Disclaimers: gran parte dei pg non sono nostri, anche se magari visto come si comportano gli originari proprietari farebbero un po' fatica a riconoscerli. Temporalmente questa fic si situa dopo (circa) il primo capitolo rispetto alla nostra storia su Bakuretsu Hunter, dopo la morte di Kotori su X1999, prima della morte di Treize in Gundam Wing, dopo che... ehi, no, qui vengono fuori spoilers!!! be' insomma diciamo che per gli altri non importa... spero. ^^
Attenzione, va letta dopo la parte 1 della fic Delusion of your heart! Non è proprio strettamente necessario, ma è meglio!
...;_; In realtà avevamo previsto di postarla per lo scorso Natale, neve & auguri per tutti, ma tra lungaggini e impegni extra-mailing…

BUON NATALE A TUTTIIII!!!

*-*-*-*-* indica il cambio di stanza,
--- indica il cambio di punto di vista (anche se non sempre è segnato… spero che vi ci troverete…).

Have fun!

 


Fic di Natale

parte I

di Seleines e Unmei


 

 

Marron si svegliò con uno strano odorino nelle narici.

Odore di... Natale.
Dolci... zucchero. Cannella. Arancia. Cioccolato... In fondo, dolce e amaro allo stesso tempo, il profumo leggero e appena percepibile della neve.
Se... se fossero passati tanti se da poter riempire un mare, avrebbe potuto essere veramente, spensieratamente, completamente felice.
Nello stato reale delle cose, il cuore era pieno di una sottile felicità, amarognola e preziosa come l'aria.
Si vestì, e si diresse velocemente nel salone dove si erano accampati.
...festa...
Ad attenderlo, trovò il completo ribaltamento di tutto ciò che aveva mai saputo dalla vita.
Ondeggiando, si appoggiò alla parete.
La stanza, un tempo spoglia e fredda, era ora calda e decorata. C'era un lungo tavolo apparecchiato per almeno una cinquantina di persone, ai lati del caminetto c'erano due comodi divani, e il fuoco era acceso. Le pareti erano ricoperte da arazzi dai colori caldi e festoni dorati, e in un angolo troneggiava un gigantesco albero di Natale, alto almeno cinque metri, fino all'alto soffitto. Carrot e Gatò lo stavano decorando, mente Tira e Chocolat sistemavano i festoni in basso. Milphy controllava con sguardo critico, e organizzava il tutto... e... il sorcerer malvagio li indirizzava sulla scelta dei colori.
0_0
Fermi tutti.
Stava sognando... sogno, incubo, non lo sapeva e NON voleva saperlo.
Si voltò per tornarsene a letto, dove evidentemente era rimasto il suo cervello, quando sentì una voce calda accarezzargli l'orecchio e una mano sulla sua spalla.
"Marron... non vorrai evitare di dare una mano, vero?!"
Si voltò di scatto... il sorcerer lo guardava, un sorriso negli occhi, la mano ancora posata sulla sua spalla che gli trasmetteva un'insolito, turbante calore.
"Ha ragione, Marron!!!" urlò dall'alto della scala suo fratello, rischiando di schiantarsi tra gli urletti preoccupati delle sorelle Misù e di Milphy e le urla arrabbiate di Gatò. "Devi lavorare anche tu!!!"
Allibito, li guardò.
"Non cercare di capire" gli sussurrò l'uomo di fronte a lui (uomo? sembrava più un demone... con quegli occhi che brillavano di potere e quelle mezze ali sul capo... straordinariamente strane eppure giuste...) "solo, goditi questa festa!", e sorrise.
Non ci capiva nulla... ma sarebbe stato al gioco.
Non che potesse far altro.
Si avviò verso di loro, ma l'uomo lo bloccò.
"No, tu vieni ad aiutare me in cucina! I nostri ospiti arriveranno tra poche ore e non voglio che trovino qualcosa fuori posto!"
Cucina?! Ospiti?! ...si ritrovò in pochi attimi nelle pulitissime cucine del palazzo, ad aiutare il loro anfitrione -Laures, aveva detto di chiamarsi...- a preparare quello che gli sembrava un banchetto luculliano.
Sperava solo che non fosse un attacco di pazzia senza rimedio...
---
"Attento che non bolla troppo! E aggiungici un po' di sale!"
"Tagliale bene sottili, le carote..."
"No, ecco, così..." mentre lo stringeva da dietro, appiccicato a lui, per mostrargli come mescolare un soufflè prima di metterlo al forno.
"Sì, per favore, sistemami il grembiule..."
Laures correva affacendato, il grembiulino bianco sulla sua veste nera un pugno nell'occhio per chiunque.
Non che sulla sua stesse meglio, ma bianco su bianco... qualcosa si salvava...
"Assaggia questo!" quasi non vide arrivare il boccone di arrosto che gli ficcò in gola. "Allora? Abbastanza salato?"
La carne aveva un sapore delizioso, tenera e saporita... spezie, rosmarino sedano cipolla funghi... pancetta... "delizioso..." si lasciò sfuggire con un sospiro, chiudendo gli occhi (esagerato? Be', non mangiava dalla sera prima... e saranno state le undici, e un quattro ore che scalpitava attorno a pentole piene che non poteva neppure toccare!!!). Quando li riaprì, si trovò il viso di Laures vicino... troppo vicino... perchè...?! Sussultò quando lui gli passò la lingua sulle labbra, per ripulirle dal sugo rimasto.
"Già... veramente delizioso" disse, staccandosi.
Marron pensò di essere diventato color peperone perfino nella punta dei piedi, e si voltò a mescolare una salsa fredda di cui non sapeva neppure a cosa servisse, senza accorgersi del sorriso che si apriva sulle labbra dell'altro.
Si fermarono per un po' solo a pranzo, e poi ripresero nei preparativi. Più tranquillo, dopo la pausa con gli altri, lavorava senza farci molta attenzione, veramente spensierato per una volta tanto... anche se certi gesti del sorcerer lo inquietavano ancora un po'.

*-*-*-*-*

Gli ospiti arrivarono a sera.
Si era reso conto che il pomeriggio era passato solo quando Laures li aveva mandati a cambiarsi.
"Troverete gli abiti adatti sui vostri letti!" aveva detto, e così era stato. Sul suo letto infatti aveva trovato un completo molto simile al suo, soltanto che bianco-panna con ricami blu nelle fasce che cingevano polsi e caviglie.
Li indossò in fretta, e quando tornò alla sala... era gremita.
Un groppo eterogeneo stava affollando la stanza, chiacchierando del più e del meno, mangiando dal buffet e ascoltando la musica che stavano suonando dei ragazzi su un palco improvvisato.
Vide il loro anfitrione -nonchè fino al giorno prima acerrimo nemico- accanto al gigantesco albero di Natale, che chiacchierava con un uomo alto almeno quanto lui, con lunghi capelli biondi e occhi azzurri penetranti. L'uomo stava col braccio appoggiato sulle spalle di un altro tipo, un po' più basso di lui, con capelli corti neri e la carnagione scura.
Appena lo vide, vicino alla porta, Laures gli fece cenno di raggiungerli.
Gli altri si erano già ambientati, soprattutto Tira e Chocolat che erano a braccetto con un ragazzo dai capelli chiari che stava offrendo loro dei fiori con galanteria. Le ragazze stavano arrossendo, ma sembravano tranquille. L'unico a sembrare insoddisfatto era Carrot, forse perchè non c'era nessuna ragazza da tormentare.
Quando raggiunse i tre vicino all'albero Laures gli posò una mano sulla spalla, e lo avvicinò a sè, voltandosi con un sorriso verso i due ospiti.
"Questi- disse sorridendo -è Marron Glacès, grande mago cacciatore di..."
"E' il tuo animaletto?" sbottò senza attendere la fine il tipo più basso.
Marron aggrottò leggermente le sopracciglia, senza capire, mentre il biondo strinse a sè il ragazzo, sussurrandogli qualcosa nell'orecchio. Quello arrossì, distogliendo lo sguardo, ma Marron non capì se era per
l'irritazione o per qualche altro motivo.
"...e ho il piacere di presentarti Iason, Blondie di Tanagura- il biondo chinò il capo -e Riki."
L'uomo lo guardò per un attimo col suo sguardo penetrante.
"Io ed il mio... amico- disse Iason con un mezzo sorriso -siamo felici di conoscervi... speriamo di incontrarvi più tardi." E con un cenno del capo si allontanò verso lo spiazzo vuoto davanti al palco.
Laures procedette a presentarlo a tutti i presenti: innanzitutto prestò grande rispetto ad un tipo alto, con affascinanti occhi gialli da gatto e degli occhialetti.
"Marron... questi è Il Palazzo."
L'uomo rispose con un cenno, facendo frusciare il lungo mantello.
"...e questo è Kei" continuò indicando un giovane biondo in pantaloni di pelle... e poco più. Come il cantante del gruppo...
"Il mio cuore piange in un mare di spine..." sussurrò il biondino, lo sguardo perso nel vuoto. Il Palazzo si avvicinò a lui con fare seccato... ma Marron non vide come andò a finire, perchè Laures lo portò velocemente verso un altro gruppetto, facendogli voltare le spalle alla scena.
Troppi volti e troppi nomi si mescolarono di fronte a lui... sei combattenti, piloti gli pareva avessero detto, e un generale... un gruppo di quattro fioristi, tra cui quello che stava facendo una corte spudorata a Chocolat e Tira, Yoji, e uno che era asserragliato da Gatò, Aya, sotto lo sguardo infastidito degli altri due e di Miplhy... stregoni, principi e combattenti, e quattro tipi che si presentarono come Draghi... di due diverse stirpi, se non aveva capito male. Non proprio in amicizia tra di loro, gli sembrò di capire dal comportamento gelido.
Avevano ormai quasi finito il primo giro di presentazioni, quando le grandi porte si aprirono nuovamente... lasciando intravedere tre figure scure, due e una, che sembravano staccarsi, cupe, dalla penombra del corridoio.
Si mossero all'unisono, mentre Marron sentì l'impatto fisico della loro presenza. Rabbrividì... non aveva mai sentito nulla di così potente.
Unmei e Seilenes si godettero l'effetto della loro entrata, guardando gli sguardi sbigottiti, speranzosi o crucciati e timorosi dei vari pg.
Il potere... il potere stava nelle loro mani e nelle loro menti.
CREAZIONE!
Il sussurro della loro volontà si sparse tutt'attorno... e tutta la sala chinò il capo davanti a loro.
Laures si diresse verso di loro.
"Benvenute, signore!" disse quando fu davanti a loro.
Jael lo guardò male.
"E benvenuto anche a te, amico!" si corresse, sorridendo ammiccante.
Seilenes si mise in mezzo. "Ora, perchè non andiamo? Vorrei fare un paio di salutini e poi andare a prendere posizione..." disse, lanciando un'occhiata interrogativa a Laures, che accennò con la testa ad un sì.
Unmei continuò, sventolando il suo moleskine. “E poi siamo qui soprattutto per lavoro, mica solo per divertirci… ci sono tante di quelle fonti di ispirazione che si aggirano da questa parti… è salmone affumicato quello che vedo su quel tavolo?”
“Ma non hai appena detto che sei qui per lavoro?” Si intromise Jael.
“Oh, pedante! A pancia piena si lavora meglio! E poi sorridi un po’, è una festa!”
“Sorridi? Io non volevo venire! E poi guarda che razza di vestito m’hai fatto mettere! Io sono un tipo da Armani, non da Dolce e Gabbana!”
Il poverino probabilmente si riferiva al completo di velluto blu, con pantaloni aderenti e scampanati al fondo, giacca tre quarti stretta in vita, camicia di seta bianca tutta volant sul davanti e pizzi settecenteschi che spuntavano dalle maniche, con grossa spilla di diamanti e zaffiri a chiudere il colletto… senza trascurare le scarpe a punta triangolare…
“Oh via, che stai benissimo!”
“Sul contratto non c’era scritto che dovevo andare in giro vestito da deficiente!”
“Sul contratto non c’era nemmeno scritto che ti saresti portato a letto la prima francese che ti capitava a tiro, quindi con questo siamo pari e basta. Obiezioni?”
“…”
“Visto? Tace perché sa che ho ragione io!” Disse soddisfatta la sua creatrice, che ormai lo conosceva fin troppo bene.
Seilenes si gelò, e si voltò verso Jael facendo un sorrisino freddo freddo che neanche un orso bianco al Polo Sud.
"JAEL caro!! Ma che bello, anche tu qui... non ti avevo notato. Bene, potremo farci una chiacchieratina in pace, questa sera, no?!" disse in tono leggermente... (ma solo leggermente, eh!) minaccioso.
“Ma certo, chiacchiererò con piacere!”
Jael rispose, ricambiando con un sorriso tiratissimo e poi chinò la testa verso la sua creatrice, per parlarle in un orecchio.
“Posso tirarle i capelli?”
“No.”
“E se le versassi *accidentalmente* un bicchiere di ponch sul vestito?”
“Nemmeno.”
“E se *inspiegabilmente* comparisse dal nulla una tigre siberiana affamata a solo due passi da lei e…”
“Ho detto di no!!! Lascia stare la mia amica e non uscire dal personaggio!!! Perché non cerchi di socializzare un po’, per una volta? Ti ho fatto così bello mica per niente!”
Lui sollevò una mano in segno di resa e alzò gli occhi al cielo.
“Ho capito, ho capito. Vado a cercarmi qualcuno di compatibile.”
Sparì tra gli invitati, scrutandoli con interesse pacato, per puntare infine verso un tipo su fondo della sala che aveva più o meno la sua stessa espressione ‘vorrei essere ovunque ma non qui’.
Mentre Jael se ne andava, Unmei si girò verso Seilenes: “Stai risvegliando i suoi istinti violenti, sai?”
“Moi?!!- rispose lei, puntandosi una mano al petto e sbattendo le ciglia, facendo gli occhioni da ‘me innocente’. -Ma no, dai… lo SA che io scherzo!” e ridacchiando stile Naga andò ad allontanare Treize da un povero piccolo uke innocente che passava per caso dalle sue parti.

*-*-*-*-*

Nella sala era iniziata quella che Laures aveva chiamato la ‘vera festa’. Mentre lui veniva introdotto alle due deliziose ragazze (deliziose ragazze, creatrici, e altri complimenti. Non risponderemo ad altri appellativi!!), il gruppo aveva preso a suonare canzoni lente e melodiche.
Le due erano scomparse presto dietro ad una porticina defilata, seguite da due maggiordomi (due giovani snelli e dai fisici atletici, e arrossiva solo a pensare com’erano vestiti…) con carrelli pieni di ogni
ben di Dio (non vorrete mica che passiamo Natale senza banchetto?!!).
Marron si staccò un poco da Laures, che in quel momento stava conversando con un tipo gelido e strafottente, a suo parere, un certo Sesshomaru, che però sembrava rispettare lo stregone. Così facendo si trovò più vicino al gruppo di quelli che ballavano, e rimase ad osservarli un po' perplesso.
Era un lento, e lo stavano ballando solo uomini. Non gli sembrava molto normale... e gli sembrò ancora meno normale quando rivide i primi ospiti che aveva incontrato, Riki ed Iason.
---
...aveva lottato senza fine per non ammetterlo neppure a se stesso, ma restare così, abbracciati, persi nella musica, era una delle cose che adorava. Si sentiva leggero, parte del calore e del profumo di Iason... per lui contava solo Iason... Iason...
Gli occhi chiusi, il capo appoggiato al suo petto, Riki si lasciò condurre dal suo padrone... dal suo amore... nella danza.
"...Riki..."
Un sussurro, appena percepibile, a cui rispose stringenosi ancora di più a lui...
"...Riki."
...ma che non poteva ignorare.
Con un sospiro alzò il viso verso quello del Blondie, ed incontrò le sue labbra calde e morbide.
E quando Iason abbassò le mani per afferrargli i glutei e spingerli contro di sè, in una languida imitazione di ciò che sarebbe successo quando fossero rimasti soli, Riki si strinse a lui, sussurrandogli nell'orecchio il suo nome, come un mantra d'amore.
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"HENTAIIIIII!!!!!!!!!!!!! PERVERTITI!!!!!!!!!!"
Marron si voltò di scatto. Suo fratello indicava scandalizzato due uomini che ballavano stretti... be' più che ballare sembravano... oh, be'... Iason e Riki...
...sembravano un po' presi in qualsiasi cosa stessero facendo -non voleva sapere con precisione cosa-, non si voltarono neanche e non diedero neppure segno di aver sentito in alcun modo.
Non che li biasimasse, effettivamente...
Laures si voltò verso suo fratello, poi verso la coppia. Sembrò per un attimo molto sorpreso, poi con un gesto quasi irritato schioccò le dita e Carrot e le ragazze (be', si sà, certe cose non si possono fare davanti alle signore... …naturalmente questo non vale per noi…) si trovarono catapultati nelle loro camere in un batter d'occhio.
"Scusate!" disse con aria afflitta ai suoi ospiti "avevo dimenticato di mandare a dormire i bambini..." sorrise poi.
Ancora sorpreso per l'improvvisa azione del sorcerer, a quelle parole Marron si scosse, e pensò di poter svicolare.
"Be', in questo caso andrei..." disse dopo un attimo, avvicinandosi alla porta d'uscita.
"In questo caso, Marron, potresti aspettarmi un attimo sui divanetti? Vado a vedere se va tutto bene e ti raggiungo." ribattè Laures, e senza dargli possibilità di rispondere si voltò e si diresse verso il centro del salone. Pochi passi, poi si voltò e sillabò sulle labbra, sorridendo: "Ovunque sarai".
Con un tonfo Marron si sedette sul divano.
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Mentre scoppiava quel mezzo finimondo, presto risolto, Duo stava allegramente chiacchierando con un ragazzo sui diciassette, Omi, un biondino dal sorriso simpatico ed entusiasta di computer e della vita in generale, e con Arslan, un giovane compassato e molto gentile, che preso tra loro due si stava finalmente sciogliendo un po'.
Pensava che sarebbe stata una serata noiosa, ed invece stava incominciando ad apprezzarla sempre di più... gente divertente, e anche lo spettacolino dei due amanti... eccitante...
"Sentito?" disse Heero, quasi allegramente -per essere lui, ovvio-, facendo irruzione nei suoi pensieri "Laures ha detto niente minori. Dobbiamo andare anche noi."
"Eeeeh?!??" urlò Duo. "Neanche per sogno amico! Intanto vengano a dirmelo in faccia, e poi non ho la minima intenzione di andarmene! Ha detto bambini, e poi anche gli altri stanno rimanendo!"
Trowa e Quatre infatti erano uniti in un lento che ricalcava parzialmente i movimenti languidi di Iason e Riki, e Wufei stava parlando con Zechs e Treize.
Heero sbuffò, e poi con un grugnito masticato afferrò Duo e se lo trascinò via, seguito a ruota da Omi ed Arslan che non sapevano che pesci pigliare.
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Nella sala intanto stava accadendo un altro putiferio… ben più apprezzato.
Il cantante ed il chitarrista avevano iniziato a limonarsi allegramente, lì sul palco, infilandosi le mani tra i vestiti.
Kei, da sotto, era saltato su, unendosi al terzetto, e presto anche Il Palazzo era salito per... ehm... dirigere le operazioni? ...borbottava qualcosa sulla conquista di non so che città, ma pareva più interessato... molto più interessato... ai corpi degli altri ragazzi.
Le reazioni allo spettacolino erano state le più varie, ma nessuna parificabile a quella di suo fratello... anzi, sembravano tutti entusiasti... un gruppetto eterogenero (i nomi... gli sembravano... Yoji, Treize, Zechs, Squall, Irvine, e poi Milphy e Gatò) stava richiedendo a voce alta uno strip... un po' intimidito, si alzò dal divano e tornò ad avvicinarsi a Laures.
“Laures, amico mio!!!”
Marron sobbalzò allo strillo in falsetto che venne da dietro le loro spalle. Si voltarono, e videro attraverso il salone due ospiti che, a braccetto, si diressero verso di loro.
Laures rivolse loro un sorriso smagliante.
"Finalmente! Senza di voi non sarebbe stata una vera festa!"
Una era una ragazza, indossava un micro vestitino rosso e bianco da Babbo Natale, costituito da mini gonna ridottissima e lucidi stivaloni di vernice nera con tacchi a spillo; aveva i capelli violetti, tagliati a caschetto e sorrideva in maniera… disumana, era l’aggettivo giusto. Quello che doveva essere il suo cavaliere era un tipo molto strano; aveva un colorito bluastro, e l’aria terribilmente immusonita. Quando i due li raggiunsero vicino al grande albero di natale, Marron si accorse che la ragazza… non era affatto una ragazza! Intanto, aveva il petto completamente piatto, ed ora che lo sentiva parlare normalmente notò che la sua voce era decisamente maschile.
Il sorcerer tese la mano verso i due arrivati, diede loro il benvenuto e fece le presentazioni.
“Xellos! Zelgadiss! Sono felice che alla fine siate riusciti a venire!”
“Lo sai che adoro le feste! E le tue poi sono sempre così… piacevoli!”
“Tu adori ogni occasione che ti da l’opportunità di fare il buffone.” Brontolò il suo compagno.
“Ma Zelly-tesoro, almeno a Natale cerca di essere simpatico… già non sei voluto venire vestito come me (saremmo stati così carini ^_^), prova almeno a non fare l’asociale!”
Marron guardava perplesso i due, l’uno che si faceva sempre più sorridente ad ogni secondo, l’altro che diventava più tetro ad ogni parola; poi Laures si chinò verso il suo orecchio, sussurrandogli qualcosa: “Non ci badare, fanno sempre così.”
“Io mettermi un vestito come il tuo! Nemmeno morto! Umphf, anche se tu non sai cosa sia, io ho un onore da difendere.”
“Sì? E dove era il tuo onore quando ti sei travestito da donna, quando ti sei mascherato da coniglio, quando ti hanno usato come ancora, quando hai giocato quella ridicola partita a tennis, quando hai fatto il karaoke con Lina e Amelia, per non parlare di quell’assurdo costume con la gorgiera, ti ricordi? E poi c’è stata quella volta che Amelia ti ha truccato...”
Il tipo con la pelle azzurra stava letteralmente fumando di rabbia, mentre l’altro, con una risatina da pazzoide, schioccò le dita come se avesse avuto un’idea brillante.
“Ora te lo metto io un costumino adatto!”
Ed in un lampo il suo compagno si trovò completamente nudo, tranne che per un perizoma decorato con del vischio, con al collo un collare di campanellini d’argento e… e sulla testa un bel paio di corna da renna! Il povero ragazzo era così choccato da non riuscire a proferire parola, e rimase a boccheggiare come un pesce fuori dall’acqua.
Xelloss lo tirò da una parte, salutando Laures e Marron agitando vezzosamente una mano.
“Ciao ciao… Vado a cercare un angolino tranquillo per dargli un bacio sotto il vischio.” Disse, con aria maliziosa e facendo loro l’occhiolino, ed entrambi si allontanarono accompagnati dallo scampanellio argentino del collare.
…be’, almeno quello… il bacio sotto il vischio era una tradizione innocente e simpatica e non cer-… il pensiero di Marron gelò quando si ricordò *dove* si trovava il vischio, su quella specie di travestimento da renna.
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Decise di andare a sedersi... doveva decisamente prendere fiato, e dimenticare tutto e tutti... tutti quei… maniaci! Per una volta, poteva quasi capire suo fratello... (NdSeil: e non è ancora capitato in mailing… ^^;;;)
Si spostò nell’altro salotto, vicino al primo, e socchiuse la porta.
In quel mezzo silenzio, finalmente tranquillo, riuscì persino a fare un po' di meditazione...
Quando tornò con la mente al salotto, c’era più silenzio… anche se non voleva sapere cosa fossero esattamente i rumori soffocati che provanivano dall’altra stanza. La porta che dava sul salone era stata chiusa, ed era invece aperta quella che dava sul corridoio.
Nella stanza con lui c’erano solo Laures e un uomo alto, con un lungo cappotto nero e gli occhiali da sole (che bisogno ci fosse degli occhiali da sole a quell'ora non volle chiederlo), in piedi accanto al caminetto.
L'uomo in nero stava fumando languidamente una sigaretta, mentre Laures parlava piano.
"...come sei riuscito a conciliare le cose."
L'uomo non rispose, ma si voltò a fissare lui, che li guardava dal divano, quasi avesse percepito un suo movimento, o il fatto che era cosciente. Laures si voltò di scatto, e vedendolo seduto gli sorrise con calore.
"Marron... vieni ad aggiungerti al nostro discorso?"
Marron inspirò bruscamente. "Ecco, veramente, io... non volevo..."
"Non hai interrrotto niente, anzi, penso che sia un discorso che può interessarti" disse il sorcerer, invitandolo accanto a loro.
Marron si alzò con un movimento fluido, andando a raggiungerli.
Laures lo fissava, fermo. Non riusciva a decifrare cosa c'era dietro a quello sguardo, però non potè convincersi a staccarsene.
Il fuoco che crepitava era l'unico rumore nella stanza, eccetto forse il fruscio del cappotto dell'altro uomo quando si muoveva per prendere una boccata dalla sigaretta.
Laures stava fermo, una figura oscura avvolta in un mantello nero, davanti al fuoco. La carnagione pallida come la sua, quegli splendidi capelli neri e gli occhi antichi, oscure pozze azzurrine che splendevano come i gioielli incastonati sul colletto dell'abito e sui guanti... gli sorrise appena, un movimento sensuale delle labbra rosee, poi gli tese una mano guantata.
Senza quasi respirare si avvicinò e la prese, facendosi attirare nel suo caldo abbraccio.
Rimase per un attimo fermo, con gli occhi chiusi, il volto sprofondato nel tessuto che ricopriva la spalla del sorcerer... tutto così stranamente giusto, stranamente in pace, nonostante il suo cuore, lontano, battesse veloce.
"Il fatto è che neppure tu puoi dirmi con certezza- sussurrò piano Laures al loro ospite sopra la sua testa, mentre echi della voce del sorcerer risuonavano, perdendosi nelle volte -che mantenendo il controllo di tutto riuscirò ad avere... ciò che desidero."
"Diglielo chiaro e tondo che non vuoi che lo sappia perchè tra noi è stato un fiasco!" Quel grido aleggiò nell'ampia stanza, e Subaru entrò dalla porta che dava sul corridoio, chiaramente arrabbiato e serio come non mai.
Marron sobbalzò, sciogliendosi dall'abbraccio e voltandosi nella sua direzione. Per un attimo fece per andargli incontro, per chiedere, ma Laures lo bloccò da dietro, passandogli un braccio attorno alle spalle e stringendolo nuovamente a sè.
"Aspetta- disse piano, il fiato caldo che gli solleticava l'orecchio -è una cosa che devono risolvere tra loro."
"Subaru" disse il Sakurazukamori, voltatosi per guardarlo, mille sottointesi e sensazioni in quel semplice nome mentre il suo perenne sorriso gli si apriva, privo di sentimento, sul viso.
Rimasero l'uno di fronte all'altro, fronteggiandosi... un fuoco impetuoso davanti ad un freddo sbuffo di fumo...
Ad un tratto, Seishiro gettò via con uno scatto la sigaretta, e mosse un braccio con un movimento serpentino verso Subaru.
Il giovane alzò il suo, per parare il colpo, ma la mano dell'uomo si posò invece sulla sua spalla, e stringendola in una morsa gelida lo spinse verso l'uscita, facendolo indietreggiare, i loro corpi vicinissimi.
"Qui devono fare altro da ciò che dobbiamo fare noi" disse, sorridendo come sempre.
"Che... lasciami!!" recalcitrava Subaro, ma non servì.
Uscirono dalla porta, e con un brivido si trattenne dal seguirli.
'...devono risolvere tra loro', gli risuonò dentro la voce dell'altro.
Sperava che 'risolvere' fosse il termine giusto.
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Adorava sentirlo tra le proprie braccia... fin troppo.
Era una sensazione intossicante, e al contempo liberatoria... essere completamente soddisfatto da quel semplice contatto, eppure desiderare con tutti i suoi sensi di prenderlo e spogliarlo, e poi possederlo finchè non avesse pianto di piacere...
Lo lasciò, per chiarire i suoi pensieri.
Era ancora troppo presto, lo sapeva.
---
Laures lo lasciò andare, e per un attimo sentì freddo.
Lo vide tornare accanto al fuoco, e poi sedersi sul divano, dandogli in questo modo le spalle. Rimasero un attimo in silenzio, e poi il sorcerer si rivolse nuovamente a lui.
"Che ne dici di vedere cosa fanno i nostri ospiti?" lo guardò dal divano, il capo gettato all'indietro, un sorrisetto malizioso sulle labbra.
"Come?" chiese Marron incerto.
"Ho i miei mezzi!" ridacchiò Laures facendogli l'occhiolino, e poi gli fece segno di sedersi accanto a lui.
Marron si sedette, un po' incerto, e poi vide di fronte a lui formarsi una superficie liquida, trasparente.
La pressione che sentiva dentro era quella della magia dell'altro, lo sentiva... al contempo leggere e pervasiva, come doveva essere quell'incantesimo.
"Bene- disse l'altro -ora vediamo che cosa stanno facendo Duo e Heero, che se ne sono fuggiti via così presto..."
La superficie si colorò improvvisamente, gettandoli come in un'altra stanza... come se la potessero vedere attraverso mura di vetro scintillante, che permettevano loro di vedere senza esser visti.

