Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono neanche un po’. La signora Rowling ne dispone come meglio crede, io ci gioco a tempo perso, senza pretese e senza fini di lucro.
Note: O gentile pubblico leggente, nel rileggere questa storia dopo tanto tempo e dopo l’uscita del sesto libro mi rendo conto una volta di più di quanto le mie supposizioni abbiano sfiorato la realtà. Giuro che nulla è stato aggiunto o modificato dall’uscita di HBP, non in questi capitoli. Evidentemente io e la Rowling abbiamo capito entrambe come si sarebbero evoluti gli eventi…
Volevo aggiungere che anche i facili costumi di Ginny figuravano nella fic prima del sesto libro. In effetti, Ginny ha un modo tutto suo di consolarsi… E procede per dormitori: finchè non ne finisce uno non si passa al successivo. Che ragazza precisa…
Con infinita modestia, Sourcreamandonions




Harry Potter e il cervello che non ha

parte XXIV

di Sourcreamandonions

 

In cui Harry prende decisioni indipendenti e Draco si mangia il fegato

I giorni passarono veloci come sempre capita quando si è felici. Per Harry sembravano esserci un sacco di belle sorprese in serbo. Verso l’inizio di aprile, durante un duro allenamento di Quidditch in preparazione alla prossima partita contro gli Slytherin, Ron fu colpito da un bolide vagante e cadde dalla scopa. Harry, che si stava esercitando nelle planate, lo vide e istintivamente si buttò ad afferrarlo, salvandolo per un pelo da un sacco di fratture scomposte. Dopo che lo ebbe posato a terra sano e salvo, se non per un grosso bernoccolo che gli stava spuntando sulla fronte, i due ragazzi se ne stettero per qualche secondo in silenzio a guardarsi. Alla fine fu Harry a rompere il silenzio. 
“Ron, senti… Mi spiace per ciò che ti ho detto. Non mi sembra il momento adatto a tenerti il muso dopo quello che è successo con tua sorella.”
Harry si sentì subito meglio. Perdonare ti faceva sentire un immediato sollievo, soprattutto se la tua vita andava tutta a meraviglia per il resto. Ti faceva pensare che anche gli altri avrebbero dovuto essere altrettanto felici.
Ron sembrava intento a grattare con il piede per terra. Quando alla fine alzò gli occhi, Harry vide che era arrossito.
“Ho esagerato io. Ultimamente sto dando fuori. In realtà da un po’. Non c’è bisogno che ti dica il perché. Mi spiace, Harry.”
Con uno slancio d’affetto inimmaginabile fino a pochi giorni prima Harry abbracciò l’amico ritrovato, che inizialmente rimase spiazzato, ma poi restituì il suo abbraccio con vigore. Dall’alto scrosciò un applauso. I due alzarono lo sguardo e si accorsero che tutta la squadra si era fermata a guardarli e ora stava festeggiando quella riappacificazione. In fondo se l’aspettavano un po’ tutti e lo speravano, perché quei due uno contro l’altro erano insopportabili. 
Ron diede una pacca sulla spalla a Harry e disse “Torniamo ad allenarci. Poi abbiamo tante cose di cui parlare.”
Harry lo seguì con la propria scopa sorridendo, anche se il pensiero di cosa esattamente avrebbero potuto raccontarsi lo inquietava un po’.
