Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono neanche un po’. La signora
Rowling ne dispone come meglio crede, io ci gioco a tempo perso, senza pretese e senza fini di lucro.

 

Harry Potter e il cervello che non ha

parte III

di Sourcreamandonions

In cui Harry ha una brillante idea, ma impara che per avere prima bisogna dare. Tanto


Nella settimana seguente Harry si diede malato. Si rifiutò di scendere a
mangiare così come di frequentare le lezioni, e accettò solo controvoglia di
trasferirsi in infermeria, nonostante le lamentele di Madam Pomfrey, che
sosteneva a gran voce che l’unica malattia di Potter fosse la lazzaronite.
Harry quindi se ne stette tranquillamente a letto a rimuginare, allietato
ogni giorno dalle visite dei suoi amici che andavano ad accertarsi dei suoi
miglioramenti e a portargli i compiti.
Ron era quello che passava più tempo in infermeria, per lo più per
confidarsi con il migliore amico. Ormai i suoi rapporti con Hermione erano
piuttosto intimi, ma ancora la ragazza non voleva che i compagni di scuola e
soprattutto i professori lo sapessero. Aveva un buon nome da difendere,
diceva lei, e non voleva che la gente pensasse che sprecava le sue giornate
a pomiciare negli angoli.
La visita che Harry temeva di più era, naturalmente, quella di Draco Malfoy.
Si aspettava che il biondo Slytherin si insinuasse nell’infermeria giusto
per avere l’occasione di insultarlo e, perché no, di prendersi un po’ gioco
di lui. Quella visita però non arrivò mai. Draco non si fece vivo per tutta
la settimana. E, da quel che poteva capire parlando con Ron, non era andato
in giro a mettere manifesti su ciò che era successo l’ultima volta che si
erano visti. Questo fatto insospettiva Harry, e, se da un lato si sentiva
notevolmente sollevato, dall’altro non poteva sopprimere una punta di
tristezza. In fondo vedere il suo viso non sarebbe stato un gran dispiacere…
Quando la settimana fu terminata Madam Pomfrey lo buttò gentilmente fuori
dal suo rifugio e Harry dovette adattarsi nuovamente a confrontarsi con gli
altri studenti di Hogwarts. Gli capitò così di incrociare Draco nei corridoi
o di seguire lezioni alle quali partecipava anche lui, ma lo Slytherin non
sembrò dedicargli maggiori attenzioni del solito, né infierire su di lui con
battutine piccanti. Mano a mano che i giorni passavano, Harry cominciò a
tranquillizzarsi, e al contempo si accorse che quel senso di tristezza che
gli era sbocciato dentro nella settimana trascorsa in ospedale cresceva.
Perché Draco lo ignorava a quel modo? L’indifferenza era anche peggio
dell’essere deriso e insultato. Almeno così sapeva che manteneva viva
l’attenzione nei suoi confronti.
Non avendo niente di meglio da fare ricominciò ad allenarsi con gli
incantesimi di livello avanzato e a concentrarsi per aumentare il proprio
potere. Di certo non poteva dimenticare la potenza dello Stupefy che Malfoy
gli aveva lanciato contro, e non poteva permettere a uno Slytherin, quello
Slytherin, di superarlo. Negli incantesimi più semplici, quelli che
conosceva da tempo, si sentiva ormai sicuro, e sempre più spesso andava a
frugare fra i manuali, alla ricerca di qualche nuova formula potentissima e
distruttiva.
Fu così che un giorno i suoi occhi caddero nuovamente sulla lista delle
Maledizioni Senza Perdono. Harry si incantò a guardare quelle poche parole
sulla pagina, perso nei ricordi. Ricordi di come aveva visto morire davanti
a sé Cedric, ricordi dello scontro con Voldemort nei sotterranei del
Ministero, ricordi di Sirius, che ormai non c’era più… E ricordi di
Bellatrix. Del Cruciatus che le aveva scagliato contro. Dell’odio che aveva
provato in quel momento e di come lei lo aveva deriso. Anche dopo aver
riconsegnato il manuale in biblioteca ed essere ritornato nel dormitorio i
suoi pensieri continuavano ad essere completamente assorti in quel ricordo.