*-*-*-*-*

Heero l'aveva trascinato in giro per mezzo castello... quasi cercando di seminare gli altri. Alla fine era entrato in una camera, cercando di chiuderla alle proprie spalle, ma Arslan ed Omi erano entrati prima.
La cosa l'aveva decisamente infastidito... o era solo una sua impressione?
Lui si era buttato sul grande letto a baldacchino che si trovava al centro della camera, appoggiato ad un muro. Quante cose avrebbe potuto fare con Heero su quel letto, se solo fosse stato minimamente interessato a lui... ma Mr. Perfetto Soldato era troppo in alto per loro comuni mortali... eccetto Relena, forse.
Una saetta di dolore gli trapassò il cuore, e con un mezzo singulto soffocato si tirò a sedere.
"Be', ragazzi... che si fa?" chiese, allegro come sempre.
Heero guardò per un attimo gli altri due, poi si voltò di nuovo nella sua direzione.
Parve prendere una decisione, e ignorando assolutamente Omi, che stava dicendo qualcosa, gli tese la mano e lo fece alzare dal letto. Forse Omi si era reso conto che c'era qualcosa, o forse no... non lo sapeva.
L'unica cosa che sentiva, di cui era certo, erano gli occhi di Heero fissi nei suoi... al contempo gelidi e caldi, e... se non la smetteva di guardarlo così non sapeva se sarebbe riuscito a trattenersi... distolse lo sguardo, facendosi violenza, e stava per dire qualcosa, qualsiasi cosa, quando l'altro pilota Gundam prese la parola.
"Duo" disse, la voce meno dura... più umana del solito.
Lui sobbalzò, spalancando gli occhi e guardandolo. Perchè si stava comportando così? Non ce la faceva più, stava per scoppiare... Heero, ti prego, non farmi fare qualcosa che nessuno dei due vuole... non voglio distruggere anche quel poco che abbiamo... ti prego...
---
"Non so se...- scosse la testa, abbassando per un attimo gli occhi, e poi prese un respiro e tornò a guardarlo fermamente -Duo, io..."
Non sapeva come dirlo... Ti desidero? Mi stai facendo impazzire? Voglio che tu possa essere mio? Mi piaci?...
"...io..."
Era il momento di rischiare tutto.
"...ti amo."

*-*-*-*-*

Laures si buttò indietro, sullo schienale, allargando le braccia e sistemandosi. Poteva vedere dal suo sguardo come il suo piccolo cacciatore di stregoni fosse deliziosamente imbarazzato, assieme attratto e sconvolto dalla scena.
"Pfewww!" si lasciò sfuggire "guarda tu i nostri piccoli innocenti..."
Marron era seduto in punta al divano, rosso in viso. "Non dovremmo vedere tutto questo...- disse, gli occhi fissi sulle mani strette a pugno sulle ginocchia -...non è giusto!"
Laures gli andò più vicino, e passandogli un dito sotto in mento gli fece incontrare il suo sguardo con il proprio, incontrando la sua angoscia ed in qualche strano modo placandola, almeno in parte.
"E' giusto, invece... sarebbe un errore imperdonabile nascondere tanta perfezione!" disse, ma Marron non sapeva, non capiva più a cosa si stava riferendo il sorcerer, con esattezza.

*-*-*-*-*

Duo era rimasto a fissare Heero senza riuscire a parlare.
Provò un paio di volte, ma i muscoli non rispondevano.
Chiuse la bocca, prese un sospiro e poi disse tutto d'un fiato, "Cosa?"
Lo vide socchiudere gli occhi, dolore come se lo avessero colpito fisicamente.
"Heero... io... dimmi che non stai scherzando!" disse, facendo un passo verso di lui, una mano alzata per fermarlo se avesse voluto allontanarsi, gli occhi che lasciavano trasparire la sua sofferenza, la sua speranza, la sua incredulità. Come poteva essere?
Poteva essere vero? Perchè lo voleva con tutta l'anima...
...ripensò agli sguardi freddi, al modo di fare scostante, alla sua continua ricerca di solitudine e alla sua crudeltà e spietatezza, al suo cuore dedicato alla missione...
...e poi pensò a certi sguardi quasi gentili, alle cose che aveva raccontato a lui e non agli altri... al cuore distrutto che gli aveva lasciato intravedere...
L'altro non rispose, ma gli si avvicinò, fissandolo negli occhi.
E si avvicinò ancora.
E ancora.
E socchiudendo gli occhi posò sulle sue labbra un bacio dolce dolce.
"Basta?" disse, staccandosi.
A Duo luccicarono gli occhi, poi si gettò di slancio su Heero trascinandolo sul letto.
"Non che non basta!" disse, ridendo per non piangere di commozione e tempestandolo di baci "Heero!"
Heero si ritrovò sotto di lui, mentre l'americano continuava a baciarlo e accarezzarlo, frenetico, davanti a quei due. Stava diventando veramente una farsa. E lui odiava le farse... ferito quasi più che per un rifiuto...
Si puntellò su un gomito per alzarsi bruscamente, ma Duo scelse proprio quel momento per incollare nuovamente le loro labbra. Fece scendere una mano sul suo addome, e poi con la lingua sfiorò appena il labbro inferiore, un tentative pleading a cui non seppe dire di no.
Si arcuò sotto al suo tocco, sistemandosi nuovamente giù.
Duo passò a mordicchiare le sue labbra, metà scherzosamente metà sul serio, finchè lui non si decise a staccarsi per un attimo e a riprendere il bacio, facendo scivolare la lingua nella bocca del suo compagno.
Duo rispose con entusiasmo -come sempre, sospirò tra sè e sè- una mano affondata nei suoi capelli, l'altra... uhm... nei suoi pantaloni...
"No! Duo, ferma..." disse, soffocando un gemito, mentre l'altro iniziava ad accarezzare il suo pene.
"Ooh, Heero..." non aveva mai sentito la voce di Duo così... sensuale, roca... "non sai quanto ho desiderato poterti fare questo..."
"Baka..." sussurrò, il volto arrossato nascosto sulla spalla dell'americano, il corpo che rispondeva con entusiasmo alle sollecitazioni di quelle mani divinamente impudiche.
C'erano anche gli altri due stupidi in quella stanza, che non era riuscito a seminare, ma non riusciva a curarsene...
"Il tuo..." fu l'unica risposta, mentre Duo iniziava a baciargli la fronte, le orecchie, la linea del mento... il collo...
Si fermò per togliergli la maglia, e rimasero per un attimo a guardarsi, senza fiato.
"Fin dove vuoi andare?" chiese Duo, serio.
"...fino in fondo" rispose Heero, gli occhi sereni, fermi.
Duo assentì col capo, e tornò a discendere su di lui, a baciarlo lentamente, mettendosi a gattoni. Con le mani gli abbassò pantaloni e boxer in un unico gesto, e poi si svestì.
Si staccò dalle sue labbra, e quando Heero iniziò a seguirlo lo fermò passandogli un dito sulle labbra rosse. Guardandolo con quei suoi incredibili occhi viola gli sussurrò: "Aspetta. Voglio osservarti...", e messosi a sedere iniziò a bere la sua presenza, il suo corpo.
Si chinò un po' verso di lui e prese a sfiorargli i fianchi con dita leggere, riempiendolo di brividi. Lui gemette il suo nome, e Duo con un sorriso si chinò a baciarlo... ma all'ultimo momento cambiò idea, e invece di placare le sue labbra fece un sorrisino e scese ad avviluppare il suo pene.
Heero questa volta emise un gemito basso e forte, il corpo in fiamme, tutto il suo essere concentrato sulla sensazione della carne che lo avvolgeva, calda, umida... e sul respiro che gli sfiorava l'inguine.
Duo si tirò indietro, lasciando quell'ambito premio, e poi tornò giù, godendosi i suoi sussulti, la litania del suo nome sulle labbra dell'amato.
Tornò a leccare il suo pene, con lentezza, guardando le reazioni del suo volto. Era splendido, perso nella passione... la pelle sudata, il corpo completamente rilassato, aperto...
Con un mezzo sospiro si rialzò, gli occhi pieni di lui, e gli chiese sottovoce di alzarsi, e mettersi a gattoni.
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Sapeva cosa significava... e cosa sarebbe seguito.
Ma sapeva anche di volerlo fare... per Duo.
Lasciarsi andare... perdere il controllo. Ammettere la forza dell'altro, e il fatto che il suo entusiasmo era come un fuoco che brillava nella notte... un fuoco di cui aveva bisogno di sopravvivere...
Si mise a gattoni, in attesa.
La mano che fece pressione sul suo fianco lo fece sobbalzare.
Era fredda e calda allo stesso tempo, fredda sullla sua pelle sudata eppure eccitata come la sua.
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Duo restò fermo in quella posizione per un attimo, mordicchiandosi indeciso le labbra.
Poi gli allargò gentilmente i glutei, e prese lentamente a leccare e baciare il corpo che ansimava sotto al suo, scendendo lentamente dalla schiena ai glutei, per poi concentrarsi sulla sua apertura.
Ci passò pensosamente la lingua sopra, e poi, indeciso, provò a stuzzicarla e penetrarla leggermente.
Heero sobbalzò, gemendo di nuovo... era un suono che trascinava via ogni suo autocontrollo, ogni voglia di limitarsi, perciò incominciò ad entrare ed uscire con forza, leccandolo e succhiando quella pelle morbida...
Si tirò su di scatto, guardandosi attorno.
Non c'era nulla per lubricarlo, e così avrebbe fatto male, ma nessuno dei due poteva aspettare...
"Duo, ti prego..." gemette ancora Heero. Non voleva più trattenersi, non ne aveva bisogno... voleva solo appartenere a lui, esserne parte, inglobarlo in sè e possederlo completamente...
Duo chiuse per un attimo gli occhi, concentrandosi. Avrebbe dovuto andare piano, molto piano... quasi non sentì il letto che si muoveva sotto ad un altro peso, ma ad essergli addosso non era Heero, questo era certo!
Aprì di scatto gli occhi, in tempo per vedere Omi che chiudeva le labbra sul suo pene.
Fu il suo turno di gemere, incontrollabilmente.
Omi lo guardava con gli occhi socchiusi, e andava sù e giù... sù e giù... lungo il suo membro, ora leccando
ora succhiando...
...si sentiva così vicino...
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Li aveva visti iniziare ad amarsi con passione ed amore... aveva sentito una dichiarazione diretta ad un altro, con parole semplici ma incisive... ed anche lui era stato conquistato.
Non li conosceva, ma li invidiava profondamente... un'invidia leggera e furtiva che voleva solo restare lì a guardarli, mentre il suo cuore si sbriciolava sotto alla sua solitudine.
‘Così dev'essere, assassino’ aveva detto una voce nella sua mente, ma lui non aveva voluto ascoltarla... almeno quel giorno, sentiva di meritarsi un po' di gioia.
Vide Duo guardarsi attorno per cercare qualcosa... certamente del lubrificante... e la stretta sul suo cuore si fece ancora più stretta ed imperiosa.
Senza quasi rendersene conto si spogliò, e andò a sedersi accanto alla coppia.
Deglutì, improvvisamente teso, ma poi il suo bisogno fisico e la sua necessità di bere l'energia e la purezza dei due ragazzi ebbero la meglio, e socchidendo gli occhi prese in bocca l'organo eccitato di Duo.
Se non altro, sarebbe stato più umido quando avrebbe penetrato Heero...
Continuò a lambirlo e succhiarlo, mordicchiandolo leggermente, estasiato dai gemiti di Duo e dal contatto, alle spalle, con la pelle morbida di Heero.
Improvvisamente, ad un tratto, si sentì tirare via bruscamente.
Aprì di nuovo gli occhi, e vide Heero, il volto livido, che lo spingeva via, attirando Duo a sè per un bacio.
"Scusate..." sussurrò, le lacrime agli occhi.
Si alzò, il cuore di nuovo vuoto.
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Sapeva che Omi l'aveva fatto per aiutarli, e con buona volontà, ma sapeva anche che Heero aveva bisogno di lui e di lui soltanto.
Chiuse gli occhi e non gli rispose, la tristezza sommersa nuovamente dal piacere.
...quella volta non si sarebbe fermato...
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"Aspetta" lo bloccò una voce imperiosa dietro di lui.
Arslan voltò Omi verso di se, e gli passò con gentilezza una mano sulla guancia.
"Non credere che non capiscano- disse -ma ora hanno troppo bisogno l'uno dell'altro."
Gli sembrava una situazione irreale, in quella stanza... un'atmosfera magica, strana, una coltre di dimenticanza scesa su tutti loro per pacificarli, per ritemprarli.
"Inginocchiati davanti a Heero" disse ad un tratto Arslan, fermo.
Omi fece quanto detto.
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Heero e Duo gemettero all'unisono quando Duo entrò nell'altro pilota.
...pelle morbida e muscoli che lo avvolgevano, stretti...
...Duo in lui, a violarlo, riempirlo, riscaldarlo... mai più solo, mai più abbandonato alla propria follia... un compagno, il suo compagno...
Prese ad entrare ed uscire, lentamente, quasi sperimentalmente. L'ondata di emozioni e sensazioni che li travolse fu una cosa deliziosa, fremente... sentì Heero spingersi indietro per prenderlo ancora di più dentro di sè, anche se senza dubbio doveva avergli fatto male almeno un po'.
E poi... poi aprì gli occhi, e vide davanti ad Heero Omi, inginocchiato in modo che i loro visi fossero vicini.
Si stavano baciando, anche se Duo non era poi così sicuro che Heero si rendesse bene conto di ciò che stava succedendo.
Da dietro ad Omi avanzò anche Arslan, ancora vestito.
Con una mano carezzò gentilmente il capo di Omi, poi il suo dorso, per scendere infine alla schiena... una lunga carezza serpeggiante, e Duo sapeva a cosa stava mirando, e... apprezzava, per così dire, la scelta del giovane principe.
Amentò il ritmo, spingendo furiosamente nel suo amante... mentre la bellezza, la pace di quell'attimo lo prendeva.
Non c'era nulla, nulla se non loro quattro... il mondo era rinchiuso in quelle quattro mura, i loro cuori infranti che si univano per riscaldarsi nella notte gelida... una candela presto spenta, una speranza che ridava vita ad un fuoco morente.
'Se è così... se può essere così... allora c'è qualcosa per combattere, per andare avanti!'
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Stava baciando Heero, aggrappandosi alle sue spalle, senza quasi lasciarlo respirare.
Le sue labbra erano morbide e deliziose, e dietro di lui Arslan... sentiva la sua presenza... stava preparando il suo corpo ad accoglierlo.
Gli andava bene.
Ne aveva bisogno... perchè... da solo non poteva farcela. E lui era sempre così solo... solo...
Youji...
Quando Arslan lo penetrò sobbalzò violentemente per il dolore, lasciando la bocca ed il viso di Heero, che si seppellì sulla sua spalla destra, succhiandola e mordendola come prima aveva fatto con le sue labbra.
Era tutto troppo forte... le sensazioni che si abbattevano su di lui, stordendolo... il suo cuore martoriato... si strinse ad Heero, gemendo, implorando, perso tra piacere ed agonia.
Arslan strinse una mano sul suo pene, e lui strinse i denti, tanto deliziosa era quella sensazione. Iniziò a seguire col bacino i suoi movimenti, spingendo contro di lui e poi contro la sua mano, il pene del principe che entrava e usciva con forza, prostrandolo, infiammandolo, dandogli un piacere incredibile.
Si strinse ancora di più a Heero, il capo rovesciato all'indietro ed appoggiato su una spalla di Arslan, che mentre lo fotteva posava lievi baci morbidi sul suo orecchio sinistro.
---
Quando Duo iniziò a pompare il suo pene pensò di non farcela più a reggere... era troppo, troppo... e la carne davanti a lui non era più abbastanza, vi si seppellì per poi marchiarla, morderla fino al sangue, stringerla per non affogare... mentre al piacere dei movimenti di Duo in lui si univa quello della sua mano di Duo su di lui. Il suo amante... il suo amore... Duo...
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Il dolore violento alla spalla gli diede l'ultima scossa, e Omi venne, stringendo Arslan in una morsa deliziosa, un ultimo gemito di piacere.
Arslan diede ancora un paio di colpi e poi si lasciò andare, svuotando il suo caldo seme dentro di lui. Scivolarono assieme all'indietro, respirando affannosamente.
Duo e Heero stavano ancora dandoci dentro su quel letto (ma quanta resistenza avevano?!), ma per ora era sazio.
Si voltò a baciare, un ringraziamento sentito, il principe alle sue spalle.
Ridacchiò.
"Be', potrò sempre vantarmi di aver fatto sesso per la prima volta con un principe!" disse, sotto lo sguardo curioso dell'altro. A quelle parole Arslan sobbalzò lievemente, prendendo un'aria imbarazzata.
"Scusa... non lo sapevo… Avrei dovuto essere più gentile..."
"Non importa- rispose lui, dolcemente -era quello di cui avevo bisogno, e poi...- arrossì teneramente -...mi è piaciuto".
Rimasero per un attimo a guardarsi, poi Arslan lo baciò dolcemente sulle labbra.
Omi rispose a quella carezza, e per un po' non ci fu altro che quel contatto confortevole, quel leggero calore.
---
Era un unico ritmo, i loro cuori uniti... e gli sembrava di poterlo sentire attraverso la sua pelle quello che Heero sentiva, quello che Heero provava... sempre più forte, fino a sommergerlo, fino a sommergerli... venne violentemente dentro di lui, con un singulto ed il suo nome sulle labbra, e poi gli collassò addosso.
Alzò la sua mano, umida del seme di Heero, e rimase per qualche istante a guardarla, come stupito.
Poi fece voltare il ragazzo giapponese, e rimasero a guardarsi negli occhi, i respiri tranquilli, le menti sgombre di qualsiasi cosa che non fosse l'altro.
Heero gli passò una mano sul fianco, una carezza intima e dolce, e lui sorrise in quegli occhi blu cobalto, prima di carezzare il suo viso perfetto.
Con un gesto improvviso si accoccolò con la schiena contro il suo petto, stringendosi a lui.
"Ti va bene, così?..." chiese, improvvisamente incerto.
L'unica risposta di Heero fu un bacio sulla sua guancia, poi sentì il respiro del suo ragazzo rallentare, e si lasciarono trascinare via entrambi dal sonno.
---
Omi si staccò con un sospiro, alzandosi in piedi. Era un macello: la spalla che sanguinava leggermente, pulsando, il seme di Arslan sull'interno delle gambe ed il suo, in parte, sul suo stomaco. Sudato, appiccicolo e soddisfatto.
Nonchè un po' vergognoso... ma in definitiva, felice. Sereno. Per quanto… avrebbe voluto che fosse stato qualcun altro.
Scosse la testa, per scrollare via quei pensieri inutili. Era grato ad Arslan e ai due piloti Gundam, e lo sarebbe sempre stato. Li considerava… be’, qualcosa di prezioso tra amici ed amanti. Un sentimento unico ed eterno, anche se fosse stato solo per quella volta.
Però ora voleva sistemarsi, soprattutto la spalla. Guardò Duo e Heero che dormivano abbracciati, e li ringraziò silenziosamente per ciò che loro ed Arslan gli avevano donato.
Si rivestì silenziosamente, e con un'ultima carezza al suo primo amante uscì silenziosamente.
Nella stanza silenziosa Arslan tirò fuori da una tasca della sua veste un fascio di fogli arrotolati ed un carboncino, ed iniziò a schizzare le due figure dormienti, due angeli di pace che finalmente, per una notte, ritrovavano l'uno nelle braccia dell'altro la propria innocenza.

