Incomprensibile ti amo

di Akuma-chan

- Capitolo 2°- Lui, lui e l’altra -

Quando tornammo nei nostri alloggi era sera. Eravamo stati in giro tutto il giorno un’altra volta. Mi piaceva uscire con Louis. Era come se fossimo insieme... beh non proprio... ad ogni modo era il terzo giorno di fila che uscivamo e anche se non sentivo più le gambe non me ne preoccupavo perché con me c’era lui, e mi sorrideva.

Mi buttai sul letto a pancia ingiù e sbadigliai.

- Stanco?- fece lui levandosi la maglietta. Arrossii.

- Un po’...- dissi voltandomi dall’altra parte. Probabilmente lui lo notò, o forse no, ma ero troppo affaticato per badarci... forse...

- Ehi, Pierre?- mi chiamò. Mi voltai lentamente strofinando la faccia sul letto. Mi fissò con una strana espressione, ebbi quasi paura a vedergli la preoccupazione sul volto.

- Stai male? Sei tutto rosso. Non è che ti è venuta la febbre?- mi si sedette accanto e il suo tocco mi fece sussultare. Accidenti non ero rosso certo perché avevo la febbre! E adesso chissà in che condizioni era la mia faccia, con lui vicino che mi toccava la fronte... ovviamente senza la maglietta addosso!

- Non ti facevo così apprensivo...- riuscii a biascicare. Lui ritrasse piano la mano e si appoggiò con entrambe all’indietro, lasciando ciondolare anche la testa indietro.

- E io non ti facevo così pappamolle!-

Sorrisi. Non avevo voglia di litigare, e credo nemmeno lui. Era bello stare sdraiato sul letto con lui accanto che sorrideva al soffitto con il capo buttato indietro. Mi dava una sensazione di pace... forse stavo diventando pazzo sul serio! Però... ci avevo messo così poco per rendermi conto che mi piaceva Louis. In verità... da quando l’avevo lasciato, insieme a tutti i miei compagni della nazionale, mi era presa una strana nostalgia. Credevo fosse normale, dopotutto era il mio primo campionato del mondo. Però poi... poi quando Rose... mi aveva detto quelle cose...

 

Stavamo litigando ancora per una sciocchezza. A lei non andava giù il fatto che avessi accettato l’offerta del Paris Saint Germain, strano da pensare... ma stavamo urlando di nuovo.

- Ma che ne vuoi sapere tu di calcio!?-

- Ne so molto, caro mio!!- si era voltata stizzita - E ad ogni modo dovevi prima consultarmi!!-

- Eh?!- le avevo rivolto uno sguardo stralunato - Che cavolo dici?! Non ho certo bisogno del tuo appoggio per andare a giocare nella squadra giovanile più famosa di Francia!!-

Rosemarie si era girata di nuovo verso di me e aveva alzato ancora di più la voce.

- Credevo di contare qualcosa per te!-

Non ci ero rimasto a pensare su due volte e nell’impeto della rabbia gliel’avevo detto.

- Ehi, anche Napoleon conta qualcosa per me, ma non sono certo volato fino a casa sua per dirgli una cosa simile!!-

Le parole, ancora una volta, mi erano sfuggite di bocca senza passare del cervello... così, avevo detto una cosa del genere senza nemmeno rendermene conto. Ma lei l’aveva presa in modo normale, come se quel nome appena pronunciato da me fosse uno stupido esempio per dirle che avevo preso la decisione da solo.

- Ma la pianti di parlare di Napoleon?! Non è il tuo ragazzo!!-

- Nemmeno tu!!- le avevo urlato prima di voltarmi e sbattere la porta, uscendo. Da quel momento non l’avevo più vista. Era in quell’istante che avevo capito che il pensare a Louis non era solo un fatto di nostalgia. Ora il suo nome mi usciva dalle labbra senza che me ne rendessi conto! Ero rimasto sconcertato dai miei stessi sentimenti però... quando quel giorno l’avevo visto alla stazione, ero diventato così felice e avevo compreso che il fatto di voler stare insieme a lui mi procurava una serie di grandi emozioni, mai provate con nessuna ragazza... non che ne avessi avute tante, infondo non me ne era mai importato nulla nemmeno di avere un fan club di sole ragazze. E poi il fatto che Louis se ne andasse su e giù per la stanza mezzo nudo non aiutava certo le mie capacità di trattenermi dal saltargli addosso, capacità che ogni giorno perdevano punti... però era bello, Louis.