Finiti gli allenamenti Ron si fece accompagnare da Harry in infermeria per farsi curare la ferita sulla fronte. Nel frattempo ne approfittò per raccontargli tutte le novità che non avevano condiviso negli ultimi mesi. In realtà le novità vere e proprie erano ben poche. A casa i suoi erano disperati, soprattutto sua madre. Già avevano rotto i rapporti con Percy ed erano stati fortemente delusi dalla decisione dei gemelli di aprire il negozio abbandonando la scuola, ma ora anche Ginny cominciava a dare problemi seri. La notizia delle foto era piombata su di loro come un macigno e la signora Weasley non si era ancora ripresa dallo shock. Tanto che aveva lasciato perdere la sua ultima crociata, cioè convincere Bill che quella francesina con la quale se la faceva era proprio l’ultima persona con la quale avrebbe voluto vederlo sposato. Ginny non stava passando un buon periodo comunque. A parte la punizione, che aveva sottratto tutto il tempo libero e anche alcune notti alla giovane Gryffindor, la gente da quando si era diffusa la notizia del perché avesse rubato la macchina fotografica non le dava tregua. Erano passati due mesi e ancora la attendevano fuori dalle aule e nei corridoi per cantarle coretti osceni e farle scherzi di cattivo gusto, tanto che era dovuta intervenire la professoressa McGonagall più di una volta. Solo negli ultimi giorni, dopo che un gruppo di Slytherin del terzo anno l’aveva aspettata fuori dall’aula di Pozioni e l’aveva ricoperta di una pozione urticante, le acque si erano un po’ calmate, soprattutto perché Dumbledore aveva minacciato terribili provvedimenti, a cominciare dalla sospensione dei ragazzi coinvolti nello scherzo. Ron non sapeva come comportarsi con la sorellina. Inizialmente era stato molto duro, togliendole la parola, ma ora la vedeva sempre in lacrime e non aveva il cuore di persistere in questo atteggiamento. Dopotutto era sua sorella… Con Hermione andava tutto bene, più o meno. Il problema maggiore era che Ron, per motivi non del tutto chiari neanche a se stesso, stava cominciando a prendere sul serio quella loro relazione, mentre gli sembrava che la ragazza non si desse molto pensiero di lui. Era affettuosa e carina, ma gli aveva detto più di una volta che metteva lo studio e la carriera davanti all’amore, e ultimamente Ron aveva scoperto che aveva mantenuto i rapporti epistolari con Krum. Proprio lui, di tutti gli uomini della terra… Insomma, era molto teso per tutte quelle faccende e non avere il sostegno di Harry e la possibilità di sfogarsi con lui lo avevano fatto sentire molto male. 
Harry aveva aspettato con ansia la domanda che gli fece quando finì di raccontare. Quando udì quel “E tu?” non sapeva proprio cosa dire. Risolse per un “Niente di speciale,” corredato da una scrollatina di spalle.
“Come, niente di speciale? È un sacco che non parliamo, deve pur esserci qualcosa di nuovo nella tua vita!”
Harry sorrise suo malgrado.
“Sì, forse… Ci sarebbe…” cominciò e si rese conto di essersi messo nei casini.
“Cosa? Cosa?” gli chiese curioso Ron.
Harry tentennò.
“Mi… Penso di essermi innamorato anch’io,” confessò alla fine.
Ron scoppiò a ridere. 
“Anche tu? Siamo messi male, allora! E chi è? È della scuola? Non sarà ancora Cho…”
“Ma che Cho! Quella non era nulla in confronto. L-” Harry si bloccò in tempo. Non poteva far sapere a Ron chi fosse la persona di cui era innamorato e chiamarlo lui già sarebbe stata una grossa rivelazione che temeva il suo amico non avrebbe retto. “Lei è il massimo.”
“Wow! E lei lo sa? Avete già combinato? Ma chi è??” lo bombardò di domande Ron.
“Calma!” disse Harry. “Lei lo sa e sì, siamo ad un punto molto, come dire, intenso della storia… Però non te lo posso dire chi è.”
Ron si fece scuro in viso.
“E perché no?”
“Perché…” Harry non sapeva che scusa inventarsi. “Perché lei non vuole che si sappia e mi ha fatto promettere di non dirlo a nessuno, neanche al mio migliore amico. È…timida.”
Ron fece una faccia delusa, ma quasi immediatamente sorrise di nuovo.
“Beh, parlamene un po’, però, no? È della scuola? La conosco? Com’è fatta? Quanto intenso è il punto? Voglio sapere tutto!”
“Penso tu l’abbia intravista ma di certo non la conosci. Non la conoscevo neanch’io, è stato un caso. È molto bella, coi capelli biondi e gli occhi grigi e molto intelligente. Ha una gran classe, se tu potessi vederla, quando non è in pubblico fa girare la testa. È una favola, Ron! E poi…dovresti vedere che roba a letto…” disse strizzando l’occhio con un cenno d’intesa.
Ron lanciò un urlo e si portò le mani alla testa.
“Bastardo! E io che speravo di batterti almeno in questo! Non è possibile, perché tutte le fortune sempre a te?”
Harry ridacchiò.
“Eh, lo so, sono fortunato…” sospirò.
Ron non smise di tartassarlo per tutto il pomeriggio e anche la sera non gli lasciò tregua. Cercò innumerevoli volte di indovinare chi fosse la ragazza misteriosa ma, ovviamente, ottenne sempre risposta negativa.