Piano piano la sua mente cominciò ad elaborare. Perché quegli incantesimi
erano proibiti? Beh, era chiaro, visti i deleteri effetti che potevano avere
sulla gente. Gli bastava pensare ai suoi genitori, o a quelli di Neville.
Tuttavia, non era anche vero che in mano alla persona giusta potevano
risolvere la situazione? Qualunque Auror avrebbe dovuto essere in grado di
scagliare un Avada Kedavra come si deve, per poterlo usare al meglio nel
momento in cui si fosse trovato davanti Voldemort in persona o i suoi più
fedeli Death Eaters. Per quella gente non potevano valere le stesse regole.
Loro le avevano infrante tutte e la morte, o almeno un certo livello di
sofferenza, era solo quello che si meritavano.
Questa linea di pensiero lo condusse presto ad una conclusione piuttosto
scontata: lui, in qualità di nemico numero uno di Voldemort, aveva il dovere
morale di imparare a lanciare quegli incantesimi e li avrebbe imparati.
Solo, gli serviva qualcuno che glieli insegnasse. I suoi pensieri volarono
subito a Lupin. Era perfetto. Era lì, a portata di mano, tutti sapevano che
Hogwarts non aveva mai avuto un professore di DADA tanto preparato, quindi
li avrebbe sicuramente eseguiti alla perfezione, ed essendo un amico così
intimo sia di Sirius che dei suoi genitori avrebbe sicuramente capito le sue
ragioni.
Harry battè le mani e se le sfregò soddisfatto. Avrebbe messo in atto il suo
piano quello stesso week-end.


“Come “no”?” esclamò Harry con voce lamentosa.
Lupin lo guardò alzando le sopracciglia.
“Starai scherzando, spero. Non ci penso neanche,” gli rispose in tutta
calma.
Harry si morse il labbro inferiore, cercando di trovare delle motivazioni
convincenti. Era sicuro che Lupin gli avrebbe risposto di sì, e non si era
preparato alcun argomento di supporto.
“Ma… Hai sentito quello che ti ho detto?”
“Certo che ti ho sentito, e se devo essere sincero non mi è piaciuto per
niente. Non puoi piombare nel mio ufficio dicendomi che vuoi che ti insegni
le Maledizioni Senza Perdono e snocciolarmi una serie di ragioni irrazionali
per le quali dovrei farlo.”
“A me sembravano molto razionali…” mormorò Harry.
Lupin sospirò. Harry sembrava un po’ confuso… Forse quella settimana in cui
si era sentito poco bene aveva avuto degli strascichi… Con il miglior
sorriso paterno si avvicinò al ragazzo e gli passò un braccio attorno alle
spalle, stringendolo a sé.
“Capisco che tu sia ancora sconvolto, ma sono certo che questo momento di
rabbia passerà. Sei un bravo ragazzo, e so che capisci i motivi per cui
nessun mago, nemmeno il più potente, dovrà mai usare quegli incantesimi.
Solo che ora sei un po’ turbato. Ma cerca di non pensarci, va’ coi tuoi
amici, divertiti e vedrai che tutte queste sciocchezze scompariranno dalla
tua mente. Sono sicuro che tra un mesetto ripenserai a questa conversazione
e ti farai due risate.”
Harry ascoltò tutto ciò con un’espressione molto seria in volto. Non gli
sembrava che Lupin l’avesse minimamente preso sul serio. Anzi, avvertiva un
certo tono di scherno di sottofondo… Possibile che neanche lui potesse
capire?
Harry lasciò che Lupin lo stringesse a sé con un braccio, poi si raddrizzò,
sistemandosi gli occhiali.
“Mmm… Probabilmente hai ragione. Allora…io vado a vedere cosa stanno facendo
gli altri.”
“Bravo!” esclamò Lupin soddisfatto. “È così che mi piaci! Mi raccomando,
comunque, non perdere troppo tempo correndo dietro alle ragazze come faceva
tuo padre, vi ho dato un bel malloppo di roba da studiare e gradirei che
fosse fatto.”
Lupin gli scoccò un ultimo sorriso e si girò a riordinare i fogli sulla sua
scrivania.
Harry lo osservò per un secondo.
“Allora…ciao,” disse e si avviò verso la porta.
“Ciao, Harry,” gli rispose distrattamente Lupin, che stava già scorrendo con
gli occhi un foglio che teneva in mano.
Harry strascicò i piedi fino alla porta e uscì.