 

- Ti piaccio...?- mi chiese. Alzai la testa di scatto. Che?? Cosa?? Che cosa mi aveva appena chiesto?!... mi ero appisolato pensando al passato e ora lui aveva rimesso la mano sulla mia fronte facendomi quella domanda... e adesso? Deglutii cercando di ragionare.

- Tu...- iniziai, però Louis rise ed esclamò:

- Ma no, maniaco! Non io! Ti ho chiesto se ti piace la cucina giapponese!- disse ancora ridendo. Trassi un sospiro di sollievo, ma mi uscì uno sbadiglio. Evidentemente stavo ancora per metà nel mondo dei sogni! Accidenti adesso lo sognavo anche che mi chiedeva certe cose! Per fortuna Louis non prendeva la maggior parte delle cose sul serio, perciò mi tranquillizzai subito, anche se il cuore non accennava a rallentare un attimo!

- Umh... sì... credo...- gli risposi. Il mio compagno si rimise la maglietta ed aprì la porta.

- Ok, aspetta qui. Vado e torno! E non addormentarti ancora o la tua parte me la mangio io!-

- Sì, certo! Tanto pago io!- sbuffai rigirandomi. Napoleon era impossibile! Anche quel giorno gli avevo pagato colazione e pranzo, andava così da quando ero arrivato! La porta si richiuse ed io riaprii gli occhi. Il mio sguardo cadde fisso sul comodino, dove stavano alcuni contanti. Scommisi che Louis aveva dimenticato i soldi della cena e tra poco sarebbe tornato a prenderli, invece rialzandomi stancamente notai che c’era allegato un biglietto. Mi misi a sedere sul letto e afferrai quel pezzo di carta.

“Razza di tirchio, te l’avevo detto che te li avrei ridati!

Sono un uomo di parola io!”

Sorrisi. Erano i soldi di... beh, tutte le volte in cui aveva mangiato dal mio portafogli! Li contai, non sapevo esattamente quanto mi doveva, ma infondo non me ne importava molto... solo mi aveva fatto piacere il fatto che se ne fosse ricordato.

“P.s.: non stare a contarli, sono giusti... ma tanto l’avrai già fatto!”

Di fianco al P.S. c’era uno scarabocchio che doveva essere lui mentre mi faceva una linguaccia... sorrisi di nuovo. Allora non era solo un piantagrane manesco! E il fatto che si fosse ricordato di me mi riempì di felicità. Non avevo nemmeno più voglia di dormire!

Non avevo molto da pensare, mi distesi di nuovo sul letto, questa volta a pancia in su, e chiusi gli occhi ancora riflettendo su come mi trovavo bene con lui. Era bello abitare insieme, anche se proprio non avevamo diciotto anni, mancava un anno soltanto... e poi il fatto di stare nella stessa squadra e che tra un mese, alla fine dell’estate, sarebbero ripresi gli allenamenti, mi piaceva davvero molto! Anche se non avremmo frequentato la stessa scuola... ehi, un momento! Perché poi? Che differenza c’era tra una scuola e l’altra? Gliel’avrei chiesto appena Louis fosse rientrato.

 

- Si mangiaaaa! Ti piace il sushi? Ho detto il sushi, non Napoleon!- rise. Potevo sentirlo ugualmente, mentre ridacchiava. Probabilmente si era divertito a vedermi arrossire fino alla punta delle orecchie... non aprii gli occhi, facevo semplicemente finta di dormire. Non so perché mi fosse venuta un’idea tanto assurda, forse perché non mi andava di vedere Louis mentre rideva di me e così tenni gli occhi chiusi, giocando come un bambino. Silenzio. Non udii più nulla. Ad un tratto sentii qualcosa di caldo sfiorarmi il collo, sembrava quasi il tocco leggero di due dita, aprii gli occhi lentamente, infastidito. Per poco non caddi dal letto! Accidenti! Non mi aspettavo di... di... di...