Draco durante la cena li vide parlare e la cosa gli fece uno strano effetto. Gli dava fastidio, perché gli aveva fatto giurare di non parlargli più, ma era anche…insofferente alle loro pacche sulle spalle e agli abbracci. Poteva essere gelosia? Draco non lo poteva ammettere, ma c’erano pochi dubbi in merito. Il che voleva dire che era proprio conciato male. Eppure non poteva sopprimere questo sentimento che Potter fosse suo, suo e di nessun altro. Una proprietà privata che nessuno si doveva permettere di toccare senza il suo permesso. Era lui che doveva avere la libertà di fare ciò che volesse con chi volesse, non Potter. Anche se lui, da quando c’era stabilmente Potter con cui andare a letto, non si era fatto più nessuno.
Per Draco quei giorni non passavano proprio felici quanto quelli di Potter. Era teso per la situazione generale con il Gryffindor, che più si faceva intima più lo metteva in crisi, e inoltre ciò che il Signore Oscuro gli aveva chiesto non stava avendo i risultati sperati. Gli sembrava di essere arrivato ad un buon punto con il proprio lavoro di ricerca, ma continuava a sfuggirgli o a sbagliare qualcosa e più succedeva più si innervosiva. Si rendeva conto che il tempo scarseggiava e che Lord Voldemort non si sarebbe accontentato dei suoi sforzi. A volte stava in piedi l’intera notte per cercare di trovare la soluzione a quel problema, ma non riusciva mai ad arrivare a una conclusione che non fosse quella di muoversi ad eseguire gli ordini. Proprio in quei giorni aveva ricevuto l’ennesima missiva del mago Oscuro che lo minacciava molto poco velatamente di ritorsioni su sua madre se non si fosse sbrigato a portargli qualche frutto di tutto il lavoro che diceva di fare. Draco non poteva sopportare il pensiero che a sua madre succedesse qualcosa, ma da solo sapeva che non ci sarebbe mai riuscito e avrebbe voluto chiedere aiuto al professor Snape, così da poter lavorare insieme, ma Lord Voldemort gliel’aveva proibito categoricamente.
Era tanto stressato dall’intera faccenda che una notte, nel bel mezzo dell’ennesimo calcolo andato male, gli era esplosa dentro una rabbia e una frustrazione tale da non potersi più trattenere. Con una manata aveva buttato a terra le provette con le quali stava lavorando, poi aveva afferrato i fogli e li aveva appallottolati, gettandoli in fondo all’aula di Pozioni, e infine aveva nascosto il viso nelle braccia, piegandosi sul banco. Aveva sentito le lacrime bruciargli ardentemente dietro le palpebre, e non era riuscito a trattenerne un paio, ma non avrebbe mai permesso alla propria rabbia di esprimersi in un modo tanto umiliante. Era stato così concentrato ad evitare di piangere che non si era accorto che il sonno lo stesse prendendo e si era addormentato. 
Attirato dal rumore, dopo aver lasciato passare per cautela qualche minuto, Snape era uscito dalla propria camera e si era avviato verso la propria aula deciso a cogliere il ladro o i ladri con le mani nel sacco. Invece aveva trovato il suo studente più caro addormentato su un banco nel bel mezzo di quel disastro. Il primo istinto era stato quello di svegliarlo, fargli una ramanzina per essere uscito di notte e ricacciarlo in camera propria, ma guardando meglio gli utensili e i fogli sparsi a terra si era incuriosito. Aveva raccolto le pagine di appunti spiegazzate e si era messo a leggerle. Ne era rimasto sconvolto. Quel lavoro era incredibile per un ragazzo dell’età di Draco e per la sua inesperienza, ma allo stesso tempo era assolutamente fuori posto. Non avrebbe mai dovuto interessarsi a cose simili, non se non fosse stato al servizio di Voldemort. Ma Draco era troppo giovane e poi non ne aveva ricevuto notizia… In realtà, Snape si era reso conto che negli ultimi tempi le informazioni che gli arrivavano sembravano essere diminuite. Poteva ben essere che Voldemort avesse voluto inserire nella scuola una spia più fidata, che passasse inosservata e potesse condividere molto più tempo con Potter. E Draco era certamente abbastanza stupido da mettersi in quel pasticcio dopo ciò che era successo a suo padre. Snape si era toccato automaticamente il braccio. Non che lui non avesse fatto lo stesso, però almeno prima aveva finito i suoi studi. Draco era troppo giovane per schierarsi in una guerra come quella. Ma era un ragazzo ambizioso, lo sapeva, e orgoglioso, come si addiceva a tutti i Malfoy. Non avrebbe potuto reagire altrimenti. Era inspiegabile come Dumbledore a queste conclusioni non ci giungesse mai. Comunque Snape aveva finito di scorrere gli appunti di Draco e aveva individuato alcuni errori peraltro sempliciotti. Per il resto il lavoro era brillante e sbalorditivo. Si era premurato di rimettere tutto a posto prima di andarsene a trascrivere le sue scoperte e a far rapporto al preside. Se davvero Draco era una spia di Voldemort e stava lavorando per lui, non sarebbe stato saggio fargli sapere che era stato scoperto.
