Note: alcuni nomi propri traducibili sono stati scritti direttamente in Italiano come il lago di Central Park, The Lake, che è diventato il Lago o lo stesso CP che è il Parco.






NEMICI NATURALI

Parte Terza: Tele di ragno


C’era qualcosa che non quadrava.
Incredulo, Joey fissava la piantina di New York: un morbillo di cerchietti rossi aveva infestato la zona della midtown, incancrenendosi in modo capillare nelle zone di Little Italy e China Town.
Era andato tutto perfettamente bene fino a due settimane prima. Avevano individuato le zone, un’infinità, avevano identificato alcuni tra gli spacciatori minori, facce già note, e stavano per infiltrare tre dei loro migliori agenti nel giro. Era tutto pronto, ma allora perché c’era qualcosa che non gli quadrava? Una quantità di cerchietti rossi che si allungavano su Lafayette street, a partire dal Civic Centre su fino a Greenwich Village. Altri cerchietti rossi sulla Broome st, sulla Hester, sulla Bayar…Little Italy sembrava essere diventata una piantagione di cerchietti rossi e China Town ne era uno specchio perfetto; era quasi come se qualcuno avesse scavato un po’ troppo e invece che nel petrolio si fosse imbattuto in un mare di coca. Non era normale. Troppi punti di traffico, troppo vicini: ogni miserabile strada aveva uno o due spacciatori che offrivano cose diverse. I tossici cominciavano a scendere da Manhattan, dove la roba costava il doppio, per rifornirsi nella midtown. Gli ricordava un po’ la liberalizzazione delle compagnie telefoniche: caduto il monopolio statale i piccoli operatori avevano invaso il mercato spuntando come funghi dopo la pioggia e sparendo altrettanto rapidamente. Solo che i cerchietti rossi non erano operatori telefonici e dubitava che gli Eiji o Don Vito avessero optato per l’apertura del mercato. Eppure…fissò perplesso la mappa: tra i cerchietti rossi, piccoli, dai contorni un po’ incerti, non ce n’era nessuno di nero. I cinesi non avevano ancora strangolato gli italiani e gli italiani in compenso non avevano impallinato i cinesi. Sembrava quasi che quei cani si fossero pacificamente dati ad uno stile di libera concorrenza. L’occhio sinistro gli cadde sul block notes, ricordandogli l’altra stranezza: la roba costava uguale sia dagli italiani che dagli asiatici. Potevano aver creato un unico immenso cartello? Avrebbero potuto, ma perché sedare una rivalità antica quanto l’America stessa? E perché lasciare pulita Canal street? La strada scorreva limpida tra i due quartieri, completamente immune al morbillo della droga.
Con uno sbuffo cercò di accavallare le gambe, riuscendo solo a dare un calcio alla schiena di Dominique avvinghiato come un’edera velenosa attorno al suo polpaccio sinistro.
- Si può sapere cosa ci fai lì?- chiese fissando la testa ramata che gli premeva sul ginocchio.
Con un sorriso Dom strusciò piano la guancia contro la stoffa leggermente ruvida dei pesanti pantaloni di cotone blu – Faccio il bravo gattino domestico ed attendo che la smetti di brontolare come un orso e che ricominci ad accarezzarmi la testa come facevi prima.-
- Non ti sembra di esagerare un po’? Ok ti ho concesso 40 giorni di sesso come pagamento per le informazioni che mi hai dato, però tu li hai tramutati in 40 giorni di convivenza forzata. Ti ho dato un dito e ti stai prendendo un braccio.-
La mano del ragazzo gli scivolò languida sulla gamba, salendo lenta dalla caviglia alla coscia – Non un braccio, una gamba – mormorò Dom – Hai delle gambe magnifiche, quasi belle come le mie.- si compiacque permettendo alle dita di aprirsi a ventaglio su di lui, sfiorando con la punta del medio la patta dei pantaloni.
- Dom, sto lavorando.-
- Hai lavorato fino alle cinque di stamattina, poi hai dormito fino a mezzogiorno. Alle nove tornerai alla centrale a lavorare di nuovo. Mi spieghi quando ti rilassi?-
- Quando li avrò presi-.
- Sì, e i 40 giorni a mia disposizione per dimostrarti che sono un fidanzato perfetto saranno scaduti- borbottò imbronciato – non è giusto.-
- Non sei il fidanzato perfetto e non sei nemmeno in prova- replicò l’uomo afferrando la mano errabonda per appoggiarla sul divano, a distanza di sicurezza.
- Come non sono perfetto? Faccio sempre tutto quello che mi chiedi- continuò imperterrito Dominique scivolando con la guancia lungo la coscia, fermandosi con il naso all’altezza della cintura dei pantaloni.
- Fai sempre tutto quello che vuoi tu e di solito ha sempre un fine sessuale-.
Sorridendo Dominique continuò ad accarezzarlo sfregando la guancia contro il suo torace, scivolando con le mani lungo i fianchi marmorei mentre gli si sistemava lentamente in braccio, a cavalcioni. –Non è vero- mormorò direttamente nel suo orecchio accarezzandolo con il fiato caldo – ieri ti ho massaggiato a lungo, tutto il corpo, dalla schiena alla punta dei piedi, con le mani e poi con le labbra, senza tralasciare un solo centimetro e tutto solo per conciliarti il sonno.-
Jo espirò con forza – Ah sì? E allora chi è quello che si è messo a brontolare contro uno stupido poliziotto insensibile e stupido che si addormenta sul più bello?-
Dom si raddrizzò fissandolo negli occhi – Eri sveglio?-
- Ero terribilmente stanco.-
- Eri sveglio!- ripetè Dom incrociando le braccia sul petto.
Per un lungo momento si fissarono negli occhi, poi Joey sorrise – Ero sveglio ed ho preferito dormire che girarmi e fare sesso con te, già. Hai tutti i motivi per essere arrabbiato. Se vuoi lasciarmi per andare a giocare con la Playstation fai pure, io…posso capire-.
Dominique sorrise scuotendo la testa, lasciando che le punte dei capelli accarezzassero il collo dell’uomo.- Non importa. Ti perdono. Vorrà dire che ora recupererai il tempo perso e lo faremo due volte di seguito.-
- Dom, no.- sbottò Jo premendogli le mani sulle spalle per allontanarlo. – Lì davanti c’è un problema che aspetta solo io che io veda la soluzione per essere risolto.-
Il ragazzo annuì soddisfatto – Sei perspicace- mormorò con voce roca – ma ti dico io la soluzione, così recuperiamo tempo. Per risolvere il grosso problema qui in basso davanti a te, basta spogliarsi.-
- Dom! Non sto parlando del tuo…sto parlando di quella maledetta piantina. Scendi immediatamente dalle mie ginocchia e vai ad ammazzare qualche vampiro.-
Dominique si stese su di lui, incastrando il viso nell’incavo caldo e profumato del collo – Devo proprio?- miagolò sfiorandogli la gola con le labbra – non c’è nulla che posso fare per te antipatico cagnone ringhiante? Qualsiasi cosa...-
Jo inspirò piano accarezzandogli la schiena. Da sopra la sua spalla la mappa ed i suoi appunti lo chiamavano piano, sopraffacendo il canto di sirena del corpo di Dom.
- C’è una cosa che da tanto non ho più fatto.-
- Se vuoi…- l’offerta era poco più rumorosa di un sospiro.
- Porta via un po’ di tempo e non è molto piacevole-.
- Lascia giudicare me…davvero, faccio tutto quello che vuoi.-
Jo sorrise annuendo – Va bene. Allora dovresti passare l’aspirapolvere.-
Dominique rimase immobile per un attimo prima di alzare gli occhi verso l’amante – Scusa?- chiese cercando di convincersi che passare l’aspirapolvere fosse una posizione del kamasutra del nuovo millennio.
- Tu hai detto che facevi tutto no? E io avrei bisogno che qualcuno aspirasse questa casa.-
- Io parlavo di giochini erotici…di aspirare te, non la polvere-
- Bhè, se ti fa contento puoi anche passare l’aspirapolvere nudo-.
- Io non ti capisco. Hai me qui, caldo , bello e voglioso e mi metti a fare le pulizie? Dovrebbero studiarti sai? Magari così trovano la cura per la ninfomania, ma va bene non c’è problema! Dov’è quell’aggeggio infernale?- chiese con un sorriso poco raccomandabile.
- Nello sgabuzzino con il mocio. Lo fai davvero?-
Dominique si alzò con un unico movimento fluido, un saltino appena accennato ed annuì – Certo. Mio grande padrone volere che io passare mostro mangiapolvere nudo? E io obbedire.- ridacchiò fissando la cartina. Non era ancora nata una mappa che potesse competere con Dominique DeChicco.
    O magari sì, decise sconfitto. Da più di mezz’ora girava per il salotto completamente nudo, ma Joey non aveva mai alzato gli occhi dalle sue carte.
