NOTE: dovrebbe essere un 'seguito' di Fili Intrecciati, spero che sia abbastanza comprensibile anche per chi non l'ha letto. Se volete un riassunto sono a disposizione.
E poi i personaggi non sono miei, non mi appartengono, e mi diverto solo un sacco a infilarli in queste situazioni assurde!


Fuoco oscuro

di Dhely

Parte 12/?


La musica che proveniva dalla finestra era incantevole. Gli cullava il cuore, gli soggiogava l'anima. Shin socchiuse gli occhi appoggiando una mano al vetro, in piedi di fronte a quel cielo di nuovo grigio, di nuovo gravido di pioggia. Sarebbe stato semplice per lui annullarsi lassù, in ogni goccia, e godere del vento che lo avrebbe accarezzato e della gioia di schiantarsi su una superficie dura e liscia e scivolare giù, lentamente, in piccoli rivoli scintillanti, innalzando il proprio canto e con esso riempire tutto l'universo. Sarebbe stato semplice, piacevole e naturale . . naturale come vivere nel proprio ambiente, comodo come ritrovare finalmente se stessi . .
Non gli servì voltarsi. Lo sentiva, sentiva quel respiro ora leggero e regolare. Finalmente Touma era riuscito ad addormentarsi dopo una notte terribile, piena di incubi e dolore e paura. Come poteva lasciarlo da solo? 
Shin sospirò riaprendo gli occhi, mettendo a fuoco il mondo grigio e piatto che lo circondava e, dalle labbra, gli scappò un sospiro amaro. Si passò il dorso della mano sugli occhi ma sentiva male lo stesso, un peso all'altezza del cuore. Cosa decidere? Già . . solo di decisione si trattava, perché la scelta era già compiuta, e da molto tempo anche. Questo non rendeva le cose più semplici, anzi. Senza giri di parole, senza dubbi, Shin sapeva bene di chi era innamorato.
Con chi avrebbe voluto passare la propria vita fino alla fine dei suoi giorni.
Chi era colui che gli riempiva i pensieri e il cuore.
Chi poteva farlo morire con un semplice gesto e farlo resuscitare con un mezzo sorriso.
Ryo.
Shin sopirò di nuovo. Ryo. Era un coglione, era uno stupido, lo sapeva. Era uno scemo insensibile. Ma era dolce, era la persona più pulita, più calda e meravigliosa che avesse mai incontrato. Nessuno l'aveva mai fatto sentire così a proprio agio, così 'giusto' standogli semplicemente al fianco. Gli mancava addormentarsi accanto a lui che russava un poco, tutto allungato sul letto, le braccia larghe, le gambe spalancate e lui che doveva farsi piccolo piccolo in un angolo, magari sullo spigolo, oppure col capo appoggiato alla sua spalla, per farlo sorridere nel sonno. Gli mancava il suo fuoco, il suo arrabbiarsi per nulla, una discussione accesa per vivacizzare qualunque pomeriggio, qualunque momento che trovasse noioso, e poi il solito modo in cui gli chiedeva scusa, il suo lieve arrossire, la sua dolcezza. Gli mancava la sua schietta intelligenza, il suo cuore sempre caldo, sempre pieno, sempre preoccupato per qualcuno. Gli mancava . . perché mentire? il suo corpo. Le sue mani addosso, il suo sesso, gli mancava moltissimo fare l'amore con lui per ore e ore, e svegliarsi nella notte e trovarselo al fianco e pensare che forse sarebbe bello ricominciare da capo . . c'era mai stato un 'no' per lui? No, mai. Ryo e il suo sorriso, Ryo e il suo calore.
Ryo.
