Ebbene sì, ho fatto qualcosa che non avrei mai creduto di poter fare, neanche nei miei sogni più segreti... ho scritto una Aya x Ken, brrr!!! Date la colpa a Kamui-chan che da quando ha Internet mi ha fornito la mia dose quotidiana di fiction sui Weiss. Però è anche una Yoji x Omi, perché non sono riuscita a resistere dall'infilare dentro pure loro!

Disclaimers: i personaggi dei Weiss non sono miei, ma appartengono a Takehito Koyasu/Kyoko Tsuchiya ed al Project Weiss, io non ci guadagno nulla, yadda, yadda.
Ovviamente - per chi non lo sapesse ancora - tutto ciò è yaoi, cioè boy’s love, boy on boy, cioè trattasi di amore tra due ragazzi


Occhi nella notte

di Ria-chan


"Yoji-kun!! Quante volte ti ho detto di non fumare in negozio!" l’urlo seccato di Omi riscosse Ken dal suo torpore.

Lanciò un’occhiata al membro più giovane dei Weiss e lo trovò intento a fulminare il più anziano con occhiate assassine. L’aria da bambino grazioso che attirava tanto le ragazzine era completamente svanita, sostituita da un piglio deciso che lo faceva sembrare decisamente più maturo dei suoi 17 anni.

Beh, l’età c’entrava poco con il far parte del gruppo chiamato Weiss. Lui aveva 19 anni, ma spesso se ne sentiva addosso 80.

"E allora Omi-kun?" gli fece il verso il membro più anziano dei Weiss, fissando quella piccola furia dall’alto del suo metro e ottantadue, la sigaretta che gli pendeva negligentemente da un angolo della bocca e il solito sorriso sarcastico che gli torceva le labbra. L’abitudine di Omi di chiamare tutti con il vezzeggiativo a volte gli dava proprio sui nervi… ma Yoji aveva sempre quell’espressione.

"Il fumo fa male alla salute!…" cominciò ad enumerare sulla punta delle dita il ragazzino "… fa male ai fiori! Porta cattivi odori e fa scappare le clienti!" concluse trionfante.

"Le clienti entrerebbero lo stesso anche se spalassimo letame qua dentro, solo per parlare con te, Aya e Ken, non è vero Ken-ken?" gli si rivolse ironico Yoji, "Basta guardare fuori dal negozio…" sottolineò il concetto con un gesto della mano, "… siamo ancora chiusi e c’è già la solita folla di ragazzine urlanti."

Sbuffò. Sembrava seccato. Pensare che quando era nelle vicinanze di una donna si trasformava nel perfetto playboy, pieno di charme, belle parole e fiori sempre a portata di mano. Beh… non era poi così difficile visto che facevano i fiorai…

"Lascia stare Ken-kun, io stavo parlando con te, Yoji-kun!" la voce di Omi si stava alzando pericolosamente, segno che stava per perdere la pazienza, oppure l’aveva già persa.

Ken ritornò a sistemare la composizione di dalie e camelie, non mancando di lanciare un’occhiata di sottecchi ad Aya, ma il taciturno compagno aveva continuato ad innaffiare le felci come se il mondo intorno a lui non esistesse. I capelli rosso fuoco accarezzati da un raggio di sole che li incendiava. Gli occhi persi nel vuoto.

Quegli occhi ossessionavano i sogni di Ken.

E da sveglio si ritrovava sempre a fissarli come ipnotizzato.

Così tristi, così freddi, così misteriosi

Occhi in cui potevi smarrire la tua anima.

Occhi che gli mettevano addosso un terrore folle e lo affascinavano contro la sua volontà.

Con un sussulto colpevole abbassò lo sguardo sulle mani che, nel torcersi nervose, avevano rovinato un’altra dalia. Sospirando la buttò via e cercò di concentrarsi, ma le mani si rifiutavano di collaborare. Mani che erano capaci di maneggiare un fiore così delicatamente e che sapevano strappare la vita così spietatamente…

Il sangue di quante persone macchiava le sue mani? E quelle degli altri?

Persino Omi, così giovane e così ingenuo, aveva perso da un pezzo tutta la sua innocenza.

E perché ultimamente non faceva che pensare alla morte e agli occhi di Aya?

Lo stress lo stava facendo andare fuori di testa?

E allora Persia lo avrebbe eliminato dai Weiss. Ed eliminare era la parola giusta. C’era solo un modo conosciuto per smettere di far parte di quel gruppo…

Chissà…

C’era stato un tempo in cui si era veramente augurato di morire, quando i suoi genitori non volevano neppure sentire più parlare di lui. Quando il suo migliore amico, il ragazzo di cui era innamorato perdutamente senza essere ricambiato, l’aveva tradito così crudelmente.