Non importava quanto facesse scorrere le mani sul tubo lungo ed arrotondato dell’aspirapolvere o che, contrariamente alle raccomandazioni degli allergologi, si passasse il beccuccio duro sul viso, accarezzandosi le guance e nemmeno che si chinasse davanti a lui per raccogliere una cartina invisibile, offrendogli il suo stupendo sederino; tanto quel bestione ringhioso non lo degnava di uno sguardo.
- Jo- piagnucolò, ma l’uomo non sollevò il viso.
- Che vuoi?-
- Per quanto devo passare ‘sto coso?-
L’uomo si strinse nelle spalle – Fin che hai voglia.-
- Potresti almeno dare un’occhiata sai?-
- Mi fido del tuo lavoro, saresti un ottimo colf e non posso alzare gli occhi, ho come l’impressione che se la guardo prima o poi mi spiegherà perché è tutto pieno di puntini tranne che qui.-
Dominique sospirò scavalcando con una gamba il tubo grigio e morbido dell’elettrodomestico per avvicinarsi al tavolo – Qui dove?-
Jo gli indicò la strada con la punta della matita e Dom si piegò per leggerne il nome, offrendogli il collo.
- Ma quella è Canal Street.-
- Già, perché non ci sono né cinesi né italiani? Cos’è, una specie di zona franca? Visto il tappeto che stanno imbastendo mi aspettavo che si sgozzassero per il possesso di quella strada, invece…-
- Non possono- spiegò innocentemente Dom e Jo si girò a guardarlo, comprendendo di aver fatto un errore enorme. La pelle candida del ragazzo era bagnata da alcune gocce di sudore che gli scendevano da sotto la nuca lungo la schiena nuda, morendo nella piccola invitante conca dell’osso sacro. Tra le cosce nude il tubo dell’aspirapolvere vibrava piano come il pene grigio di un gigantesco alieno.
- Perché no?- chiese distratto e Dom si alzò fronteggiandolo. Stringeva l’aspirapolvere, che spuntava da sotto il suo membro semiturgido, con entrambe le mani facendo scorrere la punta dell’indice destro sul becco di plastica, accarezzando la risucchiante apertura a spicchio.
- Perché la Canal Street è dei DeChicco-.
- Perché usi il beccuccio e non il pezzo largo per la moquette?-
- Mi stava antipatico, questo ha una forma più carina.- ridacchiò avvicinandoglielo al viso.
Con un sorriso Jo afferrò la spina tirandola con forza fino a che non uscì dalla presa azzittendo l’alieno dal pene lungo.
Per un istante rimasero immobili, poi Dominique si morse le labbra lasciando cadere il tubo per terra. Piano, senza distogliere lo sguardo da quello di Jo, mordendosi il labbro inferiore, gli si rimise a cavalcioni. Le mani dell’uomo scivolarono veloci a cingergli i fianchi.
- Dom, cosa pensi di fare?-
Dominique sorrise senza rispondere, giocando piano con il colletto stropicciato della sua camicia: sentiva la pelle calda al di sotto sfiorargli le nocche.
- Ti ho dato un’informazione…un’informazione in più- mormorò roco sfiorandogli il naso con il proprio – ora dovresti, pagarmi sai?-.
- E quanto vale questa informazione?- chiese Jo facendo scivolare la mano sinistra in basso, sul gluteo freddo.
- Poco. Direi che basta un bacio - ansimò – poi però se non riesci a fermarti non importa, lo sai che sono un tipo generoso.-
Jo gli sollevò il mento con la destra e Dominique sospirò pesantemente. Rimasero immobili, respirando l’uno il fiato dell’altro per un paio di vite. Le mani di Jo erano immobili sul bel corpo nudo, mentre quelle del ragazzo si muovevano senza sosta accarezzando il collo della camicia.
Poi Joey sorrise scuotendo la testa – Sei una cosa incredibile- sussurrò sfiorandogli la bocca con le labbra.
Dominique socchiuse gli occhi – Ma se non ti ho ancora fatto nulla! Come mi definirai dopo che ti avrò aspirato anche l’anima?-
- Pensavo che ti accontentassi di un bacio…-
- Stai aspettando troppo per darmelo, ora devi pagare anche gli interessi…- ansimò mordendosi il labbro.
Jo sorrise colmando la distanza irrisoria che li separava e Dominique gemette abbandonandosi contro di lui, spingendo le mani sotto la camicia per assaporare la pelle calda della sua schiena mentre il bacio cresceva vorace offuscando il ricordo di una mappa tempestata dal morbillo.


             Con uno gemito di disappunto Roy allargò le gambe, cercando di creare, nella plastica che lo incartava, uno spazio vitale per il suo fondoschiena. Quel lavoro non era male, stava al caldo e non correva il rischio di avere una serata di magra e patire la fame, solo che c’erano momenti in cui rimpiangeva la libertà di cui godeva prima. Di solito gli capitava ogni sera alle 8 quando metteva piede in quel dannatissimo camerino da primedonne. Cavolo, erano lì solo per dare via il culo, che bisogno c’era di fare una sfilata di moda ogni santissima volta?
Sospirò scuotendo la testa e la plastica gli premette sull’inguine. Non era giusto però, solo a lui Joshua imponeva i vestiti.
- Non mi palpare il culo- aveva muggito scuotendosi appena tra le braccia che lo cingevano. Joshua aveva sollevato un sopracciglio, divertito – Non ti sto palpando, non c’è proprio nulla da palpare qui. Ti sto solo sistemando, dato che sembra che tu non sia proprio capace di vestirti da solo-
- Sì. Vabbè, ma se continui a sistemarmeli così tanto, tra un po’ me li ritrovo nell’intestino- aveva sbuffato afferrando la camiciola di rete bianca e sborsandosela appena sopra i pantaloni. Già quella guaina di acetato era stretta di suo, se ci avesse infilato la maglia dentro non sarebbe riuscito nemmeno a respirare.
- Vandaloooo - aveva urlato Joshua spiaccicandogli una stola di pelliccia fucsia sulla faccia – Mi rovini il lavoro, ci ho messo una vita per sistemarti la maglia…-
- Per forza, ce l’hai infilata dentro con il calzascarpe…-
- Aspetta che la aggiusto…-
- Ma non esiste, io devo poter respirare…-
-Perché non gli metti una canotta corta che gli lascia scoperto lo stomaco, così risolvi il problema?- aveva ridacchiato un ragazzo biondo sui 25 anni sistemandosi davanti allo specchio e passandosi un velo di rimmel waterproff sulle ciglia già lunghe.
- Grazie del consiglio Terry, non vedo l’ora che anche lui sia in grado di vestirsi bene come te- aveva sospirato Josh fissando i pantaloni di seta candida che ad ogni movimento lasciavano intravedere le linee sinuose del corpo slanciato e la camicia nera che metteva in risalto i capelli biondo cenere,efebico, ma non effeminato.
- Senti Terence, non è che gli dici che io devo portare anche un paio di pantaloni larghi, così mi fa togliere questa roba…-
Il ragazzo sorrise scuotendo la testa – Assolutamente no Roy, hai un sedere favoloso è bene che tutti lo vedano- aveva sussurrato strizzandogli un occhio.
- Io faccio cocktail – aveva pigolato disperato chiedendosi perché diavolo dovessero discutere del suo abbigliamento ogni santissima sera.
        - E così sei finito a fare il barman, Ronny? Che spreco- ansimò dietro di lui una voce rauca riportandolo alla realtà.
Roy si girò di scatto scrutando l’uomo per un istante, prima di annuire e sorridere – Già. Cosa le posso fare Mr Everege?-
- Paul, chiamami Paul – mormorò l’imprenditore sfregando l’indice paffuto ed ingioiellato contro le labbra – e fammi un whisky on the rocks, non ero certo venuto qui per bere- ammise sconsolato.
Roy annuì sospirando mentalmente di sollievo: quello lo sapeva fare. Nonostante fossero ormai due settimane che lavorava come barman, faceva ancora confusione con gli ingredienti che componevano i singoli cocktails e il dover chiedere aiuto agli altri ragazzi gli dava un fastidio quasi fisico; perché diavolo non l’avevano lasciato a fare pompini? Quelli li sapeva fare e pure bene!
- E’ da un po’ che non la vedevo più al locale - aggiunse versando il liquore sul ghiaccio, ricordandosi la regola d’oro che Josh gli ripeteva ad ogni occasione: parlare con i clienti, – pensavo ci avesse abbandonato.-
L’uomo sorrise spostando le dita della mano sul piano del bancone, tracciando piccoli ghirigori melliflui – Sono stato in Europa per affari, non avrei mai potuto abbandonarvi, non dopo averti incontrato. Sono venuto stasera apposta per te e - ansimò pesantemente – ti ritrovo intoccabile. Cos’è accaduto? Sei diventato il preferito di Lleroy? Eppure anche Terence è uno dei suoi preferiti, ma lui lavora…-
- Sto lavorando anche io e le assicuro che è difficile - sbuffò Roy appoggiandogli il bicchiere basso e largo davanti. L’uomo allungò la mano posandola su quella magra del ragazzo che sparì tra i salsicciotti delle dita leggermente umide.
