Disclaimers: i personaggi di FFIX  appartengono alla Squaresoft.

Commento: Mi sono sempre chiesta cosa accada a Gidan alla fine del gioco: dopo la sconfitta di Trivia, lasciò gli altri per andare a salvare Kuja nell’albero di Iifa. Scomparve per un bel po’ per poi riapparire allo spettacolo annuale dei Tantarus ad Alexandria. Cosa fece nel frattempo? E Kuja che fine ha fatto? È ancora vivo, come l’ultima frase che conclude il gioco lascia a intendere? Ecco la mia interpretazione dei fatti.

Note: il titolo è un po’ criptico: l’ho scelto perché può essere interpretato sia alla luce del futuro dei pianeti Gaya/Tera sia della coppia Gidan/Kuja… che in senso simbolico sono in un certo modo equivalenti!!!

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Il destino di due mondi

di Eternal Fantasy


“Kuja, dove sei? Dove siamo?”

“Non temere, Gidan, sono qui.”

“Non riesco a vederti. È tutto buio.”

Una mano diafana dalle unghie curatissime si posò gentilmente sulla spalla del ragazzo. Questi si voltò e sospirò di sollievo. Accanto a lui c’era un giovane di stupefacente bellezza androgina; la sua pelle candida sembrava emanare luce propria, così come i suoi capelli madreperlacei, cangianti di sfumature dall’azzurro-argento al bianco-violetto, tra cui spuntava sulla fronte un ciuffo di lunghe piume bianche. I suoi occhi azzurri brillavano come stelle che allontanavano le tenebre circostanti.

Gidan rimase assorto in contemplazione così a lungo che si riscosse solo quando udì la voce dolce dell’altro: “Non aver paura. Sei al sicuro qui.”

Come ho potuto pensare di odiarti, di farti del male? Pensò, ma dalla sua bocca uscì la frase: “Qui dove?”

“A casa mia.” Rispose semplicemente.

Il biondo ragazzo con la coda si accorse che l’ambiente si faceva più distinto. Si ritrovò in una sala dall’aspetto familiare. “Ma questo… è il tuo studio della Reggia nel Deserto!”

“Vi somiglia, ma in realtà ci troviamo nel Mondo di Cristallo. Ho ricreato qui la mia dimora, in questa dimensione oltre il tempo e lo spazio, all’origine dell’universo, perché… è l’unico luogo dove mi sento bene accetto.” Pronunciò le ultime parole con voce triste e così bassa che l’altro quasi non le udì. Facendo finta di nulla, Gidan si diede dello stupido per non essersi accorto dell’evidenza: ogni cosa in quella stanza aveva una singolare trasparenza, come se fosse fatta di vetro; persino i tendaggi sembravano tessuti con fibre traslucide.

La mano sulla sua spalla lo accompagnò verso un divano, sempre senza esercitare la minima pressione: abituato a comandare e ad essere obbedito, il suo enorme potere non rendeva necessaria la forza fisica. “Accomodati. Sarai stanco, dopo tutto quello che hai passato…” La voce manteneva un timbro neutro, ma un’ombra passò su quei lineamenti cesellati e l’intera stanza sembrò rabbuiarsi “…e buona parte del tutto è avvenuto per mia colpa.”

Gidan provò una fitta dolorosa: in quegli occhi erano tornati ad affacciarsi nuovamente il dolore e la disperazione, sentimenti così profondi ed intensi che alla fine avevano condotto Kuja ad un passo dal distruggere l’universo pur di mettervi fine; solo l’intervento suo e dei suoi amici aveva impedito la catastrofe, ma a quale prezzo… Lo guardò e ripensò a come l’aveva ritrovato tra le radici dell’albero di Iifa, le terribili ferite che martoriavano quel corpo perfetto… ferite che lui stesso aveva inflitto a quella creatura divina.

Come l’aveva chiamato Garland? Dio della morte? Quel vecchio pazzo aveva creato Kuja perché uccidesse per lui, ma il giovane si era ribellato a quella schiavitù; Garland aveva quindi creato Gidan affinché lo sostituisse, ma, ironia della sorte, proprio il suo ‘fratello maggiore’ l’aveva salvato da quel destino abbandonandolo sul pianeta Gaya, in seguito teatro della loro lunga lotta. Poi Kuja aveva salvato i suoi stessi carnefici dopo il duello con Trivia e di nuovo l’aveva salvato dalle radici impazzite dell’Albero di Iifa. Ripensando a tutto ciò, Gidan giurò che non avrebbe più permesso che gli venisse fatto ancora del male; ai suoi occhi, Kuja aveva già scontato le sue colpe.

“Perché mi hai salvato?” chiese.

