ho chiesto?-
Sean sobbalzò sentendo la voce di Chris riecheggiare nello spogliatoio deserto.
Essere in quel posto di pomeriggio, quando fuori c’era ancora la luce del sole, lo faceva sentire a disagio.
Annuì tirando fuori dalla tasca il foglio.
-Ottimo lavoro. Che fortuna che tu sia il figlio del mio professore di storia. - si complimentò Chris guardando la serie di domanda e di risposte.
Sean ripensò a come si era sentito osservato, anche se sapeva benissimo che in casa non c’era nessuno, mentre frugava tra le carte dello studio di suo padre.
Aveva fatto quello che Chris gli aveva chiesto.
Aveva rubato per lui il testo dell’esame.
Aveva tradito la fiducia di suo padre.
I pensieri si sciolsero come neve al sole quando Chris si avvicinò alle sue spalle  posandogli le mani sulle spalle
-Ora avrai la tua ricompensa – gli sussurrò costringendolo a inginocchiarsi ad un’estremità della panca e spingendolo in avanti.
Mentre con una mano sulla schiena lo teneva bloccato sul ripiano di legno con l’altra lo spogliò lasciandogli scivolare i pantaloni lungo le anche.
Sean non oppose resistenza, anzi, inarcò la schiena per offrirsi meglio al ragazzo dietro di lui.
Quando sentì Chris entrare dentro di lui, gemette.
Non sentiva dolore, il piacere che provava era troppo grande.
Fece scivolare una mano tra le proprie gambe. Fino a giungere al sesso rigido e iniziando ad accarezzarsi fino a quando non vennero insieme.
Sean si lasciò scivolare sul pavimento. Si sentiva senza forze, ma così felice, mentre Chris si chinò sopra di lui.
-Devi fare un’altra cosa per me. -.
-Cosa?- Sean era ansioso di rendersi utile
-Vedi, non vado male solo in storia. E tu poi aiutarmi. -
-Come?-
-Bhe, c’è un professore che sarebbe molto disponibile a darmi una mano, se tu fossi un po’ gentile con lui. - la voce di Chris era dolce, pacata, mentre lo diceva.
Non poteva chiedergli questo.
Lui era il suo ragazzo.
Lui gli voleva bene.
Doveva aver capito male.
-Cosa intendi?-
-Non dovresti fare niente che tu non abbia già fatto con me. - continuò Chris
Sean impallidì scuotendo la testa da una parte all’altra.
Chris gli fece sventolare il foglio sotto gli occhi.
-Sì, lo farai, altrimenti tuo padre verrebbe a sapere che gli hai sottratto questo – la voce si fece tagliente – e soprattutto, verrebbe a sapere come passi le tue serate qui nello spogliatoio. -

 

In cima alla scogliera Sean guardava attraverso un velo di lacrime il sole che scendeva all’orizzonte.
Come poteva fargli questo?
Non contava niente per lui?
In cambio del suo amore cosa aveva ricevuto?
Nulla.
Si sentiva usato, con il cuore infranto, come le onde che si infrangevano sugli scogli sotto di lui.
Chiuse gli occhi, e conto lentamente.
Uno
Due
Tre
Poi gettò nel vuoto.***

 

-Svegliati, stai facendo un incubo. -
Ray lo stava scrollando dolcemente per farlo uscire dal sonno.
Sean guardò il ragazzo chino sopra di lui.
-Un incubo?- gemette con le lacrime che gli affollavano gli occhi -No, non era un incubo. Era il mio passato. -
Ray lo abbracciò e Sean gli nascose il viso sulla spalla incominciando a piangere.
-Ho sprecato la mia vita per quel bastardo. -
-Non preoccuparti. Sei giovane.  Hai ancora tutta la vita davanti.- tentò di consolarlo Ray.
-Tutta la vita davanti!?! Sono morto! Peggio! Sono morto suicida!- scattò Sean lasciandolo senza parole -E non è finita qui Ora so perché Chris è stata la prima persona che ti è venuta in mente dopo che sei morto. -

 

*** Era seduto sul sedile del passeggero.
Dall’autoradio usciva una musica a tutto volume che non riconobbe.
Attraverso il parabrezza vedeva la  luce dei fari illuminare una strada sconosciuta.
L’auto correva nella notte. Ad ogni curva sbandava per la velocità eccessiva.
Non ricordava come era arrivato lì, né cosa era successo prima.
Si voltò a guardare il guidatore.
Teneva il volante con una mano sola, nell’altra reggeva una lattina di birra mezza vuota.
Altre lattine vuote rotolano sul tappetino sotto di lui.
Cantava a squarciagola.
Sean lo fissò.
I capelli erano più lunghi, tenuti stretti da un laccetto di cuoio.
Anche il viso era cambiato, ma non abbastanza da non riconoscerlo.
Chris.
Quanto tempo era passato?
Allungò una mano verso di lui, facendola sprofondare dentro il suo corpo.
Non riusciva a toccarlo.
La musica cessò di colpo.
Infastidito dal silenzio Chris passò la lattina nella mano con cui teneva il volante, mentre con quella libera cercava di cambiare stazione.
Successe tutto in un attimo.
Intendo a guardare l’autoradio, non si accorse della figura illuminata dai fari.
Udì solamente il rumore dell’urto.
L’auto sbandò, ma riuscì a tenerla in strada frenando di colpo, lasciando dietro di sé due scie scure di gomma bruciata.
Guardò nello specchietto retrovisore il corpo senza vita di Ray disteso sull’asfalto solamente un attimo prima di ripartire sgommando.  ***

 


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