Un’introduzione si rende necessaria! Questo progetto prende il nome di “Nessuno è perfetto” ed è una raccolta di episodi in ordine cronologico della relazione tra Spock e McCoy, di Star Trek.

Sono episodi non collegati tra loro ma ognuno è progressivo all’altro, possiamo dire che è l’evoluzione della loro storia d’amore vista dai nostri occhi, dalle origini alla vecchiaia.

Perché Spock e McCoy?

Perché si adorano, perché hanno bisogno l’uno dell’altro e ci rendono felici. Perché McCoy ha finalmente qualcuno che si occupi di lui e Spock qualcuno che riesca a completarlo e renderlo vivo.

Perché McCoy è brontolone, emotivo, impacciato, impulsivo, dolce, ingenuo, scontroso, intuitivo.

Perché Spock è altezzoso, severo, intelligente, curioso, protettivo, vulcaniano, finto tonto, riflessivo. E solo loro possono sopportarsi ^^

Perché Nessuno è Perfetto?

Perché nella loro imperfezione si completano. Perché Spock ama i contrasti di McCoy e McCoy ama quella ambiguità vivente che è Spock

 

 

Sappiamo che non è la coppia più apprezzata in Italia, ma dategli una possibilità perché noi ne siamo davvero innamorate. Ci piacerebbe che ci faceste sapere le vostre impressioni.

Oh si, il progetto è nato dopo lunga lavorazione, siamo due ragazze e ognuna di noi ha scritto un capitolo o l’altro. A inizio capitolo ci sarà scritto chi è l’autrice ^^

 

Questo è il secondo episodio della raccolta, tratto dalla 15° puntata della prima stagione “Ammutinamento” (“The Menagerie”)

Il tempo passa e continuando ad osservarsi si imparano cose nuove e non è così ovvio capire che l'altro non smetterà mai di stupirti. Stranamente per McCoy è più facile accettare che non può lasciare che le cose finiscano così. Perchè i falsi presupposti si possono cambiare.

Il primo vero e proprio passo per Spock e McCoy, rating verde, by Rowen



 

 

 


 

 

Nessuno è perfetto

 

Parte II - Rosso di sera

 

di SpockeMc

 

 

Nelle orecchie del dottor McCoy continuava a risuonare quella frase. Si ripeteva identica parola per parola cento volte, e poi ricominciava da capo.
Era già difficile credere che Spock si fosse ammutinato, ma ancora più difficile era per McCoy pensare a quello che aveva detto lui stesso sul ponte poco fa, e a quello che le regole della flotta astrale lo avevano costretto a fare.
Spock era confinato nel suo alloggio per qualcosa di così illogico da poter sembrare del tutto umano, e la cosa peggiore era che McCoy non solo non se lo sarebbe mai aspettato da lui, ma nemmeno lo avrebbe creduto anche solo possibile. Proprio come aveva detto a Jim poche ore prima alla base spaziale, Spock era un vulcaniano e il solo pensare di agire spinto dall'emotività lo avrebbe potuto destabilizzare nel profondo.
McCoy non era un tipo presuntuoso, ma aveva creduto sinceramente di conoscere Spock almeno un po', o comunque di essere in grado di capire le sue motivazioni e di anticipare le sue reazioni. Invece quello che era appena successo mandava all'aria tutte le informazioni che aveva messo insieme su di lui per mesi, ora doveva accantonarle e ricostruire la torre dal basso, con nuove fondamenta.
Lo stupore che provava era quasi più intenso del lancinante dolore che aveva sentito sul ponte poco prima, non era delusione per il comportamento di Spock, né per il suo essersi ammutinato a Kirk, McCoy sapeva che d'ora in avanti avrebbe dovuto ammettere che anche Spock, quell'alieno logico e impassibile, era stato capace di basare una decisione esclusivamente su un sentimento. L'amicizia e la stima che provava nei confronti di Christopher Pike erano talmente forti da averlo spinto ad agire contro la sua stessa carriera nella flotta astrale. McCoy non capiva fino in fondo le ragioni di Spock, né lo pretendeva. Ma allo stesso tempo la consapevolezza del fallimento del suo piano lo addolorava immensamente.
Ripensò ai dubbi del capitano verso Spock, e anche dopo appurato che Jim aveva avuto ragione ad accusarlo, non riusciva a considerare l'azione di Spock una colpa a tutti gli effetti, e comunque non di sicuro una colpa da pagare con la corte marziale. Pensò con soddisfazione alle parole dette a Jim; erano vere, lo erano state poco fa come lo erano adesso per McCoy. Spock non avrebbe mai agito per danneggiare nessuno, ne era sicuro. Quella era l'unica convinzione che sembrava rimanere intatta.