Kuja lo guardò: “Tu hai salvato me.”

Gidan scosse la testa: “Macché. Se non fosse stato per te, quelle radici mi avrebbero spappolato.”

“Non mi riferivo a questo.” Replicò seriamente l’altro: “Sto parlando della scelta di vivere. Tra la vita e la morte, grazie a te ho scelto la Vita per la prima volta.”

Davanti a quello sguardo così intenso, Gidan si sentì tremare le gambe; ringraziò mentalmente di essere già seduto: l’ultima cosa che desiderava era fare una figuraccia davanti a quella creatura sublime. Strano: non aveva mai provato nulla di simile neanche per Garnet. Eppure lei era la donna che era convinto di amare…

Sentì un timido calore salire a imporporargli le guance, così cercò di celare l’imbarazzo dietro la modestia: “Non mi pare di aver fatto nulla di così eccezionale… Quando ho compreso i motivi che ti spingevano a comportarti in modo crudele ho pensato che in fondo tu non fossi di animo malvagio; tutto ciò che ti serviva era… una buona occasione. Se qualcuno te ne avesse dato la possibilità, con i poteri di cui sei dotato avresti potuto fare cose senza paragoni nel bene!!!”

“I miei poteri…” ripeté Kuja, con sguardo assente “…poteri di distruzione… io sono stato creato solo per uccidere… l’Angelo della Morte, portatore d’infiniti lutti e lacrime…” lacrime come quelle che scivolavano silenziose sulle sue pallide guance, traboccando da quegli occhi che annegavano il loro fulgore offuscato in quelle liquide perle di tristezza… “Come puoi dire che da me possa venire qualcosa di buono? Cos’ho io da offrire al mondo se non la sua distruzione?”

Gidan si sentì stringere il cuore davanti alla visione di quella nuova e antica sofferenza; tremò per il desiderio di stringere tra le braccia quell’angelo addolorato e asciugarne le lacrime con le proprie labbra… Prese tra le sue quelle mani delicate spasmodicamente strette a pugno e con gentile fermezza ne distese le dita: “Kuja… credimi… c’è ancora qualcuno che ha bisogno di te…” Io, io ho bisogno di te, fratello mio, angelo mio, mio amato nemico…

Il giovane rialzò il volto e sorrise tra le lacrime. Un sorriso di tale bellezza e malinconia che avrebbe potuto sciogliere cuori ben più duri di quello del biondo ragazzo.

“Spesso in passato mi sono chiesto perché non ti ho ucciso quando ne ho avuta la possibilità: su Tera, a Burmesia, Cleyra, Toleno, Alexandria… nel mio stesso palazzo… e in tutte le altre occasioni in cui ci siamo scontrati. Ora capisco il perché.” Concluse sibillino.

Si alzò in piedi, lasciando Gidan col fiato sospeso. Quando il ragazzo con la coda capì che non avrebbe concluso la frase, non resistendo alla curiosità s’azzardò a chiedere: “Perché?”

Kuja si voltò nuovamente a guardarlo con profondo affetto: “E’ come se riconoscessi in te qualcosa che vorrei avere per me stesso, uno spirito che mi manca, che forse non avrò mai, ma finché vivrà in te saprò che esiste. Questo mi è di conforto, più di quanto tu possa immaginare. Per questo non sono mai riuscito a eliminarti: mi sei caro.”

Gidan sentì il cuore balzargli in petto e arrossì vistosamente.

“Non fraintendermi, ti prego!” si spiegò subito l’altro “So che il tuo amore è votato alla principessa d’Alexandria” continuò con voce calma “ma spero che nel tuo cuore possa esserci un piccolo spazio anche per me: Gidan… mi accetteresti come amico e fratello?” chiese con una sfumatura d’ansia.

Il sorriso del biondo avventuriero s’incrinò d’amarezza; ma cosa si aspettava? Sperava davvero che una creatura sublime come Kuja potesse desiderare di più da lui? Si rese conto in quel momento che sarebbe stato disposto a donarsi anima e corpo a quel giovane dio… ma lui aveva scelto davanti a Garland di essere un comune mortale e, come gli era stato appena ricordato, il massimo a cui potesse aspirare era l’abbraccio di una principessa umana…

Rialzò il volto e quasi si spaventò davanti all’espressione afflitta del suo bel compagno: non aveva ancora risposto alla sua domanda, e la smorfia dispiaciuta sul suo volto non gli dava certo una buona anticipazione… ridacchiò imbarazzato in segno di scusa: “Scusami, ero partito per la tangente… Ma ora sono serio, Kuja: davvero, sarei onorato di essere tuo amico. Se mai avrai bisogno di parlare con qualcuno, puoi contare su di me: sarò sempre pronto ad ascoltarti e ti aiuterò a risolvere i tuoi problemi. Nessuna difficoltà è insormontabile se la si affronta insieme.” Decretò con ferrea convinzione.

