Incubi nella notte

di Laura

 

Mani. Tante mani. Troppe.

Mani che lo toccavano. Mani che lo violavano, che lo scrutavano vogliose sotto i leggeri vestiti in un contatto troppo intimo.

Le sentiva dappertutto.

Cercava di divincolarsi, di scappare, di urlare. Ma una di quelle mani gli tappava la bocca togliendogli il respiro.

Calde lacrime iniziarono a scendere lungo le gote arrossate.

Lacrime di disperazione.

Lacrime di angoscia.

E poi all’improvviso…una di quelle sudice mani si fece più audace e gli strappò i pantaloni…

 

Si svegliò di soprassalto e si mise a sedere sul letto. Era stato solo un brutto incubo e lui si trovava ancora tra le braccia del suo bel bonzo.

Ancora lo stesso incubo. Ancora lo stesso ricordo.

Ogni volta che si trovavano a dover chiedere ospitalità in un tempio era sempre la stessa storia: si ritrovava a ripensare e a sognare in continuazione quel episodio avvenuto tanti anni prima a Cho’An. Sognava il giorno dell’innocenza perduta.

Questa volta non era stata diversa dalle altre. Non appena si era addormentato i ricordi erano riaffiorati più vividi che mai.

E poi…poi quel pomeriggio, quando erano appena arrivati a quel tempio, li aveva visti. Aveva visto come i monaci lo osservavano. Aveva visto i loro sguardi eccitati mentre lo spogliavano con gli occhi.

Si era stretto ancora di più a Sanzo implorandolo silenziosamente di abbandonare quell’orribile posto. Ma bisognava essere obbiettivi: avevano tutti bisogno di riposo e quello era l’unico posto abitato che avevano incontrato dopo molti giorni di viaggio.

E così erano rimasti. E con loro anche i suoi incubi e i suoi ricordi.

 

Ma basta pensare altrimenti sarebbe scoppiato a piangere e avrebbe svegliato Sanzo. L’ultima cosa che voleva era leggere la preoccupazione in quegli splendidi occhi viola.

Il suo Sanzo.

Lo amava alla follia. Non c’era da stupirsi di questo. Il monaco, tanto freddo e scorbutico con gli altri, era in grado di capirlo senza bisogno che lui parlasse. Lo capiva e gli stava vicino.

Sempre.

Anche quella sera.

Prima di addormentarsi avevano fatto l’amore, ma mai come prima. Sanzo, intuendo i suoi cupi pensieri, lo aveva preso con tanta dolcezza e delicatezza da lasciarlo quasi senza fiato. Poi l’aveva coccolato a lungo per tranquillizzarlo e mettere a tacere le grida della sua anima straziata da quei dolorosi ricordi.

 

Ma ora era di nuovo sveglio…spaventato nel buio di quella camera.

 

Aria. Aveva bisogno di prendere un po’ d’aria per riuscire a riordinare le idee.

Si alzò piano dal letto, si vestì silenziosamente e si diresse verso il giardino del tempio.

Lì, era sicuro, nessuno sarebbe andato a disturbarlo e lui avrebbe potuto tranquillizzarsi.

Una grande quercia, nell’angolo più nascosto del prato, sembrava invitarlo a sedercisi sotto.

E così fece. Si sdraiò nell’erba profumata e cercò di cancellare ogni brutto pensiero.

 

Era passato solo qualche minuto da quando era arrivato che udì delle voci.

Cosa stava succedendo? Si alzò per cercare di capirlo e…e si trovò di fronte a dei monaci.

Erano solo in due ma erano palesemente ubriachi. Probabilmente erano usciti di nascosto dalle loro camere per fare un po’ di baldoria. Ed ora avevano trovato l’attrazione principale della serata.

Era letteralmente terrorizzato.

 

-Ma guarda un po’ cosa abbiamo qui! Ma sbaglio o è quel ragazzino arrivato oggi insieme al Venerabile Sanzo?- iniziò uno dei due, strascicando le parole.

 

-No, non ti sbagli. Ma ora è solo…e tu sai che non è bello lasciare gli ospiti senza un po’ di compagnia. Magari vuole venire a divertirsi un po’ con noi…- concluse il secondo iniziando ad avvicinarsi pericolosamente.

 

Era paralizzato. Sapeva che poteva liberarsi di quei due come e quando voleva ma…ma non riusciva più a pensare, il suo corpo non rispondeva nemmeno più ai comandi che gli stava impartendo.

L’unico gesto, disperato, che riuscì a fare fu quello di allontanare bruscamente la mano di uno dei due che iniziava ad accarezzargli la guancia.

 

-Eh no! Così non va scimmietta!-

 

Scimmietta. Scimmietta. Scimmietta. Solo Sanzo poteva chiamarlo così!

 

-Che modi sono? Noi ti invitiamo a passare una bella serata in compagnia e tu che fai? Ci respingi così? Forse è ora che qualcuno ti insegni l’educazione…-

 

Una violenta sberla l’aveva appena colpito in piena faccia, seguita da un pugno nello stomaco.

Sentì le gambe tremare.

Un altro pugno arrivò e non poté fare altro che cadere a terra.

 

Il suo incubo. Il suo incubo stava tornando.

 

Gli furono subito addosso.

Uno di quei due infimi esseri lo teneva fermo mentre l’altro si spogliava velocemente ed iniziava a strofinare l’erezione gonfia sulla sua pancia e sull’interno delle cosce.

 

-Ma stai tranquillo…vedrai che non ti farà nessun male…ma tu dovrai stare buono…me lo prometti?-

 

E ora…lo stava baciando!

Per umiliarlo ancora di più.

Per farlo cadere ancora più in basso.

Per spezzare ogni sua volontà.

 

Non resistette più ed iniziò a piangere.

Iniziò a chiamare il nome di Sanzo. Lo chiamava con tutte le sue forze. Lo chiamava e sperava che il suo sole arrivasse per portarlo via, ancora una volta, dall’oscurità.

 

 

-GOKU! GOKU! GOKU! SVEGLIATI! È SOLO UN BRUTTO SOGNO! GOKU!-

 

Aprì gli occhi.

Era ancora nella sua camera.

Davanti a lui un Sanzo preoccupatissimo che cercava di svegliarlo.

Ma allora…era…era stato…solo…

 

-Si è stato solo un incubo- era stata la risposta del biondino.

Ecco. L’aveva fatto ancora. Lui non aveva aperto bocca ma Sanzo aveva capito perfettamente che cosa passava per la sua testa.

 

Si gettò tra le sue braccia e, nascondendo il viso nella spalla del suo amore, pianse. Pianse tanto.

Sanzo lo lasciò sfogare accarezzandogli piano i capelli.

Solo dopo qualche minuto si decise a rompere il silenzio.

 

-Sei proprio una stupida scimmia…credi che io potrei permettere che ti accada qualcosa di brutto? Io per primo so che i ricordi alle volte possono essere molto dolorosi ma…ma tu ora sei con me…non devi più avere paura…non sei più solo…-

Quelle parole erano state solo un sussurro ma nella sua anima scossa rimbombarono come un colpo di pistola.

 

Il suo Sanzo.

Il suo Sole.

 

Alzò piano la testa bruna e avvicinandosi alle labbra del suo ragazzo sussurrò dolcemente due paroline.

Due paroline così corte da sembrare insignificanti.

-Ti amo…-

 

E mentre i due ragazzi si univano in un dolce bacio, un timido raggio di sole entrò dalla finestra.

Un raggio di sole in grado di cancellare la notte e i suoi incubi.

 

 

FINE