Shin si voltò appena, sfiorando con lo sguardo quel corpo bianco e sottile, se paragonato a quello di Ryo, che ora giaceva fra le coperte. Touma aveva il volto appena rilassato che portava addosso il segno di ore trascorse tra incubi e ricordi, era spettinato, la pelle era lievemente tirata e pallida alla luce di quella pioggia incessante che filtrava da fuori. Aveva mai visto qualcuno di più indifeso? Aveva bisogno di pensare . . pensare a cosa, poi . . avrebbe voluto accarezzarlo, passargli una mano fra i capelli ma aveva davvero paura di svegliarlo e non era certo questo di cui avesse bisogno in quel momento. Aveva trascorso ore a cullarlo come se fosse stato un cucciolo, cercando di rassicurarlo, sforzandosi di capire cosa dovesse fare per aiutarlo davvero, ore che erano seguite ad altre ore in cui era stato ben sveglio e si era cocciutamente opposto all'idea di aver bisogno di qualcosa. Touma era un tale testone! Eppure . . eppure lo capiva. Era tanto . . c'era così tanta amarezza dentro di lui.
Accanto alla finestra c'era quella poltrona che ora gli sfiorava una gamba.
Shin vi posò sopra lo sguardo e si ritrovò a sorridere. Era il posto in cui Seiji adorava mettersi a leggere e, nonostante quello che Touma diceva, non l'aveva mai spostata, non ci aveva mai appoggiato sopra qualcosa, non ci si era mai seduto, e non aveva mia *permesso* a qualcun altro di sedersi. Era quello, assurdamente, il 'sacrario' di Seiji in quella stanza, nonostante il profanare il loro letto, nonostante l'invitare Shin a dormire lì. Nonostante tutto quello che era successo quella poltrona era ancora immacolata e lo sarebbe rimasta. Shin sapeva bene cosa significasse amare qualcuno, e il dolore che da questo poteva nascere. Scosse il capo voltandosi verso il ragazzo avvolto fra le lenzuola.
Touma sembrava aggrapparsi strettamente a quel pezzo di stoffa come a cercare un appiglio, del calore. Era . . sembrava così piccolo. Shin si passò una mano davanti agli occhi, ricordava bene quello che aveva visto dentro di lui, quello che aveva vissuto e provato al suo fianco. I suoi sentimenti chiari e trasparenti come una notte d'inverno spazzata dal vento della Siberia gli avevano scalfito il cuore. Il vuoto dentro il cuore di Touma, in certi momenti, sembrava un terribile buco nero che inghiottisse tutto, un'amarezza sconfinata, un freddo in grado di bloccare non solo il cuore ma di cancellare il cervello, annientare ogni sentimento, ogni parvenza di essere una creatura viva . . un lampo gli solcò la memoria. 
Era stato semplice per lui scivolare al di sotto della linea di consapevolezza di Touma e vedere quello che lo tormentava. Era stato semplice per Shin entrare in quegli incubi e vederlo.. Touma era giovane, piccolo. Un bambino, dieci anni al massimo. Shin aveva visto una cucina comune, occidentale, il sole che sbatteva contro la liscia superficie del tavolo a poco più di un passo, il raggio sbieco che si infrangeva sui piatti impilati nel lavello, il latte rovesciato sul piano cottura, il frigorifero dimenticato socchiuso e una pozza d'acqua che si allargava sul pavimento.
Tristezza, solitudine.
Touma sospirò, lo vide arrotolarsi le maniche del pigiama cercando di non mettere i piedi nell'acqua, per non bagnarsi le calze. Avrebbe dovuto lavare tutti quei piatti per riuscire a fare colazione, oppure . . bhè, sarebbe bastato risciacquare una tazza, sperando almeno che il latte non fosse andato a male perché se no . . guardò l'orologio di sfuggita, non sarebbe riuscito a fare colazione fuori casa, quella mattina per cui era meglio che le cose avessero deciso ad andare bene.
Appoggiata la mano sul frigorifero lo aprì ficcandoci dentro la testa. Non fu stupito nel non trovare i due panini che si era fatto la sera prima, li aveva di certo portati via suo padre . . quando chiuse la bianca superficie a un palmo dal suo naso vide quel foglietto.