“Avrei voluto esserne a conoscenza molto tempo fa.” Disse Kuja, sollevato. Poi, come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa, d’impulso prese la mano di Gidan e lo fece alzare: “Vieni con me a fare una passeggiata? Vorrei mostrarti una cosa.”

“Di cosa si tratta?” chiese incuriosito l’altro.

“Ti assicuro che è una cosa bellissima. Ma è una sorpresa. Vieni!” e lo guidò verso la porta della stanza.

La porta si aprì davanti a loro e in quel momento si ritrovarono a galleggiare nello spazio. Gidan, preso alla sprovvista, si strinse al braccio del giovane, che rise: “Credevo che attraversando il Mondo dei Ricordi fossi già passato da qui!”

“Si… ma c’era una specie di pavimento invisibile… qui sembra di stare nuotando!!!”

“Rilassati. Goditi il panorama.” Sussurrò Kuja.

Davanti ai loro occhi si apriva l’immensità dell’Universo trapuntato di stelle… stelle che Gidan ammirò riflesse negli occhi della sua guida, che racchiudevano in sé ogni luce e mistero del cosmo.

Kuja si abbandonò totalmente al tenero abbraccio delle stelle che gli avevano dato la vita, lasciandosi cullare dalla musica delle sfere. E in quel momento di totale armonia con l’universo capì qual’era il suo destino, lo scopo a cui avrebbe votato la sua esistenza.

Riaprì gli occhi e per la prima volta un sereno sorriso comparve sulle labbra rosate. Il suo sguardo si posò su Gidan, che lo fissava con espressione rapita e preoccupata. “Vieni. Ti mostrerò ciò per cui siamo venuti.”

A un cenno della mano diafana lo spazio sembrò muoversi attorno a loro a velocità superiore a quella della luce. Quando gli astri si fermarono, Gidan riconobbe una vista familiare: due pianeti, che splendevano uno di luce azzurra e l’altro rossa, come se fossero cerchi di diverso colore dipinti su due lastre di vetro, si sovrapponevano quasi completamente; in corrispondenza del centro dei due mondi brillava un misterioso nucleo cristallino.

“La Fusione è completa, ora.” Spiegò Kuja. “Il progetto di Garland è giunto al termine, ma non come lui si aspettava.”

“Spiegati meglio, per favore; so che Garland voleva rubare tutta la forza vitale di Gaya per riportare in vita il popolo di Tera… ma il nostro intervento ha cambiato le cose, vero?”

“Si, profondamente, a cominciare dalla vostra battaglia all’Albero di Iifa; l’Albero era il regolatore del Flusso di Anime di Gaya verso Tera. Poi avete aperto il Sigillo di Tera, che collega i due mondi. E infine avete sconfitto lo stesso Garland. Il resto è stata opera mia: io ho distrutto Pandemonium, la base di Garland, e ho alterato la Fusione dei pianeti.”

“Cosa ne sarà di Gaya?” chiese Gidan, preoccupato per i suoi amici rimasti laggiù.

“Tranquillizzati. La Fusione ha creato un equilibrio simbiotico tra i due mondi: nessuno dei due cancellerà l’altro; ora sono sovrapposti, esistono nello stesso luogo ma in due differenti dimensioni: in questo modo l’energia vitale di Gaya può sostenere Tera, e Tera rende stabile il flusso di anime di Gaya.”

“Si rendono utili a vicenda, insomma.” Concluse Gidan, sollevato.

“Si. Ora l’equilibrio è stabile e i due mondi potranno prosperare.”

“Anche Tera? Ma come è possibile, se non ci vive più nessuno?” s’interruppe: l’ultima volta che aveva visto Tera, il pianeta stava subendo una spaventosa devastazione a causa dei poteri scatenati da Kuja durante la trance; lui e i suoi compagni erano riusciti a fuggire appena in tempo rubando l’idrovolante Invincible a Kuja e portando con sé tutti i jenoma creati da Garland. Gidan era convinto che il pianeta, abbandonato da milioni di anni dagli Stellari, antenati suoi e di Kuja, fosse ormai in rovina.