Quando Draco si era svegliato si era guardato intorno confuso e, realizzata la situazione, gli era preso quasi un colpo. Aveva controllato che niente fosse cambiato nella stanza, che nessuno avesse toccato niente, e così gli era parso, poi aveva pulito e raccolto tutto di gran carriera e se n’era andato a dormire il più silenziosamente possibile. Aveva tirato un sospiro di sollievo nascondendo i suoi fogli e le altre cose, perché si era reso conto di aver rischiato di grosso stavolta, e si era ripromesso di non andare più nell’aula così tardi e così stanco, per evitare spiacevoli sorprese.
La notte in cui Harry fece pace con Ron, il Gryffindor andò a trovare Draco a sorpresa. Non si erano messi d’accordo e, quando apparve nella camera dello Slytherin, non lo trovò. Ci mise venti minuti di attesa solitaria per ricordarsi che quella sera gli Slytherin avevano gli allenamenti serali e, nonostante i richiami degli insegnanti, tra prolungamenti e docce non sarebbero stati di ritorno prima dell’una. Sbuffando per la propria stupidità e non avendo niente da fare, si spogliò e si mise nel letto del compagno. Si addormentò quasi subito, inebriato dal profumo di Draco che era rimasto sulle coperte.


Draco aveva appena finito gli allenamenti e si era divertito un mondo. Aveva piovuto tutto il giorno e il campo da gioco era uno schifo. Poco male, visto che il Quidditch ha luogo in aria, ma questo in realtà vale solo finchè qualcuno non cade. Durante gli allenamenti degli Slytherin cadeva sempre qualcuno e quasi mai per incapacità personale. Nella fattispecie un bolide che avrebbe dovuto essere da tutt’altra parte aveva colpito in pieno il portiere, che era caduto a terra senza farsi fortunatamente quasi niente. Aveva recuperato la propria scopa e aveva ripreso quota, puntando dritto al compagno di squadra che l’aveva atterrato, afferrandolo e riempendolo di fango. Proprio questo rese il manico della scopa scivoloso, facendolo cadere proprio in mezzo al campo, vista che suscitò le risate ilari dei compagni. Inutile aggiungere che era scoppiata una guerra fratricida all’ultimo sangue tra i giocatori che, tra le risate, portò alla completa fanghizzazione di tutti i membri della squadra. Era intervenuta come al solito quella guastafeste di madam Hooch, che aveva ricordato loro che l’orario di allenamenti era finito da un pezzo e che avrebbero dovuto già essere a dormire, altro che fare guerre di fango. I ragazzi, rumoreggiando e borbottando contro la professoressa, avevano pian piano abbandonato il campo, ma non avevano resistito, appena toccata terra, a ricominciare con gli scherzi. La strega si era alterata alquanto, facendoli ridere ancora di più. Si erano puliti alla bell’e meglio negli spogliatoi, avevano riposto le scope e poi se n’erano tornati alla loro casa, sempre ridacchiando. 
Draco era a capo della comitiva e stava facendo meravigliose descrizioni immaginarie della professoressa con il viso rosso che urlava come una pazza e veniva ricoperta di fango quando si trovò davanti Dumbledore così repentinamente che quasi andò a sbattergli addosso. 
“Buonasera, ragazzi,” salutò non molto cordialmente. “Vi siete accorti del fatto che l’ora di andare a letto è passata da un pezzo?” 
Ci fu una risatina subito zittita da una gomitata nelle costole. Draco guardò i compagni e sorrise fieramente.
“Ci stavamo allenando, professore. Perché, ha qualcosa da obiettare? Forse è vietato?”
“No, certo, signor Malfoy, ma l’ora è tarda e avreste dovuto tornare ai vostri dormitori da un pezzo. Inoltre la professoressa Hooch mi ha detto che il vostro comportamento in campo è stato piuttosto riprovevole.”
