Light and Darkness

parte I

di Pi-chan e Mokona



L'aria sembrava sfrigolare intorno alla sua testa, la magia fluiva dalle sue dita formando scie di luce rossa infuocata.
Alexiel strinse i denti nel tentativo di tenere insieme la rune magiche che componevano il suo scudo difensivo; la fronte era imperlata di sudore e gli occhi verdi da gatto stretti a fessura, concentrati.
"Forte, troppo forte".
Questa volta non era sicuro di farcela.
Seregil aveva fatto notevoli progressi dal loro ultimo incontro ed adesso stava dando il meglio di sé per annientare definitivamente quello che per due secoli era stato il suo più acerrimo nemico.
Poteva scorgerlo attraverso le saette e la scintille del potere immenso e concentrato che imperversava tra loro: i capelli rossi agitati da un vento innaturale, gli occhi azzurri accesi dalla luce dell'odio.
"Stavolta mi ammazza sul serio"
Si sorprese della calma lucidità con cui aveva formulato quest'ultimo pensiero.
In un terribile momento, che avrebbe potuto essere anche l'ultimo della sua lunghissima vita, vide la postura del proprio avversario cambiare leggermente, tendersi come per raccogliere una forza immensa e le labbra schiudersi in un leggero, obliquo sorriso che probabilmente voleva rappresentare l'ultimo addio ad un vecchio ed odiato nemico.
E come un'eco, i pensieri di Seregil si estesero alla mente di Alexiel, attraversandola:
"Và all'Inferno!"
Nel brevissimo istante prima di ricevere il colpo di grazia, lo stregone ebbe il tempo di pensare con una punta di ironia che l'odio di tali parole non rifletteva affatto la bontà innata di cui gli elfi si vantavano tanto dalla loro posizione di presunta superiorità.
Poi si tese, aspettando una fine che però non venne.
Dopo qualche secondo di perplessità aprì gli occhi, trovandosi così a fissare con sconcerto il corpo di Seregil, privo di sensi, accasciato sull'erba.
La sua espressione di stupore doveva essere veramente buffa a giudicare dal fragore della risata che la accolse.
Alzando lo sguardo,Alexiel poté finalmente incontrare gli occhi del suo salvatore: il gigantesco trol era piegato in due e le sue enormi spalle fremevano, scosse da un insopprimibile attacco di risa.
"Dannazione a te Grun!!"
L'ira nella voce del padrone fece tornare immediatamente seria l'espressione della creatura.
"Che accidenti hai fatto?!!"
"L-l'ho colpito alle spalle signore..."
"Questo lo vedo! Ma è sleale, non capisci?!!"
"Perdonatemi, ma vi avrebbe ucciso..."
Le folte sopracciglia di Alexiel si distesero e le spalle si rilassarono.
"Sì, hai ragione."
Riconobbe infine con un sospiro mesto.
Grun aveva agito solo per proteggerlo e, se non l'avesse fatto, sicuramente lui a quell'ora sarebbe morto...
"Hai fatto un buon lavoro Grun, puoi andare; aspettami al castello, io arrivo subito."
Detto ciò si chinò sul corpo di Seregil, mentre una piccola parte della sua mente registrava il rumore pesante dei passi del trol che si allontanava speditamente.
Accucciato sulle gambe, Alexiel si soffermò ad osservare quello che era il suo più acerrimo nemico.
L'elfo era sdraiato su un fianco, le morbide, ma lacere, vesti verde bosco facevano risaltare la chioma rossa, lunga fino alle spalle, che ricadeva sul viso, coprendolo.
Il mantello e la camicia erano strappati nel punto in cui la pesante mazza di Grun aveva sferrato il suo micidiale colpo, ed il sangue macchiava l'erba.
Alexiel sapeva cosa avrebbe dovuto fare: avrebbe dovuto ucciderlo lì, subito e senza esitazioni
Eppure non riusciva a decidersi.
In fondo che onore ci sarebbe stato in una vittoria del genere? Finire un avversario privo di sensi dopo averlo colpito alle spalle... lui, che si vantava di essere il più grande stregone delle quattro terre... Inammissibile!
Ma come dimenticare d'altra parte tutte le pene, le difficoltà che quel bastardo gli aveva fatto passare!
E quante volte aveva maledetto il suo nome, giurando a se stesso di ucciderlo tra mille tormenti... come dimenticare due secoli d'odio?!
Non poteva certo lasciarlo libero!