“Tera può rinascere.” Decretò Kuja, sicurissimo. “La nostra patria conserva ancora i suoi segreti; nelle sue viscere custodisce la millenaria civiltà del popolo più antico dell’universo. Vi è racchiusa la chiave di una conoscenza e un potere che va oltre ogni immaginazione; l’hai detto tu stesso: un grande potere può essere usato per fare grandi cose nel bene… ma può rivelarsi pericolosissimo nelle mani sbagliate. Garland lo ha dimostrato. Ora è necessario che qualcun altro si assuma il compito di proteggere i segreti di Tera… e di proteggere l’universo da essi.”

“Cosa intendi dire?” sussurrò Gidan, quasi spaventato dal tono serio del compagno; era come se Kuja conoscesse i disegni della Necessità dell’Universo e ne fosse il portavoce.

“Tornerò su Tera, Gidan.” Si voltò a guardarlo profondamente negli occhi e pose le sue mani sulle spalle dell’amico: “Ricordi cosa ti dissi quando ci incontrammo su Tera, dopo il nostro combattimento? Ti dissi: Questo mondo mi ha scelto. È proprio così, ma non come credevo allora: Tera non aveva bisogno di un re, ma di un guardiano. Ho deciso di assumermi la responsabilità di difenderla. È il minimo che possa fare… per Tera, per i nostri antenati, per il popolo di Gaya… e per te.”

Gidan scosse lentamente la testa, incredulo: “Ma io speravo che…”

Cosa speravi, Gidan? Si disse. Speravi che sarebbe rimasto con te, che sarebbe venuto a vivere su Gaya per sempre? Cosa significa Gaya per lui? Cosa significhi tu per lui?

Il biondo ladro raccolse tutte le sue forze interiori per rialzare gli occhi su di lui e sorridergli con la sua solita espressione positiva e scanzonata: “Se hai deciso così, per me va bene. Avrai sempre il mio appoggio. Ti auguro buona fortuna e spero che un giorno… se tu vorrai… forse ci rincontreremo…” non resistette più: scoppiò a piangere gettandosi tra le braccia di Kuja, stringendosi a lui come se fosse l’unico punto fermo in quella nube di stelle danzanti.

Kuja abbracciò quel piccolo, coraggioso eroe. Aveva affrontato imprese incredibili per qualunque mortale con una forza d’animo stupefacente, ma ora aveva disperato bisogno di tutto il conforto che poteva dargli.

Ricordò, con una sensazione dolceamara, quel giorno di tanti anni fa quando, adolescente, rapì dal palazzo di Garland il bambino che avrebbe dovuto rimpiazzarlo nei piani del vecchio folle. Anche quel giorno stringeva al suo petto un fagottino singhiozzante, abbracciandolo per tranquillizzarlo durante il lungo viaggio che li avrebbe portati su Gaya; e sembrava che il calore del suo corpo riuscisse davvero a calmare il pianto del piccolo… come accadde ancora.

Le lacrime cessarono di scendere dagli occhi di Gidan, e Kuja gli rialzò il viso così che i suoi occhi incontrassero i propri: “Non ti abbandonerò solo su Gaya come accadde tanti anni fa, Gidan. Quando avrai bisogno di me, chiamami, e io verrò. È una promessa.”

Il ragazzo si strofinò gli occhi per asciugarli e riuscì nuovamente a sorridere con sincerità: “Guarda che ci conto!”

Kuja gli tese la mano e Gidan la strinse per suggellare il patto.

I loro sguardi tornarono poi sui due pianeti gemelli, teatro del loro continuo perdersi e ritrovarsi, per poi scontrarsi e separarsi di nuovo; per lungo tempo restarono immersi nelle loro riflessioni sul passato, sul presente e sul futuro.

Alla fine Kuja esordì: “Posso riportarti su Gaya in qualunque luogo desideri, in qualunque momento. Ma…”

“’Ma’ cosa?”

Kuja sembrava imbarazzato, cosa che sorprese davvero molto Gidan, abituato a vederlo sempre molto deciso nelle sue parole e azioni.

“Ti sembrerà una richiesta strana, ma vorrei che tu rimandassi il tuo ritorno su Gaya… per venire su Tera con me, almeno per qualche giorno.”

Gidan non stava più nella pelle: si era scervellato fino ad allora per trovare una scusa che gli permettesse di passare ancora un po’ di tempo con lui… e ora era proprio Kuja a chiedergli di restare!!!

“Perché dovrebbe sembrarmi strano? È normale desiderare un po’ di compagnia!”

“Per me invece è una cosa del tutto nuova.” Disse perplesso il giovane.

Gidan si rese conto che diceva il vero: Kuja era sempre vissuto in solitudine, con la sola compagnia dei mostri magici da lui creati. Si sentì allo stesso tempo commosso e orgoglioso dalla richiesta dell’amico.

“Accetto! Verrò con te su Tera… e cominceremo a ricostruirla insieme!”

 

Fine




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