Questa fanfic è stata scritta *oggi* e dalla mia nuova chattatrice, Snatch. Devo dire che mi ha sorpreso il feeling che abbiamo instaurato in così poco tempo, anche gestendo questi personaggi.
La storia sembrava uscire da sola, narrata da loro e non da me o da lei.
Vorrei pregarvi di leggerla e di fare i complimenti più a lei che non a me, perchè è stata lei più o meno a stabilire la trama.
E per questo le rivolgo un applauso ed un inchino.
Grazie di chattare con me, Snatch

Autore: Bryn & Snatch - Snatch & Bryn
Titolo: Fast Jolly
Rating: NC17 (so che è una mezza pwp ma ci sono delle idee di sottofondo per cui mi rifiuto di considerarla pwp)

 


Fast Jolly

di Bryn & Snatch

 

Ore 10:02:30 secondi veloci su un orologio che nessuno sta guardando.
Solo il barista, con un veloce sguardo, memorizza l'ora mentre asciuga l'ennesimo bicchiere di birra caldo e umido di lavastoviglie.
E sospira.
Si perde in fretta entusiasmo lavando i vuoti dei clienti.
Partita trasmessa, dal piccolo schermo dai riflessi giallognoli, tutti gli occhi lo puntano, grossi e piccoli corpi, giovani, vecchi e qualche animata ragazza, tutti puntati sull'inquadratura del campo verde smeraldo. La TV riflette luci blu nelle ombre degli avventori, raffredda il legno caldo del pub demodé, spine della birra in ottone e alti sgabelli traballanti.
E' un tripudio, ogni partita.
Ma osservare sempre lo stesso tripudio indipendentemente dalla partita elargisce esistenziali pillole di saggezza scadute.
Appoggiati al bancone 4 o 5 ragazzi guardano fissamente lo schermo, presi dalla partita.
La luce blu si staglia sui loro volti, rendendoli vividi e nettamente ritagliati, si potrebbe leggere persino dentro la loro mente.
Il più giovane di loro sta gomito a gomito con una bella ragazza scatenata e lancia battute salaci che si perdono per metà nel fumo che sale al soffitto.
Ha il modo di fare sicuro ed arrogante di chi si sente la partita in tasca, tutt'uno con la squadra di calcio.
Senza pietà bersaglia i compagni - avversari, ridendo animatamente della loro sfortuna, provocandoli a reagire, sapendo di avere la possibilità di schiacciarli con i risultati.
Ha un'aria felice e strafottente nella luce vivida che mostra tutta la giovinezza del suo volto.
I capelli neri, scoloriti poi in bianco argentati, ricadono un po’ sugli occhi accentuando la sua espressione di maliziosa soddisfazione.
La sua squadra ha praticamente vinto la partita.
Lui è il vincitore.
E se la prende con i vinti, in una ridda di sfottò.
Il barista lo guarda, spillando una birra chiamata da lontano.
E' il suo lavoro, inquadrare le persone, e quello dev'essere la piccola sagace mascotte del gruppo.
Poi, nell'angolo, c’è il dispensatore di battute che raggelano, seduto sul finire del bancone, vicino ai bagni, lo sguardo sulla partita che ogni tanto saetta sulle teste davanti a lui.
La luce blu affila il suo volto, scavato, smagrito più che magro, due triangoli d'ombra sotto gli zigomi e ciocche di capelli statiche che solo un gel particolare o, più probabilmente, una disinteressata cura di sé, possono causare.
Il ragazzo, la giacca a tre quarti appoggiata al bancone e un gomito appoggiato sopra, non sorride né denigra.
Piccoli fremiti lo scuotono quando la squadra sta per fare gol, piccoli fremiti quando il gol sta per riceverlo.
E tra una minuscola contrazione della mascella e l'altra, un sorso di birra deglutito in fretta.
E quando la squadra riceve l'ennesimo gol il ragazzino scoppia a ridere, indirizzando uno sfottò particolarmente salace al ragazzo in fondo.
Gli ride in faccia, rinfacciandogli qualcosa che aveva detto e poi torna a guardare lo schermo, dove sta per risuonare il fischio finale.
Il ragazzo, Lloyd, Lloyd con la lingua lunga, la testa di cazzo si è fatto recidere qualcosa sotto la lingua per allungarla come un serpente riceve, pronto a restituire uno sguardo strafottente.
Ma la partita copre ogni cosa, compresa la sua calotta cranica e la bruciante, seppur controllabile, sensazione di aver nel suo piccolo di tifoso preso un gol.
E' una stronzata, ma è un gol.
Si poteva evitare, come si poteva evitare lo sguardo di rivalsa di Randy.
Il quale Randy ora ride, una risata soddisfatta che suona quasi prepotente alle orecchie di chi la partita l'ha persa.
E, conoscendolo, si sa che non è che l'inizio.
Sfotte i perdenti con il suo humour sarcastico e pungente.
E' come un ago che s'infila sotto i vestiti e punzecchia e punzecchia e punzecchia.
Non lascia mai in pace.
Offre il giro "per tirare su di morale" gli amici che tanto "la vostra squadra prima che vi tiri su di morale o tiri su i punti farà in tempo a far finire il campionato".
Lloyd si tiene la sua birra quasi finita, discutendo a bassa voce con due o tre ragazzi, a turno, nella cerchia di quelli a cui il furore è passato in fretta.
Non a lui, certo.