– Sai cosa intendo. Io sono qui solo per te e tu….-
Roy si liberò con uno strattone stringendosi nelle spalle – Guardi Mr Everege, non lo so cosa ci faccio al bar. Non credo di essere il nuovo giocattolo del Don, a stento mi parla, figuriamoci se mi mette le sue mani addosso….qua l’unico che palpa in modo spudorato è Josh; ma lui palpa tutti- disse indicandolo con un cenno del capo.
Everege sorseggiò un goccio di liquore, trattenendolo alcuni attimi nella bocca prima di deglutire e girare il viso. Joshua monitorava la situazione in un angolo, immobile, inosservato come un pugno in un occhio. Era vestito completamente di rosso, ad eccezione di un grosso boa di piume candide che gli cadeva morbido attorno al collo e le cui teste sfioravano il bordo dei pantaloni di velluto sanguigno dalla vita così bassa che volendo, ed Everege volle, si potevano notare i primi sottili peli biondastri del pube. Un paio di scarpe settecentesche, col tacco alto, slanciavano la sua figura regalandogli quei cinque centimetri in più che gli permettevano di fissare dall’alto in basso la maggior parte dei clienti. Sotto il boa s’intravedeva un’inutile camicia di tulle trasparente dalle maniche ampie e svasate.
- A parte il suo gusto nel vestire – sospirò Everege continuando però a fissare i pantaloni così attillati da rivelare abbondantemente le forme dell’inguine, - lo invidio, lui ha tra le mani tutti voi, chissà se mi prende come apprendista- mormorò afferrando il suo liquore.
– Ci vediamo dopo Ronny- sussurrò piano, guardandolo negli occhi, come per trasmettergli un qualche messaggio, ma Roy si strinse nelle spalle con noncuranza.
- Direi, io da qui non scappo – annunciò passando uno straccio sulla condensa lasciata dal bicchiere freddo.
Senza esitare Everege si diresse verso Joshua, incrociando il suo sguardo e trattenendolo per tutto il percorso. Era uno degli uomini più ricchi dello stato di New York ed era partito dal nulla, con un banchetto di Hot dog nella diciassettesima. Era cresciuto osando dove altri si ritraevano, rischiando anche ciò che non aveva, eliminando ogni pudore, vendendosi al miglior offerente e comprando. Bisognava aver il coraggio di chiedere e barattare, solo così si poteva avere.
- Buonasera Mr Everege – lo salutò Joshua andandogli incontro e porgendogli la mano che, più che stretta, sembrava volesse essere baciata – Come sta?-.
- Bene grazie Joshua, credi che sia possibile parlare con Lleroy?-.
Gli occhi azzurri si strinsero diventando sospettosi mentre scandagliavano accuratamente l’imprenditore – Certo, posso procurarvi un appuntamento per la settimana prossima –.
Everege sorrise scuotendo la testa, - Mi serve per stasera, c’è qualcosa che voglio e che non posso avere senza il permesso di Lleroy.-
Jos si passò piano la lingua sulle labbra, rallentando ulteriormente quando si accorse dello sguardo attento e voglioso dell’uomo – Il don è piuttosto impegnato, se voleste dire a me io magari potrei chiedergli se…-.
L’uomo lo interruppe con un cenno della mano – Voglio Ronald –.
Joshua inspirò silenziosamente trattenendo il fiato in bocca. Non era il primo a venirgli a chiedere di Roy, anzi da quando era stato messo al bar erano sempre di più i suoi estimatori. In troppi rimanevano colpiti dal carattere pungente e dal suo aspetto di ragazzino e, a differenza degli altri barman, Roy era ancora impacciato nella creazione dei cocktail, ci metteva troppo tempo e questa sua lentezza faceva sì che i clienti lo notassero come invece non vedevano Frank e Oliver, la cui veloce efficienza li rendeva solo due macchine per la preparazione delle bibite. Le regole erano comunque regole, gli inservienti non si toccano, ma Everege non era un comune cliente, lui aveva degli affari in comune con il don ed ora voleva Roy. Proprio quella sera che Erik non c’era! Josh non aveva nessuna voglia di andare a disturbare Lleroy, non dopo che era stato fuori a cena con miss Delacruz ed era rientrato fumante di rabbia intimandogli di non disturbarlo nemmeno se il Purple avesse preso fuoco.
- Conoscete le regole, Mr Everege.- si scusò con voce rattristata, come se fosse un problema insormontabile.
- Conosco la regola base di questo posto ed è che le regole le fa Lleroy, fammi parlare con lui-.
Joshua si strinse nelle spalle – E’ molto impegnato – borbottò avvicinandosi all’uomo, premendo il suo bacino contro il ventre sporgente – siete sicuro che non ci sia qualcun altro che vi interessi?- sussurrò accarezzandogli il viso con la stola.
- No, non c’è nessun altro – ribadì posando una mano sul gluteo tondo stretto nel velluto – e se non posso avere lui non ha nemmeno senso che io resti qui.- aggiunse sollevando il viso per incontrare gli occhi di Joshua che si strinsero quasi fino a chiudersi.
Con uno scatto Josh si tirò indietro raddrizzandosi completamente – Capisco e di certo non possiamo perdere un cliente come lei. Se mi scusa un solo istante, vado a vedere se il capo può liberarsi- e, senza aspettare risposta, si girò nascondendo il volto tirato.
Quel porco pancione era passato ai ricatti e di certo al don non sarebbe piaciuto nemmeno un po’. Si fermò davanti alla porta dello studio ed inspirò profondamente prima di bussare piano. Tre colpi secchi, ravvicinati, poi entrò.
Come al solito la stanza era immersa in un’oscurità cupa e solo la luce che faceva capolino dalla porta aperta gli permise di scorgere la figura di Lley abbandonata sulla sedia, dietro la scrivania, i piedi allungati sul tavolo. Si era tolto gli occhiali che poggiavano sulla tastiera del pc spento e teneva gli occhi chiusi. Con un sospiro richiuse la porta.
- E’ tornata Faith?- sibilò Lley senza sollevare le palpebre.
- Hmmm no-.
- Allora la polizia ci ha scoperti ed è venuta ad arrestarci?-.
- Nemmeno- rispose sentendo uno spiacevole brivido guizzargli lungo la schiena: perché doveva sempre avere una voce così calma e fredda anche quando era arrabbiato?
- C’è per caso un omino verde con le antenne che vuole farsi uno dei ragazzi?-.
Josh spalancò gli occhi: Lley scherzava, gran brutto segno. – No- borbottò.
- Allora cosa diavolo c’è? Ero davvero convinto di averti detto di non disturbarmi per nessun motivo-.
Nonostante lo studio fosse completamente buio, Josh distolse lo sguardo dalla scrivania, girandosi verso le pareti invisibili alla sua destra – C’è Everege che vuole scardinare le regole del Purple - disse trattenendo il fiato.
- Paul Everege?- sibilò Lleroy spostando all’indietro la poltroncina di pelle che gracchiò – Quel fottuto bastardo è ricomparso? Che vuole?-.
- Vuole farsi Ronny-.
- Chi?- chiese perplesso cercando tentoni gli occhiali scuri.
- Ronald Morrison –.
Lleroy sbuffò divertito – Ronny eh? Un nome da cucciolo per un pitbull; aspettiamo che gli morda le palle, poi vediamo se ha ancora il coraggio di chiamarlo Ronny. Dov’è ora?-.
- Ti aspetta qua fuori –.
Lleroy annuì – Bene. Andiamo a sentire cosa vuole e perché le sue consegne sono sempre in ritardo- sibilò facendo sobbalzare Josh; non si era accorto che il boss gli era già giunto di fianco, nonostante fossero anni che lo serviva, la facilità ed il silenzio con cui quell’uomo si muoveva nel buio completo lo sgomentavano ancora.
Senza attenderlo, socchiudendo gli occhi infastidito dal riverbero rosso del locale, Lleroy mise a fuoco la figura prosperosa di Everege che accennò un saluto con la mano avvicinandosi a passo di marcia.
- E’ un piacere rivederti Lleroy, spero di averti disturbato durante una riunione vera e non una di quelle piacevoli, come stai?- cinguettò allungando la mano che l’uomo ignorò.
- E’ un piacere anche per me rivederti, pensavo che te ne fossi sparito con la mia merce.- Everege trattenne il fiato abbassando piano il braccio, alcune gocce fredde di sudore gli scivolarono lungo la nuca fermandosi sulla cucitura del colletto inamidato della camicia.
- No…non è sparita- balbettò – c’è stato un po’ di ritardo nella consegna, ma è arrivata…-
Lleroy lo fissò impassibile squadrandolo da dietro le lenti scure, - Un ritardo che mi è costato più di metà mercato: che senso ha mettere in giro la merce quando la piazza è già stata saturata dai falsi cinesi? Tra l’altro riproduzioni ottime, anche Faith si è comprata una borsa da loro.-
- Oh, avanti Lleroy, abbiamo sempre lavorato ottimamente assieme!- gli ricordò posandogli una mano sull’avambraccio coperto dalla giacca di un insolito blu elettrico – un piccolo errore me lo puoi anche far passare. Sono stato impegnato all’estero e ho lasciato che si occupasse della faccenda Potirs….ma sai come si dice: se vuoi una cosa fatta bene falla da te. Non accadrà più, la prossima consegna spaccherà il secondo.- promise lasciando scorrere le dita sul suo braccio.