Si incantò di nuovo a fissare le mani di Aya, sottili, eleganti, mani da pianista, mani che sapevano usare una katana con la perizia di un antico samurai, mani che accarezzavano i fiori con la dolcezza di un amante…

Scosse la testa per scacciare quei pensieri molesti e si girò a guardare Omi e Yoji, sentendo un improvviso silenzio nel negozio. Avevano finito di litigare e stavano parlando quietamente. Non si era accorto che fossero così vicini nell’angolo più buio del negozio e probabilmente non ci avrebbe fatto caso, se non avesse voluto distrarsi dalla contemplazione di Aya.

Osservò stupito Yoji alzare una mano e scompigliare affettuosamente i capelli color grano di Omi e Omi arrossire e strofinare la testa come un cucciolo contro la mano di Yoji.

Aggrottò la fronte.

Non era possibile!

Sicuramente si era sbagliato! Non poteva essere… Si morse le labbra nervoso, o forse il fatto di essersi finalmente accettato e di aver preso piena coscienza della propria omosessualità lo portava a guardare gli altri ragazzi con occhi diversi?

Ma… Omi era poco più di un bambino! Impressione accresciuta dal suo aspetto fanciullesco, e Yoji… Yoji era un uomo fatto! Ed anche uno che cambiava donna con la stessa frequenza con cui cambiava i calzini! Possibile…?

No… sicuramente era solo la sua immaginazione e anche la speranza di trovare qualcun altro come lui. Speranza che si infrangeva miseramente contro la realtà della situazione in cui erano. Nessuno di loro poteva avere una vita normale finché facevano parte dei Weiss e nessuno di loro poteva concedersi il lusso di innamorarsi di chicchessia, uomo o donna che fosse.

Vide Yoji passare lievemente la mano sulla guancia di Omi, con un’espressione tenera che non gli aveva mai visto, tantomeno con le sue conquiste femminili. Rimase lì a fissarli a bocca spalancata, sentendosi un po’ un guardone per quell’intrusione in quella scena così intima.

Arrossì atrocemente quando lo sguardo di Yoji si fermò su di lui, duro e glaciale, sfidandolo a dire qualsiasi cosa contro di loro. Ken abbassò lo sguardo e ritornò alla sua composizione, desiderando sprofondare dall’imbarazzo. Come accidenti avrebbe fatto ad andare in missione con loro e riuscire a portare a casa la pelle, se la sua curiosità morbosa lo spingeva fin da ora ad osservarli in tutto quello che facevano? E dove avrebbe trovato il coraggio di guardare ancora in faccia Omi, senza tradire il segreto che aveva scoperto?

Un’ombra minacciosa gli bloccò la luce e non se ne stupì minimamente.

"Se solo provi a dire qualcosa che ferisca Omi… ti uccido!" la voce calma e mortale di un assassino di professione.

Ken deglutì e alzò due occhi tormentati su Yoji. L’espressione perennemente divertita era stata sostituita da una serietà minacciosa. Lanciò un’occhiata al di là delle spalle di Yoji, ma Omi non era in vista.

Annuì senza dire niente e il biondo playboy si allontanò accendendosi un’altra sigaretta, come se non fosse successo niente, come se non avesse per un attimo rivelato la parte più intima e segreta del suo carattere, mostrando ad un estraneo quanto teneva al piccolo genio del computer.

Ken si passò una mano tra i capelli e si accorse che gli tremava, perché?

Perché aveva visto che, nonostante tutto, anche degli schifosi assassini come loro potevano ancora provare dei sentimenti?

Perché era sconvolto dal vedere due ragazzi scambiarsi delle tenerezze?

Perché… era quello che avrebbe voluto per sé! Ammise finalmente con se stesso.

Strinse le mani a pugno, mordendosi le labbra. A che cosa serviva sognare? Amare?

Aveva amato una volta e tutto quello che ne aveva ricavato non era stato altro che dolore e tradimento.

Stupido! Stupido! Stupido!

Non imparava mai dai propri errori? Nessuno lo avrebbe mai amato, non avrebbe mai trovato pace.

Sbatté con violenza i fiori sul tavolino e si alzò come una furia. Doveva uscire immediatamente! Si sentiva soffocare in quel negozio.

Sorprese Aya a fissarlo, un’espressione lievemente interrogativa e di disapprovazione sul bel viso androgino. Da quanto tempo lo stava osservando con quegli occhi impenetrabili? Quanto aveva visto di quella scena? Tentò un sorriso forzato.

"Esco… " non gli diede il tempo di sollevare obiezioni, doveva assolutamente uscire da lì, prima di diventare matto. Afferrò al volo le chiavi della moto e si precipitò fuori facendosi strada tra le ragazzine ridacchianti, come se avesse avuto il diavolo alle calcagna.