Ma d'altro canto non è da lui mostrarsi infervorato per cose come una partita. Chi lo conosce potrebbe dire che non è da lui mostrarsi infervorato per una cosa che abbia vera importanza, e d'altro canto è normale che prenda a pieno cuore le posizioni in una discussione di minima importanza.
Ciò nonostante non può evitarsi di guardare Randy un paio di volte, ancora giubilante (la vittoria dei perdenti, se lo ripete in testa a nenia, come un motivetto conficcato tra una sinapsi e l'altra), un boccale fresco in mano e una battuta pronta per tutti.
Il ragazzino parla con gli altri tifosi, bevendo ed esultando ma non rinunciando al repertorio di occasioni che gli si offrono.
Non controlla neanche cosa fanno gli altri, si è infervorato ad esultare e la sua gioia sembra scemare solamente quando è costretto ad alzarsi dal bancone per andare in bagno.
Si fa largo nel pub affollato, spingendo leggermente chi è sulla sua strada e borbottando qualcosa che potrebbe essere un "permesso" come un "vaffanculo".
Arrivato alla malconcia porta nera del bagno maschile le dà una spinta ed entra, baldanzoso.
E si trova davanti l'altro, Mister "sto nell'angolo e fingo disinteresse", chino sul lavandino a lavarsi in fretta le mani.
Non si è accorto della sua entrata, ha ignorato lo sbattere delle porta e i rumori che la sala portava con la naturalezza di un avventore abituale - Sarà un altro stronzo che deve svuotarsi
"Come mai tanta fretta? Bisogno di andare a casa a lavare l'onta della sconfitta?"
Randy non ride, ma il suono è palpabile nell'aria.
Presente anche se non espressa la risata sarcastica aleggia.
Al suono della voce stridentemente familiare, Lloyd si volta.
E si volta di nuovo, prendendo la poca carta rimasta dal contenitore e asciugandosi le mani nodose, tutto il tempo di dare le spalle al piccolo stronzetto onnipresente in tutte le sue sconfitte, da quelle della squadra di calcio al distributore di sigarette che non funziona, e modulare la voce sulla tonalità più consona.
Leggero ed intoccabile disprezzo.
"Non per tutti la cosa più importante è in diretta satellite al pub…"
"Io parlavo della sconfitta che ti ha inflitto la vita..."
Malignamente lascia la frase in sospeso, senza chiarire esattamente che intende.
Ridendo di lui senza spiegargli di che ride.
Come se non fosse degno...
... O capace di capire.
Il colpo che arriva alla parete piastrellata lo può sentire e vedere solo Lloyd.
E anche il dolore alla mano, lieve, giusto per acuire il fastidio.
China il viso di poco, voltandosi, come se trattenendo il mento in basso potesse trattenere una serie di altre cose che spingono per uscire.
“Hai aspettato che venissi in bagno da solo, Randy? Ti è andata male la giornata e vuoi qualcuno che ti sputi addosso per nobilitare la merda con un po' di masochismo?”
Gli angoli delle labbra sottili si oppongono al sorriso che si delinea sul suo viso.
"La mia giornata è stata un successo. A differenza della tua mi sembra di capire Lloooooyd."
Tira in lungo il nome, nel suo miglior tono di presa in giro.
"E poi prendermela con te non serve a niente... sei già abbastanza perdente non ti pare?"
Ride, una risata di gola, profonda.
L'alcohol gli dà una marcia in più rispetto al solito.
Guarda l'altro con aria maliziosamente soddisfatta.
Eppure il tono che ostenta è innocente.
"Non mi dirai che te la prendi, vero Lloooooyd?"
"Come potrei prendermela con te?" in risposta, il tono teatralmente finto di chi non ha intenzione né ora né mai di prendere sul serio l'interlocutore.
E il sorriso si arcua, stonando con gli occhi fissi su Randy.
La luce lattiginosa del bagno lo rende più giovane di qualche anno.
Cioè un pubescente, con qualche fasulla tacca in più per sentirsi adulto.
E la parte del marmocchio insopportabile gli riesce incredibilmente bene…
Così bene che Lloyd sente l'atipica incessante esigenza di prendere il mano il frustino dell'educazione e strappargli la lingua a schioccate, un paio di colpi secchi e una buona mira e il ragazzino inginocchiato sul pavimento senza la facoltà di parlare.
Non male come sogno erotico…
"Adesso puoi andare al cesso, fratellone ti dà il permesso…”
E se ti togli dalla porta esce da questo cesso e fa un favore ad entrambi, stronzetto irriverente.
"Il fratellone mi dà il permesso? Oh quale onore!"
Il tono è di esagerata sottomissione.
Fa un mezzo inchino e poi gli rivolge un sorrisetto strafottente.
"Ma va là, Lloooooyd, a chi pensi di poter elargire queste maniere?"
Si tira su, ridendogli in viso, ancora lì, fermo davanti alla porta.
Anzi si appoggia mezzo contro e mezzo contro il muro, incrociando le braccia, tracotante.
"Ma fammi il piacere!"
"Alla puttanella del branco, non ti hanno ancora informato della promozione?"
E' la parola il fulcro della frase, tutto il resto è stato un necessario contesto per sputargliela in faccia.
Dritta dritta su quel faccino da ragazzino entusiasta, gli dona alla perfezione.
"Ma quale originalità, potrei quasi stupirmi!"
Batte educatamente le mani, nella presa in giro di un applauso.
"Se non sapessi che il posto è già tuo da prima ancora del mio arrivo."
Il sorrisetto doveva essere di sfottò ma è quasi cattivo, la crudeltà è insita in entrambe le sue frasi.