Mentre formulava questi pensieri, lo stregone sporse la mano quasi inconsciamente nel gesto di scostare i capelli dal viso di Seregil, rendendosi improvvisamente conto di non aver mai toccato prima d'ora il suo avversario: i loro scontri si svolgevano esclusivamente a colpi d'incantesimi e nessuno dei due aveva mai neppure sfiorato l'altro... A pensarci bene, questa era la prima volta che lo vedeva da vicino.
Intanto le sue dita si erano posate sulle tempie dell'elfo ed avevano spinto in modo un po' impacciato le folte ciocche ramate dietro le orecchie appuntite di Seregil.
Nonostante anch'egli, come Alexiel, avesse più di 500 anni, il suo volto era quello di un giovane dall'ossatura fine e delicatamente modellata tipica degli elfi.
Il naso era dritto e spruzzato di una manciata di lentiggini, appena più scure della tipica carnagione pallida elfica.
La bocca era l'unica vera macchia di colore in quel volto chiaro: era decisamente rossa e piena, anche se in quel momento risultava leggermente distorta a causa del dolore che la ferita doveva procurargli...
"O forse è solo la rabbia per non essere riuscito ad ammazzarmi nemmeno stavolta..."
Pensò Alexiel, anche se un po' meno acidamente di come avrebbe dovuto...
Il problema rimaneva comunque immutato: che fare di Seregil adesso?
Dopo qualche momento di esitazione, lo stregone finalmente si decise.
Era sempre stato un tipo impulsivo, ma questo superava ogni altra avventatezza mai compiuta in 500 anni di vita.
Passò delicatamente un braccio muscoloso sotto le spalla ferite dell'elfo e l'altro sotto le ginocchia, sollevandolo recitò dunque la formula magica che di lì a poco lo avrebbe portato a casa, nella terra perduta di Messier, sulla quale da più di 1000 anni non si era più posato sguardo umano... o elfico.


"Una gallina che starnazza. Una gallina con gli occhi grandi come tazzine da caffè!"
Alexiel non poté fare a meno di sorridere.
"Che accidenti hai da sghignazzare, razza di disgraziato incosciente?!! Volevo fare di te uno stregone, e invece, dopo 500 anni di lavoro, mi trovo tra le mani un ragazzino!!"
Da più di due ore Duncan marciava avanti e indietro nel grande salone est del castello, inveendo contro l'ex allievo.
Duncan era stato il maestro di Alexiel, aveva non meno di 1500 anni ed i capelli erano ormai una cascata argentea attorno al viso ossuto e stravolto.
Lo stregone guardò l' "anziano" insegnante con affetto.
"Te l'ho detto, anche se oggi mi ha quasi sconfitto, ora che si trova nel mio regno è impotente come un bambino!
Questa è la mia casa, qui ogni cosa è impregnata della mia magia e ciò rende la mia forza illimitata!"
"La MIA casa, il MIO regno, a MIA magia!"
Lo scimmiottò irosamente Duncan.
"Ti ricordo, ragazzino, che IO ho portato questo castello e queste terre più di 1000 anni fa proprio per salvarlo dalla follia di uomini ed elfi, e adesso tu porti qui il nostro più temibile nemico!!"
"Non potevo ucciderlo, lo sai! Che onore ci sarebbe stato?!"
"Al diavolo l'onore! Quel bastardo ci ha messo i bastoni tra le ruote per due secoli e tu vai a pensare all'onore?!! A cosa ti servirà quando sarai morto?!"
L'occhiata che gli lanciò Duncan paralizzò Alexiel bloccandolo sulla sedia.
Era come se quegli occhi gialli da rapace lo stessero trapassando.
Lo stregone cercò di sottrarsi a quello sguardo, ma non poteva muoversi.
Alla fine Duncan sbattè le palpebre, e fu come se un peso enorme fosse scivolato via dal petto di Alexiel.
"E va bene ragazzo, ma mi auguro che sia veramente soltanto una questione di onore..."
Detto questo scivolò via dalla stanza come un gatto, senza che Alexiel ne cogliesse il movimento, o forse tornò semplicemente a mischiarsi tra le mille ombre che da secoli si annidavano negli angoli bui dell'immenso castello.
Il silenzio era insopportabilmente pesante, così lo stregone decise di muoversi un po' per distogliere la mente dall'opprimente senso di vuoto che ogni tanto si affacciava nell'anima.
500 anni.
500 anni di vita dedicati alla magia ed allo studio.
500 anni di sacrifici e di solitudine...