*-*-*-*-*

Marron sentì una mano posarsi leggera sulla sua spalla, accarezzandola, e che poi prense a disegnare cerchi con la punta delle dita, scendendo giù, lungo il suo braccio, fino a raggiungere la sua mano, afferrandola prima che lui facesse in tempo a ritrarla.
“Guardali– sussurrò il sorcerer, suadente, continuando a tenere gli occhi sullo schermo –non sono adorabili, nella loro mancanza d’esperienza?”
“E’… è sbagliato spiarli!” Disse strozzatamene Marron, tentando inutilmente di distogliere lo sguardo dalla scena davanti a sé.
Sì, era sbagliato, imperdonabile… e allora perché non riusciva a smettere di osservarli, e sentiva addosso un caldo esagerato, e continuava a umettarsi le labbra con la lingua?
“Credi davvero? Io penso che non ci sia niente di male… non ingabbiare i tuoi desideri, Marron. Perché deve essere male assistere alla loro felicità? Nella loro dimensione hanno una vita tutt’altro che facile, non hanno il tempo di amarsi, di pensare a se stessi, ma qui… qui ognuno è libero di essere e di fare tutto ciò che desidera.”
Con un brivido Marron deglutì, sentendo la voce dolce come miele di Laures che continuava a sussurrargli nell’orecchio.
“E tu cosa desideri? Cosa faresti, se potessi? Chi vorresti essere? Continuaresti a girare il mondo con i tuoi compagni, combattendo contro i mulini a vento? È una battaglia inutile, mio bellissimo: voi cacciatori siete così pochi, rispetto a noi.”
Il sorcerer giocava con i suoi capelli, se ne portò una ciocca alle labbra, baciandola con delicatezza; Marron si rese conto di stare tremando, ma non esattamente di paura… sì, quella c’era, un po’, ma si mescolava a una specie di eccitazione, di impazienza; era colpa della vicinanza di quello stregone, certo, della sua voce, così ipnotica, del suo potere che permeava tutto ciò che gli stava intorno…
“Non mi rispondi? Dimmi, cosa desideri tu, Marron Glacé?”
“Io… non lo so.”
Non riuscì a impedirsi di rispondere, e si accorse subito di essere suonato esitante, insicuro; se ne pentì, perché sapeva bene che non bisognava mai dimostrare al nemico di avere paura di lui.
Nemico…
Però quell’uomo non gli aveva mai fatto del male… doveva chiamarlo nemico solo perché era uno stregone?
Eppure nei loro viaggi avevano anche incontrato persone della sua razza che non si erano dimostrate crudeli, né malvagie…
“Non lo sai solo perché non hai ancora osato guardare apertamente, sinceramente dentro al tuo cuore, senza paure, indugi, senza raccontarti bugie.” Con la punta dell’indice Laures gli stava accarezzando le labbra, seguendone il disegno, facendogli il solletico. “In questo io ti posso aiutare, Marron… chiudi gli occhi– Il respiro dello stregone gli sfioravano il padiglione, ed era caldo e sottile –Chiudi gli occhi.”
Obbedì: le sue palpebre lentamente si abbassarono sugli occhi confusi, ed anche la sua schiena si rilassò perdendo la forzata rigidità che le aveva imposto.
Sentì le labbra di Laures chiudersi sul suo lobo, baciarlo, mordendo appena la carne pallida e delicata, e fu come se gli scoppiasse dentro un incendio; una mano dello stregone era sul suo petto, leggera e pesante assieme, e c’era solo una stoffa leggerissima a separarla dalla sua pelle.
Un milione di pensieri cercavano di urlargli tutti insieme nella testa, e in quella confusione non riusciva a distinguerne bene nemmeno uno…
C’era solo Laures, Laures che lo stava lentamente rovesciando su quel comodo, accogliente divano pieno di cuscini; solo Laures a divorargli il collo di baci, e lui si sentiva del tutto in sua balia, indifeso davanti al suo potere, come fosse stato nudo ed inerme.
Per un breve istante, un lampo, la sua mente riacquistò un minimo di razionalità, un po’ di quell’autocontrollo che si era sempre imposto, e si rese conto di cosa stava facendo, e del con chi lo stava facendo.
Non poteva…
Non doveva…
“No!”
Un grido soffocato, e senza riflettere usò il suoi poteri, ed una breve e intensa scossa elettrica sfuggì al suo controllo, investendo Laures.
---
Quel potere quasi non lo sfiorò, era ridicolmente fievole, per poterlo danneggiare anche solo un minimo… però era sufficiente a fargli intendere che Marron ancora non era pronto, che continuava ad avere paura di lui. E se la sua esclamazione e quella scossa non fossero bastata, per confermare tutto bastava guardare gli occhi dorati del ragazzo, spalancati, spaventati, disperati… e insicuri.
Non gli sarebbe costato alcuno sforzo andare avanti, e prendersi semplicemente quello che voleva, ma non era suo desiderio comportarsi come un violentatore. Non con Marron, almeno.
Laures sospirò. Non ancora.
Gli tese una mano per aiutarlo ad alzarsi, e Marron rimase a guardarla, scosso.
Sorrise con un po' di tristezza, e gli prese con delicatezza il polso, tirandolo su.
Si voltò a guardare nuovamente la loro connessione.
Duo ed Heero dormivano abbracciati, l'americano stretto alla vita dal ragazzo giapponese, che aderiva alla sua schiena, la fronte appoggiata alla nuca dell'altro, il viso completamente sereno.
Arslan, ora in tunica, li stava disegnando... uno schizzo ben riuscito, doveva ammetterlo, il ragazzo ci sapeva fare... e Omi non c'era, probabilmente era andato a sistemarsi la ferita alla spalla.
Anche lui per avere un po' di vicinanza doveva soffire... come tanti, in quella notte.
Con un sorriso amaro cambiò stanza... e si trovò a sorridere.
Quella sì che era una bella scelta..., pensò, mentre Marron non riusciva a nascondere un singulto di sorpresa. Se quello non l'avesse convinto, nulla l'avrebbe fatto. Scivolò più vicino a lui, aspettando il momento dell'abbandono, spiando le sue reazioni a ciò che vedeva, osservando con la coda dell'occhio la scena nel video.
Iason.
…Completamente nudo, disteso sul divano. I capelli scendevano docili ad accarezzargli la spalla ed il braccio su cui si appoggiava, quasi bianchi sul rosso cupo del mobile.
Teneva una mano vicina alle labbra, sfiorandole con le sue lunghe dita... gli occhi oscurati dal piacere, fissi su di una figura scura di fronte a lui.
E quella figura...

*-*-*-*-*

"Ancora" un sussurro roco e gentile, più che un ordine. Iason non ordinava più... e lui faceva spontaneamente tutto ciò che gli veniva chiesto.
Si abbassò, sedendosi ancora di più sui talloni e nel contempo impalandosi ulteriormente sulla bottiglia fredda che aveva sotto al corpo, infilata tra i glutei.
Il freddo vetro lo apriva senza gentilezza, entrando brutale e riempiendolo di brividi.
Faceva male, ma non poteva fare a meno di pensare al piacere che presto sarebbe giunto.
"Adesso basta"
Si accorse solo in quel momento di aver chiuso gli occhi, mentre lacrime calde, tra dolore e piacere, gli sfioravano le guance.
Ritornò a guardare da dietro quel velo leggero il suo padrone, le braccia lasciate lungo i fianchi, il corpo completamente aperto per lui.
Un tempo si sarebbe vergognato, sedere sui talloni con le ginocchia allargate, aperto agli sguardi di chiunque si trovasse in quella stanza, il cazzo duro nonostante il dolore della bottiglia in lui, ma ora quelle performances davanti a Iason avevano solo l'effetto di eccitarlo e fargli desiderare di più le carezze del Blondie.
"Iason, ti prego..." disse quasi senza rendersene conto, perso tra il gelo in lui ed il bruciante dolore inappagato tra le sue gambe.
Non lo sentì arrivare, ma riconobbe il suo profumo quando gli fu addosso... come riconobbe ciò che gli veniva offerto.
Iniziò a leccarlo, lentamente, ma poi perse la testa e lo prese completamente nella bocca, afferrandogli i glutei con le mani e succhiando forte come se Iason fosse stato fatto di qualche preziosissima ambrosia.
Sentì mani del blondie stringergli i capelli e strapparlo indietro, facendolo risalire lungo il suo corpo, o forse scendendo su di lui, non capiva più nulla, offrendo alla sua bocca ed ai suoi denti il bacino, i capezzoli, infine la sua stessa bocca.
Iason si tuffò su di lui con la stessa voracità, baciandolo con furia, succhiando la sua lingua. Era inginocchiato a terra, ora, tra le sue gambe, e si strofinava contro di lui con esasperante lentezza, così diversa dal furore della bocca.
Quando passò a mordergli e succhiargli il collo un gemito gli sfuggì dalle labbra... il capo ribaltato all'indietro... un suono di totale abbandono.
"Iason..."
Il blondie lo fece sdraiare sulla schiena, e Riki tremò ancora di più per il contatto del vino gelato con la pelle interna, bollente. A causa di quelle sensazioni era così vicino a venire...
Iason si staccò da lui con un ultimo bacio, e si sdraiò accanto a lui, senza toccarlo. Rimase a guardarlo per un attimo, i loro occhi uniti, poi riprese ad accarezzargli dolcemente i capelli. Con una mano gli sfiorò il petto, soffermandosi per un attimo su un capezzolo indurito, e poi scendendo velocemente tra le sue gambe. Riki sussultò quando Iason riprese a muovere la bottiglia dentro di lui, mentre osservava attentamente dal suo volto le reazioni ai suoi movimenti.
Strinse le mani a pugno, sui fianchi, mentre il piacere lo attraversava con scosse ripetute.
Iason aumentò il ritmo, e lui iniziò a muovere il bacino per accompagnare quei movimenti, per sentirlo di più, mentre il membro dimenticato urlava per ottenere l'attenzione, e la sua eccitazione cresceva sempre più...
Poi il suo padrone si fermò.
Riki riemerse dalla nebbia che lo avviluppava per cercare quegli occhi, le mani che avevano continuato a passare tra i suoi capelli, ma non lo trovò accanto a sè. Iason era nuovamente tra le sue gambe, e con un gesto rapido estrasse la bottiglia, rovesciandone il gelido contenuto sui suoi testicoli -ma evitando attentamente il pene- e poi su su con una linea serpeggiante fino al capezzolo sinistro ed alla sua bocca. Rovesciò il poco vino rimasto nella sua bocca, e poi scese nuovamente su di essa, bevendolo con un bacio.
Riki attirò a sè il suo amante, ma Iason rimase staccato... quel tanto perchè ogni tanto i suoi capezzoli induriti o i suoi capelli sfiorassero il suo petto, ma non abbastanza da dargli alcun sollievo.
Mise una mano sul suo fianco, bloccandolo a terra.
"Sai che farò ciò che voglio, per farti godere?" gli sussurrò sulla bocca, mangiandolo.
Non riuscì a dare una risposta intelleggibile, il suo mondo ridotto al sapore di Iason, del vino, e alle sensazioni che gli urlava la sua pelle... ma non era una risposta che Iason voleva.
Scese sul suo corpo, lambendolo con la lingua e cancellando qua e là le tracce del vino.
Era un vino rosso, duro. Assaporò lentamente il sapore forte che si spandeva sul suo palato, mescolandosi con il sapore della pelle e del sudore del suo animaletto. Leggermente speziato, profondo, rabbioso. Perfetto per Riki.
Morse la pelle sull'anca, come per completare quel pasto, e poi la succhiò tra le labbra, godendo del sobbalzare e dei movimenti inconsci di Riki.
Sorrise su quella pelle, e poi scese a succhiare anche i testicoli, posando baci leggeri sulla base del pene.
Riki tremava, implorando il suo nome.
Ma non era abbastanza.
Soffiò leggermente sulla pelle umida, passando poi la punta del naso, gelida, su quella carne calda e fremente.
Il suo animaletto sobbalzò, e lui con un unico gesto fluido lo prese nella sua bocca.
Un secondo solo, e poi tornò a scendere e a succhiare i testicoli. Scese fino a raggiungere il suo buco, ancora bagnato di vino. Vi fece passare sopra la lingua con leggerezza, e poi la infilò nella sua intimità, godendo della sensazione di quella pelle morbida che l'avrebbe stretto e del sapore del vino.
Quel punto di Riki era ancora freddo, e con un impulso improvviso decise di prenderlo subito.
Si rialzò da lui, mentre Riki lo implorava senza forse neppure rendersene conto, e poi lo penetrò, lentamente ma con decisione.
Inspirò profondamente.
L'interno di Riki era fresco ed accogliente. Non credeva che la sua preparazione con la bottiglia avrebbe portato ad un tale risultato... era... semplicemente favoloso.
La carne tenera si stringeva dolcemente attorno a lui, accarezzandolo e facendolo rabbrividire, e i sussulti di Riki mentre lui sfiorava quel punto preciso che lo faceva impazzire erano un suono ammaliante, stupendo.
Si sdraiò completamente su di lui, coprendolo col suo corpo, sfregando la sua eccitazione col bacino. Riki aveva gli occhi chiusi, come perso in qualche mondo felice, di cui anche senza esserne parte egli era però un elemento essenziale.
Continuò a tenere un ritmo lento e costante, dolce, preoccupandosi solo di sentire in tutti i modi possibili l'interno di Riki, per fargli sentire tutto se stesso, per aprirlo e conoscerlo completamente, per renderlo solo suo, ancora una volta. Si abbassò a mordergli un capezzolo, stuzzicandolo e facendolo soffrire, tutto pur di dargli piacere.
Senza accorgersene, iniziò ad aumentare il ritmo. Il piacere ora li avviluppava completamente, unendoli nel suo sudario compassionevole... e lui era fatto per vivere quel momento, il momento in cui l'unione della carne portava all'unione dell'anima e della mente... era fatto per sprofondare in quel corpo forte, e in quegli occhi scuri ora aperti, spalancati, pronti ad inghiottirli con la loro forza testarda ed invincibile.
"Riki..." Un sospiro, fatto strusciandosi ancora di più con il bacino sul suo pene, ancora ed ancora.
Un gemito, e poi Riki venne, stringendosi su di lui. Vedere la smorfia di piacere sul suo volto, sentire il suo nome eccheggiare nella stanza, e sentirsi avviluppato dalle sue braccia, tutto spinse Iason in un vortice di bianco piacere.
Quando tornò a focalizzare, Riki lo stava aspettando.
Lo guardò mentre gli accarezzava gentilmente una guancia, facendo passare le dita tra i suo lunghi capelli biondi.
"Iason..?"
"Dimmi, Riki" rispose, chinandosi a baciarlo, e uscendo lentamente da lui, per mettersi sdraiato al suo fianco.
"Noi...- il giovane reietto si morse le labbra, mentre il suo viso prendeva un'espressione tormentata -...noi
siamo morti... e per colpa mia, vero?"
Iason rimase per un attimo a guardarlo, poi lo strinse a sè con un braccio, sfiorandogli con una carezza consolatoria il viso. "Non volevo che ricordassi, ma sì, siamo morti... e non voglio parlarne, è inutile. Era il nostro destino... e sono stato orgoglioso e felice di dividerlo con te. Completamente felice" finì di sussurrargli sulle labbra, baciandolo dolcemente.
Riki però non aveva finito, quindi gli posò una mano sul petto e lo allontanò di nuovo da sè. "Ed è lui che ci fa rivivere?" gli chiese.
Iason lo guardò, per un attimo infastidito, poi sussurrò la risposta con un sospiro triste. "Sì, è lui. Mi doveva un favore... e poi, in parte, è una sua scelta... che gli permette di essere ciò che è."
Riki lo guardò negli occhi, incerto. "E fino a quando... fino a quando ci farà rivivere? Ci lascierà in questo luogo?"
"Finchè tu lo vorrai...- disse Iason, stringendolo dolcemente -per sempre, lui ci farà vivere in questa dolce illusione... solo tu ed io, solo noi due..." Lo attirò sotto di sè, posando con reverenza piccoli baci sul suo viso, sussurrandogli parole d'amore... risvegliando il suo desiderio. "Vuoi che continui a tenerci assieme, amore? Vuoi restare qui con me?..."
"Iason..." lo interruppe Riki, gli occhi insicuri eppure pieni di desiderio, senza più barriere.
"Dimmi, Riki" disse il Blondie, interrompendosi per guardarlo profondamente.
"Io... io... ...ancora." rispose lui arrossendo ed abbassando lo sguardo.
Iason sorrise, caldo, felice. "Certo..." e si abbassò per catturare quelle labbra dolci in un bacio passionale, una risposta ed una conferma.
"Ancora... ancora... ancora..."
Mille gemiti nella stanza, ed un'unica, completa felicità.

*-*-*-*-*

"E' vero?" Marron si voltò di scatto verso di lui, gli occhi umidi, liquidi ed innocenti.
Laures rimase per un attimo in silenzio, poi annuì gravemente.
"E tu li manterrai... così... per sempre?"
Altro assenso.
"Perchè?" una domanda ed un'accusa.
"Perchè un tale amore non deve morire... anche se fosse solo un'illusione, mentre è l'unica cosa vera. Li richiamerò sempre dalle ombre, perchè possano amarsi, e fare ciò che avrebbero dovuto fare in vita. Perchè il loro amore è la cosa più importante." disse, baciandolo sulla guancia... un movimento fluido e lento, un leggero contatto che chiedeva comprensione più che un tentativo d'approcio.
Marron lasciò che lo baciasse, e quando il sorcerer si staccò e tornò a sedersi all'indietro lo guardò ancora, fisso, negli occhi.
"Non sei convinto, vero?- sorrise amaramente Laures. -Non importa. Lo faccio solo per me, in fondo... perchè ci voglio credere."
Poi, quasi a rendersi conto di aver detto troppo, tornò a focalizzare la sua attenzione sullo schermo, e su una nuova stanza.

*-*-*-*-*

Lasciato il salone principale, Treize aveva giracchiato un po' tra le varie stanze.
Cercava i suoi due amanti, Zechs e Wufei, che si erano imboscati assieme un po' prima di lui.
Ma bere un bicchiere di caldo vino rosso rubino con il loro ospite, prima di raggiungerli, era stata un tentazione troppo forte.
Benchè riconoscesse la loro bellezza, e l'armonia e il piacere che gli recavano, a volte sentiva la necessità di trarre piacere anche da oggetti freddi, che non lo toccassero col calore di umane emozioni, o della carne.
Quando entrò nello studio di Laures, vi trovò un altro uomo, seduto sulla scrivania.
Era il biondo assassino che gli era stato frettolosamente presentato prima, nella sala. Stava guardando fuori dalla finestra, perso in pensieri malinconici, ma si accorse subito della sua presenza e si voltò verso di lui, un mezzo sorriso sulle labbra.
“Scusate… non vi avevo sentito entrare.” sorrise gentilmente, ancora perso nei suoi pensieri.
Treize gli rispose con un latro sorriso, e con un cenno del capo. “Scusatemi voi… stavo cercando dei miei amici, non intendevo disturbarvi.”
“Nessun disturbo” sussurrò l’altro, mentre lui si voltava per uscire. “Scusate!” disse, interrompendolo nel suo movimento con un tono angosciato “Scusate” ripetè più piano quando Treize si voltò di nuovo verso di lui.
“…so che non dovrei chiedere,- disse, quasi timidamente, con un’aria tra il vergognoso e il deciso –ma, se non vi disturba… avrei bisogno di farvi una domanda di tipo personale.”
Treize assentì, incuriosito.
“…di che natura è il vostro rapporto con coloro che state cercando?”
Treize sollevò un sopracciglio, non capendo dove il biondo voleva andare a parare.
“…cioè… be’… insomma… volevo solo sapere se siete… be’… ga…omosessuale, come paiono essere tutti qui, e come fate ad esserne certo” sbottò fuori alla fine, quasi senza respirare.
Treize lo guardò lungamente prima di rispondere. “Be’, non mi sembra che sia una domanda molto… ortodossa… tuttavia mi sembra chiaro che per porla, visto quanto vi imbarazza, avete delle ragioni pressanti.”
Youji assentì. “Ecco, vedete… io… non so come rapportarmi con un certo sentimento.”
“Che provate nei confronti di un vostro amico.”
L’assassino era tornato a guardare fuori dalla finestra, malinconico, imperturbabile… eccetto il leggero rossore che gli imporporava le guance.
“Assurdo, vero?- disse, il tono tagliente –e pensare che dovrei essere il playboy del gruppo… l’uomo dalle mille conquiste…”
“Non fatevene un cruccio- rispose il generale Krushenada –evidentemente questa non segue i vostri soliti crismi… che c’è di male?”
“Che c’è di male?” sbottò Youji voltandosi verso di lui, di colpo.
“Certo- sorrise malizioso l’altro- che c’è di male.” Si avvicinò all’assassino con passo leggero e sicuro, portandosi a pochi centimetri da lui, gli occhi magnetici incollati in quelli dell’altro, sorridenti e seri allo stesso tempo.
“Che c’è di male se lo volete? Se desiderate toccarlo, toccare quella pelle leggera come seta… deliziosamente morbida… e saziarvene, come fate di nascosto con gli occhi?”
Treize sfiorò con la mano la coscia di Youji… un movimento troppo delicato per essere rifiutato, troppo intimo per non farlo rabbrividire. Avrebbe voluto scostarlo, per respirare liberamente, ma non doveva… voleva capire se era veramente ciò che desiderava, perché il pensiero di Omi lo faceva impazzire… i suoi sorrisi, la sua dolcezza, la sua allegria, la sua semplicità, la sua innocenza… Omi…
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Il giovane sospirò un nome, ma lui non ci fece caso.
Voleva divertirsi… prima di andare a raggiungere i suoi due preziosi gioielli. E quale modo migliore per divertirsi, e nel contempo fare la buona azione di togliere a quel ragazzo i suoi dubbi?
…ragazzo… di certo non era così giovane, però restava in un certo senso candido… ingenuo…
Riprese a parlare sottovoce.
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La voce era dolce come miele, e lo trascinava in pensieri che da solo cercava di evitare.
“Che male c’è, se desiderate toccare quelle labbra rosee… toccarle e poi sfiorarle con le vostre, ed immergervici e assaggiarle, morderle, tutto pur di sentirle cedere sotto alla pressione della vostra bocca? E poi lasciarle, per scorrere le labbra sulla seta fresca della pelle, per sentirne il sapore, saggiarne la consistenza, placare una fame che non sapevate di avere?”
Youji, perso nei sogni che si affastellavano dietro alle sue palpebre, quasi non sentì la mano che gli sfiorava l’interno della coscia, risalendo verso l’inguine.
“…accarezzarlo, spogliarlo e poterlo osservare… dimenticare ogni bruttura nella bellezza del suo corpo…- oh, sì, quanto aveva desiderato vedere Omi nudo, completamente, che lo guardava con fiducia… che lo aspettava, sdraiato su un letto, implorando sottovoce il suo nome… -…e poi finalmente toccarlo, ovunque. Toccare la sua pelle, calda, eccitata, fremente… sfiorarlo nei luoghi più intimi… rendendolo vostro anche solo col tatto…”
Youji poteva immaginarsi la scena, poteva vederla dietro le palpebre… Omi che gemeva, disteso sul letto, mentre lui lo accarezzava… il petto, l’addome, i fianchi sottili… per poi prendere in mano… Si morse un labbro senza rendersene conto, la gola secca.
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Treize sorrise, come un gatto soddisfatto di sé.
“Sì- disse con voce roca –proprio lì… sentilo, geme chiamando il tuo nome… ti invoca, invoca il sollievo… ma non è ancora venuto per lui il momento per raggiungerlo…” fece scivolare il suo dito sul rigonfiamento tra le gambe dell’altro, trattenendo una risatina.
Non avrebbe dovuto farsi tutti quei problemi, era chiaro cosa volevano… sia lui, sia il suo corpo. Passò il dito leggero su e giù, sulla erezione che solo il pensiero dell’altro… e le sue parole… avevano creato.
Continuò la sua piacevole tortura.
“Perché sai benissimo cosa vuoi… vuoi che lui venga solo grazie a te, quando sarai in lui… quando l’avrai preso, e lo starai possedendo… siete fatti per stare assieme, lo senti, non puoi negarlo… non puoi allontanarlo da te più di quanto lui non può allontanarti da sé e dal suo cuore, siete uniti… lo sentirai anche mentre vi muoverete assieme, allo stesso ritmo, gemendo… così vicini a raggiungere assieme il piacere… nei vostri corpi uniti…”
Per lui non era esattamente così, pensò. Non c’era quell’unione perfetta, ma qualcosa di più complesso ed al contempo più felice. Ma per l’altro voleva crederlo… voleva credere che ci potesse essere.
Passò ancora un’altra volta il dito sull’inguine del biondo, senza che si accorgesse di quel tocco, tanto perso era nei suoi sogni, nella fantasia che lui gli aveva regalato.
“Omi…” si lasciò sfuggire con un sussurro Youji.
Treize sorrise, e si chinò su di lui. Certo, il ragazzino che aveva visto accanto a lui, quando erano stati presentati… era un bel bocconcino, e da quello che gli era sembrato, anche interessato.
“Non lasciartelo scappare… ti assicuro che ne vale la pena!” gli sussurrò proprio sulle labbra, senza toccarle, mentre Youji sentiva il cuore scoppiargli nel petto… e poi si voltò, e senza fretta uscì dalla porta per andare a trovare i suoi due amanti.