Le labbra di Lloyd si distendono improvvisamente, inespressive.
Bel gioco, ma sta durando troppo.
E i suoni ovattati dalle pareti del bagno cominciano a ovattargli le percezioni.
Odia l'atmosfera in cui WC dei locali riescono a catapultarti semplicemente attraversando una porta.
Quel lieve stordimento che ti porti appresso dalla ressa del locale, qualsiasi locale sia, e l'immagine plasticosa che gli specchi rimandano in continuazione.
“Levati, Randy, e svuota l'acido nella tazza…”
Fa un paio di passi, che nella sua proiezione dovrebbero annunciare l'imminente scomparsa del ragazzo dalla porta.
"Stavo per suggerirti lo stesso."
Sembra quasi esitare, Randy.
Si passa la lingua sulle labbra con aspettativa.
Sorride divertito.
Gli piace quel gioco.
"Perché non lo fai, invece di guardarmi con quell'aria da impotente?"
E rimane fermo, come bloccato in quella posizione che ostruisce la porta, le braccia ostinatamente incrociate sul petto.
I passi di Lloyd si fermano.
Gli stivali opachi, il metallo sulla punta oscurato come i bordi degli specchi, si allineano a un metro dalla porta.
Porta gli occhi al cielo, né scuri né chiari, sfere grigie che cangiano con l'umore.
Ecco, potrebbe quasi dire che li sente schiarirsi.
“Sei uno stronzetto…” sibila risolutivo. “Un lurido stronzetto che tiene su il morale della compagnia, a te l'onore, ma adesso fai due più due e togliti dalla porta.”
Allunga già la mano per aprirla…
Ed un colpo secco gliela allontana.
Randy si è mosso velocemente, molto.
"E tu sei un fottuto idiota castrato che non sa cosa fare della sua cazzo di vita e si fa schifo da solo perché non può controllarla. Così come non puoi controllare nulla."
Randy lo guarda con un sorriso di tranquilla superiorità.
Non si sta scaldando, neanche un poco.
E vedere l'altro cedere sembra dargli molto piacere ed un'estrema soddisfazione.
Come se per questo Lloyd fosse più debole.
La luce del bagno gli dà meno anni di quanti ne ha in realtà e lo fa sembrare solo un bambino troppo cresciuto.
Lloyd contrae la mano ancora a mezz'aria, statica da che ha subito il colpo.
Nulla.
E quando il palmo arriva senza gentilezza sulle labbra di Randy l'unica cosa che riesce a pensare, al di là della forza impressa, e di quanto sia il caso o non il caso di fare cosa e dove, l'unica cosa ce ha un senso è che adesso quel ragazzino starà zitto.
Zitto come la cosa più bella che può venire in mente.
Zitto come il paradiso dopo una strage.
Si sbaglia.
"Vaffanculo razza di stronzo! Vaffanculo figlio di puttana!"
Glielo esclama contro, dandogli uno spintone, furioso per lo schiaffo ricevuto
"Cazzo, allora te la cerchi!"
Gli urla Lloyd aggrappandosi a quel braccio e tirandolo verso la porta del bagno.
Non che abbia una precisa idea del perché.
Ma l'eco dell'urlo (odia le urla) gli rimbomba nel cervello, che rimbomba nella scatola cranica ed è quanto basta per spingere il ragazzino verso la tazza senza coperchio.
E poi, con un guizzo, accertarsi che non sia entrato nessuno.
Reazione spropositata.
E adesso sarà peggio, con la reazione di una reazione di una reazione.
Con il fiato in gola per un attimo, per darsi il tempo di pensare prima che qualcuno gli chieda che cazzo succede, si chiude dentro con l'altro, chiudendo ermeticamente il mondo fuori mentre appoggia il proprio peso alla porta e guarda Randy.
"Tu sei fuori di testa amico! Forza levati!"
Glielo ordina, fissandolo a metà tra l'allibito ed il furioso.
Gli occhi sono intensi e sembrano mettere a nudo l'anima di Lloyd con tutte le sue complessità e le sue paure.
Come se gli leggesse dentro e gli sputasse le cose in faccia.
"Avanti, via di torno razza di pazzo."
"Io sono fuori di testa?"
Lascia che il cuore riprenda il battito perso.
Adrenalina da rissa.
Gli esce una risata tra i denti.
Mai fatta una rissa.
Le sopracciglia si arcuano, due virgole spuntate in fondo, teatralmente perplesse.
Beh, si, magari a volte è un po' fuori di testa, ma ha chi fargli compagnia.
"Perché non dici le cose come stanno? Siamo in due a giocare con il fuoco."
"Sì ma non sono io quello che si è fatto fottere il cervello perché ce l'ha troppo in basso!"
Randy quasi ringhia, combattivo.
Non gli piace, quello stronzo.
Cioè gli piace ... ma non gli piace.
Un po’ gli è sempre stato sul cazzo.
Troppo impegnato ad evitarlo per farsi una risata.
Maledetto stronzo.
Ma se cerca rissa l'ha trovata.
Oh se l'ha trovata.
Non sarà un campione Randy ma a fargliela vedere a quello lì è buono.
"Allora il cucciolo deve farsi crescere i denti… Ecco perché ringhiava tanto, danno fastidio?"
Lloyd, il fiato di nuovo regolare (anzi, si sente misticamente vicino a tutte le dottrine di respirazione sentite e viste), guarda le ombre riassumere i tratti del ragazzo.
Adora le ombre, confondono tutto in una gamma di colori scarna, e gli altri sensi si accendono.