Lleroy sorrise appena e Joshua s’irrigidì immediatamente al suo fianco, accarezzando distrattamente la stola.
- Hai ragione Paul, non lasciamo che un semplice ritardo rovini la nostra amicizia, posso benissimo permettere che i cinesi mangino le mie briciole. Tu, piuttosto, Jos mi diceva che sei interessato ad uno dei ragazzi…-
Gli occhi bovini dell’uomo scintillarono – Già, il tuo piccolo barista, Ronny- disse indicando il ragazzo con un cenno della testa.
Lleroy scosse piano il capo – Ma Paul, è al bar, lo sai che non si possono toccare, non c’è nessun altro?-.
- No. Lui ha un visino angelico ed infantile e un corpo stupendo. Ogni volta che lo guardo, che vedo le sue mani che lo accarezzano - tremò deglutendo – sembra un bambino- ansimò socchiudendo gli occhi.
- Paul, se ho deciso che non possono essere toccati è per dei motivi ben precisi, non posso fare eccezioni...però tu sei uno dei miei più vecchi amici…-.
- Non lo tocco – boccheggiò – ti giuro che non lo tocco, non mi interessa, mi basta che lui si spogli e si faccia e mi guardi con quell’aria spaurita ed imbarazzata-.
- Bhè…se è solo per uno dei tuoi soliti giochini ed ho la tua parola d’onore che non lo toccherai...-.
- Ce l’hai!-.
Lleroy sorrise – Va bene. Evitiamo di creare precedenti, Paul. Sali in camera da solo, sarà Josh ad accompagnarti su Ronald.-
L’uomo annuì respirando troppo velocemente – In che camera….- chiese, ma Lley lo interruppe con un cenno della mano – Quella che vuoi, per me non è un problema-.
- Grazie…-.
- Ma figurati, se non ci si aiuta tra amici….vai- lo incoraggiò indicando le scale ed Everege si leccò le labbra posandosi una mano sulla patta già tesa, obbedendo.
- Che ne pensi?- chiese con un sibilo a Joshua fissando il deretano ondulante che si allontanava.
- Che è ingrassato ancora- rispose schifato l’uomo, prima di stringersi nelle spalle con uno sbuffo – Lo sai, Erik è più bravo di me in queste cose, però…mi pare un po’ troppo borioso per un coniglio.-
Lleroy annuì – Sì. Accompagna il moccioso da lui e poi accendi la stanza.-
Joshua sospirò – Era necessario? Lui alza la cresta e tu gli fai comandare…perché?- chiese perplesso.
Lley sorrise – Perché se lo sistemi un attimo, Roy può essere davvero scambiato per un bambino- e Joshua sgranò gli occhi annuendo.
Senza una parola Josh entrò nello studio in penombra e, afferrata una sedia, la trascinò dietro la scrivania, mettendosi di fianco al suo don già intento a fissare il monitor del computer.
- Ha detto che va bene- disse rispondendo alla sua domanda silenziosa, ma Lley aggrottò le sopracciglia fissandolo perplesso – Davvero?-
- Volevo risparmiarti i dettagli….le sue parole sono state che farà quel che può e che la piantiamo di rompergli le palle, che lui è un professionista e sa meglio di noi cosa deve fare- ridacchiò scuotendo la testa – è un piccolo fottutissimo ribelle indomabile.-
- Se dici così sembra quasi che ti piaccia- replicò Lley fissando distrattamente lo schermo in cui un Everege palesemente eccitato strusciava il bacino contro il grande letto matrimoniale.
- Bhè…ecco in questo locale di checche lui è un vero uomo, come me-.
Lleroy si perse lo spettacolo di Everege che leccava il legno della testiera del letto per fissare attentamente Josh – Prima di dire certe cose faresti meglio a vedere che cosa ti metti addosso tu - borbottò disgustato, ma il moretto sgranò gli occhi passandogli sul viso il boa – Ma come, è l’ultima moda-.
- E toglimi quest’arma dalla faccia…-.
Qualcuno bussò piano alla porta della camera da letto e la voce già alta ed eccitata di Everege gracchiò un avanti.
- Complimenti- sussurrò Lleroy fissando nello schermo la figura accattivante di Roy che non sembrava avere più di 13 anni.
Indossava delle nike rosse e nere, dei jeans larghi, che nascondevano le sue forme, stinti e sdruciti sulle ginocchia e una felpa rossa che gli cadeva sciattamente addosso. I capelli biondi erano morbidamente scarmigliati. Per un istante il ragazzo fissò direttamente negli occhi l’uomo, poi distolse pudicamente lo sguardo sulle scarpe – Mi ha fatto chiamare Mr Everege?- chiese.
- Sì, piccolino, volevo sapere come stai; vieni, dai un bacino allo zio- chiese abbassando il guancione adiposo. Roy gli gettò le braccia attorno al collo sfiorandogli la pelle liscia di rasatura con le labbra – Ciao zio- sussurrò staccandosi.
Everege sorrise stringendogli la vita – Sei diventato un ometto ormai,- si congratulò arretrando fino a sedersi sulla sedia accanto alla piccola scrivania di legno, facendolo sedere sulle sue ginocchia come se davvero fosse stato un bambino, effetto che crebbe notevolmente quando Roy cominciò a dondolare avanti ed indietro il piede destro. – Vuoi raccontarmi cosa hai fatto a scuola?-
Ubbidiente, Roy cominciò a parlare inventandosi cattivi compagni che lo prendevano in giro, improbabili compiti in classe. Everege ascoltava attento e ad ogni elogio la sua manona accarezzava piano il ginocchio del ragazzo, scivolando verso l’alto, lentissima ed inesorabile.
- E poi il preside ha rimproverato un mio compagno di classe, Abel, sai sembra che l’abbiano trovato in bagno con Arthur e facevano cose-.
Everege ansimò pesantemente, spostando lungo la schiena la mano che gli accarezzava distratta i capelli, fermandosi con il palmo all’altezza della cintura, le dita che cadevano morbide sui glutei tondi.
- Cose di che tipo?- chiese spostando appena il pollice a destra e sinistra della cucitura dei jeans.
Roy lo guardò negli occhi, spostandosi su di lui, strusciando il fianco contro il grosso rilievo dell’erezione – Cose di sesso- rivelò piano.
Everege singhiozzò stringendoselo con forza contro il petto, il respiro che usciva in rigurgiti violenti dalle narici.
Josh ridacchiò piano scuotendo la testa e coprendosi gli occhi con il boa – Mi sa che quel porco è venuto nei pantaloni-.
Lley non rispose, troppo intento a fissare il monitor: tutto perfetto, non c’era nemmeno bisogno di modificare il video, sembrava davvero che si stesse palpeggiando un bambino.
- Spogliati Ronny – singhiozzò Everege accarezzandogli febbrilmente la schiena.
Roy annuì balzando giù dalle sue cosce girandosi verso la porta per nascondere un enorme sbadiglio. Lentamente, sempre dandogli la schiena, iniziò ad ancheggiare muovendosi allusivamente. Everege non poteva vederle, ma intuiva che le mani del ragazzo stavano scivolando sulla cosce tornite per raggiungere il bottoncino metallico dei jeans. Ansimando faticosamente, come all’inizio di un colpo apoplettico, Everege raggiunse il letto lasciandosi pesantemente cadere sul piumino morbido ed immacolato.
Lentamente Roy sollevò la felpa rivelando la pelle nuda ed invitante della schiena, fermandosi un istante brevissimo prima di liberarsi della maglia e gettarla ai piedi del letto.
- Girati- miagolò Everege, la mano paffuta che si muoveva piano sopra la patta umida dei pantaloni.
Roy si girò inchiodandolo con lo sguardo, mentre le sue dita passeggiavano pigre lungo il bordo dei pantaloni slacciati, infilandosi maliziose appena sotto l’elastico scuro dei boxer.
Con un piccolo sospiro abbassò la stoffa rigida che, larga, si afflosciò ai suoi piedi senza opporre resistenza, lasciandolo coperto solo da uno strato sottile di cotone nero ed attillattissimo che gli disegnava perfettamente l’inguine. Con noncuranza Roy si portò avanti ad Everege, le gambe leggermente divaricate, permettendo all’uomo ansimante di osservarlo attentamente. Paul deglutì mordendosi il labbro inferiore e slacciandosi i pantaloni di seta nera qual tanto che bastava per liberare un pene scarlatto e tumescente.
Senza degnarlo di uno sguardo Roy si girò, regalandogli la visione delle natiche dipinte di nero dai boxer. Per un istante scrutò la scrivania scura, poi, con un gesto veloce, si spogliò completamente, ruotando su se stesso fino ad appoggiare la schiena al tavolo.
- Ed ora? - chiese all’uomo che si masturbava lentamente, gli occhi sgranati fissi sul membro giovane semiaddormentato.
