My heart is breaking just for you

parte 2

di angie

 

Riecheggia un gemito e mi sveglio sudato dall’incubo di braccia putrescenti che mi inseguono, mi rendo conto che sono avvinghiato a lui quasi potesse proteggermi anche nel sonno; più probabilmente è stato proprio il freddo del suo corpo, così simile ad un meraviglioso cadavere in questo istante, ad avermi procurato certi ricordi. Accarezzo la pelle d’alabastro che sembra formicolare un attimo al mio passaggio, nondimeno lui resta inerte nel suo mondo.
Posso quasi capire Anita: forse lei è troppo umana per lui, per tutti noi. Noi l’amiamo e la desideriamo per quel che non possiamo avere se non tramite la sua luce riflessa, allo stesso tempo vorremmo che fosse una di noi. Sì, posso quasi capirla. Quasi, perché per l’amore di Jean-Claude io rinuncerei alla mia stessa vita. Ma esseri umani o mostri, siamo tutti uguali in amore ed aneliamo a quel che non potremo mai avere.
Ho bisogno di un bicchiere d’acqua e di bagnarmi un po’ le tempie. Mi tiro a sedere lentamente, scostando il braccio che mi trattiene nella stessa posizione in cui mi sono addormentato non più di un paio d’ore fa.
Sto quasi per scivolare dal materasso quando le sue dita si chiudono di scatto intorno al mio polso, sussulto spaventato piombandogli addosso. Ovviamente è ancora freddo: è troppo presto perché già si svegli; da quando il potere del triumvirato è entrato nel suo fulgore Jean-Claude si alza sempre prima, spesso non è ancora mezzogiorno ed è già in piedi, ma ora non sono nemmeno le dieci. Ogni muscolo è immobile, solo le sue dita premono e quando cerco di rialzarmi mi tirano verso di lui: se fossi umano il mio polso sarebbe ormai rotto. Mi chino assecondandolo e gli scosto i capelli dalla fronte, poi sentendomi vagamente stupido prendo a parlargli in un orecchio con voce calma e rassicurante.
“Jean-Claude, sono io, Jason. Per favore lasciami andare.” La stretta sembra intensificarsi e mi strappa un lamento: pur non essendo umano per buona parte della giornata avrò i lividi.
“Per favore Jean-Claude mi stai facendo male.” Ripeto il suo nome quasi come un rito di accettazione e il pollice inizia a massaggiarmi la pelle, delicatamente. Trattengo il respiro e lascio che la sensazione mi invada come un raggio di luna: non vuole restare solo, e il suo bisogno è talmente forte da travalicare la sua stessa condizione. Anche questo è parte del suo potere, eppure se fossi abituato a piangere per l’emozione ora lo farei, piangerei per lui perché probabilmente nessuno l’ha mai fatto da secoli, ma le mie lacrime ora non gli servirebbero e io sono più forte di così.
Tremo ma non smetto di passare la mano libera nei suoi capelli.
“Amore, devo andare in bagno, ma torno subito.”
Amore, l’ho chiamato Amore! L’ho detto a voce alta infine, nessuno sa quanto ho desiderato farlo: cento volte per ogni volta in cui lei non l’ha fatto.
Per Anita il potere viene prima dell’amore nell’animo di Jean-Claude. Ma lei non l’ha mai spiato nei suoi momenti di solitudine, quando guarda una sua foto o accarezza dolcemente un vestito che le ha fatto confezionare, e sembra che pensarla sia la cosa più bella e struggente del mondo. Non ha mai visto quel che tiene all’interno della sua bara, io sì, e so che Jean-Claude la ama più di quanto lui stesso permetta di trasparire. Jean-Claude ama molto più di quanto chiunque creda: molte più persone e molto più profondamente. Ama Asher che lo tiene sospeso a metà tra gioia e dolore, ama Demian che ha voluto salvare da quel che lui stesso ha patito, amava Robert con cui ha condiviso gli ultimi duecento anni della sua vita e la cui morte ha lasciato una profonda ferita nel suo animo, sebbene nessuno l’abbia notata. Vuol bene persino a Willy McCoy, che coi suoi abiti sgargianti è un attentato alla vista e al buon gusto per chiunque.
E ama anche Richard; forse in modo distorto e confuso perché da subito ha cercato di strappargli Anita, ed ogni volta lo stuzzica, ma tiene a lui; altrimenti con tutti i problemi e le preoccupazioni che gli ha procurato l’avrebbe già ucciso. O avrebbe fatto semplicemente in modo che venisse ucciso da Marcus e Raina a dispetto di Anita. Richard invece è ancora qui: ancora libero di giudicarlo, ancora libero di mettersi in mezzo e di non pagarne mai le conseguenze, e sono certo che se solo lo volesse Jean-Claude gli aprirebbe il suo cuore.