Harry se ne stava nel suo dormitorio tutto solo, sdraiato sul letto. Con il
viso imbronciato rimuginava sulla risposta negativa che aveva ottenuto da
Lupin. Più ci pensava e più gli sembrava assurdo, come gli sembrava
realistico che i suoi “alleati” non ci tenessero poi tanto a vederlo vivo.
Forse avrebbe dovuto rivedere la sua lista degli amici e dei nemici… Di
sicuro, se Lupin gli aveva risposto di no, così pure avrebbe fatto
Dumbledore o qualunque altro membro dell’Order of the Phoenix. L’unico vero
grande mago, là dentro, era Sirius. Lui sì che gli avrebbe insegnato tutto
quello che voleva, anche quei maledetti incantesimi. Ma ormai Sirius non
c’era più, e non poteva più fare affidamento sul suo aiuto. Da solo, però,
non sarebbe mai arrivato da nessuna parte. E allora a chi poteva chiedere?
Chi poteva essere così potente da saper eseguire quegli incantesimi ma allo
stesso tempo tanto sprovveduto o consenziente da insegnarglieli?
Harry ci pensò su per un bel po’, e proprio quando ormai stava per cedere
alla tentazione di pensieri più frivoli un viso gli balenò nella mente. Ma
certo! Come aveva fatto a non pensarci prima? Malfoy sicuramente conosceva
quegli incantesimi alla perfezione. Harry ancora non era riuscito a
dimenticarsi quello Stupeficium, e poi aveva detto lui stesso di essersi
allenato durante l’estate. Per essere degno figlio di suo padre, come minimo
si era studiato a memoria tutti gli incantesimi deleteri che era riuscito a
trovare nei suoi manuali nascosti qua e là. Quindi, Malfoy era la persona
che cercava. A cui chiedere aiuto…
A Harry si gelò il sorriso sulla faccia. Andare da Draco a chiedere il suo
aiuto non era proprio in programma, visto che non intendeva neanche
rivolgergli la parola… Era anche vero, però, che a Harry non sarebbe
dispiaciuto poi tanto tornare in contatto con Draco. L’ultima volta era
stata parecchio umiliante, era vero, ma la vista dello Slytherin eccitato
ancora lo tormentava di notte. Era probabile che Draco gli chiedesse, in
cambio del suo aiuto, qualche prestazione particolare, ma Harry era davvero
tanto restio ad offrirgliela?
Ancora assorto si alzò e si diresse senza pensarci verso il campo da
Quidditch. Giunto al bordo del campo di gioco alzò gli occhi e vide che
c’era una squadra intenta ad allenarsi. Dalle uniformi verdi riconobbe
istantaneamente gli Slytherin e in alto, in mezzo al campo, c’era Draco, lo
sguardo attento che scrutava l’orizzonte alla ricerca del Golden Snitch.
Harry si fermò per qualche minuto ad osservare la sua figura stagliata
contro il grigio cielo invernale e sentì il suo cuore accelerare e uno
strano calore diffonderglisi nello stomaco. Ritirandosi non visto
all’interno del castello prese la sua decisione.


Draco stava studiando nel salone principale, dove era riuscito ad
accaparrarsi il posto più vicino al caminetto al tavolo degli Slytherin. Era
completamente assorto nella lettura del libro di pozioni che aveva
sgraffign… ehm, preso in prestito dalla biblioteca. Un tomo molto antico e
pesante, contenente le indicazioni per filtri anche piuttosto interessanti.
Assorto… Beh, più o meno. In realtà erano già tre ore che studiava, e la sua
mente, nonostante fosse allenata, reclamava una breve pausa. Così,
continuando a far finta di leggere per non essere disturbato, pensava.
Avrebbe voluto dedicarsi ad elucubrazioni allegre, come progettare la fuga
di suo padre da Azkaban o lo sterminio di tutti gli Auror del Ministero in
una volta sola, ma un triste volto continuava a riemergere dalle profondità
del suo subconscio. Quel maledetto Potter… Certo, prima di attuare qualsiasi
piano di pura malvagità avrebbe dovuto ballare sul suo cadavere, pensiero
peraltro incredibilmente allegro, ma architettare la sua morte era
un’attività estenuante. Avrebbe avuto milioni di opportunità se avesse
voluto, ma non intendeva sporcarsi le mani pubblicamente, tanto meno prima
ancora di finire la scuola. Portare a termine i suoi studi poteva rivelarsi
utile, in fondo.