- Toccati- riuscì a biasciare, mentre Roy già si sedeva sulla scrivania gelida.
Con un sospiro il ragazzo chiuse gli occhi gettando la testa all’indietro, sfiorandosi il corpo con lente carezze precise che risvegliarono la sua virilità sopita.
- Di più- biascicò Everege gemendo con forza e Roy lo guardò per un attimo prima di abbassare gli occhi e scuotere la testa – Mi vergogno- sussurrò.
Everege mugolò come una mucca ferita – Non ti vergognare, prendilo in mano, fallo per il tuo zio-.
Roy mise un broncio infantile, succhiandosi la lingua, spingendo le sue dita sul proprio membro – Ma mi vergogno zio, mi vergogno tanto- pigolò iniziando ad accarezzarsi lentamente.
Joshua aprì la bocca e la richiuse di scatto boccheggiando rumorosamente – Cazzo- balbettò, quel ragazzino era...incredibile. Aveva un visino infantile, eppure sapeva che aveva anche un corpo maturo, perfetto, dai muscoli poco vistosi, ma duri e scattanti, il corpo di un ragazzo di strada, però non aveva mai visto quell’espressione sul suo viso, quei movimenti ammiccanti; era ridicolo, ma si era scoperto più di una volta a trattenere il fiato.
Con uno sbuffo indispettito Lleroy scosse la testa, spostando indietro un ciuffo di capelli fastidiosi, - Questo pezzo è da tagliare, nessun bambino si muoverebbe in quel modo-
Perplesso Josh fissò il proprio capo, ruotando leggermente un’estremità della stola – A volte mi spaventi. Quello sta facendo eccitare anche me e tu pensi…a come incastrare per pedofilia Everege, sei sicuro di essere gay?-
- Cosa vuoi dire?-
- Ma lo vedi...è bellissimo e ha un’aria così…indifesa…fa tenerezza…fa…-
- Recita e recita male, si stava per mettere a ridere non l’hai visto? Atro che zietto, credo che troverebbe molta più soddisfazione nell’insultare quel porco…però se taglio il video…la sola parte precedente potrebbe già bastare per ricattarlo finché campa…-
Joshua scosse la testa riportando l’attenzione al monitor: Roy continuava ad accarezzarsi invitante mentre ormai Everege sbavava spudoratamente masturbandosi con entrambe le mani. Faceva schifo: ad ogni colpo di polso la ciccia traballava come una gelatina di carne. Con una smorfia distolse lo sguardo fissando la porta chiusa dello studio.
- Ronnyronnyronnnnnnnnnnnnny – cantilenò ansimando Everege alzandosi in piedi, impedito nei movimenti dalla stoffa dei pantaloni calati – sei bellissimo Ronny mio, davvero bellissimo – grugnì posandogli la faccia sulla coscia destra – e sei sprecato per il Purple. Vieni via, vieni via con me- lo supplicò tempestandogli di baci la gamba, spostandosi verso l’interno coscia – lascia la nave prima che affondi, i DeChicco sono finiti – gemette succhiandogli la pelle.
Gli occhi di Lleroy si strinsero in due fessure minacciose.
La porta dello studio si spalancò di scatto sbattendo con violenza contro il muro e Josh balzò sulla scrivania, ponendosi sulla traiettoria davanti a Lleroy, la stola tesa tra le mani – Come osi. Come hai osato..- gridò Faith mettendo un piede nella stanza e trovandosi stretta tra le braccia di Joshua.
La donna si irrigidì immediatamente azzittendosi; nonostante la rosea copertura di piume, sentiva benissimo il filo sottile di metallo affilato premerle la pelle delicata del collo.
- Miss Delacruz, mi perdoni- si scusò immediatamente Joshua prostrandosi sul pavimento come un mussulmano in preghiera – Mi ha colto alla sprovvista, non credevo che….-
Faith lo fissò un istante, prima di scavalcarlo con grazia e sbattere le mani sul tavolo.
- Mi hai lasciata sola al ristorante! Ho anche dovuto pagare il conto! Come hai osato…- gridò furiosa, ma Lleroy si limitò ad alzare appena gli occhi su di lei.
- Shhh- sussurrò infastidito.
Faith sgranò gli occhi che divennero immensi – Shhh? A me? Ma ti ricomhhhhhhhhhhhh- biascicò contro la stola che le premeva contro le labbra impedendole di parlare e riempiendole la bocca di minuscoli insopportabili peletti.
Senza tante cerimonie Joshua la trascinò dietro la scrivania stringendola con forza tra le braccia e costringendola a sedersi sulle sue ginocchia.
- Dovremmo mettere una porta blindata- sbuffò Lleroy alzando il volume del computer.
- C’è già- l’informò Josh cercando di immobilizzare la furia che gli si contorceva tra le braccia.
- Allora devo imparare a chiuderla.- grugnì.
- I cinesi si sono alleati agli italiani- ansimò nel monitor Everege spingendo le dita in mezzo alle cosce spalancate e disinteressate di Roy – vieni via con me prima che sia troppo tardi.
Faith si calmò scrutando il monitor, sospettosa, come se l’avessero messa davanti ad una parodia pornografica del Padrino.
- Miss, la situazione è delicata, se io la lascio lei stia zitta- le sussurrò all’orecchio Josh, sperando con tutto se stesso di essere stato abbastanza gentile; non voleva inimicarsi quella donna, gli faceva troppa paura.
Faith annuì limitandosi a tirare fuori la lingua e passarsela ripetutamente contro il palmo nel tentativo di pulirla.
Roy allargò le gambe trattenendo malamente una smorfia di fastidio quando uno dei salsicciotti che Everege aveva al posto delle dita lo penetrò bruscamente.
- Perché dovrei venire via con te? Qua mi pagano di sicuro di più e anche se vengo via con te, se loro cadono tu precipiti con loro no? La rete di pirateria è gestita da Lleroy, no?-
Everege sorrise sfregando la guancia contro il membro teso di Roy – No. Io non sono un ragazzino, non cado con quel moccioso che si crede un duro. Ho dei contatti con gli italiani, so cose che a loro servono per soppiantare i DeChicco. Si sono uniti ai cinesi, ora operano in simbiosi…Niente lotta tra famiglie, la guerra per il controllo si vince con l’economia. Gli fottono il mercato e ciao ciao baby- spiegò premendogli la mano libera sul petto e costringendolo a stendersi sul tavolo.
- Vieni con me Roy, non dovrai più preoccuparti di nulla, sarai il mio bambino – ansimò imprigionandogli il membro tra le labbra, succhiandolo con forza mentre un altro dito si infilava nel suo corpo.
Roy si contorse infastidito – Mi pareva che tu dovessi solo guardare…Josh aveva detto che…-
Everege alzò il viso lasciando cadere un filo di bava – Già- sorrise – ma tu lo vuoi, lo sento che lo vuoi e poi Lleroy non lo verrà mai a sapere-
- Brutto traditore figlio di puttana! Lley non puoi permettergli di farlo! - sibilò Faith scendendo dalle ginocchia di Joshua e piantandosi davanti al monitor. – E’ un bambino!-
Lleroy sospirò massaggiandosi l’occhio sinistro – Nemmeno a me va, i nostri patti erano ben diversi. Ti va di fermarlo?-
- Certo che lo fermo- sibilò in risposta uscendo a passo di marcia dallo studio, i piccoli tacchi che schioppettavano sul pavimento come minacciosi scoppiettii di pistola, allontanandosi fino a metà corridoio prima di ritornare indietro tempestosamente.
- Come si chiama il moccioso?- chiese senza entrare.
- Roy- rispose distrattamente Lleroy.
Nel video, che ormai riluceva troppo luminoso per i suoi occhi stanchi, Roy tergiversava, palesemente contrariato all’idea di essere penetrato dall’uomo, ma non era quello che lo infastidiva.
- Gli ho detto che doveva limitarsi a guardare vero?-
- Sì-
- Non mi piace la gente che cerca di fare la furba- borbottò a mezza voce sogghignando.
La porta della camera si aprì di botto, scardinandosi.
- Tua madre maiala, ROY si può sapere dove sei?- gridò Faith entrando nella camera da letto e precipitandosi verso la scrivania – Ti ho trovato! Ti ho cercato dappertutto, mannaggia a te, ti ricordi che devi portarmi a teatro?-.
Roy la fissò ammutolito, quell'acconciatura bionda e lucente e quel visino da bambola dolce gli ricordavano qualcosa – Bene ora che ti ho trovato vestiti, e…- innocentemente si girò verso Everege sorridendo cordiale prima di far scorrere lo sguardo sulla camicia inamidata e spiegazzata, fino alla vita dove al posto dei pantaloni compariva la virilità asfissiata dell’uomo. Faith rimase immobile per un istante, il sorrisino congelato sulle labbra, poi urlò.
- Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh un uomo nudo, oddio un uomo nudo ahhhhhh- gridò coprendosi il viso con le mani ed Everege arrossì violentemente alzandosi le braghe e chiudendole alla bell’e meglio, mentre la sua erezione si afflosciava velocemente.