Vorrebbe essere un leone per poter sentire l'odore della paura, mentre secco allunga una mano in avanti, le dita aperta, pronta a spingere la spalla di Randy sul muro.
Sta giù!
Randy gli afferra il polso.
I suoi occhi ora dardeggiano nell'oscurità.
Sono di un intenso color turchese.
"Via le mani di dosso, pervertito."
Eppure non sembra minaccioso, nonostante lo sguardo cupo.
Come se non disprezzasse la situazione come vuole dare a credere.
"Si vede che sai esattamente quello che mi piace…"
La stretta tenace di Randy, il suo sguardo ritroso.
Ma non timido, no.
Niente carcasse da saccheggiare.
Lo stronzetto sarà pure un moccioso fastidioso, ma un moccioso con una certe verve.
E l'altra mano prende il polso di Randy, stringendo.
"Puoi fare di più…" lo incita Lloyd, un ampio sorriso soddisfatto sul volto.
Ancora cinque minuti di gioco, ancora cinque minuti…
"Vaffanculo! Vaffanculo! Sei solo un rotto in culo!"
Gli occhi saettano sul viso di Lloyd e poi sulla porta e quindi di nuovo al volto dell'uomo
Gli allontana la mano mollandogli il polso e poi lo spinge, cercando di levarselo da davanti.
Facendolo finire contro la porta chiusa.
"Mollami, stronzo!"
Lo ingiunge, come un ordine che non deve essere trasgredito.
Gli occhi turchesi brillano come quelli di un animale in trappola che non vuole arrendersi.
Lloyd ride, alzando il volto.
Ride di gratitudine, sfumando in una voce sottile e lacera sul finale.
E smette, di colpo.
“Colpiscimi, e ti fotto.” dice, lasciando all'altro il tempo di recepire, singola vocale dopo singola vocale, e le consonanti dritte al cervello.
“Rimani lì, e ti fotto.” conclude, coprendosi la bocca con una mano per non ridere.
Oh no, non è il caso, dovrebbe almeno fingere di offrire un minimo di serietà per la dignità altrui… Sempre fuori luogo.
"Te l'ho già detto: Vaffanculo! Ma quello di un altro! Tu sei completamente sbroccato se pensi che te lo lascerò fare!"
Randy stringe i pugni, rabbioso.
Non ha la minima intenzione di permettere a quello di possederlo.
Proprio.
Per.
Niente.
E quindi gli dà un'altra spinta, caricando un pugno che, nelle sue intenzioni, dovrebbe colpire Lloyd allo zigomo.
E difatti è così.
Lo prende in pieno, ed è un colpo tutt’altro che leggero.
"Allora? Ti è bastato stronzo?"
Gli occhi brillano vittoriosi, simili a due magnetici pozzi profondi, mentre l'altro rimane piegato, il colpo accusato, il volto coperto da una mano.
“Si…” gli arriva, così lieve che deve aguzzare le orecchie per distinguerlo, e mentre lo fa l'accecante sensazione del mondo che cambia rotta.
E le scapole contro il muro.
E Lloyd attaccato al suo corpo, l'alito freddo sibilante, e una mano che veloce lo strattona per i capelli.
“Non aspettavo altro, Randy.” sussurra, e l'altra mano scivola avida lungo il fianco sinistro, incespicando nella felpa.
“AH! Mollami, mi fai male!”
Rabbioso cerca di divincolarsi mentre rabbrividisce sentendo le dita quasi a contatto della pelle, fermate solo dalla stoffa della sua felpa.
“Mollami bastardo! Non sono il tuo giochetto!”
Per poco non lo grida, ma il tono della voce è comunque alto.
Alto ma non acuto.
Non sembra aver paura.
Semmai è ancora più pieno di adrelina.
Quando scatta la porta d'entrata, e il bagno viene invaso dai residui di clamore della partita.
Chiunque sia entrato, Lloyd solleva la mano con cui stava per raggiungere la cintura e gliela schiaffa sulla labbra.
Magari non gentile, ma l'esigenza…
"E' una cosa tra me e te, tra me e te e nessun altro…" sibila a Randy, guardandolo dritto negli occhi, forse per la prima volta della sua vita con uno sguardo d'intesa.
Randy s'immobilizza pensando a cosa potrebbe succedere se lo trovano lì.
In quella posizione.
Con Lloyd.
Annuisce.
L'avventore entra, i suoi passi pesanti ma lenti fino alla porta del bagno oltre al loro.
Si può sentire il gorgoglio della sua gola, tramestio di troppa birra in corpo, un lieve tossire.
Per tutto il tempo, mentre l'avventore esplica i suoi bisogni con la deliberata lentezza di una persona in solitudine, Lloyd guarda negli occhi Randy. Moccioso. Giochetto. Quant'è vero che per conoscere una persona non bisogna rivolgergli domande.
Il profilo del suo viso, lo zigomo netto e le labbra sottili, illuminato dalla calda ma atona luce del bagno, non stacca le iridi dall'altro.
Tutto il tempo di acuire le premesse.
Infarcirle di dovuta minaccia.
E' da un sacco di tempo che gli deve qualcosa.
Randy ricambia lo sguardo con uno freddamente controllato.
Non si fa spaventare.
Lo castrerà piuttosto di farsi fottere da lui.
Maledetto pervertito schifoso.
Vedrà, non appena sono soli.
C'è una sottile minaccia negli occhi turchesi, calda come la sua furia.