La calligrafia era nota, conosciuta. 'Torno tardi'. Suo padre, ovvio. Chi mai poteva lasciargli dei messaggi oltre a lui? Sentì di nuovo freddo e una sensazione terribile di malinconia, sentendo le ginocchia che cedevano. Si sedette piano sulla sedia troppo alta per lui e si ritrovò a fissare quel foglio ancora e ancora. Da quanto tempo era lì? Scosse appena il capo, una settimana almeno. Già.
Touma si strinse le ginocchia al petto, chiudendo gli occhi. Era orgoglioso di suo padre. Aveva vinto il premio Nobel! Non era una cosa comune . . era un genio, proprio come lui, ma . . ma sua madre se n'era andata, dicendo che non poteva sopportare il suo disinteresse, gli aveva dato un bacio su una guancia e aveva ripreso con gioia il suo lavoro di reporter affermato. . era orgoglioso dei suoi genitori, sua mamma era speciale, e suo padre . . bhè suo padre era idolatrato dalla comunità internazionale di scienziati. Era ovvio che non avesse tempo per . . per lui ma . . un nodo in gola che rischiò di farlo soffocare. . avrebbe voluto allungare una mano e prendere quel foglietto, una pagina stracciata da un quaderno a  quadretti, quelle due parole, lì, identiche da almeno una settimana, avrebbe voluto farlo a mille pezzetti, avrebbe voluto . . un po' di tempo . . avrebbe voluto essere un po' importante . . un qualcosa . . qualsiasi cosa. Invece . . invece suo padre non aveva neppure il tempo di scrivergli due righe di nuovo ogni mattina. Neppure quello. Non bastava non vederlo mai, non bastava sapere che viveva lì solo per i piatti sporchi che lasciava nel lavello e le camicie che buttava in lavatrice. Scosse il capo con rabbia, furioso per le lacrime che rischiavano di colargli per le guance. Era un uomo  impegnato, suo padre aveva altro da fare, cose più importanti, studi difficili, non poteva sprecare tempo per quello . . per lui . .  
Shin deglutì amaramente. Il dolore . . quanto dolore, quanta solitudine può sopportare un bambino di quell'età? Vuoto, freddo . . fu quello che sentì crescere dentro quella creatura troppo piccola e troppo fragile per riconoscere in essa il loro cinico e acuto Touma. Eppure . .
Freddo e buio. Come lo spazio siderale. Come la solitudine. Come un'anima inaridita. Un universo intero rinchiuso lì dentro, ma tutto avvolto in una coltre di morte. Poi . . Shin aveva trattenuto il fiato il fiato, all'inizio aveva creduto che fosse solo una stella che brillava un po' più delle altre, che palpitava e bruciava con forza ma comunque identica alle altre. Poi si accorse che si muoveva. Una cometa. Dopo tutto le comete sono di ghiaccio, no? Ebbene sì, era una cometa. Una cometa che arrivò lì, davanti a quel bambino che era diventato adolescente nel corpo ma il cui cuore era ancora quello buio e freddo di quel bambino che scopre quel biglietto sempre identico appiccicato al frigorifero. Arrivò lì, ed esplose.
Luce.
Una luce senza parole. Non un tenue raggio di sole, no. Un chiarore pallido e bianco, perfetto, assoluto, in grado di avvolgere ogni cosa, di ridonare la vita a quell'universo immobile e che, rinfrangendosi su un cristallo, avrebbe creato i colori. Da quella cometa di ghiaccio e luce nacquero i colori nel mondo di Touma, vi fecero la loro comparsa e dipinsero ogni cosa, non cancellando il buio ma colmandolo di sfumature, rendendolo vivo, palpitante, e dolce. Il buio divenne la notte, un cielo stellato profondo e prezioso, divenne un lago di ossidiana in cui veder riflesse le stelle, un momento popolato di sogni . . pensieri . . desideri che finalmente diventavano accessibili, pensabili, almeno. 