*-*-*-*-*

Laures sogghignò.
Caro, vecchio Treize… tu si che sai come sistemarle, certe cose… sbirciò con la coda dell’occhio il giovane mago seduto accanto a lui, che si stava mordendo un labbro, sovrappensiero. Si chinò su di lui.
“Sentito qualcosa che ti da da pensare, Marron?” gli sussurrò all’orecchio.
Marron non lo guardò, ma con un gesto seccato si scostò da lui, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchia.
Laures lo guardò, gelido. Poi sorrise nuovamente, un sorisetto più cattivo, e gli scivolò davanti, bloccandolo con le ginocchia.
Marron allargò gli occhi, sorpreso, e si spostò all’indietro, allargando le braccia per far leva sullo schienale e in qualche modo spostarsi, ma lui fu più veloce, e gli bloccò le mani, scendendo per far aderire i loro busti.
“Che te ne pare, Marron?- chiese, uno sguardo affamato negli occhi -…se cambiamo stanza adesso?”
Marron deglutì, spalancando gli occhi, ogni protesta che gli moriva in gola.
Laures sorrise, un po’ più dolcemente stavolta.
“Immaginavo che avresti preferito anche tu se seguivamo le sorti di qualcun altro!” disse allegramente, tornando a sedersi.
Marron rimase fermo per un attimo, poi respirò di nuovo con un singulto e si tirò su. Poteva vedere che era ancora un po’ sconvolto, il viso arrossato… ma se fosse andato avanti, non era sicuro che sarebbe riuscito a respingerlo.
Gongolò tra sé e sé… come poteva non sentirsi radioso?
Collegò la loro finestra su un’altra stanza… e quasi si mise a ridere.
Be’, perlomeno Xel si era tolto quel vestito… non che la mini non gli stesse bene, però, come dire… Marron quasi sobbalzò sul divano, e diventando tutto rosso chiese, senza fiato: “M-ma… che fanno?!”
Laures, che effettivamente stava prestando più attenzione al viso del sorcerer che non allo schermo, tranquillo, giocherellando con i suoi capelli, rivolse uno sguardo alle immagini e sorrise.
“Lo chiamano sessantanove, tesoro.”
Marron avvampò si voltò di scatto verso di lui, trovando gli occhi divertiti dello stregone vicinissimi ai suoi.
Spostò lo sguardo da quelle iridi magnetiche allo schermo, e poi di nuovo su Laures.
“Lo so, volevo dir-“
“Lo sai?” Incalzò l’altro facendosi ancora più vicino, inarcando le sopracciglia, continuando a sorridere, assumendo un’aria volutamente stupita.
Marron divenne di colpo ancora più rosso, sognando di riuscire a scomparire inghiottito dal divano.
“Ah, i-io… intendevo…”
“Non è così difficile, Marron!” disse Laures, esultando tra sé e sé. Lo prese per i fianchi, e lo fece distendere sull’ampio divano. Poi, con una luce maliziosa negli occhi, si posizionò sopra di lui, in modo che il suo volto si trovasse sopra il suo inguine.
“Vedi?- disse, passando la guancia sull’interno della coscia del mago –Non è per nulla difficile… e con un po’ di pratica…- rallentò, e sfregò la punta del suo naso proprio all’altezza del pene, che andava ingrossandosi –ci si può divertire un sacco…“ concluse malizioso, alitando il suo fiato caldo attraverso la seta leggera del vestito dell’altro.
L’unica risposta che ottenne fu un gemito forte, non trattenuto. Sentì i pantaloni farsi un po’ stetti, mentre il corpo sotto al suo si tendeva. Continuò a strofinare con le mani quel calore, accarezzandolo e torturandolo attraverso la stoffa… finchè non lo sentì irrigidirsi, e dare un singulto di paura, per nulla felice.
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Non sapeva cosa l’aveva risvegliato dalla nebbia di piacere in cui era caduto, sapeva solo che non voleva essere lì, che aveva paura, che non gli piaceva… sì, gli piaceva, ma non poteva… non doveva…
“No! Basta, Laures!”
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Il sorcerer sobbalzò a sentire il proprio nome detto con quel tono disperato. Merda, l’aveva spaventato! Doveva trovare un modo veloce per… bingo!!! Guarda guarda chi c’era nel bagno!
Sentendo quelle voci anche Marron si voltò… e rimase basito, bocca spalancata e occhi che ancora un po’ gli uscivano dalle orbite.
Gatò e Milphy… nooo, non poteva essere!!!

*-*-*-*-*

Quando erano arrivati, si erano resi conto che più che un bagno, la stanza era una grande sauna, con al centro una grande vasca circolare, con idromassaggio... direttamente dall'Altromondo.
Gatò si era fermato sulla soglia, ed era rimasto stupefatto a guardare. Dietro a lui, Milphy gli aveva posato le mani sui fianchi.
“Cosa aspetti ad entrare, tesoruccio?” aveva detto, strusciandosi dietro a lui.
Gatò aveva stretto i denti alla sensazione dell’erezione dell’altro che scivolava tra i suoi glutei… troppo presto… si era appeso alla porta, e poi si era spinto in avanti.
Senza voltarsi, aveva fatto la sua proposta: “Che ne dici di usufruire dell’opportunità?” aveva chiesto, iniziando a spogliarsi.
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Adorava vederlo così, eccitato eppure restio a lasciarsi andare, mentre gli dava la schiena, fingendosi indifferente… e invece sapeva che in quel momento, almeno, era suo.
Completamente suo… anima e corpo.
Anima attraverso il corpo? Non gli interessava.
Purchè gli appartenesse.
Il suo cuore e il suo corpo gridavano, e lui zittì il primo e si diede da fare per accontentare il secondo.
Si spogliò in fretta, e lo vide finire con metodica lentezza la stessa operazione. Mise a terra, attento a non spiegazzarli, i pantaloni e la giacchetta in pelle, i guanti e la canottiera. A quel punto si chinò, probabilmente per prenderli e spostarli da qualche altra parte, ma la vista di fronte a lui era
troppo invitante perché glielo permettesse.
Milphy gli arrivò da dietro e gli bloccò i fianchi con le mani, penetrandolo lentamente… solo la punta, come un avviso.
Gatò, piegato a novanta sotto di lui, emise un basso gemito soffocato, forse addirittura infastidito.
“Milphy…” disse, piano, il respiro affannoso.
“Sì?” rispose a denti stretti, cercando di restare fermo, cercando di trattenersi.
“…non potevi aspettare? So di essere incredibilmente bello però…” Milphy Yu troncò le sue solite vanterie con un brusco colpo del bacino in avanti.
Di solito era più attento a non fargli male, ma quella volta voleva prenderlo così, brutalmente, senza lasciargli il tempo di parlare. Annegarsi, annullarsi dentro di lui.
Spinse finchè non lo riempì completamente.
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Gatò rimase fermo, ombre di lacrime che gli oscuravano gli occhi. Non faceva tanto male da urlare, ma certo non era piacevole venir preso così, senza considerazione, senza un minimo di preparazione o di lubrificazione.
Rimase fermo mentre Milphy prendeva ad entrare ed uscire, lentamente all’inizio, poi sempre con più furia, più velocemente.
Benchè cercasse di renderglielo piacevole, quel frenetico, violento accoppiamento non gli arrecò alcun godimento. Milphy fece pressione, inizialmente soprattutto si mosse senza poi troppa convinzione e iniziò ad accarezzare il suo pene, ma il fastidio che sentiva, nel corpo ma anche nel cuore, era troppo.
Con delle ultime spinte, il Cavaliere di Haz si liberò dentro di lui, gemendo il suo nome.
Il suo seme caldo e quel singolo gemito furono le sole cose che placarono il dolore di quella palese mancanza di interesse.
Si lasciò scivolare a terra con l’altro, mentre Milphy usciva da lui.
Non fece neanche in tempo a voltarsi, che si trovò gli occhi misteriosi dell’uomo piantati nei suoi. E come ogni volta, rimase a guardarli, arrossendo leggermente, trattenendo il fiato senza neanche rendersene conto.
“Mi sembra che tu non abbia goduto…” disse piano Milphy, sfiorando con un dito la sua eccitazione, e facendolo gemere leggermente.
Continuò per un po’ ad accarezzarlo e pompare, sempre guardandolo negli occhi e sorridendo maliziosamente.
“Meglio?” chiese, avvicinandosi per un bacio.
---
‘E’ quanto posso fare… per non doverti chiedere scusa. A che cosa servirebbero poi le scuse? Ti importerebbe qualcosa del fatto che non avrei voluto farlo senza darti piacere?’
Posò piccoli baci veloci sul suo addome ben delineato, compiacendosi nel sentire i muscoli che guizzavano sotto alle sue labbra, tra le sue mani, poi con furia lo avvolse nella sua bocca, e iniziò a succhiare e leccare il suo cazzo. Prese presto il ritmo che Gatò voleva, seguendo i suoi movimenti, incontrando le sue spinte per inghiottirlo ancora di più. Con una mano gli stuzzicava l’apertura tra i glutei, ora scivolosa del suo seme, mentre con l’altra tormentava i capezzoli.
Finalmente Gatò venne, con un grido strozzato, e lui inghiottì tutto il suo seme.
Poi rimasero fermi, boccheggianti, a riprendere il fiato e chiarire la mente.

*-*-*-*-*

Omi era uscito velocemente dalla stanza dove aveva appena finito di… bè… arrossiva solo al pensarci, per metà un po’ di sana vergogna, per metà una certa soddisfazione, contentezza… un calore nuovo, di cui aveva tanto bisogno.
Tuttavia si sentiva tutto appiccicato, e la spalla iniziava a dargli fastidio… voleva lavarla e fasciarla al più presto. Heero non ci era andato giù piano, pensò, facendo una smorfia di dolore quando mosse il braccio troppo in fretta.
Il problema ora era trovare una qualche posto dove poter trovare ciò di cui aveva bisogno, o almeno qualcuno che glielo potesse indicare.
Da quella porta gli sembrava di sentire delle voci…

*-*-*-*-*

Lo guardò alzarsi.
Be’, e adesso si rivestiva e se ne andava come se niente fosse? Ovvio, perché no? Tanto, per quel che contava per lui… e invece Milphy gli offrì la mano per alzarsi. La guardò per un attimo appena, sorpreso, e poi la prese.
“Che ne dici di fare quel bagno?” gli propose l’amante strizzandogli l’occhio, e lui non potè far altro che annuire e poi seguirlo nella vasca.
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Acqua bollente naturalmente… che sciogliesse i muscoli. E olio da bagno, in modo che potesse serntirgli addosso lo stesso odore che avrebbe sentito su di sé… almeno per un giorno.
Entrarono subito nella vasca, anche se era quasi vuota, e si sistemarono uno di fronte all’altro.
Gatò appoggiato indietro sulla parete, Milphy che cercava tra gli olii appoggiati su un tavolino alle sue spalle uno che gli piacesse. Apriva distrattamente le bottiglie una a una e le annusava, occhi socchiusi ma fissi sul giovane davanti a lui.
Non gli sembrava felice.
Non gli sembrava sereno.
E questo non gli faceva certo piacere… soprattutto perché molto probabilmente era lui il motivo di quello scontento. O no? Che in fondo non gli importasse qualcosa se… allontanò quei pensieri, e prese una bottiglia a caso, alzandosi.
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Poteva sentire che Milphy si era alzato, ma non aprì gli occhi per vedere dove stesse andando. Stava così bene lì, a lasciarsi scivolare nel caldo abbraccio dell’acqua… dimenticare tutto… solo quando gli gocciolò qualcosa addosso si riscosse.
Milphy era in piedi davanti a lui, e lo guardava con un mezzo sorriso negli occhi.
Quella era un’espressione che gli piaceva vedere… che lo faceva sentire veramente desiderato.
Milphy andò a mettersi a cavalcioni sul bordo alle sue spalle, una gamba per lato in modo da farlo restare tra le sue gambe, e poi iniziò a massaggiargli la schiena.
Doveva aver preso qualche olio, perché la stanza si riempì di un profumo fresco, pulito, che gli ricordava il mare. Appoggiò la testa alla gamba di Milphy, e si rilassò, godendosi il massaggio. Oh, era fatto per eccitare, e lo sentiva… eppure poteva perdersi ancora un po’ in quella dolcezza, in quel calore.
“Spostati un po’ avanti, per favore” gli disse, e lui lo fece. L’altro tornò a sedersi in acqua, dietro di lui. Vista la nuova posizione, poteva sentire l’eccitazione di Milphy premergli sulla schiena.
“Mi sembra che qui qualcuno si sia già ripreso…” ridacchiò, la voce appena un po’ roca.
“Colpa tua!” rispose l’altro, serio, continuando a massaggiare.
“Be’…- fece Gatò, muovendosi un po’ da destra a sinistra, sfregando la parte bassa della schiena sul cazzo duro del suo amante -non mi pare che ti dia poi tanto fastidio…”
Milphy sospirò, e fece scendere le mani in basso, sfiorandogli velocemente la schiena per poi scendere tra i glutei, infilando un dito scivoloso d’olio nella sua apertura.
Gatò strinse i denti, trattenendo un piccolo suono di fastidio… era ancora un po’ dolorante… ma Milphy lo massaggiò dolcemente, lentamente, sfiorando con maestria il punto che lo faceva impazzire. Iniziò a rispondere alle sue spinte, e Milphy aggiunse un altro dito… e un altro ancora. Soddisfatto, lo fece alzare un po’ e poi se lo fece sedere in grembo, penetrandolo lentamente.
Questa volta, a parte la sensazione di averlo dentro di sé, non provò alcun fastidio. Stava iniziando a chiedersi come avrebbe continuato, quando Milphy riprese a massaggiarlo, stando completamente fermo con la parte inferiore del corpo.
Gatò era seduto –impalato- su di lui, le gambe tese avanti, un po’ allargate, le braccia lungo il corpo.
Non poteva far forza su di nulla per poter obbligare l’altro a fotterlo, perciò iniziò a muoversi un po’ col bacino per far smuovere l’altro.
Nulla da fare.
“Milphy…” chiese, la voce roca, ma l’unica risposta che ottenne fu un bacio dietro l’orecchio, e le mani del suo amante che gli scesero sul petto.
---
Essere di nuovo immerso in lui era una sensazione intossicante, non ne avrebbe mai fatto a meno… anche se dover restare fermo era una tortura. E quando Gatò iniziò a muoversi spontaneamente, dovette mettercela tutta per non lasciarsi andare.
Ma il giusto era giusto; prima l’aveva trascurato, quindi questa volta l’avrebbero fatto per bene: molto, molto lentamente.
Iniziò ad accarezzare i suoi pettorali, poi aprì di nuovo la bottiglietta d’olio e lo lasciò scivolare freddo sul suo petto. Gatò rabbrividì, una sensazione piacevolmente dolorosa che passò al suo corpo attraverso il legame che li univa, e lui riprese a massaggiare… carezze leggere, fatte per stuzzicare, che tormentarono i capezzoli fino a che non si ersero, turgidi.
Gatò respirava pesantemente, talvolta gemendo un po’, muovendo il bacino per sentirlo di più… non potè fare a meno di sorridere: voleva sentirlo implorare, prima di fotterlo.
Scese col suo massaggio, fermandosi sugli addominali, sotto il pelo dell’acqua. Ne tracciò i contorni, li massaggiò con forza, facendolo muovere al contempo contro di sé, al ritmo che gli piaceva. Si rese conto di stare muovendo leggermente i fianchi anche lui, per sentirlo meglio, quindi affrettò un po’ la sua discesa, bloccandosi di nuovo.
Era difficile trattenersi, sempre di più…
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Ma di cos’era fatto, di ghiaccio?! Si sarebbe messo ad imprecare, se fosse servito a qualcosa.
E invece era lì, bloccato dalle sue mani carezzevoli e dal cazzo che lo stuzzicava senza accontentarlo, chiedendo senza avere risposta alcuna.
Non sapeva se voleva che continuasse o che smettesse…
Quando le mani dell’altro si chiusero sul suo pene però strinse i denti, e gettò indietro la testa, appoggiandola sulla spalla di Milphy. Rimase lì, ansimante, mentre quelle mani sottili ed abili lo spingevano sempre più avanti. Riprese a muovere il bacino con più forza, e questa volta sentì anche il suo amante sotto di lui fare lo stesso.
Chiamò il suo nome, con sollievo e crescente passione.
E Milphy prese un ritmo lento ma crescente, una mano sul suo fianco, l’altra chiusa attorno al suo cazzo. Era… veramente vicino alla perfezione. E quando Milphy prese a dire il suo nome in una lenta litania al suo orecchio, lo considerò veramente perfetto. Venne qualche momento più tardi, in un urlo silenzioso, sentendo il suo amante tendersi con lui.
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Dovevano farlo più spesso in una vasca… era estremamente eccitante, pensò pigramente. Gatò era ancora addossato a lui, ma non gli dispiaceva, riprese a tracciare spirali e cerchi sulla sua pelle, un po’ bagnata e un po’ sudata. E un po’ lucida d’olio.
Ed lui gli era ancora dentro, ma non pareva dispiacere a nessuno dei due.
“Potermmo restare un po’ così, e magari vedere se ci torna la voglia… che ne dici?” gli sussurrò pigramente all’orecchio, scostandogli una ciocca umida dalla fronte.
Gatò lo guardò, fissandolo con quei suoi occhi chiari, aperti.
Poi gli prese una mano, e se la tirò sul pene, riprendendo a toccarsi, a farsi toccare, a muoversi e strusciarsi contro di lui.
“Ti basta, come risposta?” ridacchiò.
“Credo proprio di sì…”

*-*-*-*-*

…Chi valeva la pena? Cosa valeva la pena?
Ripresosi, Youji si era trovato solo, eccitato e terribilmente confuso.
Era… se ripensava alle parole di Treize, a come solo pensare di… Aveva bisogno di parlare con Treize… di chiarire. Subito.
Si gettò fuori dalla stanza, e ne intravide la sagoma alla fine del corridoio che stava percorrendo; si affrettò a seguirlo, sperando che potesse chiarire almeno un po’ una situazione che aveva invece contribuito solo a complicare.

*-*-*-*-*

Treize aveva giracchiato svogliatamente per i vari corridoi, sempre cercando Zechs e Wufei.
Tutte le stanze però erano occupate da altre coppie, e un paio di volte si era persino trovato davanti a situazioni che non avrebbe ritenuto possibili. A cose che non aveva… ancora… sperimentato.
Prese nota mentalmente di quelle che sembravano più succulente.
Tornò alla fine al salone centrale… e finalmente vide Wufei. Se ne stava seduto su un largo tavolo in mogano, che sembrava fatto apposta per scoparci sopra.
…oh, non si era reso conto di avere così tanta voglia…
Be’, pensò maliziosamente, potevano consumare qualcosa in attesa del loro bel principe…
Si avvicinò al giovane pilota, che perso nei suoi pensieri guardava verso il palco, dove quattro persone stavano consumando un’orgia ben riuscita.
“Wufei” sussurrò appena, ed il giovane si voltò a guardarlo, con un mezzo sorriso sulle labbra.
“Non dovremmo aspettare Zechs?” disse solo.
Treize sembrò pensarci, poi lo guardò maliziosamente: “E tu come fai ad essere sicuro che io volessi fare quello?”
Wufei ridacchiò. “Conosco quello sguardo”, rispose.
Lui avanzò verso il giovane, prendendogli il viso nel palmo della mano.
“Vuol dire che non glielo diremo che non l’abbiamo aspettato, quando ci raggiungerà” sussurrò prima di baciarlo passionalmente.
Lo fece stendere sul tavolo con un unico movimento fluido, slacciandogli nel contempo i pantaloni, e facendoli scendere fino alle gambe. Glieli sfilò lanciandogli un’occhiata bruciante, e si chinò a baciare la punta del pene del giovane amante.
Wufei inspirò, tendendosi, gli occhi scuri come pozzi in cui gli sembrava di affondare, e spinse il bacino contro di lui.
Treize sorrise, e leccò lentamente sulla base, salendo lappata per lappata per poi scendere di nuovo.
Arrivato alla base, continuò e prese a succhiare l’entrata del giovane pilota Gundam.
Wufei gemette il suo nome, e lui sorrise, continuando a muoversi.
Infine, decise che il suo giovane amante era pronto, e si posizionò alla sua entrata, guardandolo interrogativamente.
“Ti prego, sì, Treize fallo! Fammelo!”
Treize non si fece pregare, ed entrò in quel calore accogliente. Wufei era al contempo morbido e stretto, una sensazione incomparabile… gemette con voce roca, entrando fino alla fine con un’unica spinta.
“Sì, così, così!!” urlò Wufei, privo di qualsiasi remora o ritegno. Era così bello, quando si lasciava andare… Treize prese ad entrare ed uscire da lui con un ritmo veloce, mentre Wufei chiedeva sempre di più, più forte, più veloce, più duro.
Non desiderava altro che accontentarlo… strinse la mano sul pene del giovane, avvicinandolo all’orgasmo ancora più efficacemente, e si chinò a posare piccoli baci veloci sul suo viso contorto dal piacere.
Quando venne inghiottì il suo grido, raggiungeno il piacere con lui, e rimasero fermi per una attimo, mentre la nebbia chiara dell’orgasmo li prendeva per poi lasciarli.
Ripreso il fiato, Treize uscì con cautela da lui, sorridendo.
“Non sarà necessario raccontarglielo, però” disse alludendo a Zechs. Wufei però impallidì, guardando qualcosa appena sopra alla sua spalla.
“A chi?” sussurrò una voce calda alle sue spalle, mentre il profumo di lunghi capelli biondi lo avvolgeva, portando con sé il sentore dell’uomo che conosceva così bene.
Per la prima volta nella sua vita, Treize rimase senza parole.
“Zechs…” iniziò, per poi fermarsi, sentendo l’eccitazione dell’altro premere tra le sue gambe.
“Non posso dire di non aver apprezzato il vostro show,- disse il principe biondo –ma mi sembra un po’ contrario ai nostri accordi… mai se non ci siamo tutti e tre, o tutti e tre lo sanno. Perciò,- continuò, abbassandogli i pantaloni con un movimento fluido –anch’io contravverrò ad una regola, anche se non era una delle regole scritte.”
Prima che potesse chiedersi cosa fosse, sentì qualcosa premere alla sua entrata. Si tese, irritato. “Non penserai di…” sbottò, e poi si fermò perché Marquise l’aveva veramente fatto.
L’aveva penetrato, con un dito. Doveva essere lubrificato, perché lo mosse senza problemi dentro di lui. Non era brutto, forse spiacevole, ma lui non poteva lasciarsi…
“Non pensarci neppure, Treize- gli alitò il biondo nell’orecchio –quid pro quo. Hai iniziato tu… anzi, avete iniziato voi due. E ora è il mio turno.”
Treize strinse i denti, cercando una risposta, ma in quel momento le due dita di Zechs urtarono un punto che gli fece vedere nuovamente le stelle.
“Zechs…” gemette.
“Sì?” lo prese in giro l’altro.
“…puoi continuare.”
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Aveva lasciato Wufei per cercare Treize e qualche lubrificante, e aveva trovato Wufei che si faceva fottere da Treize, senza di lui e senza lubrificante. All’inizio si era irritato, ma vedere i fianchi di Treize che andavano su e giù gli aveva fornito un buon motivo per unire vendetta e piacere.
Quando li aveva visti venire, era ormai eccitato. Aveva preso la bottiglietta di vaselina, e l’aveva cosparsa abbondantemente sul suo pene, abbandonando i pantaloni in mezzo alla stanza. Poi si era piazzato alle spalle di Treize. Ed ora… ora… lo stava lentamente penetrando.
Era la sua prima volta così, lo sapeva, perciò entrò con delicatezza e riguardo. Sotto di lui Wufei lo guardava, mordendosi le labbra arrossate dal sesso che aveva già consumato.
“Aiutalo” sussurrò a fior di labbra, senza farsi sentire da Treize, e lo vide assentire lievemente, sorridendogli.
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Era perso nella sensazione fastidiosa eppure stranamente piacevole di Zechs che entrava in lui, quando sentì Wufei scivolare sotto di lui di nuovo. Il piccolo amante gli aprì la camicia, e poi iniziò a posargli baci leggeri sulle spalle… sul petto… sul collo… succhiando e baciando, senza sosta, senza fretta. Treize iniziò ad apprezzare la cosa… e soprattutto i passaggi che Zechs faceva su un punto che lo faceva impazzire… prese a muovere il bacino per accompagnare quelle spinte.
Wufei sotto di lui sorrise, vedendolo gemere, e gli strofinò la sua nuova erezione addosso, accarezzando sapientemente nel frattempo quella dell’uomo.
“Ehi, che ne direste di occuparvi anche di me?!” chiese, tra il divertito e lo sfrontato.
Zechs ghignò, chinandosi ancora di più su di loro e appoggiando le sue mani sul tavolo, schiacciandoli.
“Non… finchè non abbiamo finito. Questa… è la tua punizione!” disse tra un gemito e l’altro.
Wufei fece una smorfia di sconforto, ma stretto com’era tra loro due ed il tavolo non poteva fare nulla, se non strofinarsi sul corpo di fronte a sè.
Cosa che fece con entusiasmo, finchè il loro generale non venne.
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Sentì le pareti di Treize chiudersi su di lui, e con un’ultima spinta in quell’angolino di paradiso si lasciò andare all’orgasmo, che aveva fino a quel momento frenato.
Si gettò di peso dentro di lui, ma quella spinta fece traballare tremendamente il tavolo. Un attimo dopo, erano tutti per terra, mentre il tavolo minacciava di crollar loro addosso.
Con una mano lo stabilizzò, e poi rimase a guardarli.
E a guardarsi.