Draco gli scoccò un’occhiataccia ma non disse niente.
“Non intendo farvi fare ancora più tardi o domani nessuno di voi riuscirà a stare sveglio alle lezioni, ma preferirei non venir più disturbato a quest’ora per tali sciocchezze.”
I ragazzi mormorarono tra loro ma non risposero e in fretta ripresero a camminare verso il dormitorio.
“Ah, signor Malfoy!” esclamò Dumbledore chiamando indietro Draco e picchiandosi una mano sulla fronte. “Quasi dimenticavo…”
Draco guardò gli altri che attendevano un suo cenno e disse loro di andare, poi si voltò a guardare il preside con aria interrogativa.
“Vedo che è un periodo felice, questo, per lei, nonostante i problemi che so esserci nella sua famiglia.”
“Certo che lo è,” rispose sulla difensiva Draco, cercando di capire cosa volesse da lui il vecchio. 
“Bene, ne sono felice anch’io,” disse Dumbledore facendo per allontanarsi. Poi si volse ancora una volta indietro e disse “Volevo solo ricordarle che le bugie potranno solo condurla in un vicolo cieco la cui via d’uscita non può essere altro che la verità.”
Draco si stava ancora chiedendo a cosa si riferissero quelle parole che il preside si congedò augurandogli la buonanotte e si allontanò. Lo Slytherin scosse la testa, perplesso, e raggiunse di corsa la sua casa. Non passò neanche in camera. Si infilò subito in bagno, lasciò cadere per terra i suoi abiti infangati e si tuffò sotto la doccia, godendosi a lungo l’acqua scrosciare sul suo corpo portando via con sé sporcizia e stanchezza. Quando si sentì completamente rigenerato uscì, raccolse con due dita e un’aria schifata la divisa da Quidditch lurida e se ne tornò nudo in camera. Abbandonò i vestiti in un angolo, poi prese un asciugamano e si frizionò i capelli a lungo, cercando di asciugarli il più possibile. Infine si passò il telo sul corpo e lo abbandonò sulla sedia. 
Fece per avvicinarsi al letto e solo allora notò la sagoma che lo rialzava nel centro. Harry stava dormendo della grossa arrotolato nelle coperte. Draco scosse la testa chiedendosi come potesse un essere umano dimostrare tanto poco senso pratico e si infilò piano sotto le coperte dietro a lui. Era caldo e così si avvicinò maggiormente, poi allungò una mano, gli afferrò gli occhiali e glieli tolse delicatamente. Li aveva appena appoggiati sul comodino quando avvertì il compagno muoversi leggermente di fianco a lui.
“Draco?” chiese una voce appena udibile.
“No, il principe azzurro,” ironizzò Draco.
“Allora sei tu,” bofonchiò Harry. 
Girò un po’ il volto per vederlo ma era troppo addormentato per muoversi sensatamente. Fece un lamento di frustrazione e Draco, impietosito, si sporse un po’ in avanti e gli baciò il collo e l’angolo della bocca.
“Ti ho…spettato…non arrivav…” biascicò Harry, ma non riusciva a svegliarsi, anzi si stava riaddormentando. 
Draco sogghignò e lo abbracciò da dietro, intrecciando una gamba alle sue.
“Non parlare, se non ti riesce da sveglio figuriamoci ora…” gli sussurrò all’orecchio, poi leccò il lobo con la punta della lingua e si mise comodo per la notte. 
Si addormentarono entrambi in pochi secondi, ipnotizzati dal calore e dal respiro l’uno dell’altro.


Draco era in bilico tra il sonno e la veglia ma sentiva qualcosa di caldo e umido su di sé. Sbattè le palpebre ma era ancora intontito. La cosa, che fino a quel momento si era localizzata sulla sua pancia, si spostò sul suo fianco. Cercò di capire cosa potesse essere e se potesse essere ancora un sogno, ma la cosa si spostò in giù, passando sulla sua coscia. A Draco sovvenne che sembrava molto una bocca, una lingua. Ma chi…? Potter! Il pensiero della notte precedente lo svegliò all’improvviso. Era sicuramente Potter che si era svegliato e gli esternava le proprie voglie. E come le esternava bene… Draco divaricò un po’ di più le gambe per dargli tutto lo spazio necessario mentre il Gryffindor scendeva tra le sue cosce e le leccava tornando su fino quasi ad arrivare all’inguine ma fermandosi prima. Draco rabbrividì, sentendo il proprio corpo gradire il trattamento, e si mosse leggermente, fingendo di dormire ancora.