- Si mangia, non mi hai sentito?- sussurrò Louis prima di allontanarsi da quei due millimetri che separavano le nostre labbra. Non mi resi conto di aver stretto i pugni.

- Ma sei scemo?! Vuoi farmi venire un infarto!?- gridai mentre me lo levavo di dosso.

- Scusa, ma non ti svegliavi! Almeno così sei scattante come un grillo!- sorrise cercando di discolparsi. Mi alzai dal letto e mi voltai verso la finestra con il fiatone e la faccia che sicuramente aveva un colorito da far invidia a un pomodoro!

- Tieni.- mi porse una scatoletta di sushi con le bacchette. Mi voltai lentamente e gli strappai di mano quell’affare. Non sapevo nemmeno io cosa mi stava prendendo, solo non mi aspettavo di vederlo così vicino a me... di vedere le sue iridi quasi incollate alle mie... e la sua bocca... accidenti!! Tirai un’imprecazione mentalmente, poi sospirai e mi sedetti sulla poltrona. Non parlavo, non perché fossi arrabbiato, ero talmente stato preso alla sprovvista che non sapevo cosa dire... e mi sentivo un idiota perché invece di approfittare della situazione e dargli un bacio l’avevo spinto via come se fosse l’ultima persona al mondo che avrei voluto avere vicino! Invece... Louis... era la prima. E non lo sapeva. Chissà come avrebbe reagito se l’avessi baciato? Probabilmente da manesco qual è mi avrebbe mandato all’ospedale o che altro... eppure, perché da quando ero arrivato non aveva fatto altro che punzecchiarmi? Perché si comportava così? Non si rendeva conto di quali reazioni suscitava in me?... Evidentemente no. Uffa... perché non potevo stare semplicemente con lui?

“Perché è così difficile dirgli che mi piace?” pensai. Alzai gli occhi... sperando di non aver pensato un’altra volta ad alta voce. Incontrai il suo sguardo che si posò in quel momento su di me. Bravo, e adesso? Se l’avessi distolto mi sarei scoperto ancora di più... ma non riuscivo a reggere, i suoi occhi erano come pugnali... ma era così bello Louis...

- Dove sei andato a prenderla questa roba?- gli chiesi tuffando il mio sguardo nel sushi che tenevo in mano.

- Qui sotto.- fu la risposta breve di Louis. Perché tutt’un tratto era diventato così freddo?

- Che c’è?- gli domandai di nuovo. Lui mi fissò tentando di capire a cosa mi stessi riferendo. Si fermò con le bacchette in bocca a fissarmi come se fossi sceso dalla Luna. Scoppiai a ridere. Louis aggrottò le sopracciglia, visibilmente preoccupato del mio stato mentale. Ma non potevo farci niente! Era così buffo con le bacchette in bocca e le labbra tutte sporche di sushi come un ragazzino, che non potei fare a meno di esplodere in una risata.

- Forse ho fatto male a prendere il sushi...- disse - ...El Cid, stai bene?- ma io continuavo imperterrito a ridere cercando di appoggiare la scatoletta sul tavolino. Una volta compiuta l’impresa mi portai una mano sullo stomaco e l’altra in direzione di Louis, indicandolo.

- Vedessi la tua faccia!!- riuscii a dire tra le risa.

- Che? Che ha la mia faccia?!- tuonò lui appoggiando il suo sushi sul comodino e toccandosi le guance con le mani. Poi si pulì la bocca e in un attimo fu sopra di me, sulla poltrona.

- Tu non sei messo meglio di me! Vieni qua che ti sistemo io, poi vediamo chi è che ride!!- ovviamente stava giocando, però mi finì in braccio. Forse ero io ad essermelo spinto addosso, fatto sta che si era sbilanciato ed ora il mio capo era appoggiato al suo petto. Non si muoveva più era come irrigidito. E lo ero anch’io, accidenti se lo ero! Avevo smesso in un attimo di ridere e ora potevo sentire il calore del suo petto su di me, anche se separati da uno strato sottile di cotone.

- Mi... arrendo...- sorrisi sussurrandolo debolmente. Louis si discostò lentamente e sospirò a lungo.

- Che... ti è saltato in mente?- gli chiesi ancora agitato. Non rispose. Parlò solo dopo un istante.