***

Seduto sul molo, osservava le onde infrangersi contro i piloni di cemento. Qualche gabbiano si tuffava stridendo nelle acque scure. Il sole al tramonto era un’enorme palla infuocata sulla linea dell’orizzonte.

Doveva rientrare, non poteva stare ancora lì a fissare nel vuoto, la mente che si rifiutava di formulare un pensiero coerente. Intanto nessuno si sarebbe preoccupato della sua assenza, forse solo Omi, che si preoccupava per tutti, anche per quell’insensibile di Aya. E forse anche Manx, ma solo perché sarebbe mancato un elemento per un’eventuale missione. Fissare così a lungo quelle acque scure e invitanti gli aveva fatto pensare che forse… era la soluzione giusta per tutti i suoi problemi… ma solo per un attimo. Aveva concluso, parecchio tempo prima, che la vita per quanto disgraziata fosse meritava di essere vissuta fino in fondo e che lasciarsi schiacciare dalle difficoltà significava arrendersi ancora prima di aver cominciato a lottare. E poi, aveva scelto un lavoro che non gli permetteva di pensare al domani, anche perché forse un domani non ci sarebbe stato. Chissà, sorrise di se stesso, forse aveva solo aggirato l’ostacolo.

Doveva rientrare.

Al contrario di Aya e Yoji che avevano la passione per le auto sportive, la sua passione erano le moto. Accarezzò con affetto il suo bolide nero, quello perlomeno non lo abbandonava mai.

In pochi minuti era davanti al negozio, aveva usato tutte le scorciatoie che conosceva per fare il prima possibile. L’insegna era già spenta e la serranda chiusa.

Si sentiva in colpa. Era stato fuori tutto il giorno senza avvertire e senza spiegazioni. Non era un comportamento accettabile, né giustificabile…

Maledizione!

Controllò l’orologio, quasi le otto. Brutto segno. Manx era sicuramente passata per portare una qualche nuova e incomprensibile missione.

Si ripeteva continuamente che lavoravano dalla parte della giustizia, combattevano il crimine, aiutavano persone in difficoltà, ma restavano comunque degli assassini prezzolati e basta.

Entrò dalla porta sul retro, fermandosi un attimo per dar modo ai suoi occhi di abituarsi all’oscurità e vide una lama di luce filtrare dalla porta delle scale che portavano al sotterraneo dove c’era la base operativa. Bussò piano la serie di colpi che avevano ideato per evitare tutte le volte di finire con una lama, un filo, un artiglio puntati alla gola o una freccetta piantata in posti decisamente interessanti.

Aprì piano la porta, sempre per sicurezza, buio totale. Solo il televisore acceso emanava una scarsa luce bluastra e spettrale.

"Sono Ken." Bisbigliò.

"E allora?" gli giunse la voce profonda di Aya.

Scese le scale e lo trovò seduto sul divano, con un libro in mano. Lo fissò stupito.

"Beh?" gli ringhiò contro il rossino.

Si tolse la giacca di pelle, andandosi a sedere sull’altro divano. Abbandonando la testa sullo schienale e chiudendo gli occhi. Si sentiva stanco, svuotato, stufo di dover portare avanti quella finzione giornaliera di essere un ragazzo come tutti gli altri e poi dover combattere con i suoi incubi notturni.

"Non sapevo ti piacesse leggere." Commentò sempre ad occhi chiusi, lasciandosi cullare dal ronzio lieve dello schermo e dal respiro regolare di Aya. Per la prima volta in tutta la giornata cominciò a rilassarsi, tranne poi rendersi conto dove si trovava, e soprattutto, con chi si trovava.

La tensione tornò.

Silenzio.

Glaciale.

Aya era forse la persona più fredda e meno espansiva che avesse mai conosciuto, oltre che la più misteriosa.

Aprì un occhio con circospezione e lo trovò che lo stava fissando intensamente. La schiena gli fu percorsa da un brivido sotto quello sguardo scrutatore.

"Scusa... non volevo offenderti..."

Aya scrollò le spalle indifferente, ma al posto di tornare alla lettura, continuò a fissarlo.

Ken si sentiva sempre più a disagio sotto l’esame di quegli occhi inquietanti.

"Che ne pensi di Yoji?"

"Eh?!" rimase a bocca aperta. Aveva la vaga impressione di star facendo la figura di uno di quei pesci che si mettono a boccheggiare una volta tirati in secco. Che cosa voleva sapere di Yoji? Della sua relazione con Omi? Oppure glielo chiedeva per un interesse più personale? Non era giusto! Yoji aveva già Omi, quindi... Bloccò il pensiero sul nascere, quella era veramente la cosa più stupida che avesse mai pensato, ed era anche la più impossibile.

"Che-ne-pensi-di-Yoji?" Sillabò Aya come se si stesse rivolgendo ad un bambino ritardato.