Harry sorrise. Dalla sua posizione sulla pancia di Draco si era accorto perfettamente del cambiamento avvenuto nel suo respiro quando era passato dal sonno ad uno stato di torpore vigile. Ora si stava rendendo conto di cosa stesse succedendo e cercava di spingerlo a continuare senza farsi notare. Sforzo vano, ma non per questo meno benaccetto. Era sempre piacevole scoprire di essere graditi al proprio partner. Harry insistette nel leccare l’interno coscia del compagno fino quasi a sotto i testicoli, ma fermandosi giusto un centimetro prima di dargli soddisfazione. Draco si lasciò sfuggire un grugnito frustrato e Harry non riuscì a trattenere una risatina.
Lo Slytherin aprì gli occhi e mise a fuoco il soffitto e il letto. Il giochino era andato bene per i primi cinque minuti. Ora aveva bisogno immediato di qualcos’altro.
“Andiamo avanti col giochino ancora a lungo?” chiese con voce profonda e roca per il sonno. 
Harry sentì il proprio inguine contrarsi già solo sentendo la sua voce così sexy. No, la risposta era chiaramente negativa anche da parte sua. Ripetè per la terza volta il tratto che già aveva leccato ma non si fermò. Insinuò la propria lingua sotto i testicoli del compagno e li leccò, strappandogli un sospiro improvviso, poi leccò l’erezione che faceva sfoggio di sé poco sopra. Non aveva però intenzione di fargli un pompino e finirla lì. In realtà non sapeva neanche lui bene cosa volesse. Si era svegliato con la voglia addosso e il corpo nudo del compagno era stato un boccone troppo succulento per rinunciarvi, ma ancora era un po’ sottosopra per il sonno e poi doveva essere piena notte perché tutto era buio e silenzioso. Continuò il suo tragitto con la lingua salendo per il corpo dello Slytherin, facendo tappa all’ombelico e ai capezzoli, affondando nel leggero incavo alla base del suo collo e salendo fino al mento e finalmente alle labbra. 
Draco catturò la sua lingua fra le proprie labbra, succhiandola. Era eccitatissimo come solo da appena sveglio e intontito poteva essere. Non avrebbe avuto pazienza e non aveva voglia di sforzarsi più di tanto. Era uno di quei momenti con Potter che aveva soprannominato Attacco-Segaiolo-Notturno. Al Gryffindor succedeva spesso. Misteriosamente non dormiva quasi mai una notte tutta di fila. Al mattino aveva la vitalità di una mummia imbalsamata da sei milioni di anni, ma durante la notte si agitava abbastanza e un paio di volte gli capitava di svegliarsi. Niente di troppo fastidioso; dopo i primi giorni in cui ci si svegliava di soprassalto pensando a chissà quale attacco nemico ci si abituava al suo girarsi e rigirarsi. Di solito non si svegliava mai completamente, non era cosciente e non si ricordava di essersi mosso, per cui non faceva capricci né parlava, il che influiva enormemente sulla sopportazione di Draco. A volte però, soprattutto se non avevano fatto sesso prima di dormire o se era passato un po’ di tempo, o ancora ne avevano fatto poco perché erano stanchi per la giornata, si poteva star certi che ad un certo punto della notte Potter si sarebbe svegliato con una voglia incontrollabile e avrebbe cominciato a fargli di tutto pur di farsi scopare. Il problema che si era presentato immediatamente era che nessuno dei due, comunque, riusciva a raccogliere abbastanza forze da concludere degnamente queste sessioni nel bel mezzo della notte e finivano per soddisfarsi a vicenda in fretta per poi tornare a dormire più rilassati. In fondo era bello, dava l’impressione di non essersi mai svegliati del tutto e quando ci si riaddormentava si ricadeva subito nel profondo dei propri sogni.
