Disclaimers: i personaggi non sono miei (anche se mi piacerebbe) ma ne approfitto perché il rapporto tra Valgarv e Garv mi ha sempre affascinato… e tra le tante interpretazioni che ho sentito, io desidero proporre la mia.

Note: è un monologo interiore di Valgarv dopo la morte di Garv; le parti in corsivo sono i flashback.

 


Mio amato maestro...

di Eternal Fantasy


Cosa sono io?

Nient’altro che l’ombra di un’anima perduta, che vaga ai confini del nulla priva di forza e di volontà… non di vita, no, quanto vorrei che il soffio vitale abbandonasse questo mio guscio vuoto…per forse raggiungere la sconosciuta dimensione astrale dove potersi ricongiungere a lui…

Ma anche questo conforto mi è negato… e i miei occhi non hanno più lacrime, le hanno versate tutte quel giorno maledetto, e non credo me ne siano rimaste altre…

O forse no, perché sento le gocce… amare, non salate… scivolare lungo le mie guance lasciando solchi nella polvere che le ricopre, sollevata dai miei passi privi di guida che mi conducono meccanicamente avanti; e io cammino, senza meta, senza fermarmi mai, né a mangiare o a bere (non ne sento il bisogno, non sento più niente) né a dormire (il sonno è un’illusione della morte che mi è stata crudelmente negata).

Sono pazzo? Si, Valgarv, lo sei: anche se camminerai fino alla fine del mondo, non lo ritroverai mai più…

Eppure, nel delirio, mi pare di scorgere nelle nubi di sabbia portate dal vento la sua sagoma imponente… e il tempo sembra tornare indietro al nostro primo incontro…

Nel deserto, un’ombra si staglia davanti a me. All’inizio, quasi impazzito per la sete e il sole che brucia la pelle troppo bianca e delicata della mia forma umana, riesco a scorgere solo un’indistinta macchia rossa…

…i suoi capelli, i suoi lunghissimi, selvaggi, meravigliosi capelli rossi…

L’ombra davanti a me si fa più distinta, e vedo un essere con l’aspetto di un uomo…

…il suo corpo mirabilmente proporzionato, altissimo e muscoloso, duro come l’acciaio sotto il suo inseparabile impermeabile arancione…

…ma mi basta uno sguardo al suo volto per comprendere subito la sua vera essenza…

…quel volto dai lineamenti forti, marcati, intensamente virili; la pelle come bronzo in cui sono incastonati due occhi di smeraldo di un’intensità sconvolgente…

…e quando il suo sguardo incrocia il mio, i nostri occhi sembrano incatenarci, prigionieri fin dal primo istante di un legame destinato a non sciogliersi mai…

…il suo ghigno allegro e sardonico, quasi feroce, si trasforma in un sorriso affascinato, lo stesso che si legge sul mio volto: il riconoscersi di due anime gemelle, uguali e opposte… Drago Ancestrale  e Mazoku Lord…

In quel momento sapevamo che niente avrebbe mai potuto dividerci…

GARV…

Un urlo che sembra non avere mai fine… grido tutto il mio dolore e sofferenza per quella promessa spezzata, per la metà della mia anima perduta… per il mio amore infranto. Perché tra noi c’era un rapporto che andava oltre quello di allievo e maestro: Garv era per me un secondo padre, un fratello maggiore, il mio migliore amico… e molto di più.

Frammenti di ricordi vorticano davanti ai miei occhi cercando di sprofondarmi sempre di più nella follia della disperazione…

Cado a terra, coperto di lividi, il respiro ansante mi brucia nel petto. Una risata allegra e feroce sopra di me:

“Sei molto forte, Valgarv, ma la forza serve a poco se non la si sa adoperare al meglio. Questo in battaglia può fare la differenza tra la vittoria e la morte.”

Gli restituisco un sorriso indomito: “Gli allenamenti servono ad imparare, no?”

Un’altra risata, senza scherno ma con una nota d’approvazione: “Il tuo difetto, ragazzo, è che non conosci le mezze misure:ti scagli nella lotta anima e corpo, metti tutto te stesso nei tuoi colpi… e così facendo ti lasci coinvolgere totalmente, anche oltre il ragionevole.”

“Non posso farci nulla. Sono fatto così.”

Il suo eterno sogghigno non lascia le sue labbra, ma il tono della sua voce è estremamente serio quando dice: “Se è vero anche per i sentimenti, non vorrei mai essere l’oggetto del tuo odio, perché sarebbe senz’altro devastante.”

Lo fisso in volto: “Allora come pensi che potrebbe essere il mio amore?”

Si china accanto a me e mi pone le mani sulle spalle: “Forse sarebbe meglio se tu non lo scoprissi mai.” Mi accarezza una guancia “Il tuo amore sarebbe totale, di un’intensità così travolgente che prima o poi finirebbe col farti del male… e io non vorrei per nulla al mondo ferirti.”

“Cosa intendi dire, Maestro?”

Non mi rispose.