- Beh... il mio piano era quello di ammazzarti di botte solo che... ripensandoci non mi pare una buona idea...-

- E perché...?- chiesi incuriosito. Non so perché ma quel suo stato di incertezza mi eccitava moltissimo e lo sentii tutt’un tratto più vicino a me...

- Perché... tu mi servi per portare a termine i miei subdoli piani...- rise voltandosi e tornando al sushi.

- Eh?- feci stranito - Che piani?-

Sembrava tornato tutto alla normalità, Louis rideva come un maniaco assassino e io lo stavo pure ad ascoltare!

- Beh, prima di tutto devo farti diventare pazzo, di modo che ti suiciderai, così sarò io a prendere la fascia di capitano del Paris Saint Germain e a portare la squadra alla vittoria, senza rivali!-

Al sentire quelle parole mi sentii offeso. Allora era quello che provava verso di me. Rivalità e nient’altro... mi sentii vuoto. Mi stava tenendo buono per arrivare ai suoi scopi idioti?? Che gli importava del calcio quando... quando c’ero io che gli volevo bene?... Beh, quello forse era il contrario... la situazione inversa. Pregavo perché anche Louis provasse lo stesso verso di me e invece...

- Che fai, non ridi?- mi disse. No, non ridevo. Ero furioso! Ad un tratto bussarono alla porta. Napoleon mi guardò e io guardai l’ingresso.

- Chi è?- disse il mio compagno.

- Pierre? C’è... c’è Pierre?- fece una voce conosciuta. Louis smise all’istante di ridere. Mi alzai, feci scattare la serratura che teneva chiusa l’entrata e aprii.

- ... Ro... Rose!- esclamai una volta che la vidi davanti ai miei occhi. Lei entrò con forza e si voltò verso di me, ancora fermo sull’uscio con la mano sulla maniglia.

- Ehi, mocciosa! Si chiede permesso!- scattò su il mio compagno.

- Mocciosa lo dici a tua sorella! E comunque io non sono qui per parlare con te!- fece Rosemarie con aria di superiorità. La cosa non andò giù a Louis, che si parò tra noi due e cominciò ad urlarle dietro.

- Senti un po’, dato che qui ci abito io da più tempo del tuo adorato Pierre, sei pregata gentilmente di portare le chiappe fuori e risolvere i vostri intimi affari altrove!!!!- non l’avevo mai visto così infuriato, nemmeno durante una delle risse che lui stesso provocava, in campo. Non dissi niente... però forse era il caso d’intervenire.

- Piantala Louis!- lo scansai.

- Come?! Piantala a me!? Questa ragazzina presuntuosa entra, si fa i cavoli suoi e poi sono io che la devo piantare?! Di’ un po’, ti sei bevuto il cervello?!- non ci feci caso... aveva ragione ma ora la cosa più importante era capire perché cavolo Rosemarie era venuta fino a Parigi.

- Che ci fai qui?!- le chiesi con aria dura.

- Sono qui per te!- mi rispose.

- Oooh, tragedia greca!!- s’intromise Louis. Non gli badai, nemmeno Rose lo fece.

- Che vuoi?- le chiesi con più calma.

- Salutarti, magari!!- strillò - Te ne sei andato senza nemmeno fare un colpo di telefono! Sono venuta apposta da Bordeaux per vederti e trovo questo qui che mi urla addosso!!-

- Questo qui a chi!?! Esci immediatamente, ragazzina!!- Louis la prese per un braccio e la spinse fuori dall’appartamento. Lo guardai sconcertato. Non si era fatto nemmeno uno scrupolo sul fatto che aveva di fronte una ragazza! La situazione stava degenerando... e poi ero io la causa di tutto. Rose aveva ragione, non l’avevo nemmeno salutata, però avevamo litigato... a quanto pare teneva a me più di quanto credessi.

- Pierre!!- esclamò - Tienilo fermo!!-

Guardai Louis di modo che capisse che quella era una questione solo mia e di Rose... però lui c’entrava molto più di quanto potessi immaginare! Dal canto suo, a Napoleon sembrava non importare molto, ora che la ragazza era fuori dal nostro alloggio. Incrociò le braccia al petto nello stesso istante in cui Rose riaprì la bocca.