- Miss Delacruz- cercò di chiamarla Everege, ma Faith continuava a nascondere la faccia contro i palmi ed emettere dei gemiti disgustati.
- Ecco chi sei- sbottò Roy schioccando due dita.
Pianissimo le mani della donna scivolarono lungo le guance liberando gli occhi stretti che si puntarono rabbiosi su Everege per un istante, prima di piombare in picchiata su Roy, ancora immolato sul tavolo.
- Cosa vuol dire ecco chi sei?- chiese sibilando, le mani sui fianchi e i gomiti spinti all’esterno come due ali – Dovevi uscire con me e non ti ricordi chi sono?-.
- Io vi lascio soli- sussurrò debolmente l’uomo senza curarsi della camicia che sbordava dai pantaloni – Miss Delacruz la prego di salutarmi suo padre, gli porti i miei saluti, sì, sì, sì i miei ossequi ecco…- chiocciò raggiungendo in retromarcia la porta e scappando nel corridoio.
Lleroy sbuffò – Ed è pure un vile. Cosa sappiamo di lui? La sua famiglia?-
Joshua chiuse gli occhi dondolandosi sulla sedia prima di rispondere con indifferenza.
- Una ex-moglie ed una figlia di 16 anni, una seconda moglie 10 anni più giovane di lui e un bambino di 7 anni, un’amante.- elencò.
- Tradisce ogni famiglia, eh?- sogghignò Lleroy giocando con le stanghette flessibili degli occhiali – Non è giusto che un innocente paghi per lui. Josh, per cortesia, fallo azzittire-.
Josh si alzò stiracchiandosi lentamente, piegando la schiena all’indietro e poi in avanti, sciogliendo i muscoli irrigiditi –Ok. Il solito incidente?-
Lleroy si strinse nelle spalle – No, questa volta devi dare il tuo meglio, sii…artistico. Voglio che si capisca che è stato punito, che diventi un monito per quelli che rileveranno la sua impresa, ma ovviamente non bisogna lasciare che gli sbirri abbiano troppo sugo in cui nuotare-.
- Mhh qualcosina di interessante, finalmente. Quando?-
- Il prima possibile, non voglio che rimetta più piede qui dentro-
- Ok, già fatto. Se ne uscirà di qui convinto di essere un genio e starà al buon satana fargli vedere dove ha sbagliato; la cosa più difficile sarà spiegargli quello- sospirò fissando il monitor.
Faith sorrideva dolcemente, i gomiti puntellati in mezzo alle gambe spalancate di Roy che la guardava annoiato.
- Tu sei il ragazzino dell’altra volta…cavolo non ti avevo riconosciuto ero convinta che fossi un bambino.
Roy sorrise stringendosi nelle spalle – Lo so, sembro più piccolo, ma tu devi proprio stare lì? E’ inquietante avere una donna tra le mie gambe-
Faith sorrise facendo ondeggiare i boccoli dorati, sbirciando la semierezione del ragazzo con palese apprezzamento – Sei ben messo- si complimentò.
- Bha, insomma, anche se suppongo che tu non abbia molti termini di paragone, mi sa che Lley non te lo fa mai vedere vero?-
La donna ridacchiò, pienamente consapevole che il fidanzato li stava guardando – Verissimo. A volte mi chiedo addirittura se ne ha uno- ammise allontanandosi dal tavolo e girandosi verso la porta, concedendo a Roy un minimo di intimità in cui rivestirsi.
- Bhè, non basta averlo, deve anche essere funzionante, per quanto ne so lui usa altri sostituti…migliori dell’originale, almeno non si ammosciano sul più bello.-
Faith sobbalzò trattenendo una risata – Mi piaci ragazzino, non è che magari vuoi provare a vedere com’è con una donna?-
- No, grazie.-
- Avanti, non farti pudori perché sono la fidanzata del capo….-
- Guarda che il problema non è Lleroy è che sei…femmina-
- E allora?-
- E allora la speleologia non fa per me; tu hai mai messo le dita dentro ad una donna? In quella cosa vischiosa ed umidiccia… -
Faith arricciò il naso – Va bene, va bene ho capito, però senti, prometto che non ti importuno, ma ti va di venire a pranzo con me domani?-
- Paghi tu?-
- Certo-
- Guarda che se anche mangio non è che poi mi si rizza per te, eh?-
La donna sbuffò esasperata iniziando a battere la punta del piede destro per terra – Sei peggio di quel pavone di Dominique; ma perché cazzo sei convinto che la gente ti voglia solo scopare-
- E per che altro motivo mi dovrebbero volere? - chiese cercando di sistemarsi una ciocca che gli stava sparata in testa come un corno; era sicuro che non appena Josh l’avesse vista gli avrebbe fatto fare un bagno nel gel pur di sistemargliela.
- Per stare in tua compagnia, magari- sbottò estenuata Faith e Roy si girò perplesso a guardarla.

- Ottima, ma che bella giornata, prima il tradimento di uno dei nostri maggior collaboratori ed ora l’alleanza, a mio danno, tra quei due debosciati.-
Joshua si strinse nelle spalle – Avrebbe potuto andare peggio- cercò di rincuorarlo, ma il boss chiuse gli occhi indicandogli il monitor con un cenno della testa – Renderanno la mia vita un inferno.-
- Oh bhè, capo io vado a vedere di rabbonire un po’ Paul, voglio che si passi pacifico le ultime ore di vita che gli restano.- sorrise agitando la stola davanti al viso.
- Quando hai finito con lui avverti Dom-
- Scusa?- chiese perplesso girandosi.
Lleroy non si era mosso, teneva la testa gettata all’indietro e le gambe accavallate.
- Riferisci a Dom di quest’alleanza. Se hanno stretto un patto di affiliazione è più che probabile che esso riguardi tutti i campi, per cui anche il traffico di stupefacenti. Se abbiamo fortuna il tipo che si scopa ora riesce a beccarli entrambi per noi con il giro droga.-
Joshua annuì posando la mano sulla maniglia.
- E, Josh? Vedi se Terence ha finito di lavorare e mandamelo qui-
Josh sogghignò – Immediatamente capo-

Con un sospiro Lleroy spense la luce, accarezzandosi piano le tempie che pulsavano piano sotto le doglie del mal di testa nascente. Possibile che fosse circondato da stupidi? Si era accorto che la proverbiale puntualità di Everege era venuta meno e che, nonostante frequentasse ancora il Purple, aveva limitato le visite e gli incontri di lavoro. Aveva immaginato che il vecchio porco stesse covando qualcosa, ma non era riuscito a capire cosa fino a che lo stesso Everege non aveva avuto la brillante idea di confessarsi con Roy. Aveva costruito un impero economico rigirando ogni legge e persona secondo i suoi fini e si faceva incastrare così, con un trucco vecchio quanto la televisione.
E la cosa peggiore era che si era fidato di lui…si era fidato di un completo imbecille…
La porta si aprì con uno scatto troppo violento perché fosse il dolce Terence.
In perfetto silenzio, Lleroy si raddrizzò sulla sedia afferrando la S&W con la sinistra, puntandola verso l’ombra sulla soglia mentre nello stesso istante accendeva la luce.
- Ah, sei tu- borbottò posando l’arma sul tavolo.
Si era fatto una doccia ed aveva indossato un paio di jeans neri ed una camicia di velluto verde a costine. I capelli non pettinati gli cadevano morbidi attorno al viso, non sembrava più un tredicenne, ma era ancora impossibile dargli i 20 anni che aveva.
- Che vuoi?- gli chiese tornando a chiudere gli occhi.
Roy inspirò gonfiando il petto e, spinta la porta, che si chiuse con un tonfo risentito, si avvicinò pesantemente alla scrivania, posando le mani ai due lati della pistola, fissandola attentamente.
- Senti un po’ tu- sibilò con tono basso e minaccioso – avevi detto che quelli al bar non potevano essere toccati, perché ti sei rimangiato la parola?-
- Ci sono sempre delle eccezioni, ricordatelo. Bisogna sempre essere pronti a tutto- spiegò con indifferenza Lleroy temendo che la vena sulla tempia stesse per rompere la pelle e schizzare sangue ovunque.