 

Come tutte le discipline anche la logica si basava su convinzioni. E Spock aveva appena considerato l'amicizia e l'affetto per il suo precedente capitano una convinzione abbastanza solida da poter reggere il peso di tutte le implicazioni che aveva provocato la messa in pratica del suo piano. Pike doveva ritrovare se stesso, Spock glielo doveva come amico ma soprattutto pensava che si meritasse la felicità e la tranquillità anche a condizione di dover fingere per tutto il resto della sua vita. Solo i Talosiani potevano dargli questo, sfortunatamente il loro pianeta era proibito, ma ormai l'Enterprise era in rotta verso Talos IV e il capitano Kirk avrebbe dovuto ascoltarlo.
Il ragionamento non aveva falle né zone d'ombra, non c'era motivo per cui Spock adesso avrebbe dovuto sentirsi come se avesse fallito. Eppure era quello il suo stato d'animo al momento.
Si sedette a meditare, voleva trovare una risposta che fosse logica, o meglio sperava di trovarla, perché qualcosa in lui gli diceva che quella volta la risposta non avrebbe potuto trovarla da solo. Non con la meditazione né, men che meno, con la logica.
Riportò la sua mente agli avvenimenti della giornata, avvenimenti che senza dubbio avrebbero potuto provocare tensione in qualsiasi organismo, compreso quello di un vulcaniano, e tutto ciò che riusciva a vedere e sentire era il viso e la voce del dottor McCoy, lo aveva guardato sgranando gli occhi e gli aveva parlato con voce tremante e incerta.
Adesso ricordava persino le sfumature del tono e dello sguardo di McCoy, quelle emozioni così ben visibili, piene e sincere lo colpivano nel profondo. Non aveva mai visto un essere umano così fragile e allo stesso tempo così attraente. Non era logico per Spock essere affascinato da tutto quello che aveva sempre cercato di escludere dal suo corpo e dalla sua mente, ma mentire su quel punto come su tanti altri punti che avevano a che fare con McCoy sarebbe stato molto più illogico, oltre che sbagliato e doloroso.
Ci doveva essere qualcosa che non andava in lui, pensò. Aveva appena messo in pericolo la sua carriera nella flotta per amicizia, per un sentimento umano, e nonostante ciò non riusciva a classificare quel comportamento in altri modi che logico, anche se certo nulla aveva a che fare con la logica, o almeno non con quella dei vulcaniani.

 

