Ma abbiamo qualcosa in comune?!

 

Capitolo II - A Treacherous Kiss

 

di Agata

 

 

 

Riemerse lentamente dal buio in cui era sprofondato.

Una forte luce si impossessò del suo campo visivo facendogli male agli occhi.

“ Ecco adesso potrò dire anche io di aver visto la luce “ penso D.

Incredibile come anche nel bel mezzo di un momento, evidentemente tragico, come quello il suo sarcasmo riaffiorasse ancora.

-      Le pupille sono reattive – disse una voce gentile sopra di lui.

Poi la fastidiosa luce repentinamente come era arrivata se ne andò lasciando il posto ad un viso gentile e amichevole di un giovane in camice bianco.

D non reagì subito, si sentiva spossato e aveva ancora un forte senso di nausea ma ciò che più lo preoccuapava era il non sapere dove fosse.

- Sa che giorno è oggi ? – chiese il medico.

D si guardò intorno, l’ambiente era tinteggiato di bianco e sopra di se vedeva l’attacco di una tenda , sentiva il rumore incessante di voci e oggetti spostati.

Dove diavolo era?

-      Damon riesce a ricordarsi che giorno è oggi ? - ripeté pazientemente il medico.

-      Dove sono ? – mormorò invece fievolmente D.

-      Lei si trova al pronto soccorso signor MacLaoud, ha avuto un collasso –

“ Un collasso?! “ pensò D e quando mai ?

Poi la nebbia iniziò a diradarsi e vaghi ricordi della metropolitana gli affacciarono alla mente.

-      Il lavoro – alitò al dottore.

-      Di questo non deve preoccuparsi al momento – ammiccò con aria paziente l’altro.

D non reagì, era ancora in quello stato in cui se gli avessero detto che gli espiantavano tutti gli organi non avrebbe opposto resistenza.

Il dottore controllò la flebo , dette un’occhiata alla cartella clinica del paziente e prese nota dei medicinali somministrati.

Cartella clinica piuttosto lunga e burrascosa almeno nell’infanzia e prima adolescenza.

-Lei soffre di bassa pressione signor MacLaoud 90/60 è molto poca –

D continuava a fissare il soffitto come istupidito.

-Ha mai avuto dei casi di letargia ? –

-Leta che? – disse lui rivolgendo svogliatamente lo sguardo al dottore.

- Letargia ovvero sonnolenza, oppure ha mai avuto  sonno continuo ? –

Ma che gli stava facendo ? Un interrogatorio ? Non vedeva che praticamente era morto?

-      Signor MacLaoud si sente bene? Ormai la fisiologica dovrebbe iniziare a farsi sentire. –

-      Io non sento niente – disse lui come a prenderlo per il culo.

-      Le farç prendere un po’ di gutron, dovrebbe rialzarle la pressione mentre la fisiologica le ridarà dei liquidi –

D ormai non lo ascoltava più si era addormentato.

 

 

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Alex stava sostenendo una concitata conversazione con la sua segretaria Mouiren .

-      Dove diavolo ti sei cacciato ! – gli urlava contro  lei dalla cornetta del telefono del suo ufficio.

-      Hai idea del disastro che hai combinato ? La ‘serpe’  ti è passata avanti e si è presa il tuo caso ti rendi conto? –

-      Certo che me ne rendo conto ma è succ…..- non lo face finire.

-      Non mi interessa che è successo dovevi essere qui per le nove invece non c’eri e il Procuratore è andato su tutte le furie ! – continuava a gridare lei imperterrita.

Alexander si mise una mano tra i capelli , era in un bel guaio non c’erano dubbi.

Gli avevano affidato quel caso perché lui se ne intendeva di truffe e faccende  di denaro , come diceva sempre Charles lui era un contabile non uno sceriffo come gli altri assistenti.

Ma che cosa avrebbe dovuto fare ?

C’era troppa gente in quella metro perché potesse abbandonare quel teppista drogato lì dove era.