- Uno è pronto a seconda di dove si trova! Se sei in un parco ti guardi le spalle ogni due secondi, ma se ti portano in un posto sicuro ti adegui e non ti aspetti assolutamente un attacco…di nessun genere, soprattutto da chi ti ha garantito la sicurezza del luogo. -
- Che cambiamento- sospirò tranquillo Lleroy scuotendo la testa, un sorriso cinico che gli tirava il viso – ti sei fatto fottere per anni e dopo appena due settimane ti lamenti.-
- Il fatto è che sei un fottuto bugiardo DeChicco, chissà come se la prenderebbe il tuo adorato fratellino se lo sapesse.- sibilò
- Cosa diavolo c’entra Dom in questa storia adesso?-
- Lui mi ha mandato qua e di certo non gli piacerà sapere che violi le leggi del locale…-
Gli occhi di Lleroy si strinsero pericolosamente – Lui ti ha dato questo indirizzo e Dio solo sa perché, che uno meno adatto di te a lavorare qui non l’ho mai visto…comunque la responsabilità per esserci venuto è solo tua. Due questo locale è mio, non di Dominique, le leggi le faccio io e non Dom e se io dico che tu ti devi far fottere da qualcuno lo fai e basta. Ricordi? Io sono il capo qui!-
- Non mi interessa quello che devo fare io, merda! Ma c’è gente che sull’intoccabilità del bar ci conta! Cazzo, il ragazzo di Michael sopporta a stento che lavori qui, cosa accadrebbe se Miky dovesse…-
- Michael non corre alcun rischio- l’interruppe Lley squadrandolo.- Michael ha una dolcezza pericolosa, che a volte spinge la gente a ferirlo, lui ha bisogno di essere protetto, se lo merita. Tu invece sei al bar solo pro tempore.-
- Pro cosa?-
Lleroy sorrise – Stai lì solo fino a che non avrai imparato chi comanda. Ora chiudi quella dannata porta a chiave e spogliati, esattamente come hai fatto per Everege.-
- Che è? Qualche santo ti ha concesso la grazia e ti è per caso diventato duro?-
- Diciamo che ti muovi bene, il tuo spettacolino è stato stimolante mentre le parole di Paul mi hanno irritato parecchio. Pensavo di lasciare a Terence il compito di risollevarmi il morale, ma sei venuto tu al suo posto, per cui chiudi quella porta.-
Roy scosse piano la testa sgranando gli occhi, - Mi dispiace, io lavoro al bar, non posso. Ho dovuto dire di no anche a tuo fratello.
Lleroy sogghignò sfilandosi la giacca blu elettrico e rimanendo con la camicia di seta candida.– Per quanto Dom possa essere una delle tue fantasie sessuali preferite, io non credo che ti abbia fatto delle avances.-
- Cosa c’è? Non credi che sia abbastanza bello per lui?-
- Potresti anche essere il suo tipo- ammise alzandosi – sono tutti il suo tipo, ma ora ha un altro per la testa. Mi dispiace, l’unico DeChicco da cui sarai scopato ora sono io.- disse con tono informe, girando due volte la chiave nella toppa, facendo scattare i grossi inserti di ferro. Joshua aveva ragione, la porta era già blindata.
- Allora ti vuoi spogliare?- gli sussurrò all’orecchio da dietro la schiena, circondandogli la vita con un braccio.
- No. Tu non sei un cliente, se vuoi che mi spogli mi devi dare un aumento-
Lleroy rise accarezzandogli il collo con l’unghia, scendendo piano, stuzzicante, a spostare il colletto della camicia, scoprendo la spalla – Sei già pagato più che profumatamente per soddisfare i desideri sessuali di chiunque- mormorò sfiorandogli la clavicola con la lingua, salendo lento lungo la gola candida, per fermarsi a titillare la pelle sensibile sotto l’orecchio.
Roy rabbrividì – Hai una certa età, non dovresti fare certe cose, ti cala la pressione-.
- Sei premuroso, grazie- lo canzonò mordendogli il lobo – Ma credo che oggi te lo mostrerò – e premette l’inguine duro contro le sue natiche sode – così smetterai di avere dei dubbi sulle mie capacità amatorie- sussurrò percorrendogli il padiglione auricolare con la punta della lingua, scivolando distrattamente dietro l’orecchio. Roy mugulò trattenendosi a stento dall’inarcare la schiena.
- Così- continuò Lleroy liberando alcuni bottoni della camicia – potrai vantarti con Faith di avermi visto all’opera-
- Faith…lo spogliarello di Everege…ci hai spiati- borbottò. Perché la sua voce era così debole?
Lleroy annuì succhiandogli un attimo la nuca, prima di accarezzare con la lingua la pelle accaldata scivolando fino a dove la camicia glielo permetteva.
- Il vantaggio di essere proprietari di un locale è che puoi far installare un sofisticato sistema di telecamere in ogni stanza. Serve per assicurarsi la fedeltà dei clienti. Un loro sgarro e ricevono a casa, in totale anonimato, un bel paio di foto e di solito si rimettono subito in carreggiata.-
- E tu ti ecciti guardandoti i loro filmini, non hai mai pensato di mettere su un cinema porno?- ansimò.
Il respiro non gli rispondeva più; quelle labbra, che non smettevano di giocare con il suo collo, gli lanciavano inaspettati, violenti brividi di piacere. Come poteva una parte così poco sessuale eccitarlo in quel modo?
- Assolutamente no. Vuoi vedere come mi eccito?- mormorò direttamente nel suo orecchio e, senza attendere risposta, lo spinse con forza contro la scrivania, piegandolo sul tavolo.
Con un sorriso gli infilò una mano sotto la camicia, sfiorandogli il ventre piatto, spingendo con l’altra mano la stoffa verso l’alto per liberare la schiena.
La sinistra raggiunse un capezzolo teso, giocherellandoci piano e Roy espirò rilassandosi con un sorriso, ma poi la mano gli scivolò sul torace, raggiungendo la sorella, accarezzandogli piano la colonna vertebrale costringendolo a trattenere un singulto. Le dita sfioravano la sua pelle, spingendosi sempre più in basso, fermandosi a premere sull’osso sacro prima di risalire.
Perché non lo toccava normalmente come facevano tutti gli altri? Cosa gli stava facendo? Le braccia gli tremarono non riuscendo più a sostenere il peso del corpo e Roy si lasciò andare contro il tavolo, il viso premuto contro il legno scuro.
Lleroy sorrise disegnandogli la spina dorsale, perfetta, con le labbra.
Arrendevolezza, era quello di cui aveva bisogno per risollevare il suo ego ferito da quel tradimento. Per quello aveva chiesto il docile Terence, ma la resa incondizionata di Roy era ancora più soddisfacente. Probabilmente stava di nuovo recitando, ma gli piaceva come lo faceva.
- Cosa c’è? Ti piace?- mormorò sentendolo ansimare, ma Roy scosse la testa.
- No. Ti…accontento solo perché mi dispiacerebbe rovinarti uno dei pochi momenti in cui non sei impotente- biascicò, fin troppo conscio del tremito della propria voce.
Lleroy inarcò un sopracciglio perplesso, spedendo una mano ad accarezzargli l’esterno coscia, scendendo pesantemente sino al ginocchio: quella risposta non era affatto intonata al personaggio. Roy si morse il labbro inferiore, ma un mugolio inarticolato riuscì ugualmente a scappare dalla sua bocca.
- Mi sa di sì che ti piace- ridacchiò Lley costringendolo a girarsi verso di lui, per poi premere la lingua sui denti che torturavano il labbro. Li accarezzò piano, con insistenza, riuscendo ad entrare nella sua bocca, coinvolgendo la sua lingua in una danza lentissima e scomposta.
- Hai un buon sapore- sussurrò scendendogli lungo il mento, per mordicchiargli il pomo d’adamo.
Roy inspirò frettolosamente, stringendo tra le dita la stoffa candida e liscia della camicia- Tu invece sai da fumo. Fumi?-
- No- rispose sollevandogli la camicia per sfilargliela.
- Peccato, non c’è speranza che schiatti presto- sbuffò Roy alzando ubbidiente le braccia.
Con uno strattone Lleroy lo ritirò contro di sé tappandogli la bocca con la propria, mentre accarezzava lentamente e senza alcun impedimento la pelle liscia e tiepida. Scese piano, percorrendo tutta la pianura della schiena, prima di inerpicarsi sui glutei, premendoli con forza, costringendo le loro erezioni coperte dai pantaloni a sfregarsi tra loro. Roy ansimò strusciandosi piano, mentre le mani di Lley lo abbandonavano per sbottonare la camicia di Valentino gettandola svogliatamente a terra. Con irruenza, senza smettere di baciarlo, si liberò dei pantaloni scuri ed afferrò la mano di Roy posandosela sul membro bollente. Roy sorrise iniziando ad accarezzarlo piano e Lley gemette interrompendo il bacio, spostandosi e baciargli la spalla.
- Vedi che merito un aumento? Ansimi come un treno- ridacchiò Roy con voce rotta.
- Dio ma devi sempre dire stronzate non appena hai la bocca libera?- gemette infilandogli le dita tra i capelli cortissimi, spingendolo in basso verso il suo membro eretto. Senza opporre resistenza Roy si inginocchiò tra le sue gambe, baciando piano la punta carminia, prima di iniziare a succhiare con esperta voracità.
Il respiro dell’uomo si infranse in una pioggia di rantoli scomposti mentre tutto il suo essere precipitava senza scampo dentro quelle labbra. Era bravo, era dannatamente il più bravo tra tutti quelli che gliel’avevano fatto. Cercando di controllare il respiro aprì gli occhi per fissare quella testa bionda che si muoveva senza posa e quelle labbra che lo inglobavano.
Roy sollevò il viso e i loro sguardi si incontrarono per un lunghissimo immobile istante, poi il ragazzo sogghignò.