Sogni, pensieri, desideri . . un paio di occhi d'ametista, un sorriso pallido, lontano, quel gelo mordente ma .. gentile? Sì, Touma era questo che aveva visto in Seiji, la prima volta che aveva posato gli occhi su di lui. 
L'amicizia fu dolce, una sintonia innata, rapida, come se fossero semplicemente due strumenti accordati per suonare sulle stesse note. E non  più solitudine, no, non più vuoto, non più freddo e buio e nessun altro intorno. Seiji c'era con la sua strana presenza, sottile perché non gli  desse fastidio, ma salda nei momenti di bisogno. Seiji divenne presto il sole intorno a cui ruotare.
Quel foglio 'Torno tardi' scomparve in quegli occhi, in quei sorrisi, in quei gesti leggeri, in una complicità che lo fece sentire parte finalmente di qualcosa di importante. Nessun 'Torno tardi' dimenticato lì, non mancanza di tempo ma . . attenzione . .
Amore.
L'amicizia divenne amore per caso, Touma non se ne accorse davvero, Shin lo intuì come una sfumatura particolare mutare nel suo animo, nel suo atteggiamento, qualcosa di sottile, indicibile, finchè lo sguardo e la presenza di Seiji gli divennero fondamentali. E la gelosia e il bisogno divennero finalmente chiari. E poi quelle parole, quelle carezze, quello sfiorarsi piano, il bacio e finalmente le sue braccia intorno, la sua voce sussurrata . . tutto intorno a se' Shin sentiva calore, piacere, amore.
Touma era assurdamente puro, si sarebbe immolato per Seiji senza chiedergli una spiegazione, senza dire nulla, senza opporre nulla che non fosse un sorriso. Seiji non gli aveva chiesto mai nulla del genere, gli sorrideva e lo stringeva. Gli dava gioia e lo faceva davvero sentire al centro di un universo, non più un pianeta perduto sul bordo di una galassia. Amava ed era riamato. Seiji gli aveva chiesto aiuto, aveva sollevato i palmi verso di lui, aveva pianto e aveva chiamato il suo nome . . Shin cercò di pensare . . i demoni? Era probabile.
Shin vide Seiji ferito e distrutto, in lacrime, il corpo violato, la mente quasi stravolta. Lo vide fra le braccia di Touma, sentì la sua forza, vide il suo amore e il suo assoluto, tenace desiderio di ridonare al suo compagno la pace che meritava. E ancora sorrisi e ancora baci e ancora carezze, e amore . . amore . . amore . .
Ed ora Touma era stato di nuovo scaraventato in quell'abisso di ghiaccio, da solo. Freddo e buio, ecco quello che vedeva, che sentiva dentro, null'altro. Era solo, di nuovo, abbandonato, e non c'era neppure più uno squallido biglietto a ricordargli che, da qualche parte, esisteva qualcuno il cui dovere avrebbe dovuto portarlo al suo fianco. 
Shin si strinse le mani sul petto guardando Touma con dolcezza. Sapeva di non essere importante per lui, per lo meno non era vitale, ma . . ma come sarebbe stato, ora, senza di lui? Assurdamente era convinto che quello che non aveva fatto dopo l'abbandono di Seiji avrebbe potuto farlo a causa sua.
Non era fondamentale, no, ma Touma era attaccato a lui . . aveva solo lui. 
Quanta solitudine poteva sopportare una persona? Quanto dolore e gelo e freddo avrebbe potuto sopportare Touma? Poteva davvero lasciarlo così?
Shin chiuse gli occhi mentre un sospiro pesante gli sfuggì dalle labbra.
Avrebbe potuto dirlo a Ryo, spiegargli tutto . . ma avrebbe capito? E poi, forse, non si meritava essere trattato un po' male dopo tutto quello che aveva fatto? No . . Touma era pazzo di Seiji e Seiji . .