*-*-*-*-*

Seguendo Treize era arrivato fino al piano superiore del salone da cui erano partiti.
Si era guardato in giro… e l’aveva trovato. Ma lui era già occupato con un giovanissimo ragazzo dai tratti orientali, con i capelli scuri legati all’indietro.
Molto occupato.
Arrossì, voltandosi dall’altra parte.
Verso il salone… ed il palco.
Lì erano addirittura in quattro.
Irritato, si appoggiò alla balaustra, indietreggiando vicino alla porta… e in quel momento gli capitò addosso… la matrice dei suoi problemi. Omi, in persona. Un po’ affannato, i capelli leggermente spettinati e le labbra arrossate.
L’emblema del sesso.
“Oh… Youji! Scusami!- disse solo, e poi, vedendo come lo guardava, si passò nervosamente la lingua sulle labbra. -…Youji? Cosa c’e…?”
Be’, se era un complotto per farlo impazzire rinunciava. Avevano vinto loro.
Con una mossa veloce si mise alle sue spalle, e lo mise tra sé e la scena sotto di loro.
Volevano che giocasse? Avrebbe giocato, e si sarebbe divertito. E al diavolo i problemi!
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Youji era alle sue spalle, si premeva contro la sua schiena tenendogli la testa fermamente bloccata con una mano, costringendolo a continuare a guardare la scena (l’orgia?) che stava avvenendo sul palco.
I due assassini non sarebbero potuti apparire più diversi tra loro: Youji, malizioso e divertito, fissava i quattro uomini che a poco più di due metri di distanza si contorcevano ansimando senza alcun pudore senza mostrare alcun segno di disagio, mentre Omi era arrossito e aveva l’aria di qualcuno che, se avesse potuto, sarebbe scappato a nascondersi sotto un tavolo (dove comunque avrebbe trovato Trize, Zecks e Wufei impegnati in un menage a trois).
In quel momento la voce del gruppo, un ragazzo snello e pallido, con diversi tatuaggi sparsi sul corpo, sembrava aver trovato una nuova, interessante maniera di utilizzare le bacchette abbandonate lì a terra dal batterista: Omi emise un gridolino simpatetico quando vide le due stecche che sparivano quasi completamente nel corpo del chitarrista. Il cantante, ubriaco di vino, ridacchiava e continuò a fottere il suo compagno in quel modo fino a che non ebbe un’altra idea. Allora lasciò le bacchette piantate lì dov’erano, mezze dentro e mezze fuori, e di colpo si sedette sul suo compagno, di botto, penetrandosi fino in fondo, ma dandogli le spalle.
Rimase ansimante e piegato su se stesso per un po’, sorreggendosi con una mano puntata sul pavimento… disse qualcosa in una lingua che Omi non capì… e poi afferrò un’altra volta le bacchette e riprese ad usarle come stava facendo poco prima e intanto, seguendo lo stesso ritmo, si muoveva sopra l’altro, prendendosi da solo il piacere che voleva.
A solo mezzo metro da loro Il Palazzo e Key ci davano dentro altrettanto entusiasticamente, e sembrava che la loro fosse qualcosa di più di una semplice scopata, perché mentre Il Palazzo si sbatteva il bel musicista, tenendolo inchiodato a terra carponi, gli stava dicendo, o meglio ansimando, con aria molto compiaciuta: “Avanti, cantala ora quella tua canzonicina! Dovresti essere ispirato!”
La voce dell’altro suonava strozzata, ma orgogliosa, mentre provava davvero a cantare, anche se prendeva una stecca ad ogni botta che il capo dell’Across dava dentro di lui.
“Il Palazzo non vali un AAAHHH!!! …non vali un caAAAHHH!!! ODDIO SI SE LO VALI!!! OH, SI!!! AAAAH TI PREGO CONTINUA COSI’!!!”
…a Omi pareva di cogliere un certa coincidenza tra il ritmo delle spinte dell’uno e il momento in cui il testo della canzone veniva bruscamente interrotto, ma forse era solo una sua impressione. In ogni caso, poco dopo, i due avevano smesso di parlare e si stavano baciando furiosamente.
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I suoi pensieri vennero interrotti da Youji, che aveva preso a mordergli e succhiargli la spalla, proprio accanto al segno che gli aveva lasciato Heero.
“You-Youji, che stai facendo?”
“Seguo il buon esempio, no?… e chi è stato a farti questo?” Chiese, posando la bocca sulla ferita ancora sporca di sangue, riaprendola con i propri denti.
“Piantala! Vai a cercarti una ragazza! Io… io sono stanco!”
Riguardo quello non mentiva… aveva tanto desiderato l’attenzione del suo compagno ed amico, ed ora che l’aveva, ma in quel modo… gli faceva venir voglia di piangere.
“Stasera non ho voglia di ragazze! Dai micetto, perché non ci divertiamo un po’ anche noi?”
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“Lasciami stare!!”
Omi riuscì a districarsi dalla stretta del ragazzo più alto, e si voltò verso di lui, rabbioso e con gli occhi in cui stavano facendo capolino le lacrime; non gli andava di essere considerato in quel modo… una specie di giocattolino su cui sfogare gli ormoni di troppo… specialmente non da Youji; avrebbe fatto troppo male, gli avrebbe tolto ogni speranza di contare davvero qualcosa, per lui.
Arslan lo aveva trattato con rispetto, e comprensione, e anche affetto… ma quello che Youji stava facendo era chiaramente solo un trastullo… tanto per provare qualcosa di nuovo rispetto alle solite ragazze a cui stava sempre attorno, per soddisfare una curiosità, trascinato dall'atmosfera di quel luogo.
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Youji sorrise candidamente, allargò le braccia in segno di resa.
“D’accordo, d’accordo, ma non ti arrabbiare!”
Fu allora che Omi, andandosene, commise un errore: gli voltò le spalle.
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Quando si riprese si sentì un po’ confuso, con un leggero cerchio alla testa, e gli ci volle qualche istante per rendersi conto di trovarsi su di un grande letto dalle lenzuola blu notte, lisce, leggere e profumate, e di avere le mani legate sopra la testa, alla spalliera in ferro battuto. Legato… con un sottile e resistentissimo filo quasi trasparente, fin troppo simile a quello che Youji usava come arma mortale.
Ciò che notò subito dopo fu di essere completamente nudo.
“Ciao micetto. Scusami se prima ti ho colpito, non ti ho fatto molto male, vero’” Chiese sorridendo Youji, avvicinandosi a lui camminando a carponi sul soffice materasso, vestito solo di un aderente slip nero.

*-*-*-*-*

Erano seduti sotto il tavolo, ancora un po’ scossi.
Erano scarmigliati e arrossati, e Treize era ancora impalato su di lui… solo che questa volta praticamente lo montava.
Interessante.
Wufei, ancora eccitato, era seduto davanti al generale, le labbra rosse aperte a pochi centimetri dal suo petto. E lui… era appoggiato su un gomito, l’altro braccio teso per stabilizzare il tavolo ormai fermo, sulla loro testa.
Sarebbe stato ridicolo… se non ci fossero state tante implicazioni nella situazione. Con un sorriso malizioso, abbassò il braccio per accarezzare la gamba nuda di Treize, giocherellando con la leggera peluria.
“Be’, Wufei… credo che ora possa essere il tuo turno” disse solo.
L’interpretazione che di quella frase avrebbero dato gli altri… be’… non vedeva l’ora di conoscerla.

*-*-*-*-*

Youji lo stava prendendo in giro… senza dubbio, glielo si leggeva in faccia. Provò a sferrargli un calcio, ma Kudo gli afferrò la gamba a mezz’aria, bloccandolo.
“Fai il bravo, o dovrò legarti completamente.”
La sua voce era suadente, quando gli parlò ad un soffio dal viso… il suo fiato profumava di menta, non portava alcun sentore di alcool… allora non era ubriaco, come aveva iniziato a pensare Omi.
L’ex-detective gli diede un bacio sulle labbra e si raddrizzò dirigendosi verso il bordo del letto, lasciando il ragazzo con il cuore che batteva a mille, incontrollabile. Omi si voltò, seguendolo con lo sguardo, e notò che accanto al giaciglio si trovava un carrello per vivande, attorno al quale Youji si mise ad armeggiare canticchiando allegramente, poi tornò a voltarsi versso di lui tenendo tra le mani quella che sembrava una specie di grossa coppa d’argento lucidissimo.
“In effetti hai ragione, Omi, hai l’aria un po’ fiacca… ma so io cosa ci vuole! Sai cosa è una bomba calorica che da un sacco d’energie? Lo zabaione!!”
E con l’indice pescò dalla ciotola un po’ di quella crema dolce e l’assaggiò deliziato.
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Senza smettere di sorridere tornò dal suo prigioniero, e con lentezza rovesciò un sottile filo di zabaione su di lui, cominciando dalla fontanella della gola e scendendo giù, lungo la linea mediana del torace, poi sul ventre, riempiendogli l’ombelico fino a farlo traboccare, mentre rivoli correvano giù andando a insinuarsi nell’inguine e tra la peluria castana del pube.
Il liquido era carezzevole, vellutato, e scivolando faceva il solletico… un tocco molto diverso da quello dell’acqua che gli scorreva sulla pelle quando faceva la doccia… questo era più lento, e profumava di zucchero e liquore, era… sensuale.
Youji ripercorse la strada alla rovescia, sbizzarrendosi disegnando onde e curve su di lui, che poi finivano con il gocciolargli lungo i fianchi, andando a macchiare il lenzuolo. Gli versò una generosa dose di crema sui capezzoli, e senza volerlo lui si lasciò sfuggire un breve singulto.
“Vedi che funziona? Stai riprendendo colore, sei tutto rosso in viso, Omi-chan!”
Avanzò ancora, sporcandogli il collo, e poi sul mento, si fermò sulla bocca, continuando a versare un filo sottile in attesa che Omi la aprisse, arrendendosi.
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Lo zabaione gli accarezzava le labbra, scorreva sulle sue guance e andava a finirgli nei capelli… Youji gli si era messo a cavalcioni e lo fissava con lo sguardo di qualcuno che sapeva già di avere vinto…
Gia… dopotutto… forse era meglio approfittare dell’occasione che gli veniva offerta, anche se non era esattamente ciò che desiderava.
Omi non resistette alla tentazione: aprì la bocca e il liquido cremoso prese a scendergli sulla lingua e in gola, tiepido… scatenando un’associazione di idee che ebbe l’immediato effetto di causargli un’erezione.
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Youji allungò un braccio per posare la coppa e portò una mano dietro di sé, afferrandogli il cazzo con un’esclamazione di trionfo.
“Allora non eri poi così stanco!” Lo canzonò, cominciando a masturbarlo lentamente, esasperatamente, senza togliere gli occhi dal viso di Omi dai suoi occhi chiusi…
…dalla piccola ferita che aveva sulla spalla…
Chi era stato? Chi lo aveva toccato? Il pensiero gli faceva montare dentro un sentimento strano, acuminato e bruciante…
“Youji… Youji, di più!”
Quelle parole, forse, poco prima, le aveva dette a qualcun altro… e lui non riusciva a sopportarlo.
Smontò da Omi, lasciandolo per un momento privo di attenzioni, e si spogliò, buttando in un angolo l’unico striminzito indumento che indossava.
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[Youji, come sei bello.] Pensò il ragazzo, guardando il suo compagno nudo ed eccitato… era alto, snello, perfetto… con i capelli che gli cadevano scomposti sul viso.
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Kudo spalmò lo zabaione sul petto di Omi, a mani ben aperte, con movimenti languidi e ampi, impiastricciandolo completamente, rendendo la sua pelle lucida e appiccicosa, ancor più invitante la leccare e mordere. Di crema ce n’era ancora un po’ per fare un giochino… giurò a se stesso che lo avrebbe fatto urlare di piacere, che lo avrebbe fatto godere molto di più di quanto avesse fatto il suo amante sconosciuto.
Riprese la coppa e versò una generosa porzione di crema sul pene di Omi, ricoprendo sia quello che i testicoli; il ragazzo più giovane allargò spontaneamente le gambe, inarcando la schiena, lasciando che lo zabaione gli scorresse tra le gambe; si struggeva cercando di liberare le mani… non era più suo desiderio sottrarsi alle attenzioni di Youji, voleva invece toccarlo a suo volta, baciarlo, stringerlo… ma agitarsi era inutile, l’unico risultato che otteneva era quello di ferirsi i polsi, lacerando la pelle sottile. Decise di calmarsi, fissando sul suo compagno grandi occhi lucidi di passione, colmi di aspettativa.
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Con la lingua, dalla base alla punta, Youji percorse il suo pene, leccandolo lentamente, ripulendolo con cura, e poi prese a succhiarlo, prepotentemente. Sapeva di zucchero e di sesso… ma il seme che gli riempì la bocca qualche minuto dopo era molto più dolce di qualsiasi cosa avrebbe mai potuto assaggiare. Omi stava tremando, respirava forte, e lui desiderava soltanto farlo suo, far sì che gli appartenesse, possederlo, e che il suo nome fosse l’unico nel cuore e sulle labbra del giovane Tsukiyono.
Gli sollevò le gambe, divaricandole, chinandosi tra esse. La sua pelle lì era arrossata, recava ancora chiaramente il segno di quello che aveva fatto poco prima. ...Youji sentì la rabbia mordergli dentro… ancor più forte, più travolgente, fiammeggiante, e aveva un solo modo di sfogarsi.
“Tu devi essere solo mio!!” Gli disse, roco, penetrandolo di colpo.
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Omi urlò, e le lacrime che si erano accumulate nei suoi occhi uscirono, scorrendogli ai lati del viso, bollenti.
Nascose il volto contro un braccio, singhiozzando.
Youji era dentro di lui… il suo Youji lo aveva preso, e gli aveva fatto male, aveva sul viso un’espressione arrabbiata… spingeva con prepotenza, tenendolo saldamente per i fianchi, piantandogli le dita nella carne.
Il dolore si affievoliva, ed il piacere cresceva, ma le sue lacrime si facevano più cocenti… non capiva quello che stava accadendo, il perché del comportamento del compagno: quell’anomalo modo di stuzzicarlo, quella rabbia improvvisa e violenta. Si trovava combattuto tra il desiderio di continuare a subire quell’attacco, fino a che gli era concesso che Youji si interessasse a lui, e quello di voler essere altrove, a ficcarsi sotto due coperte e un cuscino, a sognare che per una volta qualcuno gli dicesse “ti amo”… che *Youji* gli dicesse “ti amo”, baciandolo dolcemente.
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Era così grazioso… Omi… sembrava più giovane della sua età, ed era spontaneo, allegro, generoso… era la persona più dolce che gli fosse capitato di incontrare. E così si era innamorato di lui ancora prima di rendersene conto; però non era facile, niente affatto: sapeva bene come corteggiare e conquistare una donna, ma… come fare con un ragazzo?
Dirglielo non sarebbe bastato, forse avrebbe creduto che lo stesse prendendo in giro… e allora doveva farglielo capire con i fatti, prima che fosse troppo tardi… prima che qualcun altro glielo portasse via.
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Il piacere e la sofferenza invadevano ogni sua cellula, ogni neurone; si sentiva sul punto di svenire, di perdere se stesso sotto il corpo e la forza di Youji; quando l’orgasmo venne aspirò da lui ogni energia, ogni respiro ed ogni suono, lasciandolo fremente, la testa gettata all’indietro e la gola scoperta come per un sacrificio.
Anche l’altro si lasciò travolgere, svuotandosi con un mezzo grido stupito, chiamando il nome del suo koibito, accasciandosi poi su di lui baciando il suo collo esposto, fragile, pulsante per il battito e il respiro accelerati.
Il dolce oblio durò qualche minuto, poi Kudo emerse da quel mare tiepido e cullante e si mise a sedere; di colpo ridiventò padrone di sé, vedendo quanto aveva fatto al suo piccolo Omi.
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Il corpo lucido, appiccicaticcio, i capelli impiastricciati; un filo sottile di seme gli colava tra le gambe, appena colorato di rosso. I polsi, ancora bloccati, erano graffiati a sangue e il ragazzo singhiozzava piano, aveva l’aria semisvenuta; il suo viso arrossato era sporco di crema e rigato dalle lacrime.
Youji provò schifo di se stesso: lo spasmo che gli afflisse il petto fu molto più bruciante e doloroso della gelosia che aveva provato prima.
Aveva fatto del male a Omi.
Lo aveva praticamente stuprato.
Lo slegò velocemente, raccogliendo fra le braccia il suo corpo esile, e gli passò una mano tra i capelli, pettinandoli all’indietro a scoprirgli la fronte.
“Omi, Omi, perdonami!”
Riempì di baci i suoi polsi feriti, il suo viso disfatto…
“Ero fuori di me, io… io ho perso il controllo… quando ho capito che eri stato con qualcuno…”
…le labbra e gli occhi chiusi…
“Farò tutto quello che desideri, ma non odiarmi! Ti prego amore, non odiarmi!”
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Omi sollevò le palpebre, lo guardò da dietro il velo sfocato del pianto, incerto tra l’aver sognato e l’aver capito bene.
“A-amore?”
L’altro annuì, mordendosi le labbra, e gli accarezzò una guancia.
“Amore, sì. Io ti amo, ma non sapevo come fartelo capire e ora… ho distrutto ogni cosa. Avrei voluto che fosse andata diversamente, che tu ed io… facessimo l’amore, e non… non *questo*! Io…"
“Youji!”
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Gli gettò le braccia al collo, ridendo tra le lacrime, piangendo contro la sua spalla, mentre l’altro, stupito ed immobile, lo stringeva, accarezzandogli la schiena.
“Anch’io ti amo, brutto stupido! Ti amo!”
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La stanza roteò attorno a Kudo, che incredulo staccò da sé il ragazzo più giovane quel poco che bastava per guardarlo in viso.
“Allora non mi odi? Vuol dire che mi rivolgerai ancora la parola? Che non mi userai come bersaglio d’allenamento per i tuoi dardi?”
Omi strofinò la testa contro il suo petto.
“Voglio solo poterti baciare… non mi hai ancora dato un vero bacio, sai?”
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Youji sorrise e chiuse gli occhi, avvicinandosi alle sue labbra socchiuse.
Era più bello ora, anche il minimo contatto, il semplice sfiorarsi aveva un valore immenso, perché entrambi sapevano di essere unici ed importanti l’uno per l’altro.
Il bacio fu lungo, lento, umido, una promessa di molto altro, una dichiarazione ripetuta silenziosamente.
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Si staccarono, e Youji prese un lembo di lenzuolo ancora intatto per pulire il viso di Omi; avrebbero avuto entrambi bisogno di una doccia, altroché.
“Non così.”
Lo fermò però Bombay, bloccandogli la mano, e lui non afferrò cosa intendesse. Il ragazzino sorrise e cercò di fargli comprendere meglio.
“Anche tu sei tutto sporco.”
Spiegò, indicandogli il petto, che, strusciandosi contro il suo, si era impiastricciato allo stesso modo; gli diede una breve e umida lappata poco più sotto della clavicola sinistra.
“Non possiamo mica sprecare una cosa tanto buona, vero, koi?’”
Un grande, voluttuoso sorriso si aprì sul volto di Youji Kudo, mentre gentilmente spingeva giù il suo amante.
“No, certo che no.”

*-*-*-*-*

Marron rabbrividì, stringendosi le braccia addosso. Strano, eppure non sentiva freddo… era piuttosto un brivido caldo e piacevole.
Poteva sentire su di sé il liquido denso… sentirsi appiccicaticcio e soddisfatto… eppure incredibilmente sentiva ardere dentro un desiderio, una mancanza che non sapeva spiegare.
Anche lui voleva… non sapeva cosa voleva. Ma sentiva che c’era qualcosa che non riusciva a toccare, a definire concretamente, e che però gli stava mangiando dentro come un demone impazzito, crudele.
Un’agonia strana, forse un’attesa.
Ne aveva paura, eppure al contempo lo eccitava… lo spronava ad andare avanti, perché c’era una scelta che doveva prendere, appena dietro l’angolo… ed era qualcosa in grado di dargli una grande felicità oppure un grande dolore.
Era teso, eppure rilassato.
Preoccupato eppure pronto.
E anche se gli sembrava inutile restare lì seduto, a vedere tutte quelle coppie che si spogliavano e si concedevano gli uni agli altri, senza timori, unendo i loro corpi ma anche i loro cuori, sentiva sotto alla pelle che c’era un senso in tutto quello che vedeva… c’era qualcosa che non riusciva ad afferrare e che invece poteva voler dire molto.
Guardò di nascosto il sorcerer, cercando di capire se anche lui sentiva… o magari era già arrivato a capire… quella sensazione.
E poi… poi c’era il suo corpo, che stava reagendo a quei continui stimoli.
Neanche la meditazione sarebbe bastata a calmarlo, si rese conto arrossendo. E in realtà, aveva una voglia pazza di lasciarsi andare… di provare cosa Laures poteva offrirgli.
Era così bello… e lo sentiva fin troppo vicino, per essere un nemico… e poi… Scosse veementemente la testa.
Doveva resistere a quella serata, sicuramente la mattina dopo sarebbe andata meglio.
Sospirò, mente Laures con un sorrisino concentrava la sua ‘connessione’, come la chiamava, su un’altra stanza.