E in effetti Ken non si sentiva molto padrone delle sue reazioni in quel momento, gli sembrava di stare assistendo allo spettacolo, ma non di parteciparvi realmente.

"Ec... ecco... io...." arrossì contro la sua volontà e si mise a balbettare. "Perché lo vuoi sapere?" chiese d’un fiato, agitandosi nervoso sul divano. Ma perché non se n’era andato dritto a dormire quella sera? Doveva proprio passare a vedere Aya un’ultima volta? La giornata era già stata abbastanza schifosa, per doversi ritrovare in quella situazione imbarazzante.

Gli occhi di Aya lampeggiarono per un attimo, ma doveva solo esserselo immaginata quella scintilla di rabbia. Aya non perdeva mai il controllo.

"Perché sembri passare molto tempo con Yoji."

"Eh?!!" la bocca di Ken si spalancò ulteriormente. Era uno scherzo, vero? Era tutto un grosso ed ironico scherzo! Ma poi si ricordò che Aya non possedeva nessun senso dell’umorismo.

Cominciò a ridere. Non poteva farci niente, non riusciva a trattenersi. La risatina iniziale si trasformò in una risata isterica in pochi secondi e lui non riusciva a smettere. Era rischioso, poteva ritrovarsi una katana alla gola nel giro di un niente per essersi messo a ridergli in faccia a quel modo, ma la cosa era troppo comica.

"Mi fa piacere che lo trovi divertente." Commentò secco Aya, appoggiando il libro sul tavolino.

Ken continuò a ridere, finché non arrivarono le lacrime.

Tutte le emozioni, le scoperte di quella interminabile giornata eruppero come lo schiocco di un tappo di champagne.

"Oh dio, oh dio..." si strofinò la manica della camicia sugli occhi, con un gesto irritato e poi si prese la testa tra le mani.

Silenzio.

Silenzio assoluto, a parte il rumore dei loro respiri.

Perché si cacciava sempre in quelle situazioni? Avrebbe fatto meglio ad andarsene subito.

Cercava sempre di passare meno tempo possibile con Aya, a dispetto dell’attrazione che questi esercitava su di lui.

Non sapeva perché, ma lo metteva a disagio.

Dopo il loro primo incontro, cioè il secondo, quando si erano picchiati fino allo sfinimento, distruggendo quasi il negozio, aveva fatto di tutto per evitarlo e Aya… beh Aya era Aya. Sembrava possedere la stessa vitalità di una pietra, a parte quando era in missione - allora riacquistava un minimo di vivacità - ma poi…

Ken avvertiva quasi fisicamente di non essergli simpatico. Probabilmente nessuno di loro era simpatico ad Aya, li sopportava perché non aveva avuto altra scelta e in fondo il suo obiettivo e quello di Persia coincidevano.

E adesso per la prima volta si trovava in una situazione insostenibile.

Che cosa doveva dirgli?

Due mani d’acciaio gli afferrarono i polsi, spingendolo ad alzare la testa sbigottito. Si ritrovò perso nell’oceano viola degli occhi di Aya, così vicino che poteva sentire il lieve odore delle orchidee che aveva sistemato quel pomeriggio e che ancora impregnava il suo maglione.

"Eh..?" era incapace di reagire, qualsiasi pensiero coerente si era volatilizzato dalla sua mente.

Aya continuava a fissarlo senza dire niente, poi gli occhi violetti si spostarono sulle sue labbra dischiuse. Ken deglutì e senza volere si passò la punta della lingua sulle labbra secche. Gli occhi di Aya si dilatarono impercettibilmente e tornarono ad immergersi nei suoi, come cercando qualcosa, ma gli occhi di Ken erano spalancati, inconsapevoli... innocenti.

Lo lasciò andare come se scottasse ed uscì dalla stanza con la rapidità di un lampo, senza più dire una parola, lasciandolo ad interrogarsi sul suo strano comportamento.

Oh mio dio! Ma che cosa pensava di lui? Che era innamorato di Yoji?

Di certo lo aveva etichettato fin dal primo momento come una checca, non allontanandosi poi molto dalla verità…

Oh dio! Gli scappò da ridere, ritrovando per un attimo il suo buonumore. Beh, non aveva ancora idea degli orientamenti di Aya, ma di sicuro nel gruppo erano tre su quattro quelli che preferivano la stessa metà del cielo!

***

Si risvegliò di colpo, sudato e tremante.

L’incubo era stato anche troppo maledettamente reale. Aveva di nuovo sognato Kase. Si mise a sedere sul letto e si passò una mano sugli occhi, non stupendosi affatto di ritrovarsela bagnata di lacrime. Inutile, si sarebbe portato nel cuore il rimorso per il resto della vita e non poteva fare più niente ormai...

Niente!

Sapeva anche che non sarebbe più riuscito a dormire, guardò l’orologio sul comodino. Le quattro.