E poi era innegabile che Potter si fosse rivelato utile. Era grazie a lui,
dopotutto, se era diventato quello che era. Se quell’idiota non avesse
combinato tutto quel casino al Ministero, facendo arrestare suo padre, lui
sarebbe probabilmente cresciuto come un ragazzino viziato, ignorante e
immaturo. Quanto rimpiangeva di essersene accorto troppo tardi! Aveva
sprecato cinque anni di scuola a fare il gran signore senza muovere un dito.
Ah, ma quell’estate gli era molto servita. Era cresciuto notevolmente, e non
solo fisicamente. Si era allenato duramente, aveva studiato, fatto di tutto
per incrementare il suo potere. Ora sì che si sentiva un vero mago, e un
uomo. Non aveva più paura di nulla, ora. Era completamente indipendente e
pronto ad ogni eventualità.
Tuttavia Potter rimaneva la spina nel fianco da eliminare. Certo, dopo
l’ultima volta… Draco ripensò alle parole di Potter e a come se n’era
andato. Non poteva dire di non esserci rimasto male. Certo, forse aveva
calcato un po’ troppo la mano, avendo di fronte un novellino e pure idiota,
ma…come poteva resistere? Era Potter! Quella sera aveva dovuto concludere da
solo. Non che non avesse con chi concludere, ma si era stufato di quella
troietta di Pansy che gli girava sempre intorno. E anche di tutti gli altri
e le altre spasimanti che gli ronzavano attorno tutto il giorno, sempre
pronti a farsi scopare. Dopo un paio di volte, che gusto c’era? Ce ne fosse
stato uno veramente, ma veramente bravo, allora avrebbe potuto farci un
pensierino, ma il meglio che era riuscito a rimediare era quella puttana
della Weasley, che subito dopo aveva finto di essere sotto l’influsso di una
qualche pozione e se l’era filata. Come se lui avesse avuto intenzione di
far sapere in giro che se l’era fatta! Draco sorrise maliziosamente. Certo
che quella sì che aveva una bocca…
Comunque, farsi Potter…beh, quasi farsi fare un pompino da Potter, era stato
inspiegabilmente eccitante. Forse il fatto di vederlo così sottomesso, e
allo stesso tempo così ben disposto aveva acceso un barlume di desiderio nel
suo corpo. Draco si era già punito per quello. Perché Potter faceva schifo,
e desiderarlo anche solo per un secondo mostrava una deprimente, devastante
mancanza di gusto. Ma negli ultimi tempi, se doveva pensare a qualcosa di
veramente eccitante, invariabilmente compariva nella sua mente l’immagine di
santo Potter legato a un letto a faccia in giù, in fremente attesa di essere
scopato. Sì, il solo pensiero gli faceva venire la pelle d’oca.
Quella notte, prima di farlo scappare, aveva avuto conferma dei suoi
sospetti: Potter era un’inarrivabile checca isterica e, come prevedibile,
gli moriva dietro. Il gioco era fin troppo facile. Se Potter gli si
concedeva senza sforzo quasi non c’era gusto. Quasi… Anche se dall’inizio
dell’anno aveva notato in lui un certo cambiamento. Stava diventando sempre
più irascibile e prepotente, anche con gli insegnanti. L’astinenza faceva di
quegli effetti… Però Draco doveva ammettere che quando si atteggiava in quel
modo era quasi sopportabile. A volte si chiedeva persino se sarebbero potuti
diventare alleati, se all’inizio avesse accettato il suo consiglio di stare
con gli Slytherin. Draco avrebbe potuto plasmarlo a suo piacimento e
trasformarlo in un perfetto compagno di distruzione, allora, e Potter non
sarebbe diventato l’imbranato decerebrato che era grazie a Weasel e
all’altra sapientona Mudblood.
Draco era talmente concentrato che quasi trasalì quando udì una voce fin
troppo nota pronunciare il suo nome alle sue spalle.
“Malfoy?”
Draco trasse un profondo sospiro e si girò con aria scocciata.
“Potter…” sospirò.
Harry stava in piedi davanti a lui e il modo in cui teneva le mani strette a
pugno con tutte le sue forze rivelava quanto fosse teso. Patetico.