Lui non è intossicato dal potere, vuole solo essere libero, e per i mostri come noi l’unico mezzo è quello di essere i più forti. Non esiste neutralità: o dai gli ordini o li ubbidisci, e lei dovrebbe saperlo visto quel che è successo con Nicholaos, con Serafina, e col Consiglio, nonostante tutto però, non vuole ammetterlo ed è pronta ad arrabbiarsi ogni volta che Jean-Claude non può fare a meno di mostrarle questo aspetto. Così lui le mente, anche solo per omissione, e finge che le cose possano essere come lei le vuole per quanto gli è possibile. È costretto ad essere sempre forte per tenersi accanto quelli a cui tiene, ma più è forte meno viene compreso.
E questo è il risultato, considero duro, lasciando che il mio calore fluisca nel suo corpo dove il mio palmo lo tocca: la inganna per un po’ di felicità precaria che vacilla e crolla ad ogni alito di vento, ma lo capisco, anche io farei lo stesso se pensassi di poterlo avere per me, almeno in parte, nascondendo e reprimendo quel che non gli aggrada.
Io so però, che per me non funziona così, e lo so proprio perché oltre al suo lato calcolatore e distaccato mi trovo davanti questo più tenero, sensibile, quello più vulnerabile che deve proteggere e nascondere; solo con me non si preoccupa di fingere perché non sono nulla per lui, nemmeno una minaccia. Solo uno dei suoi da comandare e all’occorrenza da proteggere, e di cui curarsi a piacimento, sono un giocattolo anche tenuto con cura, ma pur sempre un oggetto.
Tutto qui.
Non è contemplato che io abbia sentimenti per lui, perché non si ama il master della città: lo si teme, lo si invidia, lo si odia, al limite si rispetta o si desidera, ma niente amore, è praticamente contro l’ordine naturale delle cose, eppure mentre lo penso non posso fare a meno di carezzare il suo profilo con la punta delle dita, fin sulle labbra esangui e fredde ma sempre incantevoli.
“Torno subito, Amore, te lo prometto.”
E lentamente la sua mano si apre.
Scuoto il polso indolenzito affrettandomi verso il bagno. I vampiri non ricordano quel che accade mentre dormono, non distintamente almeno, o così si dice, ma quando ritornano è come se ricavassero un’impressione generale di chi gli sta intorno e fiutassero l’odore di paure, bugie o tradimenti, perché il male ha un suo colore residuo, e io non voglio che Jean-Claude abbia dei dubbi su di me. Mi sbrigo in fretta e torno a stendermi nel suo letto, quando in un istante il mondo impazzisce.
Jean-Claude mi ghermisce e mi strattona al centro di quella piazza d’armi che è il suo materasso, in un attimo è quasi interamente sopra di me, mi schiaccia col suo peso, quasi soffocandomi tra le lenzuola, gli occhi aperti tuttavia vuoti sono persi sulla mia gola.
Sono atterrito, perché so bene che potrebbe uccidermi in un battito di ciglia in questo momento; è raro, ma accade alle volte che un vampiro reagisca d’istinto ad una minaccia, mentre dorme, è anche questo che li rende amanti pericolosi.
Io non sono una minaccia per Jean-Claude però, ed è così dannatamente presto… Tento di bloccarlo ma la mia forza è nulla confronto alla sua, forse Richard, un Ulfric, avrebbe qualche possibilità, ma Richard non si preoccuperebbe di fargli del male, io invece sì.
Sul comodino c’è uno dei crocifissi di Anita, l’ha scordato qui una volta e lui l’ha tenuto come monito; volendo potrei provare a raggiungerlo e premerglielo contro, ma il mio stomaco, il mio cervello e il mio cuore si ribellano all’idea di ferirlo, e di marchiarlo ulteriormente. Se lo facessi non mi punirebbe nemmeno, anzi capirebbe, ma non posso, proprio non posso e lui si china inesorabilmente verso il mio collo mentre singhiozzo sempre più forte.
“Jean-Claude sono io Jason… ti prego… sono Jason, sono Jason…” balbetto cercando nuovamente di indurlo a riconoscermi, ma stavolta il mio tentativo fallisce e lui continua ad avvicinansi mentre con le mani mi immobilizza i polsi sopra la testa.
So che sarebbe inutile divincolarmi quindi resto immobile anche quando le lacrime mi pungono gli occhi, insistenti, e mi mordo le labbra per resistere. La cosa più assurda è che sono disposto a morire per lui, ma non così, in un modo tanto stupido ed inutile. Un rantolo mi sfugge quando la sua bocca si appoggia alla mia vena che pulsa impazzita. La lingua mi lambisce e io rabbrividisco consapevole che quando affonderà i denti non ci sarà la coscienza ad impedirgli di svuotarmi di tutto il mio sangue.
Un istante, due, tre, eppure nulla: mentre il tempo scorre mi rendo conto che non sta mordendo, che non ha intenzione di farlo, semplicemente si assesta meglio sopra di me, il suo freddo contro il mio bollore, e poco dopo anche le mie mani sono libere.
Tentativamente sollevo un braccio e lo poso sulla sua spalla, resta immobile e io inizio ad accarezzargliela. Se non sapessi che è impossibile giurerei di aver percepito un sospiro. La sua bocca ascolta la mia vita che scorre e tutto è calma e pace.
 

*fine seconda parte*