 

Oh, Garv… tu, che mi conoscevi meglio di quanto io conosca me stesso, avevi visto la terribile fragilità che nascondevo dietro la forza di cui andavo tanto fiero, dono e maledizione della mia doppia natura di Drago e Demone…sapevi che la mia sete di vendetta contro gli assassini della mia famiglia non era altro che il desiderio di un affetto che mi era stato strappato, che le mie urla di rabbia nel furore della battaglia cercavano di soffocare il pianto di un cucciolo disperato e solo…

Perché le ferite del corpo non sono nulla rispetto a quelle dell’anima e il giovane guerriero che lottava al tuo fianco era ancora il bambino che piangeva sui cadaveri straziati dei genitori circondato dalla gelida indifferenza del mondo.

Tu, tu solo mi hai teso la mano per uscire dagli abissi del mio dolore… tu mi hai salvato la vita.

Non mi riferisco alle mille battaglie che abbiamo combattuto insieme, quando schiena contro schiena trucidavamo senza pietà i temerari che osavano avvicinarsi a noi.

Parlo di quei momenti di serenità tra una battaglia e l’altra, quegli attimi di felicità disseminati lungo i secoli senza requie che abbiamo condiviso: per essere felice mi bastava guardare il tuo eterno sogghigno allegro e feroce, i tuoi occhi di smeraldo lampeggiare di fierezza, il modo in cui appoggiavi la tua spada sulla spalla o come scuotevi la testa facendo ondeggiare la tua criniera scarlatta.

Non sarei sopravvissuto agli orribili incubi che tormentavano le mie notti se tu non fossi stato lì a darmi forza… quando il ricordo dello sterminio perpetrato contro il mio popolo mi faceva piangere e urlare e smaniare, fino a dilaniarmi la pelle con le mie stesse unghie, a mordermi le labbra a sangue, a sbattere la testa contro il muro per farne uscire quelle immagini spaventose…

Tu correvi nella mia stanza, mi abbracciavi con forza, con violenza anche, per fermare le mie convulsioni. Pian piano mi calmavo, confortato dalla solidità e dal calore del tuo corpo, soffocavo i miei singhiozzi contro il tuo petto.

Poi tu mi prendevi in braccio e mi portavi nella tua camera, nel tuo letto, e io mi accoccolavo contro di te come un bambino piccolo e mi addormentavo, sicuro che gli incubi non sarebbero tornati con te che vegliavi sul mio riposo… ma la cosa più bella era svegliarsi la mattina dopo tra le tue braccia sotto una morbida e profumata coperta di seta rossa e scoprire in essa i tuoi capelli.

 

…e ancora, quando dopo una battaglia ci lavavamo per detergerci dal sangue dei nemici uccisi, ritrovarci a giocare nell’acqua come ragazzi, schizzandoci a vicenda…

…tu che mi prendevi bonariamente in giro per i miei capelli sparati verso l’alto e io che per ripicca insistevo finché non cedevi, esasperato, a volerti pettinare le tue sterminate chiome trasformandole in una lucente cascata di ciocche rosse…

 

…i banchetti per le nostre vittorie, dove facevamo a gara per dedicarci brindisi a vicenda; tu che mi chiedevi di cantare, e ogni volta mi esibivo in canzoni che io stesso scrivevo per te…

…e ogni sera ci ritrovavamo a parlare di tutto e di niente, fino a notte fonda, davanti a un camino acceso o sdraiati sotto le stelle… ci equilibravamo a vicenda: tu, con la tua sicurezza incrollabile e io, con le mie eterne domande a cui cercavo continuamente risposte…

Fino al giorno che decretò la fine di tutto questo… e delle nostre vite.

Soffrivo sempre quando per un qualche motivo dovevo allontanarmi da te. Quel giorno, però, la fitta di dolore che provai fu così atroce che credei di morire: era come se metà della mia anima mi venisse strappata via con tenaglie roventi… e quel maledetto prete imbroglione1, quel viscido verme di cui mi ripugna anche solo pronunciare il nome, venne a spargere il sale sulla ferita, in modo tale che non potesse mai rimarginarsi, ma continuasse a sanguinare fino ad uccidermi. Mi disse che eri morto, e nel modo più disonorevole: sconfitto da un insulso essere umano2.

 

Non ricordo molto dei giorni seguenti: corsi, folle di rabbia e disperazione, per colline e pianure, piangendo, gridando di furia e disperazione, intrecciando bestemmie e preghiere, maledicendo e implorando che mi fossi restituito, rivolto a un cielo vuoto e insensibile che non badava allo strazio della mia anima.

E quando crollai, stremato, rimase solo il vuoto.

E ora sono qui, corpo vuoto la cui anima perduta continua a cercarti nella terra delle ombre e dell’oblio.

Cosa mi resta?

 

La follia, che m’inghiotte ogni giorno di più e che mi spingerà a compiere azioni inimmaginabili, perché ho perso te, il mio unico punto fermo nell’universo.

 

L’Odio, che come avevi previsto sento ribollire dentro di me pronto ad esplodere e a distruggere completamente questo mondo corrotto…

…e con esso l’Amore, l’amore spezzato che mi spinge a desiderare la mia fine… perché il mio amore conduce alla Morte.


1 per chi non l’avesse capito, si tratta di Xelloss

2 a Valgarv fu fatto credere che Garv era stato ucciso da Lina Inverse, mentre in realtà il vero assassino fu un altro Dark Lord, Fibrizio Hellmaster



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