Yoji e Omi a quell’ora dovevano essere già rientrati dalla missione, se era filato tutto liscio. Nella fretta di scappare via da Aya quella sera, non si era neanche informato su che tipo di missione si trattasse. Se erano stati mandati due soli di loro, non doveva essere qualcosa di particolarmente complicato, e non essendo stato svegliato nel cuore della notte supponeva anche che fossero già tornati sani e salvi. Lo sperava di tutto cuore. Malgrado le litigate, le incomprensioni, gli screzi, gli si sarebbe spezzato il cuore a perdere i suoi compagni.

Si alzò e indossò i jeans, per evitare di girare nudo per casa. Voleva controllare alcuni dati sul computer, ce l’avrebbe fatta anche senza l’aiuto di Omi e poi non riusciva proprio a riprendere sonno. Fece una smorfia quando il piede sbatté contro un angolo del comodino, ma non voleva accendere luci e cercò di non fare nessun rumore, visto che Aya, che occupava l’appartamento di fianco al suo, al secondo piano, aveva il sonno di un gatto. Gli scappò quasi da ridere. Tutti i loro nomi in codice erano quelli di gatti: il loro datore di lavoro aveva una mente un po’ complicata, per non dire malata.

Un mormorio sommesso di voci lo bloccò in cima alla scala che portava giù alla base.

Si sedette sugli scalini, rassegnato, prendendosi la testa tra le mani. Ma non sarebbe mai finita quella giornata?

Yoji e Omi erano certamente rientrati sani e salvi dalla missione e stavano parlando.

Di lui.

"Ken-kun si sta comportando in modo strano ultimamente, non trovi Yoji-kun?" la voce dolce e sottile di Omi era venata di stanchezza.

Sentì lo sfrigolio di un cerino. Yoji doveva essersi acceso la milionesima sigaretta della giornata.

"Perché ti preoccupi di quell’idiota, Omi?"

Ken fece una smorfia sarcastica, a Yoji doveva sicuramente riconoscere la sincerità nell’esprimere le proprie opinioni. Lo insultava sia direttamente che alle spalle!

"Non essere cattivo con lui Yoji-kun! Ha passato un brutto periodo da quando è successa quella brutta faccenda con il suo migliore amico..."

"Perché è un idiota! E se non si sveglia, prima o poi farà una brutta fine!"

"Yoji-kun!"

"E poi ha scoperto di noi due..."

"Nani?!" la voce di Omi era colma di imbarazzo e a Ken sembrò poterlo vedere, mentre diventava tutto rosso. Omi era di un candore e di una dolcezza disarmante, forse per questo Yoji...

Gli giunse la risata soffocata di Yoji: "Credo, per di più, che anche lui sia..."

"Cosa... ma..." la voce di Omi venne soffocata e per un attimo non sentì più nulla. Poi udì un gemito che non era certo di dolore e si sentì arrossire. Non serviva avere una vista a raggi X per capire che cosa stava succedendo e lui era decisamente di troppo!

Maledizione!

Doveva tenersi la curiosità e risalire nel suo appartamento prima che quei due salissero le scale e lo trovassero ad origliare...

"Yoji-kun! Smettila! Casco dal sonno... non riuscirei a..."

"Sei proprio un bambino, Omi-kun!" la voce profonda di Yoji era piena di tenerezza.

Ancora fruscii sommessi e Ken balzò in piedi con il cuore in gola e l’intenzione di farsi due piani di scale correndo, per evitare di essere scoperto.

Troppo tardi!

Yoji era apparso ai piedi delle scale, con Omi addormentato in braccio e lo aveva visto.

Rimase immobile, paralizzato dall’imbarazzo e dalla vergogna.

Yoji non fiatò, ma anche nella penombra poteva vedere gli occhi che scintillavano di rabbia. Gli passò accanto, salendo le scale e sparendo nell’anticamera diretto all’appartamento di Omi al primo piano. La tensione che emanava dal suo corpo era quasi palpabile, anche se si muoveva con tutta la delicatezza possibile per evitare di svegliare il ragazzo. E Ken si sentì ancora più miserabile e meschino.

Lo seguì nell’atrio e rimase a fissarlo. Non sapeva se andare a scusarsi, a spiegare o fuggire di corsa nelle sue stanze e sperare che al mattino Yoji facesse finta di nulla... forse però era troppo sperare una cosa del genere.

Risolse tutto Yoji, tornando sul pianerottolo e appoggiandosi minaccioso alla porta chiusa dell’appartamento di Omi.

"Allora?" gli sibilò come un cobra infuriato.

Ken deglutì a disagio.

"Da quanto eri lì?"

"Io..." salì lentamente le scale, come un condannato che si appresti al patibolo, non osando sostenere lo sguardo del biondo assassino. "Yoji, io..."