L'avventore finisce, attesta eloquente lo scrosciare dello sciacquone, e a passi più veloci raggiunge la porta d'entrata.
Il rumore della folla, fuori; Lloyd inspira.
Il rumore viene chiuso fuori: Lloyd espira e sorride, togliendo il palmo dalle labbra secche e avvicinando il volto fino a pochi centimetri da quello di Randy.
Il quale si lecca le labbra secche, socchiudendo gli occhi.
Ora lo mordo.
Questo pensa ed i suoi occhi si socchiudono, come quelli di un serpente pronto all'attacco.
Irresistibile, pensa la mente di Lloyd prima che lui possa tradurre in parole.
E anticipando ogni tempo d'azione, scavalcando l'istinto di sopravvivenza, si attacca alle labbra dell'altro, gli occhi serrati e la mano libera che saetta di nuovo sul fianco, polpastrelli scattanti sopra la felpa.
Randy rabbrividisce per l'aria non esattamente calda sulla sua pelle nuda e gli morde il labbro inferiore.
Chiude gli occhi, perché non voglio vedere tutto questo, si dice anche se in realtà non sa neppure lui se crederci o meno.
La cosa che lo inquieta, un brivido più veloce del tempo di dargli nome, è il gemito che sente provenire dalla gola di Lloyd.
Non dolore.
Piacere.
E la lingua non ferma la sua ricerca, né la mano che s'infila sotto la felpa incontrando la calda pelle nuda.
Randy inarca appena il busto.
Serrando con ancor più decisione gli occhi.
Fanculo! Fanculo! Fanculo! Lo eccita! Fanculo!
Eppure ha smesso di mordergli il labbro.
Lo sta lasciando fare.
Ed è inutile che si dica...
E' solo per scoraggiarlo!
... in realtà non sa più neanche lui cosa vuole e cosa no.
La lingua cessa di accarezzargli le labbra solo quando la mano è risalita, i polpastrelli gelidi che gli hanno anestetizzato la carne sono giunti al capezzolo.
E hanno stretto.
Una piccola scossa elettrica.
E di sottofondo il riverbero del respiro eccitato di Lloyd, appena percettibile.
“... Ah...”
Lievissimo un gemito fiorisce dalle labbra ormai dischiuse.
Mentre le guance si colorano di un rosso intenso.
Io non sono gay!
Pensiero inutile, subito gettato di lato.
"Finalmente ci siamo arrivati…" sussurra Lloyd, la testa reclinata come per contemplarlo, l'indice che disegna cerchi sul torace. C'è qualcosa di disturbato nei suoi movimenti, come se ogni scattare di muscoli fosse sospinto da una scossa e trattenuto da un'altra.
E con uno scatto, come se avesse disarticolato un osso, il bacino di Lloyd si punta in avanti, la stoffa dei jeans tesa su un'erezione già matura.
Randy sgrana gli occhi con un altro gemito.
Stringendo le mani a pugno.
La consapevolezza gli squarcia la mente come una lama affilata.
"No."
Mormora.
Ma è un no senza convinzione, un no detto perché ha capito.
Ed ha anche capito di non volere.
Non volere che tutto quello finisca.
"Quanto ci abbiamo messo, Randy? Mi hai rotto i coglioni per quanti mesi?"
Lloyd strattona i suoi capelli, un gesto per tirarlo verso il basso.
Quanto vale, veramente, il ragazzino?
Osserva il pensiero fluttuare irrisolto mentre scende sulla cintura…
"Fanculo... un anno."
Randy tira indietro la testa, come rifiutandosi di scendere.
Ancora adesso non domo.
Ribelle.
Strafottente.
E gli pianta sul viso i suoi intensi occhi, come sfidandolo ulteriormente.
Annuisce, Lloyd, soddisfatto ed empio di compiacimento che gli illumina gli occhi.
E slaccia la cintura, con due colpi netti.
"Ti devo un po' di arretrati…" dice, quasi fosse una constatazione, e cerca le dita di Randy.
Le sfiora, le corteggia, cerca i centri di piacere anche lì mentre la guida ai propri jeans. "Prenditeli…"
Randy gli lascia guidare le dita ma poi si ferma.
Qualcosa si diffonde sul suo volto.
Disagio.
"Non ho mai... non con un uomo."
Gli esce appena un mormorio.
E sinceramente la cosa non è del tutto normale.
Cioè dicono che non lo sia.
Cristo non lo è.
Non lo è?
Lo è?
Cristo.
"Neanche io con una donna prima di averlo fatto per la prima volta…" risponde velocemente Lloyd, disincantato. E due secondi di silenzio aleggiante. "O era un modo di chiedermi di essere gentile?"
Finta artefatta sorpresa.
Lloyd sarcastico stronzo in tutte le occasioni.
Stringe le dita sulla sua erezione saggiandola.
"Fotti-H-ti."
Il respiro ha interrotto la parola, in un ansito così breve da non poter quasi essere udito.
E già mezzo eccitato ed è ben dotato, anche se ovviamente non sarà lui a dover penetrare l'altro.
Il pensiero gli lampeggia come una scheggia impazzita nel cervello.
Cristo.
"Non ti chiedo ... assolutamente ... niente."
Inspira a fondo.
Espira lentamente.
Ma non riesce a calmarsi od a calmare la sua eccitazione.
E le dita di Lloyd non aiutano.
"Fottermi? Ho un'idea migliore…"
Riprende la mano di Randy con decisione e la porta sulla propria erezione.
"Fallo tu."
Sente un brivido corrergli lungo la schiena e non è per il freddo.