“Io…devo parlarti. Stanotte. Nel solito posto,” disse a scatti Harry.
Draco fece una faccia sorpresa. Quella proprio non se l’aspettava.
“Non ci penso neanche,” rispose semplicemente e si rigirò, cercando di
tornare al suo libro.
“E invece ci verrai. Ti conviene.”
Draco alzò un sopracciglio davanti alla sfrontatezza di Potter. Si girò
nuovamente e chiese “Ah sì? E potrei sapere perché?”
“Beh… Perché…”
Harry era stato chiaramente preso alla sprovvista dalla sua domanda,
peraltro piuttosto lecita e prevedibile.
Draco scosse la testa e sbuffò.
“Potter, va’ a infastidire qualcun altro e lasciami studiare. Non ho tempo
da perdere con i dislessici.”
Attese un attimo, poi si voltò nuovamente. Potter se n’era andato. Draco
tirò un sospiro di sollievo e tornò a tuffarsi nella lettura. Per l’ennesima
volta Potter si era reso ridicolo. Ciononostante, nella sua mente si fece
largo l’idea che dopotutto, tanto per vedere cos’aveva in mente, un salto
all’appuntamento ce lo poteva pure fare…


Harry camminava veloce per i corridoi, borbottando tra sé e sé insulti
indirizzati principalmente a se stesso. Draco gli aveva detto che non
sarebbe andato all’appuntamento. E allora perché lui ci stava andando?
Basilarmente perché la speranza era l’ultima a morire, e Draco era proprio
la sua ultima speranza. Chissà che con la penosa figura che aveva fatto
chiedendogli di incontrarlo quella notte lo Slytherin non si fosse
incuriosito…
Quando arrivò nel luogo prefissato Harry notò che ancora una volta la porta
era già apparsa. Il cuore cominciò a battergli all’impazzata. Allora Draco
alla fine aveva deciso di presentarsi. Harry si tolse velocemente il
mantello e, come l’ultima notte in cui si erano incontrati, cercò di
rendersi presentabile, poi entrò.
Riconobbe la stanza immediatamente. Era la stessa dell’altra volta, stesso
arredamento e stesso fuoco scoppiettante. Solo che Malfoy questa volta era
in bella vista. Era seduto sul letto con le gambe accavallate e stava
leggendo un libro. Harry non poté fare a meno di pensare che ai suoi occhi
non era mai stato tanto bello, e che quando era concentrato gli piaceva
ancora di più.
Quando si accorse della presenza di Harry, il biondo abbassò il libro e lo
fissò, inarcando un sopracciglio.
“Potter… Era ora. Allora, perché mi hai trascinato fuori dal mio letto nel
bel mezzo della notte?”
Harry mosse nervosamente i piedi, cercando le parole giuste per iniziare il
discorso. Purtroppo la bocca gli era diventata arida come un deserto in
piena estate.
“Bhe… Malfoy, io…devo chiederti un favore.”
Draco scoppiò a ridere senza riuscire a trattenersi.
“Potter sei impazzito?!? Ti ho mai fatto un favore? Io? Sapevo che non avevi
il cervello, ma anche un criceto avrebbe evitato di dire un’assurdità
simile!”
“No,” ribattè testardo Potter, “devi ascoltarmi. Ho bisogno di qualcuno che
mi insegni alcune cose, e per mia disgrazia tu sei l’unico che lo può fare.”
Draco lo guardò incredulo.
“Non ci credo, Potter chiede il mio prezioso aiuto. Sai, non migliori la tua
situazione. Saperti irrimediabilmente in difficoltà non fa che aumentare la
mia determinazione a risponderti di no.”
Harry aprì e chiuse le mani, mordendosi l’interno della guancia. Sapeva cosa
doveva dire, ora, ma non era sicuro di averne la forza.
Serrò gli occhi e trasse un profondo respiro, poi li riaprì, tenendoli fissi
sul pavimento, e sussurrò “Ti prego…”
Negli occhi di Malfoy saettò un guizzo di soddisfazione. Sul suo viso
comparve il solito ghigno gelido.
“Come scusa?” chiese, fingendo di non aver sentito. “Ripeti un po’…”
Harry sospirò, frustrato. Sapeva che Malfoy si sarebbe preso gioco di lui.
“Ti prego, Malfoy,” ripetè a voce più alta.