*-*-*-*-*

Quando erano usciti come gli altri dal salone, sparpagliandosi un po’ ovunque per il castello, Ken era partito in quarta senza mai voltarsi.
Aya l’aveva seguito, ancora infastidito per le soffocanti avances del biondo che gli si era attaccato addosso durante la festa. Se non fosse stato perché il loro ospite aveva imposto regole rigide, non si sarebbe limitato.
Le mani gli fremevano ancora, al ricordo.
Lo avrebbe fatto a pezzettini… poteva ancora sentire sul palmo della mano l’elsa della sua spada, leggera e familiare… che chiedeva il sangue dell’impudente.
…Era veramente seccato.
E il comportamento di Ken non aiutava a migliorare la situazione… anzi, tendeva a peggiorarla. Che cosa aveva il giovane assassino? E perché continuava a correre senza mai voltarsi?
Seccato, allungò il passo e lo raggiunse… proprio mentre entrava in un’altra stanza.
Era un atrio, che dava su di una porta a vetri.
Aya afferrò Ken per un braccio, tirandoselo vicino.
“Insomma, mi vuoi spiegare che hai?” disse gelido.
Ken lo guardò con gli occhi lucidi… il suo solito sguardo da cucciolo bastonato.
…non riusciva a non farsi intenerire, ma in quel momento non voleva farsi distrarre.
“Insomma?” disse, stringendogli un braccio… e al contempo sentendo il cuore che si stringeva, alla vista del dolore negli occhi del suo giovane amante.
“Lasciami stare- sbottò Ken, liberandosi con uno strattone –non mi sembra che ci sia nulla di cui può interessarti… importarti qualcosa! E mollami!” disse, spingendolo violentemente all’indietro.
Aya divenne incredibilmente furioso. Non gli sembrava il caso di mettersi a litigare proprio lì, quasi in mezzo al corridoio, perciò prese Ken per un braccio e lo trascinò con violenza dietro alla porta.
Entrarono in una meravigliosa serra, appena più calda del resto del palazzo.
Più che una serra a dire il vero era una stanza trasformata in giardino semi-aperto, dal tappeto erboso alla vetrata che prendeva tutto il lato che dava sull’esterno. L’ambiente era stupendo, peccato che in quel momento non fossero in grado di apprezzarlo…
“Be’?” gli abbaiò praticamente in faccia.
“Lasciami! Non voglio parlarne!” fece Ken, cercando di fargli mollare la stretta.
Aya lo strinse pi forte. “Invece ne parleremo eccome… già è stato snervante dover sopportare… tutto quanto, alla festa. Se ora poi ti ci metti anche tu…”
“Ah, è stato difficile?- sbottò Ken, il sarcasmo che gocciolava dalle sua parole, amaro, freddo –non mi sembrava proprio!”
Aya rimase a guardarlo, lo sguardo se possibile ancora più freddo.
“Aaah, era questo allora.” Disse, calmo. Glaciale.
---
Ken rabbrividì sotto al suo sguardo.
Certo, era quello.
Perché un insipidissimo biondo poteva attaccarsi al suo Aya, mente lui doveva fare finta di non provare nulla? Dovevano sempre nascondersi, far finta di nulla, perfino che gli importasse qualcosa se l’altro moriva… e lui non ce la faceva più. Sapeva che Aya ci riusciva benissimo, ma per lui non era così. E la scena al salone gli aveva fatto un male terribile… anche perché l’assassino dai capelli rossi non aveva fatto nulla per liberarsi, se non trattare il biondo come trattava tutti. Gelido, va bene. Ma in quel momento era gelido anche con lui. Poteva veramente darsi allora che il loro rapporto non contasse nulla, nella sua vita? Che fosse solo un modo per liberarsi degli ormoni in eccesso? (o meglio forse, dell’ultima adrenalina che restava dopo le missioni?)
Non poteva accettarlo.
“Sì, è questo e allora? Cristo Aya se non te ne fotte niente dillo, capirò, ma il fatto che tu continui…” fu interrotto dalle labbra dell’altro che si erano unite alle sue, un bacio tra il passionale e il rabbioso, fatto per farlo tacere… perché lo infastidiva? Oppure perché non era vero? No, non poteva cavarsela così… si sciolse bruscamente dall’abbraccio, sbilanciandoli.
Caddero entrambi su un rosaio, le spine che si piantavano nella sua pelle, fastidiose.
Non potè trattenere un singhiozzo, era veramente una situazione senza uscita… sentì Aya carezzargli una guancia, e lo guardò, sorpreso.
“Dubiti” disse soltanto, piano, fissandolo negli occhi.
Ken abbassò i suoi, ad un tratto vergognandosi un po’.
“Non è facile” ammise alla fine.
“Sapevamo che non lo sarebbe stato… ma abbiamo deciso di farlo ugualmente. Perché lo volevamo. Non vuoi più?”
“No! Non è questo- si sbrigò ad interromperlo –è solo che… a volte… vorrei che fosse possibile restare più vicini, far sapere al mondo che… che…”
Aya concluse il discorso con un bacio, mettendolo a zittire di nuovo.
“Ah, Ken… non imparerai mai…”

*-*-*-*-*

Era bello, estremamente…..
Bello, ed elegante e nobile; il portamento fiero, l’atteggiamento arrogante. Rifulgeva nella sua solitudine, inattaccabile e inarrivabile, la maggior parte delle persone normali sarebbe stata schiacciata semplicemente dalla sua vicinanza.
Non era umano, di quello erano sicuri, bastava guardare i suoi occhi impenetrabili e freddi, le orecchie appuntite, i capelli che sembravano sottili e traslucidi fili d’argento.
“Come si chiama?”
“Mi sembra d’aver capito Sesshomaru…”
“Un nome che è una garanzia.”
“Irvine!” Redaguardì Squall, lanciando un’occhiata di rimprovero al cow boy che stava guardando con interesse lo sconosciuto.
“Dai, tanto lo so che piace anche a te!”
“Ma che cosa…”
“Avanti, rilassati! Se ti lasci andare un pochino ti divertirai sicuramente si più!”
“Ho paura della tua idea di ‘rilassamento’”
Irvine ridacchiò e passò un braccio attorno alle spalle dell’amico.
“Vecchio mio, hai notato che in giro siamo rimasti solo noi due? Secondo te dove sono finiti gli alti invitati?”
Squall tacque, non era necessario rispondere, visto che entrambi sapevano benissimo come stavano le cose, o per lo meno lo immaginavano con un buon margine di certezza, dopo aver visto tutti gli ospiti sparire a coppie chissà dove…
“In crisi di astinenza, Irvy?”
Kinneas ignorò la domanda e aumentò la stretta attorno al suo commilitone.
“Lo seguiamo?”
“Eh?”
“Quel tipo, Sesso-qualchecosa. Vediamo dove va… non ti sembra strano che uno come lui sia rimasto da solo?”
“E’ proprio questo che mi preoccupa. Se in mezzo a questo festino non è in compagnia, secondo me significa che non la gradisce. O che gli altri preferiscono stargli alla larga: magari ha modi poco… gentili. Insomma, l’hai visto? È inquietante!”
“E’ proprio questo che mi attira! Avanti, seguiamolo!”
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La loro relazione era sempre stata piuttosto libera… e se a ciò si aggiungeva il fatto che Irvine era un po’ brillo e che si era fatto coinvolgere dall’atmosfera della serata, era facile capire che opporre resistenza sarebbe stato inutile; così, quando il cowboy lo prese per un polso trascinandolo con sé Squall non si oppose, e cominciarono a pedinare il demone a distanza, silenziosamente. Dopotutto era anche divertente, sembrava una specie di gioco, dava una certa eccitazione… forse erano brilli tutti e due.
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Umani…
Pensavano forse che non si fosse accorto di loro? Lo stavano seguendo, e ridicolmente credevano di sfuggire alla sua attenzione. Che sciocchi.
Solo umani, sì, però erano forti, questo lo sentiva. Certo non erano al suo livello, e avevano i limiti imposti dalla loro natura, però erano in grado di usare la magia, e di evocare spiriti potenti; era curioso di scoprire cos’avevano in mente quei due ragazzi… se non altro sarebbero stati un divertente giochino con cui passare il tempo.
Continuando a fingere di non essersi accorto di loro, Sesshomaru prese una piccola porta e scese le scale che portavano al sotterraneo.

*-*-*-*-*

Non potè fare a meno di apprezzare la visione sotto di sé.
Erano caduti su di un rosaio di rose rosso cupe, ed ora Ken giaceva in un mare di petali scuri come sangue e di spine. I rami li avevano un po’ feriti, e Ken soprattutto aveva un bel po’ di graffi sulle braccia, e sulla schiena.
Sulle spalle.
Un paio anche sul petto.
Gli sfilò la maglietta, facedolo alzare solo un poco, e appena se la fu tolta iniziò a posare baci leggeri sulla sua pelle, leccando via il sangue dalle minuscole ferite, occupandosi di lui con la stessa dolcezza con cui pensava a lui.
Sei entrato e hai temperato il mio ghiaccio, pensò, ma non glielo disse.
Si sfregò contro il suo bacino, quasi incuriosito più che infiammato dai gemiti tra piacere e dolore che il suo amante faceva.
Lo prese per i polsi e gli alzò le braccia, bloccandogliele sopra al capo, poi gli morse un capezzolo, iniziando a succhiarlo e leccarlo. Ken gemette più forte, iniziando a strusciarsi sotto di lui.
Aya continuò la sua strada con le mani, mentre lo baciava sul viso e nell’incavo del collo.
Prese una rosa da terra, a tastoni, e iniziò a sfiorarlo con quella tra le gambe.
Troppo leggera… strappò un petalo, e lo fece scorrere all’interno dell’inguine…
Ken aprì le gambe, rabbrividendo.
…fino a raggiungere la sua apertura. Lo stuzzicò leggermente.
Aya sorrise appena. “Bastava così poco?” gli chiese, sussurrandogli all’orecchio.
“Aya… ti prego… ho bisogno di sentirti… solo…”
Si alzò un po’ per guardarlo negli occhi.
“Come scusa?!”
“…”
“Keeen… sai che non continuerò finchè non avrai finito la frase!” gli soffiò sul capezzolo, e sulla pelle umida ed arrossata. Ken lo guardò male, poi girò la testa ed arrossì.
“Ho bisogno di sentirti solo mio.”
Aya gelò (di più?!).
“Questo… non ha senso.”
---
Era freddo, altero… come aveva immaginato. Lo sapeva che non doveva lasciarselo sfuggire… ma era stato più forte di sè.
“Scusa Aya” disse piano, senza osare guardarlo negli occhi. “Non ti chiedo di accettarlo… volevo solo…”
dirtelo. Volevo sperare che fosse possibile. Volevo… volevo… non lo so più… “…volevo solo che lo sapessi.”
“Non puoi.”
“Lo so… perdonami…”
“No, non puoi pensarlo! Perché dovresti? Ken…- gli accarezzò una guancia –ti prego, non rovinarti così. Hai tanto da dare… non cercare da questo… rapporto ciò che non è!”
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Non farmi rimpiangere il momento in cui te ne andrai… già ora sarà difficile.
Ken si morse le labbra, ed assentì.
“Sì… scusa.”
Ma non lo guardò negli occhi.
Non era questo che voleva…
“Sul serio, Ken. Non può esserci nulla…” Tu moriresti, e io resterei ancora più solo e… quest’angoscia… non posso! Non posso! Ti prego!
Ken alzò gli occhi, guardandolo finalmente. Si sorprese, e lo ferì, vedere che erano umidi. Non voleva che soffrisse… anche se questo era il male migliore…
Li baciò leggermente, e poi prese di nuovo a fare l’amore con il suo corpo.
Se mi convinco che è questo quanto conta… non dovrai mancarmi, non potrò mancarti…
Stretto a lui su di un letto di rose e spine…

*-*-*-*-*

I corridoi sotterranei erano umidi e freddi, illuminati solo da lunghe file di torce appese alle pareti; c’erano strette curve e anfratti, anche delle celle, ma sembrava proprio che al momento fossero inutilizzate.
“Vorrei proprio sapere come abbiamo fatto a perderlo di vista!” Si lamentò Irvine, guardandosi intorno e dando un calcio al pavimento… che cosa seccante! Lo avevano perso come due pivelli, quando si supponeva che fossero soldati esperti!
“Senti, qui si gela e c’è odore di muffa… io me ne torno su.”
---
Squall in realtà aveva anche una gran brutta sensazione, come di essere spiati; una presenza maligna che sembrava soffiare loro addosso, come se ora fossero loro a essere seguiti, invece del contrario.
Fece per allontanarsi, ma l’altro lo bloccò afferrandolo per la vita.
“Ma dai, comandante senza paura, non dirmi che ti fai mettere angoscia da un po’ di ragnatele!”
“Smettila di scherzare!”
“Ma se non ho ancora iniziato!– Irvine sogghignò, stringendosi al suo compagno –Anzi… lo sai che ho sempre avuto un paio di interessanti fantasie su me e te insieme nelle celle di un cupo castello? Valorosi cavalieri prigionieri di un re nemico…”
“Non siamo i prigionieri di nessuno… e non ricordarmi certe cose, per favore!”
Squall ripensò con un certo brivido alla sua prigionia nella Prigione del Deserto e al particolare ‘trattamento’ che vi aveva ricevuto da Seifer… legato ed inerme davanti al Cavaliere della Strega, a forza sottomesso, senza la possibilità di difendersi in alcun modo…
…era stata un’esperienza eccitante…
…un’esperienza terribile-terribile-terribile!!! Ripetè nella propria testa Squall, tentando di convincersi. Maledizione, a stare con Irvine si stava trasformando in un maniaco sessuale anche lui.
“Squall Leonhart, mioooo comandaaaanteeee…” Gli stava cantilenando in un orecchio Kinneas, stringendolo più forte e cominciando a giocherellare con le cinghie che portava in vita.
“Irvine…”
“…giochiaaaaaamoooo?”
La bocca era scesa sul suo collo e le labbra e i denti gli facevano il solletico. Il cow boy si spostò dietro di lui e cominciò a strusciarsi contro le sue natiche, mentre le mani procedevano a sfilargli il giubbotto.
Anche se lì sotto faceva freddo Squall lo sentì appena, e sapeva anche che presto si sarebbe scaldato ancora di più. Finiva sempre col cedere… non aveva mai scampo…
E perché mai dolersene?
Il muro dietro di lui era viscido, ma non gli importava, non finché a spingervelo contro era Irvine… a pesare su di lui e a infilare le mani sotto i suoi vestiti…
“Squall, ti voglio subito!” Ansò l’altro, slacciandogli impazientemente i pantaloni di pelle…
“Irvine…”
…Le sue mani ora scendevano dalla sua schiena alle natiche sode…
“Irvine…”
…e lasciava piccoli baci sulle sue labbra, stuzzicandole con i canini per invogliarlo ad aprirle di più, perché voleva che la sua lingua fosse occupata a fare ben altro piuttosto che parlare.
“Irvine, mi sento osservato.”
Riuscì a dire alla fine, le parole mezze soffocate dalla bocca del suo amante.
“Uh?”
“Sì, non so… sai quella sensazione che si prova a volte… l’avevo da quando siamo scesi qui, ma ora è più forte.”
“Ti sarai fatto impressionare da questo posto… ma non è da te. Cominci già a perdere colpi?”
“Shhh… senti, non ti pare di sentire un respiro, oltre i nostri?”
---
Irvine tese l’orecchio; se lo accontentava subito poteva darsi che dopo Squall l’avrebbe piantata e avrebbe cominciato a concentrarsi più seriamente quello che stavano facendo. Rimase in ascolto per qualche secondo e stava già per alzare le spalle e dire che lui non sentiva proprio nulla quando, in maniera chiarissima, sì udì un fruscio.
“Sentito?”
“Sono solo topi.” Mormorò lui, e prese una mano dell’altro, spostandosela dal petto alla gonfia patta dei pantaloni, mugolò, strofinandosela addosso. Questa volta il rumore fu più vicino e distinguibile… e certo non era rumore di topi.
E poi era vero, c’era un altro respiro, vicinissimo, eppure invisibile la persona che lo emetteva… Irvine d’un tratto comprese, e sussurrò a Squall, roco ed ancora più eccitato.
“Ho capito… è quel tipo che stavamo seguendo. Il demone.”
“Ti ripeto, andiamo via di qui… cerchiamoci un letto comodo, di stanze in questo posto ce n’è a volontà.”
“No, perché? Se ci sta spiando vuol dire che si diverte. Non ti eccita l’idea? …mmhhh… a me sì: mi piacerebbe farlo di fronte ad uno sconosciuto.”
“Non sapevo che tra le tue perversioni ci fosse anche l’esibizionismo.”
“Perversioni… esagerato!” Esclamò Irvine, lasciandosi scivolare in ginocchio davanti a Squall e liberando del tutto il suo pene eretto, sfiorandolo con le labbra prima di parlare ancora.
“A me l’idea stuzzica molto.” Ribadì, e chiuse le labbra su di lui, iniziando a succhiare, guardando il viso di Squall contrarsi di piacere, chiudere gli occhi e respirare forte, dalla bocca, mentre gli posava una mano sulla testa.
Avrebbe voluto succhiarlo e toccarlo fino a farlo venire, ma lentamente, esasperatamente, fermandosi e ricominciando ogni volta che lo avesse sentito vicino al culmine, perché voleva sentire Squall ansimare il suo nome, implorarlo di farlo venire, di andare più veloce, fargli perdere completamente il controllo, ancora una volta, come sempre.
Ma quella volta non gli sarebbe riuscito, neanche poteva immaginare e cosa l’avrebbe portato quella sua voglia di mettersi in mostra davanti al demone.
Come un lampo bianco qualcosa gli fu addosso, strappandolo a Squall, e si ritrovò a terra, inchiodato da due mani fortissime sulle spalle.
“Non ti sembra di essere ancora troppo vestito, rispetto al tuo amichetto?”
Sesshomaru… aveva giocato con loro come un gatto fa col topo…
Il demone spostò una mano, lasciandola scivolare con lentezza verso il basso, poi, improvvisamente, violentemente, con gli artigli strappò la camicia, lasciando anche lunghe unghiate sulla pelle della sua vittima.
Irvine sussultò di dolore… e per la strana sensazione che quella ferita si lasciò dietro, un pizzicare e bruciare che penetrava in profondità, riempiendogli tutto il petto.
Era dolore, sì, ma non faceva solo male, c’era anche ben altro, ma non sapeva dire cosa… un senso di soddisfazione, qualcosa di simile al piacere… e una paura sottile ed insinuante che si era improvvisamente fatta strada nei suoi pensieri, il timore di essersi spinto troppo in là, andando a sfidare qualcuno della cui reale potenza si rendeva conto solo in quel momento.
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“Lascialo stare!”
Squall si era lanciato quando aveva visto l’uomo dai capelli argentei lacerare l’indumento di Irvine; aveva creduto stesse per sventrarlo e il suo istinto lo aveva subito spinto a lanciarsi in sua difesa, ad aiutarlo. Prima che potesse raggiungere i due, però, qualcosa lo bloccò, lasciandolo sollevato a mezz’aria, catene invisibili e solidissime che gli impedivano di muoversi.
Sesshomaru si voltò verso di lui, sul suo viso nobile e crudele c’era una luce di divertimento a dir poco preoccupante. Si alzò, abbandonando un Irvine egualmente immobilizzato a terra e avvicinandosi all’altro Seed.
“Credo che tu non sia nelle condizioni ideali per una battaglia, ragazzino. Non quando sei mezzo nudo, con i pantaloni alle ginocchia… e questo al vento.” Concluse, serrando una mano sulla sua erezione e stringendola quasi dolorosamente.
Squall si fece sfuggire un breve grido, tra lo stupore e il brivido che gli aveva causato quel tocco freddo come la morte.
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Sesshomaru sorrise, guardando, prima l’uno e poi l’altro, i ragazzi che aveva imprigionato così facilmente. Molto carini, davvero… e anche molto intraprendenti, glielo riconosceva. Prede così interessanti non gli capitavano da un bel po’ di tempo.
“Credo proprio che questa sera mi divertirò anch’io.” Disse ad alta voce, soddisfatto.
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Quando si risvegliarono, i due Seed si trovarono in una stanza che non avevano mai visto.
Era completamente bianca, e un po’ freddina. Al centro, sul letto rotondo dove si trovavano legati, c’erano manette, catene e fruste, sparpagliate su lenzuola di seta.
Il metallo gelido che stringeva loro i polsi e le caviglie faceva uno strano contrasto con la morbidezza delle lenzuola; era stato un lieve fruscio di sottofondo a svegliarli, un rumore costante e continuo, che veniva da dietro di loro...
“…dormito bene, mie prede?”
Fu la stessa voce staccata di prima ad assalirli riportandoli completamente alla realtà.
Squall si tese, cercando di spostarsi, ma ottenne solo di ferirsi con le manette.
Irvine, che si era girato parzialmente verso il loro interlocutore, tornò a girare lo sguardo su di lui, con un’espressione leggermente preoccupata.
Leggermente preoccupata… il folle li metteva in quella situazione, ma riusciva lo stesso ad avere un’aria allupata… brutto stupido…
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“Squally, amore… non guardarmi così… in fondo potrebbe essere divertente variare un po’, per una volta…” Irvine si stava arrampicando sugli specchi, ma non sapeva come sarebbe andata… effettivamente la situazione impensieriva anche lui…
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Sesshomaru guardò l’esito del suo lavoro, e se ne compiacque.
Aveva con sé quei due corpi giovani e freschi con cui giocare, da sistemare in quella lunga notte… accanto a sé i suoi giocattoli, fruste e arnesi di tortura presi da mille e mille popoli.
Sì, si sarebbe divertito.
Da cosa poteva iniziare… magari…
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Lo schiocco li sorprese entrambi… ma soprattutto Squall, che si trovò con un livido rosso sulla coscia. Alzarono lo sguardo per vedere il demone che troneggiava severo su di loro, completamente vestito mentre loro erano nudi, freddo come ghiaccio puro. In mano teneva un frusta, che dondolava leggermente a causa del colpo.
Irvine lo guardò quasi con orrore, Squall con curiosità. Non gli aveva fatto male… anzi, aveva lasciato una sensazione serpeggiante di piacere, che gli vibrava dentro. In battaglia non era mai stato così, ma ora… era un semidolore sensuale, che richiedeva qualcosa di più.
Arrossì, mentre il sangue gli scorreva più veloce nelle vene.
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Laures l’aveva avvisato che i suoi poteri sarebbero stati affievoliti, ma nello sguardo del giovane non c’era altro che… attesa? Veramente irritante.
Dismise con uno sguardo i suoi giocattoli, perché nessuno era come voleva… e sguainò i suoi artigli. Quelli sì, avrebbero fatto il lavoro che desiderava su quei fragili corpi indifesi…
Si avvicinò a Squall, con intenti predatori… nonostante l’avesse frustato, l’umano pareva piuttosto eccitato… folli che non erano altro, folli animaletti guidati solo dal proprio piacere… ma così caldi… voleva domare quel calore, distruggerlo e tramutarlo in sofferenza… per averne più piacere… tese una mano verso il corpo disteso sul letto, e tra le grida dei due umani iniziò a passare i suoi artigli sul corpo… prima piano, per rallentare la tortura e prolungare l’attesa del dolore, poi con più foga mentre si rendeva conto che i suoi artigli non facevano il solito effetto.

*-*-*-*-*

Mentre lo guardava, ascoltando distrattamente i gemiti di piacere di Squall, vide Marron aggrottare le sopracciglia e voltarsi verso di lui.
Il giovane sobbalzò un attimo, probabilmente non aspettandosi di sorprenderlo a guardare verso di sé, ma poi scosse il capo e parlò.
“Quegli artigli… dovrebbero avere un effetto diverso… sembra che non gli provochino dolore, ma hanno intaccato le catene… com’è possibile?”
Laures ridacchiò. “Sesshomaru è praticamente un mio pari, ma questa è la mia casa… e i suoi poteri sono limitati. In quella particolare stanza, poi, i suoi pensieri di distruzione cambiano… in qualcosa di più sottile. Non diminuiti, ma diversi.- rise leggermente, avvicinando i loro volti e sfiorando la guancia del cacciatore di stregoni con la mano guantata -…penso che troverà la situazione… illuminante…” e così detto fece cenno al giovane di tornare a guardare.

*-*-*-*-*

Irvine era basito.
Iniziava a chiedersi se stava sognando o meno.
Squall era… assolutamente… eccitato.
Assolutamente, assurdamente, irrimediabimente… incessantemente… incantevolmente… incandescentemente…
…ma quanto caldo faceva nella stanza?! Odiava il fatto di non poter toccare il giovane, era decisamente troppo sensuale mentre ansimava, sdraiato sotto l’altro uomo, che con i lunghi artigli graffiava la sua pelle, senza inciderla… con gesti sempre più forsennati, che alzavano il piacere del compagno.
Si stava scaldando anche lui… si vedeva chiaramente…
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…perché non funzionava?! Più lui colpiva, meno effetto faceva, più l’umano sotto di lui gemeva d’inequivocabile piacere.
Così non andava.
Ma se neanche quello funzionava, cosa poteva usare?
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Era sicuro che fosse qualcosa nell’aria… qualcosa di magico.
Non aveva mai voluto fare certe cose, neppure con Irvine… per quanto insistesse… eppure, ora, cose addirittuta peggiori lo mandavano su di giri in modo incredibile. Sul serio quegli oggetti di tortura riuscivano a far provare piacere così intenso?! Perché invece sembravano provocare solo dolore, normalmente? In ogni caso, aveva deciso… che gli andava più che bene…
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Tutto… aveva provato tutto… prese in mano il suo dizionario personale per la tortura, e rivide le voci.
Tutto.
Tranne…
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Stava male. Decisamente MALE. Era bloccato a pancia in su, le braccia tirate indietro, nessuna possibilità di muoversi… accanto a lui Squally era in preda all’eccitazione più tremenda, gemeva e godeva ed era venuto una volta… e lui niente! C’era qualcosa di profondamente sbagliato nella situazione, era ingiusto!
Vide Sesshomaru avanzare con intenzioni bellicose verso Squall, e non si trattenne più.
“Ehi, senti, tu! E il mio turno?!- stava diventando veramente isterico, non resisteva più voleva venire! V-e-n-i-r-e! –Sono stufo di aspettare!!!”
Ma quello non lo degnò neppure di uno sguardo, ma si liberò delle vesti… il minimo indispensabile per… “Eh, nooo! Basta! Cosa ho fatto di male?! Non è giuuuustooo!”
---
Squall era immerso in una bambagia di sensazioni piacevoli, sensuali… mille brividi gli accarezzavano il corpo, brividi caldi e brividi freddi, che si accavallavano sotto la pelle facendolo impazzire di piacere.
Poi, un momento di lontananza, di tranquillità. Stava per aprire gli occhi e lamentarsi, quando due mani fredde gli bloccarono i fianchi e qualcosa iniziò a penetrarlo… con decisione, anche se un briciolo più lentamente di quello che avrebbe voluto.
Una spinta, un’altra… e poi uscì di nuovo.
E rientrò.
Prendendo un ritmo più forte, più veloce… sempre meglio…
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Se quella cosa serviva anche a torturare… non gli sembrava vero, vista l’evidente reazione di piacere dell’altro… ma di certo aveva un nonsochè di interessante.
Era… caldo, certo. Terribilmente caldo. Eppure qualcosa, dentro di sé, lo spingeva a continuare e continuare… con sempre maggiore violenza, sentendo la carne stringelo e prenderlo, accarezzarlo e… e… gemette, senza rendersene conto.
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Era così frustrante che gli veniva da piangere… vide Squall gettare all’indietro la testa, gli occhi socchiusi e la bocca aperta in un gemito assolutamente eccitante, le guance arrossate, la pelle umida, le labbra morbide e… maledizione, perché era legato?!
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Con un sospiro soddisfatto uscì dal corpo steso sotto il suo, senza provare però la sensazione di piacere che di solito provava dopo aver torturato qualcuno.
Non lo aveva fatto, in fondo. Per nulla.
Poi si voltò… e lo vide. L’altro umano era ancora legato, frustrato e sofferente.
Con un sorriso freddo, lo guardò. “Resterai così per il resto della tua vita, per quel che mi riguarda” disse, vedendolo spalancare gli occhi con gelido terrore, ed emettere un gemito di sconforto. In fondo, anche questa situazione aveva dei pregi…
Scomparì velocemente, per tornare da dove era venuto.
Il gioco non valeva la candela, per i suoi standard.
Certo che se era sempre così… quasi quasi… Non vide che Squall si era liberato delle catene su cui lui aveva involontariamente agito, e non si accorse delle intenzioni dei due giovani. Comunque, probabilmente, non avrebbe capito.