Veloce Lley gli posò una mano sulla fronte – Se mordi sei morto – riuscì a mormorare con una voce cavernosa e allo stesso tempo acuta.
- Fifone- ridacchiò Roy, ma Lley lo sollevò di peso spingendolo seduto sul tavolo – Non è affatto una bella sensazione sai? Vuoi vedere cosa si prova?- chiese piegandosi su di lui ed infilandosi in un unico gesto tutta la sua virilità tremante tra le labbra, accarezzandone la base con i denti, in un morso simbolico.
Roy spalancò gli occhi pervaso da un fuoco bruciante e strinse le mani attorno alle spalle dell’uomo che si staccò con un sorriso – Visto?-
Il ragazzo annuì guardandolo senza vederlo. Era stato sul punto di venire. Così all’improvviso. Senza nessuna premessa.
- Adesso basta giocare però- mormorò Lley premendogli una mano sul petto, facendolo stendere supino sul tavolo ed allargandogli le gambe, accarezzandogliele lentamente per tutta la loro lunghezza.
-Hai un modo strano di fare sesso sai? Perdi tempo con delle parti del corpo inutili- ansimò contorcendosi.
- Inutili?- Chiese sbigottito mordendogli l’alluce – A quanti anni hai cominciato a fare marchette?-
- 12-
Lleroy gli posò le gambe per terra, trascinandolo sul tavolo fino a sistemare i suoi glutei sul bordo – E in otto anni non hai mai trovato nessuno con cui fare sesso?- chiese guardandolo negli occhi.
- Perché secondo te i pompini non sono sesso?- sbuffò indispettito.
- Fare sesso..così-
Roy si morse il labbro. Così. In quel modo squassante. Era fortunato che Lleroy volesse un tipo docile, perché non stava recitando, non aveva la forza per fare nient’altro che subire quelle carezze.
Così. No, grazie a dio, no.
- No- rispose.
- Nemmeno qui? Cosa ti chiedevano qui?-
Roy si strinse nelle spalle – Le stesse cose di Everege più o meno-
- Che spreco, non sanno come divertirsi.- sospirò Lleroy sistemandosi tra le sue cosce – allacciami le gambe dietro la schiena- ordinò percorrendogli tutto il torace con una carezza.
- Ehi, guarda che lo so fare, ma che credi, solo perché tu perdi un sacco di tempo non vuol dire che il modo in cui lo fai sia migliore del loro- lo sgridò spingendosi lui stesso contro il membro teso .
Lleroy scosse la testa con un sospiro esasperato spingendosi piano in quel calore affascinante, iniziando ad imporre il ritmo della corsa.
Roy chiuse gli occhi ansimando, il suo corpo non rispondeva più a dovere. Sentiva che si stava muovendo, ma si rendeva conto che erano movimenti automatici, che non dettava lui. Non andava bene. Non bisognava mai perdere il controllo, era lui che doveva guidare il cliente, anche se fingeva di essere un moccioso impaurito era lui che doveva…
Lleroy si piegò su di lui, succhiandogli piano la pelle delicata del collo e improvvisamente anche la mente di Roy si scollegò del tutto, lasciando al solo piacere il compito di gestire il suo corpo.
      Ansimando Lleroy uscì delicatamente da lui, pulendosi con un fazzolettino balsamico prima di rivestirsi e scrutando Roy con la coda dell’occhio. Era ancora immobile steso sul tavolo, il petto che si alzava veloce, il fiato rotto da mille rantoli; forse era riuscito ad azzittirlo per alcuni minuti.
Con un sogghigno afferrò un altro fazzoletto, passandoglielo sullo stomaco umido.
Roy lo guardò per un istante, poi espirò con forza - C’è la telecamera qua dentro?- chiese in un sussurro.
- Certo-
- Hai ripreso?-
- No, l’accendo solo quando ho un altro genere di ospiti-
- Peccato-
- Volevi rivederti? Sembravi un gattino che fa le fusa…-
- Era per te, così avresti avuto una prova per dimostrare che la tua impotenza è solo momentanea…-
Lleroy si stese sopra di lui allungando le braccia oltre la sua testa, premendogli le labbra contro la sua bocca – Non rischiare ragazzino, hai ancora il fiato grosso, mentre lei non è affatto stanca- sussurrò accarezzandogli la spalla con la canna gelida della pistola. Roy sgranò gli occhi sgusciando sinuoso sotto di lui – Naaa, non usarla per te, poi ti si consuma, tienila per quando non si drizza….-
- Vattene- sibilò Lley sedendosi davanti al computer battendosi la pistola contro il palmo.
Velocissimo Roy si rivestì – Ah, se vuoi che faccia pubblicità con Faith di questo miracoloso evento, mi devi dare un consistente aumento….-
Lley sospirò puntandogli contro la pistola – Sai questa camera non solo ha una porta blindata, ma è anche insonorizzata-
- E quella pistola è scarica, altrimenti non l’avresti lasciata sul tavolo- ridacchiò Roy aprendo la porta e lasciando la stanza, immettendosi nell’atmosfera avvinazzata del Purple, dirigendosi direttamente al piano bar.
- Un margarita per favore- chiese senza guardare chi tra i suoi colleghi lo stesse servendo. Si sentiva ancora scombussolato e fiacco. Forse gli stava salendo la febbre. Già, probabilmente stava covando un’influenza per questo il suo corpo aveva reagito così stranamente e sempre per questo le sue gambe continuavano a tremare.
- A me fai un daiquiri alla fragola?- chiese un biondino accanto a lui. Roy sorrise debolmente e Terence sorrise in risposta.
- Stai bene Roy?-
- Solo un po’ fiacco-
- Ma tu non dovevi andare da Lleroy?- chiese Frank servendo loro i due cocktail.
- Era impegnato- rispose Terence stringendosi nelle spalle – Ho bussato ma non rispondeva, non mi va di disturbare-.
- Ora è libero- sbadigliò Roy senza mettere la mano davanti alla bocca.
- Davvero?- chiese Terence con un sorriso che si spense immediatamente.
Frank ridacchiò – Ma mi sa che per stasera non ha più bisogno di te, ti è andata bene, in pratica fai vacanza-
Terence annuì incapace di distogliere lo sguardo dal grosso succhiotto che marchiava il collo di Roy. A lui Lleroy non aveva mai fatto un succhiotto. E lui era il suo preferito.
- Vado a vedere lo stesso- sibilò girandosi di scatto senza nemmeno toccare il suo drink.

          “Sub rosae tacita dicta”.
L'aveva letto in un qualche libro sui massoni italiani, che spiegava come i membri della congrega fossero soliti scambiarsi informazioni segrete ponendo una rosa sul tavolo a cui sedevano.
Tutto ciò che veniva detto “sotto la rosa” doveva rimanere segreto.
Non c'era nessun fiore in quel vicolo abbellito solo da un cespuglio nero di spazzatura. Ma nel cielo le stelle baluginavano circondate da una specie di corolla, forse non avevano rose, ma come testimoni avevano le stelle e il loro onore e questo a lui bastava.
- Sei in anticipo- sussurrò la voce dolce alle sue spalle.
L’uomo si girò sorridendo – Anche tu-.
- Non mi piace arrivare in ritardo-.
- Nemmeno a me.-
Il nuovo arrivato annuì avanzando con uno svolazzo del cappotto – Ci comprendiamo. Allora non dovrò nemmeno chiedere-.
Il primo uomo annuì allungando un’anonima busta marrone, larga e voluminosa – E’ tutto qui.-
- Tutto?-
- Tutto quello che ti può servire.-
L’uomo con il cappotto sorrise – Posso sapere perché lo fai? Il tradimento non è mai un bene-.
- Tu sei giovane, forse non ti sei ancora reso conto che la vita è un continuo tradimento. Tradisci i sogni per seguire gli uomini o tradisci gli uomini per seguire i sogni. Io preferisco seguire il mio sogno.-
- Fine lodevole-
- E tu, perché tradisci?-.
Il secondo uomo gli si avvicinò piano afferrandogli il polso che teneva la busta e strattonandolo con forza contro di sé. Era più basso di lui di alcuni centimetri e doveva alzare il viso per incontrare i suoi occhi.
- Vendetta- sussurrò alzandosi in punta di piedi per sfiorargli le labbra con la lingua – e ambizione-.
- Fine lodevole- rispose il primo uomo piegandosi in avanti per permettergli di prendere possesso della sua bocca.
- Sei venuto solo- mugolò l’uomo con il cappotto.
- Sì. E tu sei solo- rispose nello stesso tono il più anziano. Non era una domanda, ma nemmeno un’affermazione. Erano solo parole.
- Sì. Ti voglio. A casa ho anche il guinzaglio. Ti posso portare a spasso per la villa, nudo, da quel cane che sei.-
- Troppo pericoloso-.
- Codardo.-
Il primo uomo gemette, affondando la mano nella massa scura di capelli, mentre le dita sottili gli artigliavano le cosce – Potrebbero vederci- ansimò.
Ma la luna fu l’unica, ininterrogabile testimone che vide i loro volti ed ascoltò i loro gemiti.



Continua...


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