"Sono stufo di inciampare in te, tutte le volte che sono con Omi:" scandì glaciale.

"Yoji, io..."

"E smettila!" lo afferrò per le braccia e gli diede un brusco scossone "Che cosa c’è, Ken-ken?" chiese sarcastico "Sei geloso?"

Ken spalancò gli occhi colpevole, era andato troppo vicino alla verità. Solo che Yoji non capiva che lui non era geloso di Omi, ma del sentimento che sembrava esserci tra loro due, la complicità, la tenerezza e il desiderio. Qualcosa che dubitava lui potesse mai condividere con qualcuno...

"No... io..." si liberò lentamente dalla stretta dolorosa "... io sono contento... per voi..." sorrise a stento anche se gli veniva da piangere

"E allora?" Yoji lo fissava ancora sospettoso e infuriato, non affatto disposto a credergli, non capiva quello che stava provando. Forse Omi sarebbe riuscito a comprenderlo meglio e forse lui sarebbe riuscito a spiegarglielo. Ma Yoji...

"... Io... non ce la faccio... non posso spiegare... ma..." deglutì a disagio, "... prenditi cura di Omi..." con quelle parole salì lentamente le scale verso il rifugio sicuro delle sue stanze, mentre Yoji dopo averlo scrutato intensamente, rientrava nell’appartamento di Omi.

Non aveva però calcolato un piccolo particolare.

Non sarebbe riuscito a rientrare nel suo rifugio sicuro tanto facilmente.

Aya era sul pianerottolo e aveva tutta l’aria di stare aspettando proprio lui.

Lo fissò esausto. Nel buio riusciva a malapena a distinguere i suoi lineamenti.

Di una cosa, però, era certo.

Era maledettamente infuriato.

Tanto che riusciva a percepirlo quasi a livello fisico e in risposta gli si rizzarono i capelli sulla nuca. Deglutì.

L’ultima prova.

Se avesse superato anche quella, la sua sanità mentale non avrebbe corso più rischi. Avrebbe potuto dedicarsi tranquillamente alla moto, al calcio, ad allenare i bambini e a trucidare la gente di notte, senza subire fastidiosi effetti collaterali.

Come... il rimorso. La pazzia incombente. O la frustrazione.

Respirò profondamente ed a quel gesto gli occhi di Aya furono calamitati sul suo torace. Rabbrividì, ma non per il freddo. Non si era mai sentito così… nudo in vita sua. D’accordo era nudo dalla vita in su, ma non ci aveva fatto caso mentre discuteva con Yoji, adesso era diverso. Si sentiva improvvisamente molto consapevole di ogni centimetro di pelle scoperta e i capelli sulla nuca si drizzarono per l’adrenalina che gli scorreva nelle vene. Quegli occhi gli scavavano dentro, incendiandogli la pelle.

Raddrizzò le spalle e si decise a muoversi.

Aya, sempre in silenzio, gli sbarrò la strada spostandosi indolente.

Lui si fermò di nuovo e lo fissò quasi in preda al panico. Gli occhi blu enormi e dilatati che cercavano una via di fuga, mentre quelli violetti non gli davano tregua e lo inchiodavano con il loro sguardo magnetico.

"Beh… stavo tornando a dormire…" e si maledisse subito per quelle parole. Perché doveva giustificarsi come un bambino colto in fallo? Non doveva rendere conto di niente! "… Beh…" si spostò di lato e così anche Aya, bloccandolo un’altra volta. Impose ai muscoli facciali di cercare di sorridere, di fare finta di niente. Doveva solo riuscire ad entrare nel suo appartamento e sarebbe stato salvo. Non sapeva da che cosa, ma sarebbe stato al sicuro.

Cercò di produrre un suono il più possibile simile ad una risata, per alleggerire il momento, ma quello che uscì fuori fu un singhiozzo soffocato. E senza sapere come, si ritrovò stretto contro il petto di Aya, il viso affondato nella sua camicia, respirando quell’odore fresco e primitivo insieme che lo faceva impazzire. Fiori e il sentore della terra umida.

Abbracciato, riscaldato, consolato, cullato su un torace forte, da due braccia d’acciaio.

Accarezzato da mani lievi, ascoltando il bisbigliato conforto di parole senza senso.

E non riuscì più a resistere. A fingere di essere forte. Si aggrappò a quel corpo, come un naufrago ad una tavola e iniziò a piangere, silenzioso. Grosse lacrime d’argento che scivolavano lungo il suo viso, la gola troppo stretta perché potesse emettere un solo lamento. Con il dolore, il rimorso, la tristezza che lo avevano tormentato che finalmente trovavano uno sfogo.