Harry rispose al bacio di Draco con passione, affondando le proprie dita nei suoi capelli, attirandolo a sé con quanta forza aveva in corpo in quel momento. Le mani dello Slytherin andarono ad accarezzargli le spalle, poi scesero lungo la colonna vertebrale e gli accarezzarono le reni, facendolo tremare di desiderio, infine passarono sui glutei, afferrandoli e stringendoli. Harry gemette, desiderando il tocco di Malfoy come non mai, e si strofinò contro la sua gamba. Una mano dello Slytherin scivolò sul davanti e afferrò l’erezione fremente del Gryffindor, che a momenti smise di respirare per il sollievo di quel semplice gesto. Cominciò ad accarezzarlo ritmicamente, passando ogni tanto il pollice sulla punta, continuando a baciarlo con trasporto. Harry allungò la mano verso l’inguine e muovendosi un po’ per tentativi riuscì ad afferrare il membro turgido del compagno seguendo il ritmo che lui stesso stava dettando. Continuarono a imitare i movimenti l’uno dell’altro, muovendo le mani sempre più velocemente, finchè Draco non interruppe il bacio, succhiando con forza il labbro superiore di Harry, e, sentendolo tendersi sempre più nella sua mano, si mise ad accarezzarlo freneticamente. Harry venne praticamente subito nella sua mano, ansimando pesantemente. Ci mise un paio di secondi per ingranare nuovamente, poi velocizzò le carezze su Draco e, insistendo per alcuni secondi, riuscì a portare anche lui al piacere. 
Draco si sentì lievitare di dieci centimetri dopo quel momento di sfogo. La mano di Harry era ancora su di lui che lo stringeva piano e così pure la propria. C’era un senso di pace e di appagamento che non aveva mai raggiunto con gli altri partner che aveva avuto, neanche dopo un rapporto completo. Questo era l’effetto che gli faceva il tran tran del sesso con Potter. Con gli altri diventava sempre più noioso e ripetitivo, con lui più si assestavano degli schemi più lo allettava. Sapere già come sarebbe andata a finire questa o quella provocazione, almeno a grandi linee, lo eccitava ancora prima di cominciare, e dopo l’orgasmo non c’erano tutte le tensioni che aveva sempre avuto con gli altri, quel senso di repulsione e di insofferenza che l’aveva sempre preso. Si sentiva perfetto, in pace col mondo, beato. Niente poteva andare male se Potter teneva lì la mano, no? In quelle nottate quella era la sensazione e lo faceva star bene. 
Harry, senza spostare la mano, si accoccolò su un fianco mettendoglisi di fronte e gli infilò la testa nel collo. Era una cosa che adorava fare perché lo faceva sentire tutto circondato da Draco: i suoi capelli, la sua pelle, il suo profumo, il suo respiro mano a mano più lento e rilassato. Si sentiva stranamente arzillo, calcolando che di solito crollava di nuovo dal sonno dieci secondi dopo esser venuto, quasi voglioso di far conversazione.
“Draco?” lo chiamò piano, tastando il terreno.
“Mh?” rispose lo Slytherin senza aprire la bocca.
“Sei felice?” chiese piano. Aveva solo voglia di sentir parlare il compagno, anche perché di solito a quell’ora Draco era più spontaneo e sincero.
“Mh?” ripetè Draco, forse troppo assonnato per capire la domanda o incredulo.
“Sei felice in questo momento, qui, con me?” ripetè Harry.
“Perché me lo chiedi?” chiese Draco con la sua voce roca. 
“Rispondi.”
“…Sì,” mormorò dopo qualche secondo lo Slytherin. Era un po’ a disagio, come sempre in quelle situazioni, ma il senso di appagamento e la stanchezza lo rendevano più loquace.
“Ci pensi che prima di farlo con te non ero andato a letto con nessuno?” chiese Harry in un sussurro.
Draco fece una smorfia.
“Eh… Pensiamoci…”
“Sono felice.”
“Perché?” chiese Draco schiarendosi la voce.
“Ho avuto un buon maestro.”
Draco sorrise divertito. Harry gli baciò il collo.
“Quando ti stuferai di me mi mollerai e ricomincerai da capo ad addestrare qualcun altro?” chiese ancora.
“Eh?” ribattè Draco sempre più sonnolento.
“Vorresti farlo con altri?”
“Mmm…” fu la laconica risposta dello Slytherin.
“No?” sussurrò speranzoso Harry.
“No, se non rompi.” Respirò profondamente un paio di volte e aggiunse “E se non ti fai troppo manipolare da Weasel.”
Harry corrugò la fronte, poi gli sembrò di comprendere.
“Hai visto? Abbiamo sotterrato l’ascia di guerra.”
“Mmm…” commentò ancora Draco.
Harry sbirciò per vederlo in faccia. Sicuramente si stava addormentando.
“Ti posso dire una cosa?” chiese piano.
Ancora una volta lo Slytherin mugugnò. 
“Una carota lilla puzza di vermi secchi,” disse tutto d’un fiato Harry. 