- Beh, non dici niente?!-

- Senti...- cominciai - Ok, scusa se sono partito così, ma adesso la mia vita è qui. Non tornerò più a Bordeaux.-

- Lo sapevo!! Hai trovato un’altra!!- gridò.

- Ma che stai dicendo!? Sei paranoica!!- avevo perso la pazienza. Tra Louis e Rose non ci stavo capendo più niente! - Un’altra?! Perché, ce n’è mai stata qualcuna!?-

- Sveglia, cretino! Si sta riferendo a sé stessa! Non lo vedi che è cotta di te?!- fece Louis, accanto a me, con fare altezzoso, come sempre. Rose... cotta di me?... feci due più due e in un attimo compresi tutto. Accidenti era proprio vero... Anche un idiota l’avrebbe capito! Anche Louis che la vedeva così dopo tanto tempo aveva capito tutto! E io no... ero troppo preso da Napoleon per capire il resto! Ero rimasto senza parole... rimasi zitto, l’unica cosa che potevo fare era fissare incredulo sia Louis che Rose.

- Allora, come si chiama, eh?? Chi è!?- esclamò di nuovo la ragazza che mi stava di fronte. Chi è...? La persona che mi piaceva...?

- Chi... è...- ripetei sussurrando.

É proprio qui, vicino a me. Ti sta di fronte.” pensai. Ma non lo dissi. Non ero così sconsiderato... Anzi, ero proprio pazzo: presi la mano del mio compagno e la strattonai con forza, di modo da fargli perdere l’equilibrio e farlo finire sulla mia bocca. Ecco. Semplice, no? Lo stavo baciando. Davanti a Rosemarie. Avevo gli occhi aperti, riflessi in quelli sbigottiti e spalancati di Louis, che era diventato tutt’un tratto di marmo, proprio come Rose. Che razza di idea mi era saltata in testa?!... dentro di me si agitavano una marea di sentimenti diversi, tutto quello che mi aveva fatto passare Louis fino a quel momento, e poi ci si era messa anche quella ragazzina con la sua gelosia stupida! Ma il fatto era che io volevo baciarlo. Volevo sentire le sue labbra, lo volevo davvero. E fu ciò che feci. Tutto qui. Lo feci e basta. Per la prima volta nella mia vita avevo ascoltato il mio cuore e mi ero lasciato andare ai sentimenti.

La scena era ferma, finché non mi discostai dal mio compagno, che mi fissava ancora più allibito che mai. Non potevo sopportare il suo sguardo, non ce la facevo... al diavolo quella stupida mocciosa e tutto il resto! Avevo appena baciato Louis e ora lui mi avrebbe odiato a morte! Non mi avrebbe mai più guardato come prima... ma la cosa più importante era che io non avrei mai più avuto il coraggio di guardare in faccia lui!

Infilai la porta e sparii per le scale. Proprio così... ero scappato come un idiota... e non mi stavo chiedendo nemmeno che cosa si sarebbero detti Louis e Rose, o se mi fossero corsi dietro. L’unica cosa che sapevo era che stavo correndo il più velocemente possibile per le strade di Parigi, diretto chissà dove e con in testa una confusione tale da fare invidia a chiunque!

 

Non avevo idea di quanto tempo fosse passato. Tanto, credo, dato che la luna era ormai alta e le stelle si erano accese una ad una per imperlare il cielo tetro e limpido. Però era bello quel cielo... mi dava quasi l’impressione di non essermi cacciato nel pasticcio in cui ero, che stavo ancora a Bordeaux, sul terrazzo della mia camera a pensare a Louis... I miei occhi coglievano solo il cielo stellato, niente di più. Ero disteso supino su una panchina senza schienale e intorno a me c’era il vuoto. Silenzio. Non sapevo nemmeno dove mi trovavo, mi sembrava di stare nello spazio, vedevo solo stelle. Eppure i ricordi di qualche ora prima mi tormentavano, non stavo per niente bene al pensiero che prima o poi avrei dovuto per forza rivedere Louis,... o che mi avrebbe trovato prima lui e ammazzato di botte!

- Non è giusto!...- esclamai tirandomi su. Mi sedetti con gli avambracci appoggiati alle gambe, la schiena china e la testa tra le mani.