Non era la prima volta che McCoy entrava nell'alloggio di Spock, ma era la prima volta che si guardava intorno con un po' più d'attenzione.
Dopo che Spock l'aveva invitato ad entrare, il vulcaniano era rimasto dov'era, in posizione di meditazione senza nemmeno aprire gli occhi. McCoy ebbe la precisa sensazione che Spock lo potesse vedere benissimo anche senza bisogno di aprire gli occhi, ma scacciò immediatamente quel pensiero dicendosi che neanche i vulcaniani possedevano quel tipo di abilità. Invece si soffermò sulla sua figura in ombra attendendo che Spock gli rivolgesse la parola anche solo per domandargli cosa ci facesse lì. Ma Spock non parlò, e McCoy non lo sollecitò.
Poi lo sguardo del dottore venne catturato da quelle che sembravano statue di idoli probabilmente appartenenti alla cultura vulcaniana, e appena sentì di avere gli occhi umidi capì immediatamente il motivo di quell'ispezione insolitamente accurata dell'arredamento della cabina di Spock. Sperò che lui non si accorgesse del suo stato emotivo anche se era in parte per quel motivo che ora McCoy si trovava lì.
“Dottore, perché non mi dice subito quello che pensa?” disse puntualmente la voce di Spock perfettamente normale, cosa che stupì leggermente il dottore, data la situazione in cui Spock si trovava si sarebbe aspettato un altro tono, ma cominciava a intuire che per avere a che fare con quel vulcaniano avrebbe dovuto imparare a non farsi sorprendere dalle sue insolite reazioni.
“Oggi mi ha stupito, Spock” disse piano McCoy, e avanzò di alcuni passi nella direzione di Spock, il quale si alzò lentamente arrivando con gli occhi scuri alla stessa altezza di quelli azzurri del dottore, vicinissimi.
Era tutto vero. Era stato preso alla sprovvista, sì, dalle azioni di Spock, ma grazie a quelle aveva potuto conoscere un lato di lui che non faceva altro che attrarlo di più, oltre che confonderlo. McCoy non riusciva a continuare pur leggendo sorpresa e curiosità sul viso di Spock, ma gli sembrava che lo sguardo del vulcaniano non lasciasse spazio né per parole né per nient'altro. Rimase immobile e ripensò a quello che Jim gli aveva detto riguardo a Spock prima che si incontrassero. Aveva usato l'aggettivo indisponente per descriverlo, e adesso McCoy stava cominciando a capirne il motivo. Dubitava che Jim avesse voluto intendere con il suo discorso la sensazione che ora lui provava, e questo non lo aiutava di certo a sbloccare il flusso di parole che gli intasava bocca e mente.
Spock lo guardava da pochi centimetri di distanza, riusciva a percepire il turbine di emozioni che si agitavano dietro a quegli occhi. Non sapeva se esserne impaurito o affascinato, ma di certo era ormai consapevole dell'effetto che la vicinanza di McCoy esercitava sulla sua mente, e sul suo corpo, anche. Quel dottore burbero ed emotivo doveva proprio tenere a lui, valutò. E il modo con cui si adoperava e si affannava per farglielo sapere riusciva a raggiungere le pieghe più nascoste del suo essere. Spock sapeva cosa volesse dire essere legati da amicizia con un essere umano, gli unici amici che aveva al mondo erano proprio di questa specie, e aveva creduto che anche McCoy fosse per lui un amico. Ma quello che provava quando era vicino a lui, quando erano insieme in una stanza, quando McCoy lo contestava o gli dava ragione non somigliava nemmeno un po' all'amicizia che Spock conosceva.
Senza che nessuno dei due se ne rendesse conto fino in fondo, sia avvicinarono l'uno all'altro ancora di più. McCoy sorrise debolmente e le sue labbra furono immediatamente sopra quelle di Spock, che con sorpresa soprattutto da parte sua non tentò di spostarsi, invece corrispose quel bacio tremante e frettoloso.
Neanche McCoy stesso avrebbe saputo spiegare il motivo di quel bacio improvviso, ma il solo pensiero di non poter avere più un'altra occasione lo aveva spaventato al punto di dargli una determinazione che credeva di possedere solo in sala operatoria.
Le loro labbra continuavano a sfiorarsi, a unirsi e ad allontanarsi come in un gioco di elastici, se uno dei due si ritraeva l'altro lo rincorreva fino a toccare di nuovo le sue labbra e viceversa.
Spock trovava tutto ciò davvero interessante, prima fra tutte la nuova consapevolezza di avere scelto di baciare McCoy, e non solo; di averlo segretamente sperato dal momento stesso in cui il dottore era entrato dalla porta del suo alloggio. L'euforia che ne conseguiva era presumibilmente data dall'infinita combinazione di possibilità che ora si aprivano davanti a lui, e Spock le trovava una più terrorizzante dell'altra.
Questo pensiero gli fece interrompere quel piacevole tira e molla, lasciando McCoy interdetto e fermo a fissarlo. L'ultima cosa che Spock desiderava era che McCoy credesse di aver commesso un errore e che quindi girasse i tacchi per andarsene, sapeva che se il dottore lo avesse fatto lui non avrebbe avuto la forza e la disciplina mentale necessarie per affrontare il processo che lo attendeva in ogni caso di lì a poco.
Ma McCoy non si mosse, né aprì bocca, se ne stava in piedi a un palmo dalla bocca di Spock perfettamente in silenzio.
“Io... mi dispiace, dottore” iniziò Spock provando ad abbassare lo sguardo ma senza riuscire a staccare gli occhi da quelli di McCoy “Non avrei dovuto mettere in pericolo il capitano Kirk, l'Enterprise, l'equipaggio... non avrei mai dovuto mentirti”.
McCoy ascoltava senza che dalle sue labbra scomparisse quel sorriso di piacevole stupore, poi finalmente si riscosse “Sì, non avresti dovuto farlo” disse sorridendo più apertamente “Forse non avresti dovuto rischiare la tua carriera per amicizia, non avresti dovuto restare qui, e io non sarei dovuto venire” McCoy parlava come fra sé e sé, ma poi rialzò gli occhi come per valutare l'impatto che avevano avuto le sue parole su Spock, per trovare un'ombra di apprensione negli occhi del vulcaniano. Sapeva a cosa Spock stesse pensando, ma non sapeva come poterlo aiutare visto che la paura e la frustrazione di perdersi proprio ora che tra loro poteva iniziare una nuova vita era al primo posto anche per quanto lo riguardava. Temeva che Spock potesse considerare il suo bacio qualcosa di futile e per cui facile da ignorare, come lo temeva anche da se stesso.
“Quello che ho fatto non ha precedenti nella storia di Vulcano, dottore” disse Spock mentre si voltava dando le spalle a McCoy “e la conseguenza peggiore non sarà certo la corte marziale, per me” finì Spock con un suono che per il dottore corrispondeva a reale frustrazione. Era sempre divertito dalla serietà con cui Spock giudicava malevolmente il suo comportamento ogni volta che gli sfuggiva una piccola dimostrazione emotiva.
“Oh andiamo, Spock! Nessuno è perfetto, né su Vulcano né qui. Io non lo sono, e neanche tu lo sei... per fortuna” disse McCoy con un dolce sorriso, poi percorse i pochi metri che lo separavano dalla porta della stanza, uscì e si fermò sulla soglia. Spock lo fissava senza muoversi.
“Credevo avessi imparato a conoscere gli esseri umani” aggiunse McCoy, e la porta slittò con un sibilo lasciando appena il tempo al dottore di vedere il sopracciglio di Spock  schizzare verso l'alto.
Naturalmente McCoy sapeva bene che Spock se la sarebbe potuta cavare in tutte le situazioni, comprese le peggiori, e che un processo certo non faceva eccezione alla regola.
O almeno lo sperava.