No, anche se gli piacerebbe pensarlo.
Di nuovo inspira a fondo, espirando poi lentamente.
Fanculo, gliela faccio vedere io!
Lo prende tra le dita, passando il pollice sulla punta, piano.
E di nuovo si lecca le labbra completamente secche.
La sua bocca è arida, senza un vero motivo.
Così si dice.
Il respiro di Lloyd s'incrina, in una nota stridula.
Il centesimo di secondo appena percettibile prima che si trasformi in un gemito intento a spronarlo.
Deve avere Randy, e se lo ripete come se fosse ancora un'ipotesi irrealizzabile.
Con la stessa smania di conquista di una preda da pedinare.
Ma è lì, stretto su di lui.
Contraddetto, partecipe, eccitato.
Polpastrelli caldi sui boxer morbidi, dediti a prepararlo al meglio.
Chiude gli occhi e reclina il capo, Randy, appoggiandolo al muro dietro di sé.
Inconsapevole di offrire così il collo all'altro.
La sua mano intanto accarezza e stringe il fallo di Lloyd, con dita incerte.
Insicure.
Ritrose.
Come se non fosse poi tanto sicuro, ancora, di voler toccare a quel modo un altro uomo.
Specialmente quell'uomo.
"Sono certo che sei già pronto, vero?" quell'uomo gli domanda, una sfida interlacciata nelle parole, e la lingua esageratamente lunga risale dalla clavicola alla giugulare.
Un lento e lungo gemito affiora sulle labbra di Randy.
Quella disgustosa lingua.
Così innaturalmente lunga.
Quella disgustosa fottutamente eccitante lingua.
Sul suo collo.
Gli dà i brividi invece che la nausea.
Non vuole indagare sul perché.
"Sono... al diavolo... te lo sogni..."
Ed intanto le sue dita sembrano avere preso più consapevolezza.
Si stringono sul fallo dell'uomo cominciando ad accarezzarlo.
Con più decisione.
Lloyd scivola sulla pelle, i fianchi lisci e la spina dorsale.
Una dopo l'altra le vertebre, e l'osso sacro.
La mano tesa dolorosamente schiacciata tra il corpo di Randy e la parete fredda, e l'anulare che s'insinua tra le natiche tese.
Paradisiaco.
Stretto in un paradiso dalle porte di dura carne fremente.
Tentennando sull'osso sacro, ingoia l'ennesimo gemito che dall'inguine risale e gli scalda la gola.
Il corpo di Randy si tende mentre inconsciamente allarga appena le gambe.
E' un corpo snello, quasi atletico.
Potrebbe essere sottile confrontato con quello dell'uomo adulto.
Chiude gli occhi, gemendo piano.
Le dita si stringono sulla carne calda che sta massaggiando.
Il ritmo della sua mano aumenta mentre si sente infiammare.
Fin dentro l'anima.
"Sei pronto…" fa scivolare Lloyd tra le labbra, ma si stacca dal muro e dalla presa di Randy prima che questi possa seguire le parole.
E lo gira.
Faccia al muro, e lo splendido profilo da moccioso irriverente che per un attimo gli lancia un'occhiata contrariata.
Ultima vampa della sua ribellione.
"Ti voglio…" continua Lloyd, stonato, come se una lamentela fosse discesa tra le parole amalgamandosi male, grumi di materia densa attaccati alle lettere.
Randy appoggia la guancia alla parete, fregandosene di quanto possa essere sporca od antigenica.
Ora non è la sua massima priorità.
Sente il gelo delle piastrelle contro il corpo.
Ed il bollore di Lloyd dietro di sé.
Socchiude gli occhi, continuando a fissarlo.
Oh sì, ancora provocatorio.
Provaci, provaci a toccarmi, avanti provaci.
Pensa lui e dicono i due turchesi.
Arriva tra le sue natiche, caldo e umido.
Per poi scomparire subito.
Dieci secondi, il tempo e i riconoscibili rumori di un preservativo estratto, la confezione aperta, il silenzio concentrato mentre viene srotolato.
"... a titolo informativo... non sono malato"
Randy lo dice a bassa voce.
Conosce la routine.
Ma gli dà fastidio.
Anche perché è la concretizzazione di ciò a cui non aveva voluto ancora pensare.
E' lui il passivo.
Fanculo, io non sono un tipo passivo!
"Mi spiace di far crollare i tuoi romantici sogni, ma…" La plastica oleosa del lattice, scivolosa tra le sue natiche, e l'ancor familiare di plastica tirata con uno schiocco fino alla base. "Questo non lo so, e tu non lo sai di me."
Scivola tra la carne tesa e preme, leggermente, alla ricerca della stretta apertura, poggiando il petto sulla schiena. "Per proforma, rilassati o ti farà un fottuto male…"
Randy butta fuori l'aria, rilassando il più possibile il corpo.
Ma gli rimane un nodo allo stomaco.
Per la situazione e per la persona.
Ti prego ti prego ti prego.
Ma non sa chi prega.
E... sinceramente... neanche per cosa.
Entra, per una lunghezza che potrebbe essere tutto o nulla.
"E' dalla prima volta che ti ho visto che devo farlo…" dice monocorde Lloyd, il fiato schiacciato sul palato con la lingua, la mano che zampettando come un ragno torna sul ventre di Randy. Piatto, tonico, ventre. Si contrarrà a ogni spasmo. "E non mi-"
La porta d'entrata che si apre, e il brusio, ormai moderato, del locale.
Lloyd blocca le parole ma non la penetrazione.