Fuori dalla finestra, sotto l'acqua fitta e scrosciante vide una figura sottile e chiara avanzare a grandi passi verso il boschetto che sorgeva a pochi metri dall'ingresso di casa. Seiji.
Seiji era perso senza Touma, lo *sapeva*. Eccolo là, a bagnarsi fino al midollo, a prendere freddo, con la scusa della meditazione cercava di annegare il dolore e la solitudine. Shin scosse il capo lasciando la finestra, sedendosi sul bordo del letto al fianco di Touma.
Con che cuore l'avrebbe lasciato? Avrebbe dovuto essere perso e insensibile e stupido come Ryo! Aggrottò la fronte, il suo nervosismo, ora, non aiutava.
Ryo avrebbe capito, forse, di certo avrebbe aspettato. Avrebbe aspettato che Touma e Seiji chiarissero le cose fra di loro. Veramente lui sperava che ritornassero insieme . . non aveva mai visto una coppia più carina di quei due, ma anche se avessero deciso di troncare davvero, almeno si parlassero.
Né Seiji né Touma potevano sopportare molto altro prima di crollare del tutto.
Cosa avrebbe potuto fare? Sospirò. Francamente non lo sapeva. E temeva anche di fare del male, non era semplice. No, dannazione. Scosse il capo passando sovrapensiero una mano fra i capelli blu di Touma. Erano morbidi e docili al tocco. Gli sorrise sentendolo sussurrare qualcosa. Non era necessario sentire davvero la sua voce per sapere con assoluta certezza chi stesse chiamando.

^^^^^
 
Ryo si raggomitolò sbuffando sul pavimento della palestra. L'ampia finestra di fronte a lui rimandava l'immagine di un mondo grigio, lavato da una pioggia interminabile. Era semplice essere tristi in una giornata simile, poi era primavera e il tempo che cambiava a ogni battito del cuore gli dava fastidio. Non vedeva l'ora che spuntasse il sole, un bel sole deciso e caldo, tranquillo, che stava lì nel cielo per giorni di fila. Loro avrebbero potuto andare a nuotare al lago, pochi minuti di cammino attraverso il boschetto e poi l'acqua fresca. Si erano sempre divertiti durante quelle 'gite'. Già.
Ryo si ritrovò a pensare se sarebbe bastato quello per sistemare ciò che stava capitando a tutti loro. Chiuse gli occhi, sconfitto.
Non era riuscito a dormire. Attraverso il legame con gli altri aveva avvertito e vissuto l'angoscia di Touma. Avrebbe potuto chiudere il contatto, era vero, ma . . ma lui era il loro capo, e quello . . era preoccupante. Era preoccupato. Era dannatamente preoccupato. Quanto aveva dormito Touma quella notte? Non più che qualche ora e anche adesso il suo sonno era abbastanza leggero che un suono lievemente più forte degli altri l'avrebbe svegliato. Shin non aveva riposato molto di più, aveva percepito chiaramente la sua preoccupazione e sapeva com'era Shin. Scosse il capo cercando di scacciare altri pensieri e riprendendo il filo del discorso. 
Aveva sentito Shuu alzarsi almeno dieci volte nel giro della notte, nervoso come una tigre in gabbia e Seiji . . bhè, Seiji non gli aveva permesso di raggiungerlo ma non poteva non farsi sentire quando chiudeva la porta  d'ingresso alle sue spalle. Era andato nel bosco a meditare, e l'acqua che piombava giù dal cielo sembrava un diluvio.
Quando fosse tornato l'avrebbe sgridato, era una pura idiozia! Se si fosse ammalato? Sospirò passandosi una mano sugli occhi e dandosi dell'idiota.
Cosa poteva fare? Cosa diavolo poteva fare? Era compito suo cercare di sistemare le cose, dopo tutto lui era il capo . . ma come capo aveva il diritto di infilarsi nella vita privata dei suoi compagni? Era giusto? Se l'era chiesto mille volte. Era loro amico, era la risposta . . ma se un amico chiedeva di essere lasciato in pace, da amico che avrebbe dovuto fare?