*-*-*-*-*

Laures rise, vedendo il demone uscire.
Sesshomaru poteva mentire a se stesso, ma lui sapeva bene che ora il demone avrebbe guardato agli uomini con altri occhi.
Sbirciò Marron con la coda dell’occhio, e poi cambiò stanza.
---
Era uno studio, non un’altra camera da letto! Marron tirò un sospiro di sollievo, almeno in quell’occasione non sarebbe morto di imbarazzo, spiando le persona all’interno.
Ad un tavolo di scacchi due giocatori si fronteggiavano con aria assorta; uno lo riconobbe, era Jael, che si era per lo meno liberato della lunga giacca, l’altro un ragazzo in uniforme bianca dai capelli di uno strano color verde scuro, legati in una lunga coda. Fissò la scacchiera per qualche tempo, prima di parlare.
“Hai sacrificato l’alfiere di proposito.”
“Sei praticamente obbligato a scoprirti, ora.”
“Uhmmm… forse riesco ad evitare la trappola.”
Oltre ai due concentrati sul gioco c’era anche un’altra persona nella stanza, un ragazzo biondo, carino, dall’aria dolce, portava anche lui una divisa candida. Seduto su una poltrona in stile impero, fissava i contendenti, uno in particolare, e non aveva l’aria di divertirsi molto.

*-*-*-*-*

Solo il tempo di allontanarsi per andare a prendere un due calici di vino bianco, e quando era tornato Kouji stava parlando con un tipo alto e biondo, ed ora, quando avrebbe dovuto essere alla festa a divertirsi, era lì da un’ora a fissare il suo compagno… che tanto, comunque, non si sarebbe mai rilassato, solito come a considerare ogni singola esperienza come occasione di studio, come certi psicologi che non possono fare a meno di analizzare ogni singolo gesto e frase dei loro interlocutori. Certe volte gli metteva una tale rabbia…
Sospirando si alzò e gli si affiancò, senza che il suo amico desse segno di essersi accorto di lui; dietro al suo sguardo concentrato stava probabilmente ponderando mosse e contromosse proprie e dell’avversario per almeno cinque turni… di quel passo non si sarebbe mosso di lì per ore.
“Kouji?”
“Mhn?”
“Vorrei fare un giro al party, vieni con me?”
“Magari ti raggiungo dopo… tu vai pure.”
Ryo sorrise, e tentò ancora.
“Ma vorrei andarci assieme a te… e poi non conosco nessun altro, qui.”
“Non dovresti preoccuparti per questo. Socializzare ti riesce bene, e poi grazie al tuo carattere piaci sempre a tutti.”
Parole dette senza rivolgergli uno sguardo, pronunciate con lo stesso tono che di solito si usa per enunciare una formula matematica. Il sorriso si tirò forzatamente sulle sue labbra.
“Ma è un po’ di tempo che non passiamo un po’ di tempo assieme semplicemente per rilassarci, e divertirci un po’.”
“Beh, da solo ti divertirai certo di più, lo sai che non-”
---
Se avesse ascoltato una parola ancora avrebbe avuto una crisi di nervi.
“So tutto, ma certo!” Gli venne da gridare, con voce alterata, e per evitare di dire parole di cui si sarebbe sicuramente pentito si girò sui tacchi e marciò fuori dalla stanza.
Sbatté tanto fragorosamente la porta alle proprie spalle da far tremare i quadri appesi alle pareti.
Kouji lo seguì brevemente con lo sguardo, ma non sì alzò né si mosse; qualche secondo dopo il chiudersi della porta tornò a guardare la scacchiera.
“Chiedo scusa per il suo scatto di nervi.”
“Non faresti meglio a raggiungerlo?”
---
Per rispondere a quella domanda avrebbe dovuto fare una distinzione, su ciò che avrebbe giovato al loro rapporto e quello che sarebbe stato più vantaggioso per la loro missione.
Era necessario.
Troppo legati fra loro, avevano trasceso ormai anche la linea dell’amicizia… ciò li rendeva bersagli facili, troppo facili.
Quindi era venuto il momento di chiudere con quel rapporto di dipendenza reciproca e tornare ad essere quel che erano stati una volta, prima che si creasse il loro legame; scienziati che lavoravano allo stesso progetto, niente di più.
E se frantumare i sentimenti faceva male, era un dolore necessario.
“No. Ogni tanto ha di questi scatti, gli passerà.”
Probabilmente, però, la sua concentrazione era irrimediabilmente compromessa.
“Senti– disse il tipo biondo, che altri non era se non il magnifico, intelligente, stupendo, bellissimo nonché estremamente figo Jael (oh oh oh, indovinate un po’ chi delle due sta scrivendo questa parte ^___^) –Non per farmi i fatti tuoi, ma ho una certa esperienza nel tenere a distanza amici innamorati, o che si credono tali… purtroppo simili individui tendono a risvegliare l’istinto di crocerossina presente nel 98,7% della popolazione femminile.”
“Dici?”
“Oh, sì. Le ragazze diventano davvero terribili, vendicative, violente persino… e l’effetto è quintuplicato quando il loro protetto è tenero, carino e dotato di grandi luccicanti occhioni blu. Ora, io sono relativamente immortale e non ho quasi niente da temere… ma se mettessero le mani addosso a te…”
Koji rifletté. ‘Chiudere il rapporto’, si ripeté ancora, ma i sentimenti non possono essere accesi e spenti con la facilità di un interruttore. Poteva sforzarsi di farlo, di chiudere gli occhi, stringere i denti e far finta di niente, essere freddo e distaccato come gli riusciva tanto bene… ma ciò non avrebbe tolto nulla al dolore se al suo Ryo fosse capitato qualcosa di male. Ciò non toglieva niente al fatto che avrebbe comunque attraversato l’inferno per aiutarlo, se si fosse trovato nei guai. Ciò non avrebbe smussato il dolore di vederlo malinconico, né avrebbe impedito al suo animo di riempirsi di una gioia illogica ogni volta che il sorriso andava a posarsi su quel volto grazioso e ancora imberbe. Quindi… quindi poteva permettersi di cedere, forse. Poteva anche accorgersi, finalmente, di essere innamorato e poi fare tutte le cose imbecilli che gli innamorati fanno.
“Non ti spiace se rimandiamo la partita, vero?”

*-*-*-*-*

La stanza era al buio, solo il fuoco nel grande camino gettava su ogni cosa una calda luce arancione. Il pavimento era di parquet, coperto di ampi e morbidissimi tappeti, e anche sulle pareti c’erano pannelli di legno pregiato. C’era un grande divano di velluto rosso, morbido e dallo schienale alto e comodo, ma Ryo lo aveva ignorato e si era accoccolato sul tappeto e su un mucchio di cuscini, davanti al fuoco. Prima di rifugiarsi in quella stanza isolata era passato per il salone del buffet principale e si era portato via un vassoio con bignè alla panna e pasticcini al cioccolato, confidando che un’overdose di zuccheri avrebbe contribuito a sollevargli il morale, se non altro appesantendolo abbastanza da renderlo sonnolento e da placare i suoi dispiaceri con una lunga e densa dormita.
Assorto nei propri pensieri non sentì la porta alle sue spalle aprirsi, né si accorse della presenza di un’altra persona nelle stanza fino a quando questa non gli sedette accanto, incrociando le gambe.
“Mi sono comportato in maniera odiosa, vero?”
“Non ha importanza; probabilmente avevi ragione tu. Tra noi sei sempre il più… maturo” Rispose Ryo, con tono amaro, dopo qualche istante di silenzio, allungando distrattamente una mano verso il vassoio di pasticcini e prendendo una mignon di cioccolato fondente. Il dolce si sciolse nella sua bocca con qualcosa che sembrava sensualità.
“In realtà… in realtà non credo proprio. Scusami per prima.”
“Il fatto è che a volte mi piace creami illusioni di normalità. Mi illudo di aver sempre vissuto in questo tempo, di essere davvero un semplice studente”.
“Allora solo per questa sera facciamo finta di non essere noi stessi. Fingiamo di esserci appena conosciuti, proprio qui.”
Ryo fissò il suo amico senza riuscire a credere a quello che aveva appena sentito, perché certo non era da tutti i giorni che il serissimo Koji gli proponesse, in pratica, di giocare. La richiesta lo spiazzava, non sapeva né da che parte incominciare e sentiva un’anomala timidezza bloccargli le parole. Insomma, si conoscevano da quando erano grandi abbastanza per possedere dei ricordi, non era mica facile far finta di non conoscersi!
“Non saprei che dire… insomma…– ridacchiò, in imbarazzo –Sai già tutto di me.”
“No… forse so qualcosa, ma credo di non aver mai capito nulla. Dimmi chi sei, cosa ti piace… cosa desideri, cos’è importante per te.”
“Se potessi avere ciò che voglio… vorrei te– Koji bloccò i polsi del biondino sopra la testa, stringendoglieli forte, quasi da fargli male, ma senza volerlo, senza rendersene conto. Ryo non protestò, con gli occhi spalancati lasciava che quel dolore fosse la prova di non stare sognando –Vorrei portarti via, lontano dai tuoi incubi… in un posto dove avere davanti tutto il tempo che desideriamo e non solo pochi mesi scanditi dal perenne rintocco di un orologio implacabile.”
Si interruppe, fissando per un lungo minuto il suo compagno, specchiandosi nelle sue iridi blu.
Ryo era incerto tra l’essere terrorizzato o folle di felicità, conscio di aver scatenato una reazione inaspettata e che forse era già al di fuori del controllo di entrambi. I loro respiri erano pesanti e tesi, il contatto dei loro corpi bruciava non meno del fuoco davanti a loro, nel momento della verità. Solo un capriccio o davvero amore? Attrazione fisica o qualcosa di più profondo? Il desiderio c’era, quello sì, inconfondibile e forte come non mai, lo voglia di avere un altro corpo da stringere e a cui stringersi, ma ciò che lo frenava… ciò che frenava entrambi… era ciò che sarebbe potuto succedere dopo. Avrebbero potuto mettere a repentaglio la loro amicizia, se non avesse funzionato, e vivere ancora sotto lo stesso tetto e nella stessa scuola, standosi accanto ogni ora del giorno sarebbe diventato difficile ed imbarazzante.
Insieme, insieme, insieme, non c’era momento nelle loro vite in cui non fossero stati insieme… e il sesso era un intero continente in cui avrebbero potuto perdersi.
Non c’era il sesso nel posto, nel tempo, da cui provenivano. Non per loro, almeno.
Gli uomini venivano concepiti in provetta e nascevano nei laboratori… la loro vita era decisa dai computer… le emozioni tenute in poca considerazione. La società era volta al soffocamento di quei sentimenti che rendevano gli uomini estremamente grandi… e a volte estremamente piccoli.
Erano liberi da quelle pesanti catene, adesso… ma ancora legati al loro passato-futuro dall’inesperienza con la passione amorosa e il sesso, e con quegli istinti che benché naturali erano per loro difficili e incomprensibili. Ryo si inumidì le labbra e pregò che l’altro facesse qualcosa, così lui avrebbe potuto a suo volta lasciarsi andare, seguendolo.
La vista della lingua rosea che guizzava tra le labbra socchiuse fu per Koji un invito che andava al di là delle sue capacità di controllo; immaginò il suo corpo scivolare contro quello di Ryo, la pelle scaldarsi contro la pelle, gambe esili che si allacciavano ai suoi fianchi e braccia che lo stringevano con forza. Immaginò i capezzoli piatti che si indurivano, stuzzicati all’esasperazione; immaginò il sapore che poteva avere quella pelle chiara e liscia, tenera e compatta. Cercò anche di immaginarla soffusa di rossore, luccicante e umida, mentre lui… per primo… la percorreva con la bocca e con le mani.
A occhi socchiusi si abbassò sulla bocca morbida del suo amico dolcissimo, trovandola pronta ad accoglierlo nel calore, indifesa e fiduciosa. Imbarazzato, dapprima Ryo lasciò che fosse l’altro a fare tutto, nell’accarezzarsi delle labbra prima, nell’affacciarsi della lingua poi, che sfiorò la sua, una volta, due, e poi ancora, con insistenza.
Il richiamo tentatore fu troppo forte e finalmente ricambiò appieno, con innocenza, passione e un po’ di goffaggine che rese quel momento di una tenerezza indimenticabile. Nessuno dei due avrebbe mai creduto che il cuore potesse navigare in un tale, guaritore, oceano di calore e gioia quando pochi minuti prima sembrava star facendo naufragio in un freddo mare artico.
Il bacio finì e la loro bolla di splendore non si era ancora infranta.
“Questo… cambia tutto, vero?” Domandò Ryo, accarezzando con le labbra la guancia dell’amico.
“Questo rende tutto come deve essere.”
Koji lasciò i polsi del suo compagno, rendendosi conto solo allora di averli sempre stretti, e vide con preoccupazione i segni arrossati lasciati dalle dita.
“Mi dispiace.” Si scusò, sinceramente contrito, ma Ryo scosse la testa sorridendo.
“No, sai… se devo essere sincero– il suo viso si fece ancor più rosso, e la voce si abbassò per l’imbarazzo
–mi è piaciuto trovarmi… così.”
Koji lo guardò, decisamente stupito da quel lato inaspettato del sensibile Ryo.
“Sentirmi così… intrappolato, mi ha… mi ha fatto sentire strano qui.” Spiegò l’altro, vedendo l’amico perplesso, e poggiò una mano alla bocca dello stomaco. Onestamente non era *soltanto* quello il posto in cui si era sentito strano, ma di quale fosse l’altro Koji si poteva accorgere benissimo da solo.

*-*-*-*-*

“Vedi– disse Laures, avvicinando una mano leggera alla nuca di Marron, ed accarezzando i lisci e sottilissimo capelli corvini –Vedi… che la negazione può portare solo al dolore. Forse subito non sembra, ma è così facile ammettere… ammettere di amare, di desiderare. Se tu ci provassi, se ti lasciassi andare, dopo ti daresti dello sciocco per aver esitato, per aver negato a te stesso la gioia, l’amore… o per lo meno… il piacere.”
Piano, lentamente, la sua mano scese dalla nuca, vagando sul collo, poi esplorò la schiena sentendo il calore della pelle attraverso lo strato sottile della seta, e solleticandolo con le sue lunghe unghie, che in quel caso erano come gentili artigli. Marron non si scostava dal suo tocco, sul suo viso attento alle vicende dei due giovani sconosciuti sullo schermo comparve anche una vaga espressione di piacere e i suoi occhi si socchiusero, languidi. Laures faceva scendere e risalire le dita lungo la sua spina dorsale, come se sapesse già che per lui quella era una zona erogena potentissima, che appena toccata gli procurava brividi e pelle d’oca. E che poi a toccarlo così fosse quell’uomo… quello stregone, così potente e sensuale, che già aveva reso ben chiara la propria intenzione di possederlo…
Marron sentiva chiaramente il proprio autocontrollo finire a brandelli, evaporare nel calore della passione che era tutto intorno a lui; il suo cuore si stava perdendo, era come una vittima in attesa di essere sacrificata, ma che non desiderava altro di sentire la lama affondare profonda nelle proprie carni.
“Vuoi che li lasciamo soli?”
Gli soffio il sorcerer in un orecchio, bellissimo, soave e tentatore come il demonio in persona.
“No, io… io li voglio guardare.”
Né suo fratello né i suoi amici avrebbero riconosciuto in quella voce arrochita quella del loro Marron.

*-*-*-*-*

Si spogliarono a vicenda, un indumento dopo l’altro, lentamente, esplorando con mani avide la pelle che scoprivano via via. Rimasero a divorarsi con gli occhi, nudi, gli sguardi correvano sui rispettivi corpi, pieni di brama e imbarazzo.
Un altro bacio, ed un altro ancora, le loro dita si intrecciarono stringendosi con forza, bollenti; in entrambi il desiderio di toccare, sentire, possedere era così repentino e ingovernabile da metterli in difficoltà. Come muoversi, cosa fare, fin dove spingersi.
Continuando a riempirlo di carezze a baci, sempre più passionali, sempre più possessivi, il ragazzo più grande si inginocchiò davanti a lui, poggiando per qualche secondo il viso sul suo ventre piatto e latteo, respirando il caldo odore della sua pelle e della sua eccitazione. Leccò piano le goccioline di liquido perlaceo dalla punta del membro eretto, e percorse l’asta, inebriato dal respiro affannato dell’altro e dalle vene frementi su cui indugiava con la lingua. In un solo momento seppe che non avrebbe mai avuto abbastanza di quella pelle serica e
leggermente salata.
“Koji! Koji, f-fermo!”
L’altro si interruppe, continuando però ad accarezzargli una coscia con lentezza voluttuosa.
Rivolse lo sguardo al viso rosso del biondino, su cui spiccavano le labbra umide e gli occhi annebbiati.
Quando parlò ancora sembrava star facendo fatica a far uscire le parole.
“Ti voglio… ti voglio anche io…”
Ryo non sapeva come esprimersi, intimidendosi a usare le parole adatte a spiegare le voglie che sentiva prepotenti; non si vergognava delle proprie voglie, né di metterle in pratica, ma solo di esprimerle ad alta voce.
Koji però lo capì, perché il desiderio era scritto a grandi lettere negli occhi blu del giovane scienziato. Così Koji guidò Ryo, facendolo stendere per terra, tra i morbidi tappeti e i cuscini di piume e seta dai colori vivaci.
“Ora mettiti su un fianco.” Gli disse, senza riuscire a smettere di ammirarlo. Se solo pensava di averlo quasi rifiutato…
“Perché su un fianco?” Chiese Ryo perplesso, comunque obbedendo alla richiesta dell’amico.
“Così è più comodo, e c’è meno il rischio che… uhhm… ti dia fastidio in gola.” Spiegò, sentendo improvvisamente le orecchie andare a fuoco.
“Come fai a saperlo?” Domandò ancora il biondino, aggiungendo mentalmente ‘lo hai già fatto?’, sentendo una punta acuminata di gelosia ferirlo. Koji rispose con un mugugno incomprensibile.
“Eh? Come hai detto?”
“L’ho letto.”
Ripeté l’altro, evidentemente in imbarazzo, sperando che il suo… ora poteva così chiamarlo: amante non volesse indagare più a fondo, almeno non subito, sullo spesso libro che teneva in uno scomparto nascosto dell’armadio.
Ryo sorrise, sollevato e divertito.
“Sono il primo, allora?”
“Sei il primo.” Ammise l’altro, sdraiandoglisi accanto in posizione opposta, mettendogli il viso tra le gambe e baciandolo a occhi aperti, per non perdere niente di quella bellezza.
“Sono contento.”
Guaì Ryo, prendendo a sua volta in bocca la virilità impaziente dell’altro, riempiendosi così che il fiato per un momento gli mancò. Nessuno dei due parlò più, assorti l’uno dall’altro, nel dare e ricevere piacere.
Nel succhiare, leccare, stringere natiche possessivamente, lasciando che le dita si infilassero timide fra di esse e nel loro stretto calore. Ormai completamente uniti presero l’uno il ritmo dell’altro, avvinghiati, sudati e frementi; il piacere si alzava a ondate di maremoto, la beatitudine era violenta, totale, da far salire le lacrime agli occhi.
L’orgasmo arrivò per entrambi quasi nello stesso momento, li svuotò di ogni energia; il liquido caldo che scese lungo le loro gole era come un reciproco sigillo, marchio d’appartenenza. Era l’inizio di un nuovo tutto, di un nuovo coraggio, di un nuovo futuro.

*-*-*-*-*

Messaggio di Jael:
“Tengo a precisare che sono stato coinvolto in tutto questo contro la mia volontà e dietro minaccia di decurtazione della tredicesima… una serata in un ambiente del genere non ha certo giovato al mio umore, vista soprattutto l’angoscia che un certo testa rossa spuntasse fuori da un momento all’altro. Ciò detto me ne torno nella mia bella nicchia che ci stavo tanto bene. Ah, buon Natale!”

*-*-*-*-*

Stava cercando di evitare le altre coppie, terzetti o quel che erano… non che non fosse in qualche modo interessato all’esperienza che avrebbe potuto fare, ma non gli sembrava propriamente giusto.
Kamui vagava sconsolato per le grandi stanza vuote del palazzo, in cerca di un posto che non sapesse di amore… o almeno di sesso. Non era invidioso –non esattamente- di ciò che gli altri avevano, ma la sua solitudine e il dolore che aveva chiusi dentro non facevano altro che rodergli il cuore. Si vergognava, ma non riusciva a sopportare di vedere i festeggiamenti altrui… era felice per loro, ma non ce la faceva.
Forse, con Subaru ce l’avrebbe fatta.
Era un amico… o qualcosa di simile. Gli era stato vicino in un momento molto difficile, e sapeva che era quello che poteva di più capirlo, a causa delle loro simili esperienze, tra tutti i Draghi del cielo.
Improvvisamente, la sua mancanza lo lasciava sperduto… in un luogo e con un’atmosfera che sentiva di non poter condividere.
Sospirò ancora, e prese a destra, verso una grande scalinata… raggelandosi, all’improvviso.
“Fuuma…”
Il nome gli scivolò tra le labbra facilmente, quasi naturalmente.
Non sapeva che fare, non sapeva cosa dire. Solo quel nome e quegli occhi, davanti a lui.
Fuuma era in piedi, a metà della grande scalinata che stava scendendo. Lo guardava, in silenzio, con quegli occhi così diversi da quelli che conosceva… gli occhi dell’Altro, gli occhi di Kamui.
Improvvisamente sentì le lacrime raccogliersi per traboccare, ed un dolore al petto.
Fuuma.
Perso, abbandonato, scomparso… se non nel suo cuore.
Sentì come non mai il peso della sua scelta… e fu quella scelta a ridargli forza, e rabbia.
“Fuuma.”
Più fermo, stavolta. Deciso. Scacciate le lacrime e il dolore… Una sfida, forse… o così la interpretò il Kamui dei Draghi della Terra.
---
“Kamui.- disse, senza intonazione alcuna nella voce, mentre il sorriso freddo si allargava sulle sue labbra –che sorpresa trovarti qui…”
L’altro non rispose, ma scese un altro paio di gradini, avvicinandosi ancora a lui.
Rimasero a fissarsi, l’uno serio e pallido, l’altro quasi sorridente, indifferente.
Alla fine, Kamui parlò: “Riuscirò a cambiarti… a riportarti a ciò che eri.”
“Sul serio?” Indifferente, freddo.
“Sì.”
“E perché mai vorresti farlo?”
“…”
Per un attimo il Kamui della Terra pensò che l’altro non avrebbe risposto. Lo vide abbassare gli occhi, ad un tratto incerto… e poi li rialzò, fissandolo intensamente.
“Perché sei importante… perché Fuuma è la persona più importante per me.”
---
Fuuma si mosse con un gesto veloce e fluido verso di lui, ed alzò una mano per sfiorargli il volto… o così avrebbe fatto, ma Kamui fece un salto indietro, mettendosi in posizione di difesa.
Il Drago della Terra sorrise, freddo. “E’ così che intendi riportarlo indietro?- disse –Mi sembra un po’ difficile, visto che tremi come un pulcino anche solo se mi avvicino…”
Kamui sembrò per un attimo desolato, ma non rispose… e non smise neppure la sua posizione di difesa.
“Oh, su!- disse la’ltro –Non trovi inutile questa situazione, quando sappiamo benissimo entrambi che io posso fare questo…” e in un attimo gli fu addosso.
Kamui fece una mossa brusca per evitare il contatto, perdendo l’equilibrio e cadendo all’indietro. Si ritrovò stretto a Fuuma, i polsi bloccati dietro di sé da una morsa ferrea e il corpo bloccato contro quell’altro, familiare, rassicurante eppure estraneo.
E teso, duro… in ogni senso possibile.
Arrossì, mentre il respiro si faceva più frenetico contro la giacca del vecchio amico.
---
Sentiva il respiro affannato dell’altro sul suo corpo, mentre le membra calde e morbide si strusciavano quasi inconsciamente su di lui.
Era sempre così arrendevole, Kamui.
Cedeva sempre, mentre gli occhi spalancati riversavano il timore, l’orrore e la disperazione su di lui.
Non riusciva a capirlo.
A lui era sempre piaciuto, tutto ciò che aveva fatto.
Aveva adorato il momento in cui lo penetrava con vetro e ferro (pregustando il momento in cui l'avrebbe penetrato, una volta per tutte, con la sua spada... spezzando quella fragile vita con le sue mani, toccandola e poi distruggendola... il suo potere era meraviglioso... e il suo compito...), aveva adorato uccidere sua sorella... quella ragazza... e vedere il sangue...
...si sentiva eccitato. Avrebbe voluto uccidere qualcuno... ma sapeva che Laures non avrebbe approvato.
---
I suoi occhi erano come incatenati allo sguardo del suo vecchio compagno di giochi.
Stesso sguardo, eppure al contempo uno sguardo completamente diverso da quello del vero Fuuma. Il suo corpo non chiedeva altro, la sua mente non voleva altro.
Se solo quegli occhi fossero stati quelli che voleva vedere, e non gli occhi crudeli del Drago della Terra… ecco, se solo quello di fronte a lui fosse stato il VERO Fuuma… allora… allora lui avrebbe potuto veramente…
Rimase per un attimo fermo, senza capire, quando quegli occhi scesero, scomparendo dalla sua vista.
Il calore del suo respiro sul collo, sul petto, sul ventre… gemette forte, senza riuscire a trattenersi, quando il Messaggero scese a mordere con non eccessiva delicatezza all’altezza del suo inguine.
Non avrebbe dovuto sentirsi così… non avrebbe dovuto lasciarsi andare… eppure lo voleva tanto… aveva tanto
bisogno di sentirlo, di sentire Fuuma…
---
Chissà se glielo avrebbe permesso… di torturare Kamui… più lo spezzava, più l’altro continuava a presentarglisi davanti, come un gioco che si re-impacchettava giorno dopo giorno, volta dopo volta.
Le sue capacità avevano un limite?
Tornò su, per sussurargli in un orecchio: “Sempre pronto ad aprire le gambe, vero Kamui?!”, beffardo, vittorioso.
Non si aspettava la violenta risposta, che per una frazione di secondo lo sbilanciò all’indietro.
Quanto bastava.
---
Le parole di… dell’uomo che un tempo era Fuuma gli arrivarono addosso come un camion in piena velocità.
Sempre pronto… sempre pronto… sempre pronto.
Ecco cos’era per lui.
Il giocattolo sempre pronto.
Un oggetto.
Nulla.
Non poteva andare così… non ci riusciva.
Fece uno scatto senza neanche pensarci, e in un attimo fu fuori dalla portata dell’altro… troppo sorpreso per rispondere.
---
“Kamui…” ridacchiò Fuuma “chissà che finalmente non stia mettendo su un qualcosa di simile al fegato…”.