Randy stringe le labbra.
Non può farsi sentire.
Non deve farsi sentire.
Ma, Dio!, lo sente dentro di sé.
Gli viene da contrargli i muscoli attorno.
Lo fa, pregando di nuovo.
Ancora non sa chi ma il perché è chiaro.
Che non si accorga ... che non si accorga ... ti prego.
"Sentirai male…"
E' un sussurro quello di Lloyd, ma entra ancora di poco.
Ma non vuole fargli male.
La gamma di cose che s'immaginano in un anno è ben più ampia di un 90° in fretta - Prima esperienza traumatica e non ne avrà mai più
Prende in mano l'erezione di Randy, invece, cinque dita tiepide strette aderenti su ogni millimetro di pelle, e muove.
Giusto per farlo godere così tanto da togliergli ogni contrazione.
Ma costringerlo a serrare la gola per non gemere.
Si trova a considerare l'idea di appoggiare le labbra su quella parete lurida.
Per non far rumore.
Ma sarebbe impossibile.
Oltre al fatto che guadagnerebbe un biglietto per l'ospedale, visto lo stato delle piastrelle.
Il suo corpo si rilassa mentre il piacere lo invade come un flusso bollente.
Un flusso che lava via ogni resistenza e che sembra continuare a crescere.
A gonfiarsi come un fiume in piena.
Incapace di rompere gli argini però.
Per il momento.
Ecco lo sciacquone atteso, battito sul metronomo che sta scandendo il tempo.
Lloyd libera un gemito basso, strusciando la fronte sulla sua nuca.
E un altro colpo di polso, fino a tirargli tutta la sottile pelle verso la base del membro eretto.
Randy si morde le labbra, cercando disperatamente di ascoltare.
Ci sono stati i passi.
L’avventore se n'è andato?
Può di nuovo aprire bocca?
Posso?
Le mani sono appoggiate sul muro.
I palmi premuti contro.
Le dita che premono.
Come se ne andasse della sua vita.
Sente la lingua sul collo, accarezzare il lobo e scendere, stranamente familiarmente dolce.
Come se quello fosse un gesto consono e abituale, nessun pensiero a costruirne la dinamica.
Il semplice lento incedere di quella carezza viscida.
Il semplice lento incedere della virilità tesa dentro di lui, senza capire di quanto.
Geme, un sospiro di gemito.
Solo Lloyd lo può sentire, anche se il bagno fosse pieno.
Gli piace.
Gli piace così tanto che ne ha la mente piena.
Sente solo quello che Lloyd gli dà.
Il resto del mondo è escluso.
Mondo?
Esiste un mondo?
Si definisce quando arriva il limite, il pube di Lloyd sulle sue natiche.
E scompare di nuovo, come vento in faccia a 60 miglia all'ora, quando quella sensazione viene meno, risucchiata.
E torna, fino alla calda pelle del pube.
"Gemi." geme Lloyd e sembra soffocare. "Non c'è nessuno, cazzo, gemi!"
Randy si morde il labbro inferiore.
Reclina appena la testa e geme.
Un gemito basso, profondo, roco.
Intenso come una frustata su pelle intoccata.
Come una miccia accende, e il fuoco dentro di lui si espande e si tende.
"Più forte, Randy." sibila secco Lloyd, e morde il suo lobo per confermare l'ordine.
Potrebbe impazzire per quella voce urlata.
Gli prende l'equilibrio e lo fa tentennare, vertigini che sfarfallano ai lati delle tempie.
"Mi... mi sentiranno."
Mugola la frase a fatica.
Se lo sente dentro.
Lo sente che lo fa morire.
Morire di piacere.
Ma anche se non lo vede…
Non lo sente né altro...
Il mondo là fuori esiste.
E poi sente lui.
Che lo preme totalmente contro la parete, l'erezione costretta tra le natiche. Le stringe, per aumentare l'attrito. Gli morde la nuca, per fargli inarcare la schiena.
"Vieni e Urla."
Due ordini, due maiuscole, due suppliche.
La voce sempre più rauca ma sempre più stridente.
Rabbrividisce, inarcandosi come lui lo spinge a fare.
Sente l'orgasmo crescergli dentro ed esplodere contro quelle piastrelle luride.
Ora lo saranno di più.
Pensiero incoerente nel bianco della mente mentre la voce gli esce.
Piegata in un urlo di puro piacere.
Calda, forte.
Miracolo che ci sia un boato di gioia dei vincitori nell'altra sala.
Che non lo sentono.
Anche se...
In quell'urlo ha espresso ogni stilla del piacere che ha provato.
E non era una parola.
Non era una frase.
Non era un'invocazione.
No.
Ha urlato un gemito
La frequenza magica su cui Lloyd può sintonizzarsi.
Il suo "om" personale, vibrante e risonante, come le contrazioni della carne attorno a lui.
E quelle tre, quattro ultime spinte con cui si libera, il fiume che stilla gocce nell'antro stretto.
Per inerzia, altre spinte finché ogni contrazione si ripiega su sé stessa.
E il dovuto, immancabile, confortante respiro di sollievo di un orgasmo consumato.
Tiene il preservativo con le mani, e si sfila con un colpo.
Randy rimane immobile, respirando ansante.
Inspira.
Espira.
Inspira.
Espira.
Le mani ancora sul muro lurido.
Stacca appena il viso dalla parete ora che sente di potere.
Il rumore della plastica gonfia nell'acqua.
E lo sciacquone.