“Perché... non posso volere bene a Louis senza soffrire così?...” mi chiesi. Non m’importava di aver pensato a voce alta, tanto lì intorno non c’era nessuno. Mi si lacerava il cuore come se fosse di cartone al solo pensiero che non avrei mai potuto realizzare il mio sogno. No, non era uno dei miei capricci, sapevo bene distinguere ciò a cui tenevo davvero da una sciocchezza qualunque... e Louis era più di un sogno... era irraggiungibile... non poteva volermi bene come io volevo bene a lui... non in quel modo...

In quell’attimo compresi di essere legato a lui più di quanto credessi. Per tutto il tempo in cui ero separato da lui avevo sofferto di malinconia, quasi un anno... quando finì il campionato mondiale e fui tenuto a separarmi da tutti i miei compagni, ce n’era uno, uno soltanto che suscitò in me una grande nostalgia: Louis Napoleon. Mi piaceva il suo nome... era come se pronunciarlo mi desse un sollievo, ed era sempre stato così, fino a quel momento... in quegli attimi solo sfiorare il suo ricordo mi faceva male. Eh, già... quel cretino violento e piantagrane mi aveva preso davvero tanto... É brutto amare e non essere contraccambiati... mi faceva male l’anima... già, perché io ne ero innamorato con tutta l’anima... e avrei dato di tutto perché anche lui provasse lo stesso sentimento... magari anche una millesima parte di quanto sentivo io ma... ma volevo fare parte del suo cuore... e non vederlo così lontano... ancora così lontano. Stavo malissimo... pensai che forse era meglio se non avessi accettato l’offerta del Paris Saint Germain...

“Forse era meglio che me ne fossi rimasto a Bordeaux a sentire la sua mancanza, piuttosto che viverci insieme e sapere che non sente la mia presenza...” una lacrima mi rigò la guancia. Accidenti... ora stavo anche piangendo!... come un bambino... me ne volevo andare da Parigi. Non potevo sopportare la situazione, non potevo... non potevo tornare da lui e salutarlo come se niente fosse! Sopportare il suo sguardo accusatorio e arrogante che mi avrebbe fatto a pezzi! Per non parlare di Rose!... maledizione! Perché non potevo amare Louis senza che mi si lacerasse l’anima?! Non avevo mai provato un sentimento così grande, più grande di me... l’avevo capito così in fretta quando l’avevo visto appoggiato al muro sotto quell’orologio... e ora me ne stavo lì, seduto su una panchina, chissà dove a Parigi a piangere... per lui. Le lacrime mi scorrevano senza che io potessi fermarle... volevo liberarmi di tutto quello che avevo provato in quei giorni, gli sguardi di Louis, l’agitazione di vederlo a torso nudo, i suoi sorrisi, la sua mano stretta alla mia, le sue domande... le domande... mi tornò alla mente quella volta al caffè in cui mi aveva rivolto quella strana domanda di cui io non avevo capito il significato e l’avevo allontanata cambiando repentinamente discorso... “- Di’ un po’... te la ricordi l’ultima volta che hai pianto?- gli avevo risposto con quella sciocchezza sul campionato mondiale. - Carino sapere che il mio ex capitano ha il cuore tenero!- aveva riso – Ma io intendevo piangere davvero, per qualcosa che si ama veramente!-” ...ecco cosa intendeva... e quelle lacrime... quelle che stavo versando in quel momento erano lacrime autentiche per colui che amavo davvero... l’unico di cui mi sia mai importato qualcosa... Louis. Sempre quel nome... che ormai mi tormentava da mesi...

“Non posso nemmeno più sognare senza soffrire...” sospirai. Un sospiro rotto dal pianto, pesante e carico di amarezza.

- Tutti i sogni possono diventare realtà se abbiamo il coraggio di inseguirli.- sussultai. Eppure quella voce la conoscevo bene... accidenti, volevo sprofondare! Ero così convinto che lì intorno non ci fosse nessuno che non mi ero accorto di aver pensato di nuovo ad alta voce. Sentivo la sua presenza, da qualche parte, dietro di me... finché non mi si sedette accanto, girato dall’altro lato. Potevo sentire il suo profumo... il suo buonissimo profumo...