Il problema era che non erano solo amici, erano anche un gruppo che combatteva . . la salvezza del mondo, ora, gli sembrava d'una infima importanza, ma era quello il loro compito. Potevano perdere Touma perché non riusciva a sistemare le cose con Seiji? Se l'indomani li avessero attaccati sarebbero riusciti a respingerli?
E poi: con che cuore analizzava il comportamento dei suoi *amici* solo in ottica di rendimento in battaglia? Eppure Seiji era stato chiaro su questo, doveva essere il loro pensiero fondamentale, null'altro. E Ryo sapeva che lui aveva ragione solo che . . solo che anche l'algido Seiji quanto sarebbe riuscito a resistere ancora? La pressione che si portava dentro quando l'avrebbe fatto a pezzi? E quando sarebbe successo era certo che non sarebbe riuscito a combattere. .
Ryo corrugò la fronte. Poi c'era Shin. Non il guerriero . ma il *suo* Shin. 
Caspita quanto gli mancava . . Come capo non poteva che ringraziare la sua presenza al fianco di Touma, il più fragile di loro, in quel momento, però . . però Ryo sapeva di volerlo con sé. Insomma, Shin era *suo*! Non gli bastava una notte ogni tanto, no. Eppure come avrebbe potuto 'conquistarlo' di nuovo? Non ci era riuscito neppure la prima volta. Insomma . . si era semplicemente innamorato, e Shin gli aveva sorriso dicendo che anche lui sentiva le stesse cose. Non c'erano stati approcci particolari o chissà che. 
E adesso Ryo non sapeva che fare. A chi avrebbe potuto chiedere consiglio?
Se Seiji fosse stato in vena, magari gliene avrebbe parlato, sì, lui e Shin si assomigliavano, in qual certo modo. Oppure avrebbe potuto domandare a Touma cosa aveva fatto per far capitolare Seiji . . cosa che, ovviamente, ora non poteva neppure osare di pensarlo.
Scosse il capo di nuovo sentendo il passo deciso di Shuu scendere dalle scale, attraversare l'ingresso e infilarsi in sala. Pochi istanti poi il sottofondo bisbigliato di una televisione accesa. Neppure lui riusciva a dormire . . Shuu avrebbe saputo cosa consigliargli? Era proprio l'ultima persona a cui avrebbe pensato di poter chiedere una cosa simile eppure, in questo dramma era l'unico fra loro ad aver mantenuto un certo distacco. Era anche l'unico a cui poter chiedere qualcosa.

^^^^^

___Tre Settimane Dopo . . .
Seiji si permise di lasciarsi sfuggire un sospiro dalle labbra appena socchiuse. Quel corridoio, quel luogo, quell'odore, quel chiarore sempre simile a se stesso, sempre uguale, qualunque stagione vivesse fuori da quelle mura. Un istante eterno, tenuto sotto formaldeide per protrarlo per sempre. Era probabilmente per quel motivo che c'era quell'odore nell'aria.
Era forse per quello che faceva così freddo, ed era umida l'aria anche se ora, fuori, da tre settimane di fila aveva iniziato a splendere un sole primaverile.
Si chiese se fosse stato meglio se avesse scoperto che quello fosse tutto un sogno. Svegliarsi e ritrovarsi nella sua stanza, Touma al suo fianco, il capo affondato sotto il lenzuolo, il suo dormire tutto raggomitolato lì accanto che bastava muovere appena una mano per sentire la sua pelle sotto le dita e vederlo sorridere appena. Tutto il suo mondo aveva un senso semplicemente in quell'istante. Tutto l'universo aveva un peso solo in vista di aprire gli occhi e trovare lui, lì.