Era cresciuto nella terra di Messier, allevato dal suo maestro che lo aveva strappato dalle braccia della madre quando era ancora in fasce per fare di lui il "Mishlà", "la salvezza del genere umano", il più grande stregone mai vissuto.
E lui c'era riuscito.
Aveva dato anima e corpo nel suo apprendistato, aveva riempito la testa di migliaia di formule e simboli magici, senza rendersi conto di starsi svuotando pian piano il cuore, spogliandolo di tutti i sentimenti propri di un essere umano.
Non aveva mai veramente amato qualcuno: l'unico essere umano che non lo guardasse con timore reverenziale era Duncan che, per quanto gli fosse affezionato, non era neppure vagamente paragonabile ad un padre.
Era cresciuto tra le creature fatate che popolano Messier, e quando Duncan, due secoli addietro, lo aveva presentato al gran consiglio di Arcadia come il tanto atteso Mishlà, nessuno aveva avuto il coraggio di avvicinarlo.
Tutti lo temevano, perfino le persone che stava così strenuamente difendendo, partecipando ad una guerra che, in fondo, non aveva mai sentito sua.
Uomini ed elfi si combattevano da tempi ancestrali, ormai nessuno, nemmeno Duncan, ricordava più quale fosse stata la scintilla che aveva originato un fuoco tanto distruttivo: quello della guerra, della morte e della distruzione.
Nessuno aveva mai pensato di porre fine al conflitto se non con l'annientamento di uno dei due popoli...
Senza rendersene conto, perso com'era nei suoi cupi pensieri, Alexiel si ritrovò davanti alla stanza in cui Seregil veniva curato e tenuto sotto chiave.
Dicendosi che in fondo era suo dovere controllare il prigioniero ogni tanto, girò la maniglia ed entrò.
Il letto era addossato alla parete, accanto ad esso vi era uno scrittoio e nel camino scoppiettava un grosso ceppo: non aveva affatto l'aria di una prigione...
Willow, l'anziana ninfa dei boschi che un tempo era stata la sua nutrice e alla quale erano ora affidate le cure del prigioniero, gli sorrise vedendolo entrare.
"Allora, come sta? Ha la pelle dura il bastardo, eh?".
Così dicendo Alexiel si avvicinò al letto dove Seregil riposava serenamente, avvolto in calde coperte.
La testa era girata di lato, verso il muro, così che lo stregone dovette sporgersi per guardarlo in volto. Il viso dell'elfo adesso era rilassato e pulito, le labbra leggermente schiuse ed i capelli sparsi sul cuscino come una cascata di fuoco liquido.
Allungando una mano a sfiorargli la guancia, si stupì della morbidezza della pelle.
Risalì con il dito fino alla tempia, per seguire poi l'arco delle sottili sopracciglia ramate.
Possibile che fosse quello il nemico che per tanto tempo aveva combattuto?
Possibile che non provasse odio nel vederlo?
Per quanto sorprendente potesse essere, si accorse di non sentire dentro di sé altro che stupore dovuto alla scoperta che il nemico tanto temuto era in realtà una creatura dalla bellezza quasi ultraterrena...
Un pensiero lo colse all'improvviso lo colpì facendolo sussultare violentemente ed arrossire di colpo: Willow!!
Non poteva credere di essersi lasciato sorprendere in un atteggiamento tanto compromettente da occhi che, per quanto familiari, erano comunque indiscreti!
Ma, quando si voltò, vide che il volto dell'anziana ninfa era disteso in un tenero sorriso e, dopo essersi congedata con un cenno del capo, uscì silenziosamente dalla stanza.


Dolore, confusione, rabbia.
Queste furono le prime impressioni di Seregil quando cominciò a tornare in sé, lottando contro il fiume d'incoscienza che minacciava di travolgerlo nuovamente.
Aveva la testa pesante ed un dolore indistinto diffuso in tutto il corpo.
Piano piano sbattè le palpebre, una volta, due... Ma la nebbia non voleva dissiparsi... ed aveva la bocca impastata.
Sete; aveva sete.
Come se gli avessero letto nel pensiero, sentì una mano posarglisi delicatamente sulla nuca, sollevandogli la testa ed accostandogli alle labbra una ciotola d'acqua.
Goccia dopo goccia, la vita tornò nel corpo dell'elfo che finalmente riuscì a mettere a fuoco ciò che gli stava intorno.
Un volto era chino su di lui.
Lineamenti forti, occhi verdi, sopracciglia folte, naso dritto, bocca rossa e carnosa; carnagione lievemente abbronzata e folti capelli biondi, lunghi e morbidi...