- Louis... - riuscii a dire mentre le lacrime non si fermavano. In quel momento avrei voluto continuare a piangere finché non mi fosse scoppiato il cervello, non potevo fare altro, avevo smesso di pensare e non mi facevo più quelle domande cretine tipo “Adesso cosa succederà? Se la prenderà con me? Mi riempirà di pugni?”... perché le sue parole... quelle che la sua bocca aveva appena pronunciato, mi avevano toccato talmente nel profondo che ero rimasto senza pensieri. Forse ero troppo vulnerabile in quell’istante. Praticamente sconvolto e riuscii solo a pronunciare il suo nome.

- Beh, veramente è una frase di Oscar Wilde... però sì, sono io...- potevo udire la sua voce addolcirsi e sentire che stava sorridendo. Potevo vedere nella mia mente quel sorriso speciale che in quell’istante mi stava rivolgendo e io ancora imbambolato a versare lacrime, in un istante mi sciolsi, voltandomi all’improvviso e aggrappandomi alla sua giacca, continuando a tremare dal pianto.

- Ehi, El Cid...- mi disse piano avvolgendo il mio corpo con le braccia -...la prossima volta lascia un biglietto, così so dove sei.-

Ironia. Come al solito. Però quella battuta mi fece bene al cuore. Sorrisi e gli gettai le braccia al collo. Al solo pensiero che non se l’era presa, che mi stava abbracciando, le mie lacrime si trasformarono in gocce di gioia.

- Ero... di fretta.- riuscii a sussurrare in un sorriso - La prossima volta... ti do un colpo di telefono...-

Il suo abbraccio si fece più forte. Sorrise e posò le sue labbra sulla mia guancia bagnata, lasciando che si inumidissero delle mie lacrime. Volevo restare così per sempre... senza pensare ad altro, senza soffrire. E rimanemmo lì, finché non si discostò per asciugarmi gli occhi con un gesto dolce delle dita. Lo guardai per un istante, poi distolsi lo sguardo. Non volevo piangere davanti a lui, però era successo e io... non avevo potuto farci niente.

- Intendevi questo, quella volta al caffè? Piangere per qualcuno che si ama?- gli chiesi con un filo di voce.

- Non... volevo farti piangere.- sussurrò. Alzai di nuovo lo sguardo verso i suoi occhi verdi e scossi la testa, tirando su col naso.

- É colpa mia. Sono io l’idiota che si è messo a frignare come un bambino.-

- Però ti ha fatto bene.- mi mise una mano sulla spalla. Si avvicinò ancora di più al mio viso e mormorò, quasi sfiorandomi le labbra.

- A che gioco stai giocando, mh?-

- É un gioco nuovo...- risposi con lo stesso tono, quasi per paura di aver parlato troppo.

- Posso partecipare anch’io?- mi chiese avvicinandosi di quei pochi millimetri che mancavano per far sì che le nostre labbra si incontrassero di nuovo. Ma questa volta fu un contatto lungo e dolce, non breve e carico d’ansia come quello di poco prima. E fu proprio Louis a volerlo... mi sentii mancare. Lui mi stava... baciando? Potevo sentire le sue labbra muoversi piano sopra le mie e i suoi occhi ora erano chiusi, mentre io ancora incredulo, li tenevo spalancati. Un bacio. Solo questa semplice parola che detta così sembrava un nonnulla ma... in quell’istante io mi sentivo come se stessi sognando, come se fossi immerso nel sonno più bello della mia vita. Sentivo la sua bocca cercare la mia, succhiarmi le labbra con un movimento dolce. Un bacio.

Non riuscii a dire nulla quando quel contatto finì. Solo vidi i suoi occhi riaprirsi piano come delle fessure che nascondevano il sole all’alba e il verde stupefacente delle sue iridi mi fece provare quel senso di agitazione che si prova quando si è veramente felici. C’erano altre cose che volevo mi spiegasse... però in quel momento non m’importava più di niente.

- Torniamo a casa.- mi disse alzandosi. Casa. Per la prima volta sentii quel luogo come la mia casa. La nostra casa. Lo raggiunsi e cominciai a camminare al suo fianco, senza una parola. Troppo difficile parlare, troppo bello era quel momento per rovinarlo con le parole.