Da quando Touma era . . arrivato, Seiji aveva sentito la propria vita cambiare, in un modo che era difficile anche da spiegare a se stesso. E ora non era certo riuscire a ritornare a quel che era. Il problema era che sapeva bene cosa avrebbe dovuto fare . . solo che non poteva. E non lo voleva davvero. Si sentiva vuoto e stupido senza Touma. Si sentiva . . disperato, e solo e . . ma come riaverlo indietro? L'avrebbe odiato. Touma ora era furioso con lui, lo sapeva, voleva ferirlo, voleva fargli del male e lo capiva.
Parlargli. Avrebbe dovuto parlargli almeno. Dirgli che si prendeva tutte le colpe di quello che era successo, voleva dirgli che non gli avrebbe permesso di credere che fosse stato lui a fare qualche errore. Lo amava. E aveva cercato di fare il meglio per lui . . aveva sbagliato? Era stato difficile lasciarlo, era stato doloroso, ma aveva *davvero* cercato di farlo per lui ..
A Seiji girò la testa. Fu solo un attimo ma lo costrinse a fermarsi, appoggiandosi al muro. La tristezza lo stava sommergendo, gli mancava anche l'aria, ormai . . doveva smettere di pensare a Touma, doveva cercare di tranquillizzarsi un po' . . e pensare che il medico che l'aveva visto così agitato credeva fosse per gli esami! Gli esami . . che gl'importava degli esami? Avevano un valore solo in quanto legati a Touma, solo perchè avrebbe potuto avere la certezza di averlo condannato alla malattia, per il resto . . per se stesso . . Aveva pensato a suicidarsi, che importanza poteva sapere che  si sarebbe morti di AIDS? Si sarebbe già tagliato la gola da mesi se non fosse stato per . . per Touma.
Si passò una mano sul viso. Era stanco, dannazione, stanco di tutto quello. Magari non poteva curare se stesso, ma chi gli diceva che non avrebbe potuto guarire Touma col suo potere? Chissà se era un pensiero nato dal timore di uccidersi. Chissà se era davvero un vigliacco. Chissà se non fosse vero che utilizzava Touma come paravento . . eppure quei pensieri gli sembravano sempre più stupidi, gli parevano un porsi davanti a lui, una sorta di estremo egoismo. Avrebbe davvero voluto annullarsi in lui, e se fosse stato malato, l'unica cosa che osava sperare era che il proprio potere fosse abbastanza per guarire lui. 
Ecco la sua unica preghiera.
Sarebbe bastato pregare?
Una mano su una spalla.
"Seiji!"
Sollevò appena lo sguardo, tanto per non mostrarsi eccessivamente scortese, per il resto aveva già riconosciuto chi fosse dal tono di voce. Annuì in silenzio, vide Nik sorridergli e si sforzò di non apparire troppo seccato.
Non aveva alcuna voglia di parlare con qualcuno, tantomeno con lui.
"Ciao Nik, anche tu qui?"
"Già, sembra proprio che ci fissino gli esami negli stessi giorni! - socchiuse appena gli occhi di fronte all'espressione di Seiji che non era mutata di una virgola - Ti va se parliamo un po'? Mi sembri abbastanza depresso e io . . bhè, potremmo farci compagnia . .almeno per un po' . . "
Seiji scosse il capo con forza. Era stanco, stava per raggiungere un limite di tale spossatezza che non gli pareva di aver mai provato prima. Era distrutto e non riusciva ad alzare la guardia più di così. Era pericoloso andarsene in giro così vulnerabile . .
"No, mi aspettano a . . "
"Andiamo, Seiji! Non per farmi gli affari tuoi, ma non mi sembravi tanto entusiasta di ritornare a casa."
Seiji si infilò le mani nelle tasche con un sospiro. Cosa voleva quello sconosciuto, adesso? Cercò di concentrarsi mettendo ben a fuoco il mondo.
"Mi aspettano comunque, sia che io abbia voglia di ritornarci sia che no. Devo andare."