Draco chiuse di colpo il libro che ancora teneva in mano, facendo trasalire
Harry.
“Mmm, Potter che implora… Delizioso,” commentò, posando il libro sul letto e
incrociando le braccia. “Potrei abituarmici. Allora, Potty, cosa vuoi che il
qui presente ti insegni?”
Harry lo guardò dubbioso.
“Ma accetterai?”
Draco sbuffò irritato.
“E che ne so?!? Mica accetto così, a scatola chiusa. Prima voglio sapere
cosa ti frulla in quella testa vuota. Probabilmente ti sarai ingoiato il
Golden Snitch ed ora è lì, intrappolato, e non riesce a uscire. Come quella
volta che l’hai preso con la bocca, al primo anno… Che schifo…”
Draco fece una faccia disgustata che un po’ ferì Harry.
“Io… voglio che tu mi insegni a lanciare le Maledizioni Senza Perdono,”
disse tutto in una volta. Appena pronunciò quelle parole si sentì sollevato.
Ora che l’aveva detto si poteva anche tranquillizzare.
Lo sguardo di Draco divenne immediatamente interessato, ma anche incredulo e
sospettoso.
“E cosa ti fa pensare che io le sappia fare? D’altronde sono proibite…”
disse con cautela.
“Proprio per questo so che le sai fare. Figurati se non sono la prima cosa
che ti sei messo a studiare…”
Draco sorrise, compiaciuto.
“Dunque, diciamo che sì, forse le so lanciare, e che sì, forse con cinquanta
o sessant’anni a disposizione te le potrei insegnare,” disse in tono vago,
sistemandosi il maglione a collo alto che indossava. Poi gli occhi
scattarono sul viso del Gryffindor. “Ma ancora non mi hai detto cosa me ne
viene…”
Harry non poté non percepire la nota maliziosa nella voce dello Slytherin.
Non che non se lo fosse aspettato. Con aria rassegnata chiuse gli occhi e
mormorò “Farò tutto ciò che vuoi.”
Draco si sentiva felice come un bambino. Gli sembrava fin troppo semplice.
Doveva essere il suo regalo di Natale anticipato.
“Tutto tutto? Niente ripensamenti?”
Harry esitò un attimo, poi sussurrò in un sospiro “Tutto.”
Draco battè le mani e Harry aprì gli occhi per osservarlo. Non era proprio
entusiasta del sorrisone che aveva dipinto in volto. Applicato a Malfoy
preannunciava catastrofe.
“Bene!” esclamò gioioso Draco. “Cosa stiamo aspettando?”
Harry sorrise timidamente.
“Comiciamo subito?” chiese. Credeva che Malfoy l’avrebbe comunque fatto
attendere.
“Certo, non mi piace perder tempo. Mettiti al lavoro, forza.”
Il tono di Draco non era dei più gentili, e a Harry cominciò a nascere
qualche sospetto.
“Ma io…non so cosa devo fare…” biascicò.
“Cos’è, in due settimane hai già rimosso tutto? Hai lasciato qualcosa in
sospeso l’ultima volta. È ora di finire il lavoro.”
Il respiro di Harry si bloccò per un secondo, mentre il tono di ghiaccio di
Malfoy gli scendeva nel cuore. Come aveva potuto sperare in qualcosa di
diverso? Era uno stupido.
Lentamente Harry si avvicinò al letto e, dopo un momento di incertezza, vi
salì a gattoni, avvicinandosi alle gambe di Draco. Indossava dei pantaloni
di lana grigio scuro, anche se la vera attrattiva era quel maglione a collo
alto nero che gli copriva dolcemente il busto, aderendo discretamente al suo
petto.
Harry strisciò fino al fianco di Draco, poi con mani ancora tremanti attaccò
l’allacciatura dei suoi pantaloni. Presto liberò l’erezione di Draco dagli
indumenti e si fermò ad osservarla. Anche quella era più bella di come se la
ricordava. Senza incrociare lo sguardo del biondo, che sentiva fisso su di
sé, afferrò delicatamente il membro turgido e abbassò la testa, prendendolo
subito in bocca. L’impatto iniziale fu molto meno drammatico della prima
volta. Harry cominciò a muovere la testa su e giù, facendo scivolare Malfoy
gradualmente più a fondo, mentre con la mano si aiutava a tenere il ritmo.