"Che bell'uomo!"
Ebbe il tempo di pensare prima di rendersi conto di CHI stava effettivamente guardando: Alexiel!!
Gli occhi azzurri dell'elfo si sgranarono per lo stupore ed il cuore fece un balzo nel petto!
...Il combattimento, il dolore e poi il buio...
Ora ricordava tutto!
Ma cosa stava facendo ora il suo nemico?
Perché non lo uccideva?
E cos'erano quelle coltri morbide attorno al suo corpo?
Coperte??!!
Era sdraiato su un letto!
Fasce pulite gli comprimevano leggermente il petto per proteggere la ferita...
Avrebbe voluto dire mille cose, ma le parole gli incespicavano sulle labbra, morendovi, rispecchiando il caos dei suoi pensieri.
"Finalmente ti sei svegliato!"
Il volto di quell'uomo (no, non poteva essere il suo nemico!! Non poteva essere lui!!), si era disteso in un ampio sorriso che gli illuminava il viso, facendo brillare gli occhi; eppure la sua voce tremava lievemente, come se anche lui fosse a disagio...
"Vigliacco!"
La voce gli uscì in un sibilo dai polmoni e la frustrazione per non poter esprimere pienamente la propria rabbia ingigantì, quando si rese conto di non riuscire a lanciare nemmeno il più banale degli incantesimi.
"Spiacente vecchio mio!"
Lo interruppe Alexiel con una punta di maliziosa ironia.
"Nel mio regno tu sei del tutto impotente, completamente in mia balia!"
"Nel tuo regno?! Siamo a Messier?!!"
Seregil era incredulo: davvero si trovava nella terra perduta di Messier?
Il sorriso dello stregone fu una risposta sufficiente.
"Mi hai colpito alle spalle."
Alexiel scosse lievemente la chioma bionda.
"Mi dispiace, il mio trol voleva solo salvarmi la vita, non gli ho chiesto io di intervenire."
"Allora non dovresti dispiacertene, visto che altrimenti saresti morto!"
Il tono acido delle parole di Seregil lasciò un sapore stranamente amaro nell'animo di Alexiel.
"Alzati. Devi mangiare."
Replicò questi gelidamente.
Il sibilo che uscì dalle labbra dell'elfo voleva essere una risata.
"Perché ti preoccupi tanto? Dovresti uccidermi, anzi avresti dovuto averlo già fatto! Da quanto sono qui?"
"Un giorno. E comunque l'unico motivo per cui non ti uccido è che in ciò non ci sarebbe alcun onore: il mio trol ti ha colpito a tradimento."
"... Sei stato il mio avversario per due secoli... Ti credevo più furbo."
Le parole di Seregil uscirono smorzate da un gemito di sofferenza provocato dallo sforzo di alzarsi.
Alexiel gli passò una mano dietro le spalle, ma l'elfo lo fissò inorridito, tentando di divincolarsi.
"Va' all'inferno!! Lasciami!!"
Ma i suoi sforzi furono vani e le braccia muscolose dello stregone lo sorressero, mettendolo in posizione seduta e sistemandogli un cuscino dietro la schiena perché potesse stare comodo.
Alexiel porse poi al prigioniero una ciotola di brodo fumante, mentre questi lo fulminava con lo sguardo più gelido di cui era capace.
Non riusciva a capire: il suo mortale nemico voleva forse vendicarsi di lui infliggendogli un'umiliazione senza pari, prima di ucciderlo?
Lo aveva salvato, curato, trattato come un bambino e lo aveva privato dei suoi incantesimi!
Sicuramente si divertiva nel vederlo così vulnerabile ed impotente!
Si costrinse a ricacciare indietro lacrime di frustrazione, concentrandosi nello sforzo immenso di portare il cucchiaio alla bocca.
Nonostante la mano gli tremasse pietosamente ed il sangue gli pulsasse delicatamente nelle tempie, non poteva dare allo stregone la soddisfazione di imboccarlo, così strinse i denti e proseguì quell'agonizzante cena, tenendo lo sguardo fisso sulla ciotola del brodo per evitare gli occhi sicuramente divertiti di Alexiel.
Improvvisamente sentì qualcosa di simile ad un mantello che gli veniva posto sulle spalle e solo allora si rese conto con costernato stupore di essere completamente nudo.
A questa scoperta, quasi si strozzò con la cucchiaiata di brodo che aveva in bocca, lasciando che il rimanente si versasse sulle coperte.