*-*-*-*-*

Erano rimasti a fissare le immagini, entrambi persi nei propri pensieri.
Ad un tratto Marron si mosse, e Laures si sorprese nel rendersi conto che erano molto vicini… Marron quasi appoggiato tra le sue braccia… ma non dava alcun segno di volersi staccare. Rimase a fissare quel volto intento, serio e composto eppure pieno di confusione, emozioni e razionalità che battagliavano senza sosta dietro a quegli occhi scuri.
“Marron” sussurrò, senza distogliere lo sguardo da lui.
“Marron” disse di nuovo, le labbra ad un soffio dal suo viso.
Marron arrossì, ma non gli rispose.
Restò a guardarlo, indeciso se continuare o meno. Certo che a quel punto… oltretutto, si stava anche stufando.
Sfiorò con leggerezza la sua guancia, una carezza furtiva per assaporare il suo calore e la morbidezza della pelle e dei lunghi capelli scuri, e poi gli girò con una delicata carezza il viso, avvicinando i loro volti.
“Non so cosa vuoi- disse piano, sussurrando sulle sue labbra, cercando di trasmettere al contempo parole e bisogni, voglia e tenerezza –ma non voglio neanche fermarmi… perciò, dimmi… lamentati o imponiti, ma se taci… preparati, perché ciò che ti farò te lo ricorderai con piacere per tutta la tua vita!” sorrise, dolcemente ma con fermezza.
Avrebbe mantenuto le sue parole.
Attese un attimo, staccandosi solo un attimo per fissare quei grandi occhi innocenti, spalancati, timidi, tuttavia non riuscì a leggervi il rifiuto, e fissò senza riuscire a staccarsi anche quel viso, arrossato eppure candido…
Poi, visto che non c’era nessuna risposta, prese il suo volto tra le mani, con fermezza ma senza impedirgli di ritirarsi, se così avesse voluto, e unì nuovamente le loro labbra in un bacio, sperando di farlo durare… assaporando quel sorriso morbido e delicato, e la dolcezza dei suoi sussurri e dei respiri. Stava sussurrando il suo nome, realizzò, mentre una morsa dolce-amara gli prendeva il cuore.
Era proprio un cucciolo.
Fece scendere le mani verso il collo, e poi più giù, sulla casacca di seta leggera.
Imprecò tra sé e sé, perché quegli indumenti dovevano essere così difficili da togliere? Marron aveva dei gusti terribili a volte… stava per staccarsi, ma sentì le mani del giovane mago chiudersi sulle sue, e spostarle più in basso, verso i pantaloni, mentre lui stesso si occupava della parte superiore del vestito.
Null’altro avrebbe potuto mandargli il sangue in fuoco in quel modo. Con un movimento brusco strappò i gancetti della casacca, e poi si mise ad armeggiare con quelli dei pantaloni, spostando con fermezza le mani di Marron. Ingarbugliatosi nuovamente, strappò via anche quelli, gettando di lato il vestito ormai inutilizzabile per buona misura.
‘Alla faccia del “gentile e tenero visito che è la sua prima volta”’, pensò tra sé e sé con una punta di rammarico. Poi però Marron gemette di nuovo sotto di lui, e certo non era un gemito di disappunto, tutt’altro…
…così languido…
Iniziò a posare piccoli baci leggeri seguendo le linee del suo corpo… come se le ossa che correvano sotto quella pelle bianca fossero state un tragitto segnalato per il suo, per il loro piacere.
Marron fremeva, lo chiamava, si strusciava sul divano.
Dovette usare tutto il suo autocontrollo per non farla subito finita. Voleva ucciderlo?! Ancora un po' e gli saltavano le coronarie... piccolo diavoletto...
---
Laures... quel nome era una litania che non gli usciva dalle labbra, un'ossessione. Voleva con tutte le sue forse lo stregone che si stava muovendo su di lui, lo voleva come mai aveva voluto alcuna altra persona.
Gli sembrava che ad un tratto tanti piccoli frammenti si fossero uniti, per formare un quadro di abbacinante bellezza… e lo stregone, lì, sopra di lui, ne era parte.
Lo voleva con tutto se stesso… lo desiderava con ogni fibra del suo essere.
Ne aveva bisogno.
Alzò i fianchi, per farli aderire a quelli dell’altro, strofinandosi sulla sua dura eccitazione, rabbrividendo di piacere.
Voleva tutto, ed in fretta.
Ora.

*-*-*-*-*

Seishiro l’aveva trascinato per stanze e corridoi, senza che potesse fare o dire nulla.
Era indeciso… molto indeciso. Avrebbe dovuto stare con Kamui, ma lì non correva alcun rischio.
Avrebbe dovuto agire con più rabbia… ma proprio non gli riusciva.
Nonostante tutto, non poteva odiarlo… o perlomeno, non poteva solo odiarlo.
Non poteva fare a meno di nutrire un po’ di speranza, assieme ad un sentimento leggero ed intoccabile, che gli sfuggiva tra le dita appena cercava di razionalizzarlo, eppure forse proprio per questo era tanto forte.
Non poteva dimenticare, non poteva ricordare abbastanza.
Si chiese quando avrebbe ritrovato l’equilibrio… se mai l’avrebbe trovato.
Il Sakurazukamori presa una porta seminascosta, ci s’infilò dentro e lo trascinò con sé… un altro corridoio...
---
Ciò che voleva più... no, niente paragoni.
Ciò che voleva e basta.
Subaru era tranquillo, recessivo tra le sue braccia, si lasciava trascinare in giro per il palazzo, senza dire nulla.
Il suo Subaru... non sarebbe mai cambiato.
Il suo volto poteva essere più maturo, profondo. I suoi tratti più sofferti, cresciuti. I suoi occhi pieni di un sentimento che forse un giorno lo avrebbe salvato... eppure era lo stesso, candido bimbo che l'aveva sorpreso ad uccidere.
Lo stesso innocente, sfortunato marmocchio che aveva deciso del proprio destino in un caldo pomeriggio di così tanti anni prima.
Il suo cuore, nonostante tutto, non era cambiato.
Mentre invece l'animo del Sakurazukamori... era un subbuglio.
Non più silenzio, non più grigio piatto, non più indifferenza.
La distaccatezza che continuava ad ostentare era una maschera sottile ed eterna, una prigione scelta e dolorosa, ma pur sempre una prigione aperta, da cui lui non voleva uscire.
Non doveva uscire.
---
Non sapeva dove lo stava portando… svoltarono di nuovo, e si trovò ad andare a sbattere contro la schiena di Seishiro.
Poi, le sue parole lo gelarono.
“Ma guarda chi si vede, il piccolo Kamui…”
Non voleva vederlo.
Kamui… aveva sempre avuto bisogno di lui, e lui non era mai riuscito ad aiutarlo a sufficienza.
Kamui, che era l’unico a capirlo… come poteva farsi vedere così, ora, mentre sembrava che avesse dimenticato tutto ciò per cui combatteva?
‘Sono stufo di combattere…’ disse una voce dentro di lui. Ma nel momento stesso in cui lo pensava, un’altra voce prese il sopravvento sulla prima.
Era la voce di sua sorella, e diceva solo il suo nome.
Si sentì pieno di dolore, e di rabbia.
Prese una decisione senza neppure rendersene conto, nel momento in cui sentì Kamui sobbalzare e girare i tacchi per andarsene, passando oltre a loro probabilmente senza neppure rendersi conto che c’era anche lui.
Con uno scatto strappò la sua mano dalla presa dell’altro, e seguì il giovane.

*-*-*-*-*

Lo vide, in fondo al corridoio; camminava svelto, ma non correva, e gli sembrava così giovane, perso e fragile….. si domandò se anche a lui a sedici anni avesse avuto lo stesso aspetto. Kamui gli faceva provare il desiderio di proteggerlo… di strapparlo al male. Non solo perché in lui rivedeva un doloroso ripetersi della sua stessa storia, forse quello solo all’inizio, ma perché Kamui meritava davvero una vita felice, e sorrisi, ed amici sinceri, ed affetto, e feste di compleanno piene di regali, e fette di torta di mele con la cioccolata calda.
Subaru sapeva di aver vissuto per dieci anni aggrappato al passato, alla vendetta, all’ossessione, ad un amore malato per qualcuno che nemmeno esisteva.
Lui non si era accorto di stare venendo ingannato per un intero anno, era stato cieco ed ingenuo, quindi non poteva biasimare che se stesso…
…ma Kamui…
Lui non aveva colpa, lui era stato intrappolato dalle spire del destino senza poter fare nulla per difendersi, aveva visto il proprio mondo sgretolarsi da un momento all’altro, distorcersi e consumarsi come una foto aggredita da una fiamma. Era un ragazzo speciale, l’unico che avesse riportato il sorriso sulle sue labbra dopo un lunghissimo periodo di ghiaccio. Quel bellissimo adolescente dagli occhi violetti si era aggrappato a lui, che era ben misero sostegno, e che l’aveva lasciato solo… che così lo aveva tradito, come lo aveva tradito Fuma.
Come Seishiro aveva tradito lui.
Seishiro…
C’è un Subaru sedicenne, candido, gioioso ma un po’ timido, che sempre amerà un veterinario spiritoso e forte, misterioso e strano. Nel piccolo angolo di cuore in cui il fantasma continua a vivere ci sarà solo posto per quel Seishiro così gentile… e così falso.
E poi c’è il Subaru ventiseienne, stanco, vuoto, drenato da ogni possibile felicità e speranza… il Subaru desideroso di morte e silenzio. Ma questo Subaru vede pian piano un raggio di luce che riesce a farsi strada tra i nuvoloni neri, illuminandolo e scaldandolo. È Kamui… che lo vuole salvare, e che si vuole salvare. È Kamui che lentamente, silenziosamente era entrato nel suo cuore, riempiendo tutto il vuote che c’era. E lui non lo avrebbe perso! Subaru corse, lo raggiunse, lo prese per le spalle e lo fece voltare. Kamui sussultò, temendo che fosse
ancora Fuma, ed alzò una mano, pronto a colpire, a difendersi, a combattere come non aveva mia fatto… ma si fermò e spalancò gli occhi lucidi nel vedere chi lo aveva fermato.
“Subaru!”
Voleva gettargli le braccia al collo, voleva che lo abbracciasse, anche in silenzio, anche senza dirsi nulla, ed invece si trovò perso nello sguardo di smeraldo dello sciamano.
“Kamui… Kamui, mi dispiace.” Sussurrò il Sumeragi, mentre senza nemmeno rendersene conto abbracciava il suo giovane amico, così esile e minuto fra le sue braccia, leggero come una piuma.
“Come dici?”
“Per tutto… per non essere forte come dovrei, per non esserti accanto come meriti.”
“Sshhh… non è vero.”
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Kamui chiuse gli occhi e poggiò il capo sul petto di Subaru, e gli allacciò le braccia dietro la vita, stringendolo forte. Non era intenzionato a lasciarlo andare; egoisticamente voleva legarlo a sé, perché non aveva mai provato tanta pace e tanta sicurezza quanta gliene dava quell’abbraccio. Niente era mai stato bello quanto sentire il respiro di Subaru tra i capelli, o le sue mani affusolate accarezzargli la schiena.
Era calore, amore, comprensione, dedizione… era il poter abbandonarsi fiducioso a qualcuno che sapeva aver sofferto quanto lui, e che quanto lui aveva bisogno di guarire, rinascere… dimenticare no: avrebbero dovuto ricordare bene entrambi, e sempre, ma senza vivere prigionieri delle memorie.
“Ho… ho incontrato Fuma, prima.” Mormorò Kamui, seppellendosi ancora di più nel rincuorante abbraccio di Subaru, che di riflesso si irrigidì, e sollevatogli il viso con una mano lo scrutò con attenzione; non gli sembrava d’aver visto lividi o ferite, ma quel sadico Drago della Terra certo non avrebbe lasciato andare Kamui senza fargli niente. Forse…
“Sono scappato da lui– continuò Kamui, con voce appena tremante –Perché d’un tratto ho capito… che è inutile, vero? Che lui è morto… Fuma, è morto. Il mio più caro amico non c’è più, perché il suo posto lo ha preso quel… quella persona agghiacciante! E per quanto io faccia non lo ritroverò mai, lui per me avrà solo quel ghigno di disprezzo e… e…”
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Subaru tornò a stringerlo, soffocandolo sul proprio petto, bloccandogli le parole; si muoveva piano, avanti e indietro, cullandolo e lisciandogli i capelli.
“Ci sono molte persone che ti vogliono bene, e tu lo sai– gli sussurrò, appena udibile -Persone che conosci da meno tempo, forse… ma per le quali sei unico e prezioso, e che mai ti farebbero del male.”
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Kamui guardò il suo amico, il suo gentile e triste Subaru; vide il suo sorriso pallido e immaginò come sarebbe stato ancora più bello se avesse sorriso veramente, felicemente e senza pensieri. Immaginò che quel sorriso fosse per lui e sorrise a sua volta. Il cuore gli stava battendo rapido ed un calore intenso lo stava riempiendo, portandogli un senso di reciproca comprensione, un legame nascente eppure fortissimo. Un purissimo, incondizionato e sincero… amore, che se avesse avuto abbastanza tempo per crescere e maturare avrebbe spazzato via ogni precedente dolore, regalando loro il premio di una vita nuova e splendente.
Kamui si alzò in punta di piedi e sfiorò rapido le labbra di Subaru con le proprie; le sentì lisce, tiepide e con un lievissimo sentore di sigaretta e provò un’emozione che quasi lo schiantò.
Sconvolto dalla propria baldanza abbandonò rapidamente il bacio rubato e volse altrove lo sguardo, pregando di non aver rovinato tutto.
Quel gesto, per quanto lo avesse stupito, non dispiacque a Subaru. Anzi. La sua anima si riempì di una gioia dorata che ormai credeva potesse esistere solo nei romanzi… il Subaru sedicenne poteva continuare ad amare chi voleva, perché il Subaru ventiseienne si stava innamorando di nuovo, stava sorridendo di nuovo, stava trovando una persona preziosa per la quale lui stesso era prezioso. L’alba, dopo dieci lunghi anni, stava piano piano sorgendo… e ci sarebbe voluto tempo, e lacrime, forse, e pazienza, ma alla fine il sole sarebbe stato abbagliante e caldo come a luglio.
Fu lui a chinarsi e a prendere le labbra di Kamui; non un rapido tocco questa volta… nemmeno un bagnato bacio di passione. Un passo alla volta, intanto permisero alle loro bocche di conoscersi, alle lingue di sfiorarsi timidamente, ritrarsi e sfiorarsi ancora con un po’ più di confidenza.
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L’eco di passi in fondo al corridoio li fece sussultare, e velocemente si separarono, con i volti arrossati a non dire. Velocemente Subaru aprì la porta che si trovava alle sue spalle ed entrò nella stanza vuota, trascinandosi dietro Kamui, poi chiuse a doppia mandata.
Una reazione forse esagerata, chi poteva dirlo… ma non aveva importanza se l’intruso che stava sopraggiungendo fosse stato Fuma, o Seishiro… oppure un cameriere o un altro invitato: in quel momento desiderava semplicemente restare insieme a Kamui, soli… e in quel salottino illuminato da decine di candele quel desiderio si poteva benissimo avverare.
Con un sorriso il bellissimo adolescente tornò tra le sue braccia, per imparare quei gesti d’amore con i quali entrambi avevano ben poca dimestichezza.

*-*-*-*-*

Stava affogando, e non lo sapeva.
Stava perdendo il controllo, ogni punto di riferimento, ogni certezza… e gli andava bene.
Si stava lentamente sciogliendo per il giovane che lo baciava come se fosse l’unica cosa al mondo che avesse un valore, e ne era più che felice.
Marron gli stava succhiando la lingua, tirandolo, trattenendolo a sé con violenza.
Si strusciava sotto di lui, con desiderio… e Lauers non poteva quasi credere in quella trasformazione. Ogni carezza, ogni sospiro lo trascinavano di più verso il piacere, ogni mossa del giovane cacciatore lo rendeva più sicuro della sua scelta.
Si staccò da lui con forza, costringendolo a guardarlo negli occhi.
“Marron…” un sospiro strozzato, mentre moriva in quegli occhi.
“Marron…” un sussulto, mentre si gettava di nuovo su di lui.
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Era fuoco liquido nelle sue vene, era puro desiderio che gli batteva nel cuore pompato dal sangue… era assoluta irrazionalità, era perdere il controllo, era lasciarsi andare… come mai aveva potuto fare. Perché ora, nelle braccia di quello che era poco più di uno sconosciuto? Non c’erano spiegazioni, se non un’attrazione fortissima.
Lo voleva. In ogni modo possibile.
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Si staccò con un gemito, per spogliarlo completamente.
Era stupendo… il petto ansante, il corpo che urlava desiderio… prese una bottiglietta apparsa per l’occasione, e un forte profumo invase la stanza. Si sdraiò nuovamente su di lui, accarezzandolo con le mani ricoperte d’olio, stuzzicando le parti più intime del suo corpo… “Questo profumo d’ora in poi ti ricorderà sempre di me…” gli sussurrò all’orecchio, mentre Marron si strofinava contro le sue mani, contro il suo volto, cercando il suo calore come un gatto.
Lo penetrò con le dita, preparandolo, e quando lo sentì pronto iniziò ad entrare.
Si bloccò, aspettando di incontrare il suo sguardo… e non si permise di perdere quegli occhi finchè non entrò completamente in lui.
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Era… come sentirsi completo.
Come non lo era mai stato… come non aveva mai pensato di poter essere.
Gli occhi fissi nei suoi occhi, il calore mescolato, i cuori che battevano assieme, i corpi uniti… per sempre… il piacere che cresceva come una marea… strinse la braccia dello stregone, socchiudendo gli occhi, tendendosi sotto di lui.
Laures era stupendo… bellissimo in quel momento. Il piacere che trasfigurava i suoi tratti, gli occhi che brillavano… ed era lì per lui. L’aveva aspettato, l’aveva cercato… l’aveva conquistato, portandolo in così poco tempo a cercare dentro di sé, a guardare dentro di lui.
Non capiva perché, ma sentiva che c’era tanto ancora da dire, ma poco da condividere… era fatto.
Erano tutto.
Strinse le braccia dietro al collo dello stregone, avvicinandoselo al volto per baciarlo.
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Un attimo ancora… non voleva che finisse così presto… scese ad accarezzare con una mano il pene dell’altro, e dopo un attimo vennero assieme… uniti, ancora. Per un attimo nella stanza non si sentirono che i loro respiri.
Ed ora… ora veniva il punto. L’avrebbe accettato o l’avrebbe odiato? Sarebbe fuggito da quello che era accaduto, imputandolo al caso, al momento, a dei trucchi… o sarebbe rimasto con lui, il suo bell’amante umano?
Lo guardò, e sentì il cuore spezzarsi nel suo petto per fare entrare la bellezza di quel volto.
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Marron si stiracchiò, leggermente indolenzito.
Laures lo stava guardando, appoggiato sulle mani, tenendosi in modo che i loro busti fossero staccati e le gambe ancora unite.
Gli sorrise, muovendosi voluttuoso sotto di lui, ed alzò una mano a sfiorare l’avambraccio, non senza arrossire un po’. Che sciocchezza, dopo quello che avevano appena fatto…
Lo stregone rispose al suo sorriso.
“Che ne dici, piccolo, vuoi restare qui?” sussurrò leggero.
“A dormire?” gli chiese Marron, senza riuscire a smettere di sorridere.
L’altro si abbassò per strofinare il naso contro la sua pelle, il collo, il profilo… guancia a guancia… per poi posare un bacio veloce su quelle labbra troppo dolci perché fossero innocue. “Come vuoi… qualunque cosa vuoi.”
Marron sorrise, e lo spostò accanto a sé sul divano, stringendosi a lui.
“Non credo che sarò troppo esigente… dalla vita mi basta un posto comodo e un ospite accogliente…” sussurrò piano.
Laures lo guardò, intensamente, senza poter rispondere per un attimo.
Poi chiuse gli occhi, sfiorò nuovamente quelle labbra e si rilassò completamente accanto a lui.
“Come comandi”, disse solo, dolcemente.

*-*-*-*-*

Seilenes si sporse dal terrazzo della stanza di controllo, guardando in basso (Jael non pensarci neanche). Alle varie finestre si vedevano visi vicini, spesso coppie che guardavano fuori restando incollati assieme.
“Ci sono tutti?”
“Mi pare di sì…- disse rialzandosi, con uno scatto -cmq un paio di finestre sono vuote, ma non penso che sia il caso di disturbarli… checcarini sai che Heero e Duo si sono svegliati?!”
Youji e Omi erano teneramente abbracciati, Kamui e Subaru si tenevano per mano; Duo si spalmava contro Heero, che aveva sulla faccia un’espressione contrariata che però si capiva benissimo essere solo una finzione (dopotutto doveva restare fedele alla propria immagine!). A guardarsi intorno c’erano praticamente ovunque coppie felici, l’aria così satura di zucchero da causare carie istantanea anche ad un tubetto di dentifricio.
“Bene, allora posso procedere. Diamo il via ai fuochi d’artificio.”
Così dicendo Unmei tirò fuori un piccolo telecomando, pigiò un pulsante, e qualche istante dopo il cielo fu illuminato da bellissimi, gioiosi e colorati giochi pirotecnici, che nello scuro cielo stellato componevano grandi fiori, piogge di luce, cuori intrecciati e arcobaleni di scintille. Uno spettacolo meraviglioso che tutti stavano seguendo a naso all’insù, persino Riki, come tanti bimbi entus-
“Scusa se faccio il guastafeste…” Disse improvvisamente Jael, picchiettando la spalla della sua Autrice con l’indice (ahia, disgraziato! Fai piano!)
“Che c’è? Non ti piacciono?”
“Vorrei solo sapere perché all’improvviso dal cielo è piovuto globo oculare nel mio champagne.”
Così dicendo le mise davanti agli occhi la sua flute, nella quale nuotava pigramente un bulbo oculare scuro con tutti i suoi bei filamenti nervosi ancora attaccati, ed effettivamente qua e là stavano piovendo alcuni brandelli sanguinolenti, pezzi di dita e altri resti non ben identificabili.
“Oh, già… sì! È la mia piccola sorpresa natalizia! Beh, vedi… avevo mandato l’invito per questa festa anche a tutti i protagonisti di Slam Dunk… Come sono arrivati, naturalmente, li ho fatti accogliere dai miei fidi energumeni etiopi di 2 metri per centoventi chili. Loro li hanno tramortiti, imbavagliati e poi legati ben stretti ai missili dei fuochi artificiali. Non so a chi appartenga quell’occhio, ma con un esame del DNA potremmo scoprirlo… così puoi rivenderlo ad una fan di Slam Dunk e farti un po’ di soldi.”
Seilenes rabbrividì, guardando con occhio critico i fuochi.
“Oh, bè…- disse facendo spalline –Tanto perso per perso… però io torno dentro, non voglio rischiare che mi arrivi qualcosa addosso!”
Tornò dentro, strillando garbatamente “RagazziiiII! Non fate NIENTE del genere senza una di noi che prende appunti, lo sapete che non è carino?!”
In fondo, non era detto che proprio tutti dovessero divertirsi…

THE END?


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