Non avrebbe mai saputo immaginare che le braccia di Aya fossero così calde. La sua voce profonda così dolce che scendeva come un balsamo sul suo cuore. Le mani... così lisce e delicate, mentre gli accarezzavano la schiena... avrebbe voluto sentirle su tutto il corpo, mentre lui a sua volta avrebbe mandato a memoria i contorni del corpo di Aya. Si morse le labbra e scacciò quelle fantasticherie inopportune. Aya non provava nulla per lui! Perché doveva essere così masochista da immaginare l’impossibile? Lo stavo solo confortando. Nient’altro. Era molto più difficile cercare di spiegarlo al suo corpo... Come faceva a restare impassibile, mentre era avvolto da quelle braccia, immerso nel suo profumo e nel suo calore?

"Aya…"

"Ssh…" venne interrotto

"Aya… io…"

"Passerà…"

Ken aggrottò la fronte perplesso. Era così trasparente? Oppure lo conosceva meglio di quello che immaginava? Aveva sempre pensato che Aya fosse indifferente a tutto ciò che non riguardava sua sorella o la missione di uccidere Reiji Takatori…

"Non credo… non finché sarò vivo…" Era riuscito a dirlo. La sua paura più profonda e segreta. La sua vergogna più grande. Ora era alla luce del sole e lui, era incredibile, ma si sentiva meglio, ad aver condiviso con la persona che… la persona che… Non riusciva a finire. Quel pensiero era troppo devastante.

Aya si era irrigidito contro di lui, e la stretta si era fatta dolorosa. Ken alzò il viso per cercare di osservarlo al buio, ma colse solo lo scintillio di quegli occhi violetti.

"Non posso dimenticare…"

"Chi?!" sibilò Aya, scostandolo bruscamente e afferrandolo per le braccia, "Yoji?!!"

Lo aveva quasi sputato quel nome.

Ken spalancò gli occhi all’inverosimile: "Che cosa?". Non riusciva a credere alle proprie orecchie.

Poi venne trascinato a forza nelle sue stanze, mentre Aya chiudeva la porta a chiave fissandolo furente.

Ken si sentiva addosso quello sguardo. Uno sguardo da assassino, deciso. Uno sguardo che di solito era riservato ai loro avversari. Ancora non riusciva a spiegarsi quello che era appena accaduto.

L’incubo, lo scontro con Yoji, Aya infuriato… gli sembrava tutto un sogno. Già… Aya infuriato. Perché?

Perché credeva che lui fosse innamorato di Yoji.

E perché se la prendeva tanto?

"Da quanto eri lì?

"Abbastanza."

Ken deglutì. Abbassò gli occhi a disagio, che cosa poteva dire?

"Yoji…" cominciò ma fu interrotto, brutalmente.

"Yoji! Yoji! Sempre Yoji!!" Sibilò Aya. Le mani gli affondarono nelle braccia come artigli.

E il dolore lo aiutò a vedere tutto più chiaro e Ken uscì da quel torpore indefinibile che lo aveva avvolto fino a quel momento, sapeva che cosa doveva fare e al diavolo le conseguenze!

"Non è Yoji..." sussurrò con un sorriso sbarazzino, il primo dopo tanto tempo.

Alzò il viso e puntò sulle labbra di Aya, finché riuscì a zittirlo con la sua bocca e tutta la violenza si sciolse come nebbia allo spuntar del sole.

"Ken… cosa…" Aya si tirò indietro, senza lasciarlo andare, ma lui non si lasciò scoraggiare da così poco. Si abbarbicò tenacemente al suo collo e riprese la conquista di quella bocca tanto desiderata, sognata. Era morbida, calda, socchiusa per la sorpresa e lui si sentì temerario. Insinuò piano la lingua tra le labbra di Aya e gli si spalancò il paradiso. Non era più un uomo che moriva di sete, poteva finalmente bere alla fonte.

Aya lo allontanò di nuovo, fermamente, tenendolo a distanza di braccia, scrutando febbrilmente il suo viso in cerca di chissà che cosa.

Ken aveva ancora gli occhi chiusi, un sorriso sognante sulle labbra, si sentiva finalmente in pace ed era una sensazione stupenda, aveva riconquistato una parte di sé che credeva persa per sempre.

"Ken… Ken…" una mano gli accarezzò leggera i capelli scuri, intrecciandosi alle ciocche ribelli. Rabbrividì sentendosi sfiorare la nuca e aprì gli occhi azzurri in quelli violetti e tormentati di Aya.

"Si…"

"Che cosa hai intenzione di provare, razza di stupido?!" la domanda violenta di Aya lo sorprese, ma non era quello esprimevano i suoi occhi, gli stavano facendo un’altra domanda.

"Che non sono innamorato di Yoji." Rispose malizioso, ritrovando anche il buonumore. Anche se Aya non lo avesse ricambiato non aveva importanza, aveva liberato i suoi sentimenti e non voleva nulla in cambio. Avrebbe fatto forse un po’ male all’inizio e forse non si sarebbe mai rassegnato a non avere l’amore di Aya, ma il presente andava consumato fino all’ultima briciola e lui aveva intenzione di cominciare a vivere!