"Perché non lo odio?! E' evidente che lui non vorrebbe altro che piantarmi un coltello nel cuore, mentre io... io provo quasi... NO!! Ma cosa accidenti vado a pensare?!!"
Alexiel tentò di riprendere il controllo di sé, ma lo sguardo furente di Seregil lo scombussolava.
"Che mi sta succedendo?"
"Alzati. Devi mangiare." Si sentì dire con voce innaturalmente fredda.
La risposta acida dell'elfo lo ferì come mille lame ed ancora più doloroso fu il suo tentativo disperato di sottrarsi al suo "abbraccio".
"Maledizione! Mi sento idiota come un ragazzino innamorato!! Io devo odiarlo! Odiarlo!!" Ma le ultime difese di Alexiel crollarono quando si rese conto che, nel mettersi seduto, Seregil aveva fatto scivolare via le coperte rivelando il corpo candido e nudo fino alla vita.
Nonostante la fasciatura gli coprisse parte del torace, lo stregone non potè fare a meno di notare la perfezione degli arti, il contorno ben disegnato dei muscoli, delle spalle, il ventre piatto e leggermente scolpito, l'ombellico e poi, ancora nascosto dalle coperte... MA COSA ACCIDENTI STAVA PENSANDO??!!
Una parte della sua mente inorridiva a quel pensiero, mentre il resto del suo essere non riusciva a distogliere la propria attenzione dalle mani lunghe, ben modellate, adatte a tracciare rune ed incantesimi, cingere tremanti la ciotola del brodo e contrarsi nello sforzo di portare il cucchiaio alle labbra.
Quelle labbra che si muovevano in modo inconsciamente sensuale, chiudendosi sul cucchiaio ad ogni sorsata, rosse, piene.
Gli occhi prepotentemente fissi in grembo, decisi ad evitare il suo sguardo, erano lievemente arrossati.
Tutto ciò doveva essere estremamente umiliante...
Una ciocca di capelli gli scese sul viso e Alexiel si sorprese nel gesto di scostarla, ma riuscì miracolosamente a riprendersi in tempo.
Questa Seregil non gliel'avrebbe perdonata.
Doveva assolutamente fare qualcosa, prima che la vista di quel corpo lo facesse impazzire!
Alzandosi dalla sedia dove si era sistemato, afferrò il mantello di pelliccia appoggiato sullo scrittoio e lo adagiò delicatamente sulle spalle dell'elfo.
Questi, come risvegliandosi da un sogno,   sussultò all'improvvisa consapevolezza della propria nudità,versando il brodo sulla coperta che gli copriva il grembo.
Alexiel,ansioso di riparare al proprio sbaglio,tentò di togliere la coperta in questione per sostituirla con una pulita, ma Seregil, vedendosi strappare quell'unico riparo, vi si aggrappò con tutta la poca forza di cui disponeva in quel momento, sbilanciandosi e cadendo dal letto,s ul freddo pavimento di pietra.
Alexiel, con la coperta ancora stretta tra le mani, rimase per un incredulo attimo a fissare la scena, che avrebbe potuto essere buffa, se non fosse stato per i singhiozzi che adesso scuotevano le spalle dell'elfo raggomitolato sul pavimento, col volto nascosto, premuto contro le pietre sotto di lui.
Lo stregone si rese conto con un doloroso vuoto allo stomaco, di ciò che aveva fatto e si affrettò a coprire la nudità di Seregil con il mantello, accucciandosi acanto a lui.
"Va' all'inferno!! Ti diverti così tanto?!! Mi hai sconfitto, ma non è abbastanza: devi anche umiliarmi, vero??!! Cosa vuoi da me? Che strisci ai tuoi piedi? Bhè, è esattamente quello che sto facendo adesso!!"
Il corpo dell'elfo era tutto un tremito ed il viso era rigato di lacrime, disperato, rabbioso.
"Cosa ho fatto..."
Fu tutto ciò che Alexiel riuscì a pensare in quel momento.
"Mi dispiace... Io non volevo... No, non interrompermi! Non era mia intenzione umiliarti: come ti ho detto, ti ho risparmiato la vita solo perché non mi sono comportato con onore. Ciò che ho fatto stasera, nonostante la maldestria, voleva solo essere ospitalità. Sei mio ospite Seregil, volente o nolente e non ti verrà fatto alcun male o recata alcuna offesa"
Nonostante quelle parole rassicuranti, l'elfo continuava ad essere teso e le lacrime non volevano fermarsi, a dispetto dei penosi tentativi di riassumere un contegno dignitoso.