Se fosse stato per lui bha!

Invece adesso era lì , bloccato al pronto soccorso di un ospedale pubblico, Dio che orrore, e non in tribunale a fare le scarpe a………

-      AH eccola qui, mi dispiace ma qui non si può telefonare ,sa le apparecchiature-

Alexander si voltò e incontro lo sguardo del suo bocconcino, il giovane medico che aveva risolto la giornata, forse giocare al buon samaritano gli avrebbe fruttato un appuntamento.

-      Allora venga che le dico tutto – disse l’ altro.

-      Tutto ? – chiese preso alla sprovvista e chiudendo il telefono in faccia alla segretaria.

-      Si – disse il dottor Marian, così si chiamava il giovane medico dai capelli biondi come il lino e dagli occhi celesti incorniciati da suoi occhiali.

Lo portò in una saletta riservata ai parenti e lo fece accomodare.

-      Dunque non è successo niente di grave anche se il signor MacLaoud dovrà rimanere a riposo almeno per qualche giorno, sa non possiamo fargli granché visto i suoi disturbi –

Questo Alexander lo trovò abbastanza strano in fondo essere drogati non era proprio un ‘disturbo’.

-      Ma come non lo ricoverate? – domandò stupito

-      No abbiamo fatto tutte le analisi del caso e non riteniamo ci siano motivazione per un ricovero – rispose gentilmente Marian

-      Mi scusi sa non sono un esperto ma non dovrebbe essere spedito in una comunità ?-

Qui il dottore si perse anzi pensava lui di aver perso Alexander.

-      Forse mi sono espresso male, il suo amico sta bene tutto sommato, forse era solo stressato –

-      Stressato da che ? Dalla droga ? – sghignazzò malevolo l’altro.

Il dottor Marian aprì la bocca e poi la richiusa più volte come un pesce.

Poi si riprese : - Mi scusi non ha portato lei il signor MacLaoud qui ?-

-      Dire proprio di si –

-      Allora dovrebbe sapere che non è drogato –

-      Io non dovrei sapere proprio un bel niente ! Passavo di lì per caso – gli gridò Alex ad un certo punto.

-      Quindi lei non conosce il signore in questione ? –

-      NO! – ribadì Alex.

Il dottore meditò qualche secondo e poi operò una strana trasformazione da Dottore-amico-comprensivo a Impiegato statale-ligio al regolamento.

-      Se è così mi dispiace ma a questo punto non posso più parlare con lei delle condizioni del paziente – puntualizzò serafico.

Alexander rimase di sasso, ma come ,si era ritrovato in una situazione imbarazzante, si era accollato quel corpo inerme per tre rampe di scale di metro , aveva frugato nella borsa altrui in cerca di un documento da dare al pronto soccorso.

-      Senta, io ho già avuto una mattinata infernale, sono rimasto qui perché lei mi ha detto di farlo, e mi ha anche autorizzato a trovare i documenti del tizio quando avrebbe dovuto farlo lei –

-      Ma io………..-

-      Ma lei un corno ! Lei non ha idea di chi sono io, ha abbastanza materiale per trascinarla in tribunale per mancata riservatezza sul rapporto medico-paziente, quindi se non vuole che lo faccia veramente sputi il rospo –

-      Come le ho già detto ci deve essere stato un equivoco, io ho pensato che…. Lei è arrivato qui….- balbettò il dottorino.

-      La smetta di blaterare a vanvera,le assicuro che la donna con cui ho parlato al telefono e che amica del tizio è in polizia e mi ha autorizzato ad avere tutte le informazione del caso, vuole vedersela con lei quando arriverà ?-

-      Ma che sta dicendo? –

-      Sto dicendo che quella donna al momento è in servizio e mi ha chiesto di rimanere fino a quando non smonterà e di raccogliere tutte le notizie del caso , ecco cosa –

-      Questo non cambia le cose, lei non è un parente e se neanche la signora in questione lo è la faccenda finisce qui - .