Voleva chiaramente mettere alla prova la capacità di discernimento del compagno. E ancora una volta ottenne la solita risposta silenziosa. Era andato, si era riaddormentato.
“Buonanotte, Draco,” sussurrò.
Lo Slytherin emise un verso che avrebbe potuto essere un “’Notte.”
Harry attese qualche secondo cullando nel cuore un desiderio che zittiva da tempo.
“Ti posso dire un’altra cosa?” chiese in modo appena udibile.
Nessuna risposta.
Harry deglutì e respirò a fondo il profumo della pelle di Draco, poi emise un sussurro praticamente indecifrabile. Non ottenendo risposta né reazioni ripetè con un po’ più di voce “Io…ti…amo, Draco.”
Draco si limitò a muoversi nel sonno per aggiustare la propria posizione. Harry sospirò di sollievo e, con la sensazione di essersi tolto un peso dal cuore, chiuse gli occhi e si accoccolò sulla spalla del compagno per dormire. Si addormentò sorridendo beato.


Il mattino dopo Draco non si ricordava assolutamente niente del dialogo notturno oltre la domanda “Lo vorresti fare con qualcun altro”. Harry fu sollevato dalla cosa, perché aveva evitato figure. Visto che la questione Ron non era quindi chiarita, gli disse in due parole che aveva deciso di smettere di tenere quel silenzio di ghiaccio nei confronti dell’amico, perché gli sembrava che già avesse tanti problemi da risolvere per i fatti suoi. Draco lo guardò di traverso, poi assunse un atteggiamento distaccato.
“Ti ricordi perché non gli parlavi più?” gli chiese.
“Certo, me l’hai chiesto tu!” rispose Harry.
“Appunto. In pratica ti sei rimangiato ciò che ti aveva ordinato di fare.”
“Ma l’avevi fatto solo per farmi dispetto!” si difese Harry.
“Ah sì?” chiese Draco come se per lui fosse una novità.
“Ma dai! Ormai le cose sono cambiate, non ha senso continuare con la storia degli ordini!”
Draco fece una smorfia incredula.
“Odio le cose che cambiano. Direi che abbiamo un problema, Potty.”
Harry non sapeva se prenderlo sul serio o no. Si avvicinò a lui e gli scrutò il volto.
“Draco… Davvero tu vuoi ancora che non parli con Ron?” gli chiese seriamente preoccupato.
Draco sbuffò.
“Fai come vuoi. Cosa vuoi che me ne freghi… Però…”
“Però?”
“Niente, lascia perdere. Un urrà per la pace tra Weasel e Potty.”
Harry lo guardò sospettoso, poi decise di lasciar perdere. Gli diede un bacio all’angolo della bocca e mise il mantello per rendersi invisibile, poi se ne andò.
Draco rimase pensieroso per un bel po’. Il modo in cui le cose erano cambiate gli metteva apprensione. Lo preoccupava il fatto che ormai tutto il bello del rapporto padrone-schiavo fosse scemato, che Potter facesse un po’ come voleva sia nella sua vita sia con lui. Lo preoccupava il fatto di sentirsi diverso, attaccato a una persona che avrebbe dovuto odiare e che odiava fino a pochi mesi prima con tutto se stesso. Lo preoccupava la confidenza che si era instaurata fra loro, quei bacini senza una finalità precisa se non quella di esprimere il proprio affetto, l’abitudine di dormire insieme, il conoscere tutte le abitudini dell’altro e adattarvisi, il riconoscere il suo odore e pensare che fosse piacevole. L’aver ammesso la notte precedente che sì, era felice con lui, più di quanto avrebbe mai osato immaginare, pur avendo la consapevolezza che non avrebbe dovuto esserlo. E infine era preoccupato per ciò che sarebbe successo in futuro. Presto Lord Voldemort avrebbe preteso dei risultati che non riusciva ad ottenere, forse avrebbe scoperto il loro rapporto e l’avrebbe usato per attirare Potter in una trappola e ucciderlo. Draco non voleva che Harry morisse… E da quando lo chiamava Harry?!? Il suo cervello doveva essersi fuso completamente. Troppo sesso. No, troppo Potter. Troppi casini, troppo poco sonno. Draco si sentì soffocare. Rischiava di non uscirne incolume per una volta da tutta quella storia maledetta. Velocemente si preparò e lasciò la propria stanza per andare a far colazione. Mantenere la mente occupata era la cosa migliore.