Dopo un po’ che si muoveva senza grandi risultati udì Draco sospirare, e
dopo poco una mano posarsi sulla sua testa e afferrargli i capelli, anche se
più gentilmente dell’ultima volta.
“Sei…migliorato, Potter,” sussurrò Malfoy, ansimando leggermente. “Sono
proprio curioso di sapere su chi ti sei esercitato…”
Harry schermò le proprie orecchie dalle probabili successive cattiverie
dello Slytherin e cercò di concentrarsi su ciò che stava facendo. Malfoy
aveva poco da fare lo spiritoso, se l’altra volta non c’era riuscito era
anche colpa sua. Continuò a muovere la mano e a succhiare, accelerando il
ritmo. Presto sentì il sesso di Malfoy indurirsi e ingrossarsi ancora di
più. Sentiva il ritmo del suo cuore pulsare nella sua bocca e cercò di
seguire quel battito che diventava mano a mano più frenetico. Sulla sua
lingua poteva percepire il sapore dello Slytherin, e proprio come nei suoi
sogni la cosa non faceva che eccitarlo mille volte di più. Avrebbe voluto
che Draco ricambiasse in qualche modo il favore, ma la razionalità gli
suggeriva di abbandonare tale speranza.
Le dita di Malfoy strinsero la presa e Harry capì con certezza che era ormai
vicino all’orgasmo. Fece per alzare la testa e finire il lavoro con la mano,
ma la mano di Draco lo tenne fermo dov’era.
“Non osare…mh…smettere… Devi ingoiare tutto…fino all’ultima goccia…” sibilò
Draco.
Con quelle parole spinse più giù la testa di Harry e, muovendo
freneticamente il bacino, venne nella sua bocca.
Harry sentì che sarebbe come minimo soffocato e, per far buon viso a cattivo
gioco, tentò di rilassarsi il più possibile, lasciando che il getto caldo di
Malfoy gli scendesse giù per la gola. Dopo qualche secondo Draco lasciò la
presa sui suoi capelli e Harry si raddrizzò, respirando profondamente per
poi cadere preda di un attacco di tosse.
Draco lo guardò schifato.
“Mamma mia… Ma tutte le volte devi quasi vomitarmi in faccia?”
Lo Slytherin si riaggiustò e si riallacciò velocemente i pantaloni,
brontolando “Spero per te che migliorerai con la pratica.”
Harry, che ancora lottava con il formicolio in gola, non ebbe la forza di
guardarlo in faccia. Si tolse gli occhiali per asciugarsi le lacrime causate
dalla tosse e mormorò “Adesso…mantieni la promessa.” Poi fu colto da un
altro accesso di tosse.
“Per carità, rimettiti gli occhiali, che senza fai più schifo del normale,”
disse pacatamente Draco, senza dar segno di aver ascoltato le sue ultime
parole.
Harry guardò il biondo alzarsi dal letto e avviarsi verso la porta.
“Ehi!” lo richiamò, irritato. Non si era mica umiliato tanto per niente.
“Dove credi di andare? Non mi hai ancora detto niente!”
Draco si voltò e lo guardò con sufficienza.
“Per lanciare quegli incantesimi bisogna prima saper odiare e godere della
sofferenza altrui. Tu non sei ancora pronto. Ma imparerai. Oh, sì,
imparerai…”
Così dicendo gli diede nuovamente le spalle e lasciò la stanza.
“Malfoy, ti odio!” gli urlò dietro Harry, ma nel momento in cui pronunciò
quelle parole sapeva che non erano vere. Non nel modo in cui le intendeva
Malfoy, non con quell’intensità. Il vero odio… L’aveva provato solo alla
morte di Sirius, ma poi si era placato, e per quanto si sforzasse non
riusciva a ricreare quel furore nel suo animo.
Harry si ritrovò solo nella stanza, seduto sul letto. Era inutile stare lì
ancora. Anche se… Harry era ancora eccitato da prima. Velocemente si aprì i
pantaloni e chiuse gli occhi. Mentre la sua mano si muoveva veloce per
l’esperienza, immaginava Draco intento a fare ciò che lui gli aveva fatto
pochi minuti prima. Quando si sentì appagato, si pulì alla bell’e meglio e
lasciò in fretta la stanza per tornare nel suo dormitorio.