Finì veramente li.

Il dottore lo lasciò nella stanza e ritornò da suoi pazienti.

E ora?

Che fare?

Maledizione, in tutta l’agitazione che aveva causato il suo arrivo al pronto soccorso non si era reso conto delle sue azioni, prima fra tutte la telefonata alla polizia per segnalare il drogato, caso mai i servizi sociali se lo fossero perso.

Al suo nome però si era  generato un parapiglia di immani proporzioni che lo aveva tenuto una buona mezz’ora al telefono mentre veniva passato di agente in agente fino ad un’altra sezione.

Li una donna che si era spacciata per un collega del presunto drogato, al sentire cosa era successo si era fatta prendere da una crisi isterica in piena regola, detto fatto lui si era dovuto accollare delle responsabilità non sue ed era li ormai da due ore in attesa di una donna che non aveva mai visto ma solo sentito.

Che bella giornata davvero.

 

                                     

 

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Camille non riusciva a credere a ciò che era successo, anzi al contrario se lo aspettava da giorni ormai, i presupposti c’erano tutti, il cambiamento nel tempo lo stress ,  il Natale imminente tutte cose che acuivano i malesseri di D.

Meno male che quando era successo non era solo ma c’era qualcuno con lui, poveretto lo aveva letteralmente aggredito.

Il suo spirito da chioccia aveva avuto la meglio come sempre gli diceva D.

La prendeva sempre in giro sul fatto che siccome stava provando ad avere un figlio faceva pratica di maternità con lui.

Che adorabile ragazzo che era………………….almeno finché non apriva bocca.

Imbottigliata nel traffico delle 10:00 Camille malediceva ogni utente della strada motorizzato, ma come si potevano ridurre così le strade?

La gente ormai doveva essere tutta al lavoro no?

Cosa ci faceva tutta per strada?

Meno male che l’ospedale era a due isolati di distanza, avrebbe potuta farsela a piedi ma dovendo Riportare D a casa la macchina era d’obbligo.

Ci mise una buona mezz’ora per arrivare e un quarto d’ora per trovare un parcheggio sotterraneo a pagamento.

Maledizione!

Intabarrata fino al collo nel suo cappotto scuro con cappello e sciarpa, si diresse pattinando letteralmente sul ghiaccio del marciapiede verso l’ospedale.

Come al solito il freddo e il ghiaccio aumentavano la clientela e farsi dare retta da un infermiera o un dottore era quasi impossibile, all’accettazione riuscì ad avere udienza presso il capo delle infermiere.

-      Mi scusi, sto cercando un mio collega è arrivato questa mattina presto verso le 9:00, si chiama Damon MacLaud è un poliziotto –

L’infermiera la guardò con l’espressione tipica di tutte le infermiere oberate dal lavoro.

-      Un’ attimo che controllo – svanì letteralmente dietro un separé e riemerse dopo dieci minuti.

-      Terzo piano, day -hospital-  detto questo si disinteressò di lei.

Camille iniziò l’impresa impossibile di districarsi nei corridoi labirintici dell’ospedale, corridoi bianchi, sedili alle pareti, piante verdi, ascensori ecc.

Chiese un paio di volte e poi arrivò al reparto.

L’infermiera di turno la bloccò e le chiese conto di chi fosse e dove volesse andare perché: - Sa è passato l’orario di visita –

-      Un mio collega è qui sono venuta a fargli visita –

-      Un poliziotto per caso ?– chiese animatamente l’infermiera stupendo Camille

-      S-si -

-      Meno male, cos’ potrà portarlo a casa-

-      Che ha combinato? – con D non era questione di se ma di cosa facesse.

-      Cosa non ha combinato, ha tentato di andarsene prima del suo arrivo e senza il consenso del medico –

Camille non aveva dubbi in proposito, D sapeva bene di averla fatta stare in pensiero e far stare in pensiero lei aveva delle conseguenze.

Tremende conseguenze.