Lloyd pensa, ridendo, che i suoi futuri sogni erotici avranno una colonna sonora alquanto desolante.
Non può fare a meno di scattare un'istantanea del volto scosso di Randy. Sempre quell'espressione, quando si scopre di avere una via di piacere alternativa. Un'espressione impagabile.
Randy si tira su i boxer ed i jeans, rivestendosi più o meno.
Lentamente.
Le mani tremano appena.
Le vede coperte dalle dita di Lloyd, scoperte così tenaci rispetto alla sottile forma che hanno.
"Ma non è finita…"
La voce ancora stonata dell'altro, impastata di ormoni ha un retrogusto lascivo.
Appiccicoso come seme rappreso.
E con lo stesso retrogusto ostinato.
Volta appena la nuca.
Il suo sguardo è sorpreso.
I capelli argentei ricadono appena sugli occhi.
Come prima.
Accentuandone l'intensità.
"No ... ?"
Interrogativo.
Non ancora domo.
Ma più consenziente.
Ed un po’ perso.
Il piacere ancora forte nella sua mente.
La attutisce.
Decisamente più consenziente
Apri l'armadio e il babau non è così male.
Solo che non vuole essere richiuso dentro.
Questo gli dice il sorriso sincero di Lloyd.
Sincero d'ossessione.
Le dita si stringono di più, fa un passo in avanti con i jeans ancora slacciati, la felpa che copre i bordi.
"...Che altro... Lloyd?"
E succede.
Per la prima volta.
Da un anno, abbondante, che si conoscono.
Per la prima volta.
Lo chiama.
Normalmente.
Con la sua voce calda ed esitante.
Lloyd scivola dolce come il suo nome verso di lui, e di nuovo deciso depone una mano sul muro, fermandola sulle piastrelle.
L'altra, senza tergiversare altrove, finisce tra le gambe di Randy.
“Tu non hai la più pallida idea…” comincia, e mentre la frase incede con essa avanza il volto sorridente.
"Di nuovo... replichiamo?"
Randy è confuso.
Non che gli dispiaccia.
Glielo si legge in viso che gli va bene.
Ma non capisce.
"No." scuote la testa Lloyd, con deliberata lentezza e teatralità. "Non mi ripeto."
E stringe il membro stanco di Randy.
"Ma ci sono cose… E cose… Che sono fatte apposta per me e te"
Due differenti soggetti, ben distinti.
Ma che nella voce si uniscono in un suono languido, vischioso.
Randy avvampa.
Sente distintamente lui stesso che le guance si arrossano.
Pensa qualcosa.
Confusamente.
Prima che possa anche solo afferrare il significato della frase questa gli esce di bocca.
"Insegnami... Lloyd..."
E poi una lieve ironia gli filtra nello sguardo, pallida copia dell'antica resistenza di una mezz'ora prima.
"Puoi... vero?"
Lloyd si morde il labbro inferiore.
"L'unica cosa che posso insegnarti, sinceramente…" stringe le dita, poca forza, un piccolo massaggio. "E' come far venire fuori quella piccola bestia che tieni dentro… Prima mi pare di averla sfiorata, ma sono dovuto andare molto a fondo…"
Randy geme appena, sembra essere un tipo molto sensibile agli stimoli.
Socchiude gli occhi, ora di un blu molto più intenso del suo solito turchese.
"Qui?... E' scomodo... potrebbero sentirci..."
"Se vuoi…" è una proposta sfumata di insinuazione. "A differenza dei marmocchi io ho una camera tutta mia. E pensa…" sbarra di poco gli occhi, spalmando il seme sul ventre dell'altro. "Persino in una casa mia."
Randy fa una smorfia, punto dalla sua ironia.
Lui vive con il fratello di 25 anni, uno degli amici di là.
Anche se Lloyd non lo sa.
Del resto si assomigliano poco e non è che specificano ogni secondo di essere fratelli.
"Spiacente... ma Jack non gradirebbe trovarti nel mio letto... è un tipo possessivo."
Scherza, più o meno.
In realtà il fratello è possessivo ed anche protettivo.
Ma non ha idea della reazione che avrebbe.
"Esci dal bagno." gli dice, secco, Lloyd, distogliendo lo sguardo e, con fastidio, la mano dallo scivoloso gioco. "Io posso sparire senza dire nulla a nessuno, la mascotte deve salutare."
"Rilassati... Jack non ti mangerà."
Randy gli rivolge un sorrisetto tra il complice ed il malizioso e poi esce dal cubicolo andando a darsi una sistemata davanti allo specchio.
Poi i suoi passi si allontanano veloci.
La porta scricchiola ed oscilla rumorosamente.
Il sottofondo del locale per un attimo fa capolino...
Ed è il silenzio.
Lloyd è solo.
Solo e una quantità di formicolii sotto pelle che non lo abbandonando.
E non vuole, che lo abbandonino.
In fretta fuori dal bagno a sistemarsi, e poi in fretta fuori dal locale.
Come un sogno, la terribile sensazione che riprendendo lucidità tutto svanisca…
E mentre cammina, poco dopo, una voce allegra lo riprende.
"Lo sai che centrerai un palo se cammini così?"
Sorride l'intera aria, inquinata, attorno a loro mentre Randy gli lancia uno sguardo allegro, battendogli sulla spalla.
"Allora... da che parte andiamo?"
E non si capisce bene se intende la strada ... o un frammento di vita.
Rubato tutto da loro.
Rubato tutto per loro.
Rubato e durerà poco, ma intanto c'è.
E questo basta.


- fine -