Nik gli passò una mano su una spalla con fare complice. Il suo tocco era forte e deciso, non pareva intenzionato a lasciarlo andare.
"Non sembri in forma . . e quanto a me . . sai, oggi è . . l'anniversario. Ma se devi andare . . "
Come un fulmine. Il cuore iniziò a fargli male in modo lancinante. Nik era . . sgradevole, in un certo modo, ma . . ma se lui fosse morto e Touma fosse rimasto in vita, malato e si fosse trovato in una situazione simile, gli avrebbe fatto bene parlare con qualcuno . . forse . . Socchiuse gli occhi.
Perché quel tipo gli si parava sempre davanti proprio nei momenti in cui con più forza sentiva la mancanza di Touma? Il bisogno di avercelo vicino? Era . . lo stava tentando? Nik?!? Si mise quasi a ridere. Nik era attraente come avrebbe potuto esserlo un lombrico, ma non riusciva a non provare pena per lui. E poi la sua posizione, la sua vita avrebbe benissimo potuta essere lo specchio del futuro di Touma. Gli fosse stato dato in anticipo la possibilità di vedere come sarebbe stata la vita di lui fra qualche tempo?
"Non . . non importa. Ti va di . . di parlare?"
Che fatica, che dolore. Ma non riusciva a smettere di pensare a Touma. Touma malato, Touma da solo. Touma che elemosinava un po' d'attenzione dalla prima persona che passava e . . Touma non l'avrebbe mai fatto! Poi si scosse. Come poteva sapere cosa il tempo avrebbe cambiato le persone che gli stavano intorno? E lui che l'aveva condannato a un orrore simile . .
"Non è mai facile . . bhè, ma . . posso chiederti una cosa? Tu sei già conclamato?"
Seiji sollevò appena un sopracciglio. Istintivamente ebbe il desiderio di andarsene, di scappare. Vergogna? Sì, in parte. E cercò di essere meno vigliacco. Dopo tutto era colpa sua . .
"No."
Si stupì dello stupore dell'altro.
"Ma come? Io credevo . . bhè, ma allora perché vieni qui così spesso?" Seiji scosse il capo, non comprendendo. Era normale, era quello che gli aveva detto di fare il medico e lui l'aveva fatto. Che Nik non si fosse accorto di aver avuto un comportamento a rischio finchè non era troppo tardi? Bhè, infondo, a sentir lui, Tokichi l'aveva infettato senza che lui sapesse nulla . .
"E' la procedura . . "
Nik lo fissò stranito poi lo prese sotto braccio.
"Ti va di . . fermarti a mangiare qualcosa qui intorno?"
"Non mi va proprio giù nulla, mi spiace . . "
Nik scosse il capo con fare preoccupato, parve intristirsi di colpo anche se la sua stretta rimaneva salda intorno al braccio dell'altro.
"Bhè, mi chiedevo se avresti potuto farmi compagnia. Sai, non è una gran sera, questa, per me. Ma non voglio proprio impormi. Capisco di non essere un gran ché in questo stato. Solo che pensavo . . mi avrebbe fatto piacere parlare . . non sei obbligato a mangiare con me, se ci troviamo un bar? A me va bene lo stesso."
"Ma . . "
Non gli lasciò il tempo di aggiungere altro, iniziò a tirarlo verso l'uscita.
"Hai detto di non aver fame, no? Cosa vai a fare a casa? Ti farebbe bene prendere un po' d'aria e vedere gente nuova. Conosco un posto carino in cui non c'è troppo casino, qui vicino. "
Seiji sospirò. Nik non si meritava ciò che aveva, come non se lo meritava Touma. Era colpa sua, ecco, e regalargli un po' di tempo non sarebbe poi stato tanto drammatico. Forse poi aveva ragione, aveva bisogno di stare un po' fuori casa, magari avrebbe smesso di pensare continuamente e solamente a Touma . .
"Va bene. Mi fermo a telefonare un attimo, spero non ti spiaccia."


 
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