Così Alexiel, dicendosi che per quella sera doveva averne avuto abbastanza, operò su di lui l'incantesimo del sonno, in modo da farlo addormentare ponendo così fine a quel disastroso incontro.
Lo stregone sorresse Seregil prima che questi potesse cadere a terra e lo adagiò nuovamente sul letto, cambiando però le coperte.


Aria, aveva bisogno di aria.
E cielo.
E spazio abbastanza vasto da contenere il tumulto dei suoi pensieri.
Vento sul viso ancora arrossato per l'imbarazzo, tra i capelli fluenti come oro liquido.
Rosso.
Il sole al tramonto era sempre stupendo, in quelle rare occasioni in cui aveva modo di vederlo: quando non era impegnato a studiare incantesimi o a pianificare micidiali strategie di guerra.
Fortunatamente quel giorno i comandanti e gli ufficiali non avevano richiesto la sua presenza al consiglio, così poteva disporre a proprio piacimento di quel tempo libero.
Così aveva approfittato per salire sulla torre più alta del castello, il luogo che maggiormente preferiva, dal quale poteva far vagare lo sguardo su tutti i confini di Messier: ad est lo sconfinato mare di Hale, a nord le distese gelate di Chiron, dimora degli anziani saggi, unici custodi della storia antica; a sud le montagne di Deimos e ad ovest le foreste e le pianure che ora avevano assunto le tonalità rosseggianti del sole morente.
Quanto amava quelle terre... Non osava neppure pensare al pericolo che esse avevano corso durante la guerra, prima che Duncan le avvolgesse in una rete di incantesimi talmente fitta da renderle inaccessibili per chiunque, umano o elfo.
Uomini ed elfi: le due razza che si combattevano da ere ed ere, impregnando il mondo di sangue e saturandolo di grida di morte.
Aveva visto elfi uccidere bambini e umani violentare donne eliche; aveva visto crudeltà e sangue indistintamente sia dall'una che dall'altra parte.
"Perché?"
La domanda balenò amara nella sua mente.
"Perché tutto questo? Possibile che nessuno abbia mai pensato di porvi fine?"
Poi un'idea iniziò a prendere forma nella sua mente:
"Sono il più grande stregone di tutti i tempi... e se anche Seregil... Allora potremmo fare pressione su entrambi i popoli, convincerli... E poi smetterebbe di odiarmi!"
Non potè impedire che gli si formasse un nodo proprio all'imboccatura dello stomaco pensando all'elfo: loro due vicini, uniti!


La mattina successiva, Alexiel si sorprese nel trovare Seregil sveglio, seduto sul letto ed intento a chiacchierare tranquillamente con Willow.
Quando l'elfo si accorse della presenza dello stregone, però, i suoi occhi si rabbuiarono e le guance si tinsero di un violento rossore.
"Mi dispiace disturbarvi".
Esordì Alexiel, "Ma volevo vedere come ti sentivi stamani".
Riprese poi rivolto a Seregil, il quale aveva però voltato la testa contro il muro per evitare il suo sguardo.
"Ha solo bisogno di tempo."
Sussurrò Willow nell'orecchio dello stregone, probabilmente notando la sua espressione ferita.
Alexiel, colto alla sprovvista da quell'inaspettato incoraggiamento, annuì col capo sedendosi al bordo del letto, mentre la ninfa usciva in silenzio.
L'elfo si rifiutava ancora di guardarlo.
"Ho una proposta da farti."
Si decise infine a dire lo stregone.
"Che genere di proposta?"
Chiese teso l'elfo, senza volgere la testa.
"La pace".
A quelle parole il viso etereo di Seregil si girò di scatto per fronteggiare l'altro, che non potè fare a meno di ammirare con un misto di desiderio e timore, la profondità degli occhi azzurri e la curva morbida della bocca del proprio interlocutore.
"Che vuoi dire?".
Alexiel sorrise e si lanciò nell'esposizione del proprio progetto.
Convincere l'elfo non fu facile: Alexiel vi impiegò ben due settimane.
Quindici giorni trascorsi insieme dall'alba al tramonto, discorrendo di guerra, pace, filosofia ed etica; cavalcando sulla scogliera, seduti sulla spiaggia o davanti al camino, cenando insieme nel grande salone del castello.
Fu proprio durante una di quelle sere che scattò l'interruttore destinato a cambiare per sempre il corso delle loro vite, sconvolgendole.



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