"E neanche di Omi!" aggiunse a precisazione. Poi ricominciò la scalata alla bocca di Aya, perché se non avesse preso lui l’iniziativa avrebbe corso il rischio di diventare vecchio aspettando Aya! E c’erano modi più piacevoli di passare il tempo!

"Ken…" il tono era di avvertimento.

"Se vuoi puoi fermarmi in qualunque momento." Lo sfidò, affondando le mani nei suoi capelli rossi e beandosi della loro liscia setosità

"Sei un assassino di professione." Puntualizzò lasciando una scia di baci sulla mascella.

"Addestrato ad uccidere." Gli soffiò in un orecchio, facendosi sempre più vicino, mentre Aya si limitava soltanto a tenerlo per le braccia, senza stringerlo, ma senza neanche allontanarlo.

"Non dovresti avere nessun problema a liberarti di me." Gli sussurrò sulle labbra serrate, stuzzicandole con la lingua per farle aprire. Venne fulminato da uno sguardo di fuoco, ma il respiro di Aya si era fatto più affannoso e poteva sentire un lieve tremito percorrerlo. Non voleva ancora arrendersi, gettare la spugna, forse sarebbe stato sconfitto dall’autocontrollo dell’altro, ma sicuramente valeva la pena di fare un tentativo.

Provò tutte le cose che gli vennero in mente, suggerite dalle sue inconfessate fantasie erotiche, tranne strappargli i vestiti di dosso e buttarlo sul letto, ma niente da fare. Una statua di marmo sarebbe stata più ricettiva.

Si morse le labbra per trattenere le lacrime e fece un passo indietro, lasciando cadere le braccia, sconfitto.

"Hai finito?" gli domandò freddo Aya. Ken deglutì a fatica e annuì appena.

Come avrebbe fatto a lavorare ancora insieme a lui? Non avrebbe più avuto il coraggio di guardarlo in faccia. Accidenti a lui e alla sua impulsività, proprio quella sera doveva ritrovare il coraggio di esprimere i suoi sentimenti?

"Bene. Perché adesso tocca a me!" Ken riuscì appena ad alzare lo sguardo sbalordito prima che Aya lo buttasse sul letto e cominciasse a strappargli i vestiti di dosso, dopo un attimo di esitazione in cui gli occhi violetti si erano fatti incerti e dubbiosi.

Lo sguardo felice e rapito di Ken però gli aveva fornito tutte le risposte di cui aveva bisogno.

***

"Ohayo Yoji-kun! Ti sei alzato finalmente!" cinguettò allegro Omi, piazzandogli davanti una tazza di caffè fumante, prima ancora che lui potesse aprire bocca.

"Ohayo…" borbottò accendendosi la prima sigaretta della giornata e ignorando l’occhiataccia dell’altro, "E' colpa tua!" mormorò, bevendo d’un fiato il caffè e tendendo la tazza per avere il bis. Omi arrossì mentre gli riempiva di nuovo la tazza. "Non è colpa mia, se la frustrazione ti tiene sveglio! Io ho dormito benissimo!"

"Invece è colpa tua!" ribadì capriccioso Yoji, mettendo il broncio, Omi lo ignorò.

Nell’altra stanza Ken e Aya stavano discutendo piuttosto vivacemente.

Yoji aggrottò la fronte.

"Mi sembra che Ken sia tornato del suo solito insopportabile umore allegro."

"Già." Omi si affacciò nell’altra stanza e vide Aya impassibile a braccia conserte, mentre Ken si agitava nervosamente e sbraitava di un vaso non consegnato e di una pianta da potare.

"Calma ragazzi, sono solo le dieci."

"Come faccio a calmarmi se ci sono un milione di cose da fare oggi!" gli gridò quasi Ken, agitatissimo.

"Non sono io quello che ieri è sparito per tutto il giorno." Ribatté calmo Aya guardandolo come si guarda un insetto fastidioso che si è decisi a schiacciare.

"Che cosa!!! Sentimi un po’…" ma Aya lo piantò in asso per cominciare a portare fuori le piante e Ken gli corse dietro continuando la sua tiritera.

Omi sorrise. Era tornato tutto alla normalità.

O quasi.

C’era qualcosa di diverso, anche se non riusciva a spiegarsi che cosa e la cosa lo disturbava.

Fu solo molto più tardi, quando ebbe tempo di pensarci con calma, che riuscì a capire che cosa c’era di diverso.

Gli occhi di Aya-kun non sembravano più quelli di un fantasma.

*owari*


Autore Torna all'indice diviso per Autore Torna all'indice diviso per Serie Serie