Slash su AYAKURA di Eva Villa (e credo che sia il primo in assoluto, yeah!) (Povera Eva, temo che non sarà neanche l'ultimo). (E povera me! Carter non può mettere le mani sulle sue slasher ma Eva sa benissimo dove abito...) Perdonate gli errori in romanesco. Questo è il mio secondo omaggio alla creatura di Eva (l'altro è musicale). I give what I can.


ELIOGRAFIE

Annamaria Baglioni, 1999

 

"Stasera chiudi tu, va bene?"

"Ah."

"Problemi?"

Ondata di risentimento negli occhi (troppo limpidi per poterlo nascondere).

"Beh... no."

Speravo di aver più tempo in palestra, cazzo!

"Aspetta che guardo se ho l'altro mazzo di chiavi... sì, bene, allora domani apro io."

Almeno potrò dormire un po' di più, sospirò Elio, rassegnato.

Restò solo. Nel negozio deserto, in compagnia del ronzio elettronico della fotocopiatrice e della lampada al neon.

I cestini della carta erano pieni di fogli strappati, errori, imballaggi delle risme, contenitori vuoti del toner. Elio vuotò la spazzatura nel bidone del retrobottega, ripulendo anche i portacenere pieni di mozziconi del titolare. Risistemò le risme di carta, impilò le fatture del giorno accanto alla cassa, pinzò insieme un mazzo di ricevute e cercò di rammentarsi come si chiudeva il registratore, se era sufficiente girare la chiavetta o c'era da fare qualcos'altro...

Un'occhiata finale al negozio, poi uscì

Si appese alla maniglia della pesantissima serranda e fece per abbassarla.

A metà della corsa la serranda si bloccò.

Elio si voltò di scatto e si accorse quasi di colpo della figura immensa di Simon alle sue spalle, che sorreggeva la serranda con una sola mano, l'aria più tranquilla del mondo sul suo volto cesellato.

Il battito del cuore di Elio salì a mille. Colpito quasi fisicamente dalla propria emozione, reagì immediatamente come un gatto a cui si pesta la coda.

"Ahò, il negozio è chiuso."

Simon fece il suo sorriso serafico e malizioso insieme. Sollevò un pochino la serranda, mise la mano tra le scapole di Elio e lo spinse dentro.

"Però tu sei aperto."

Entrò a sua volta e abbassò la serranda alle sue spalle.

"Embé?" chiese Elio, aggressivamente, credendo di mascherare così la sua tensione a trovarsi solo con lui. "Che ce fai qui? Nun me vanno le sorprese." Mise i pugni ai fianchi. "E poi che vo'ddì 'sta insinuazione? Che io sono aperto? Aperto in che senso?!"

Simon si aggiustò i biondi capelli, ebbe uno sguardo ammiccante.

"Aperto... a tute esperienze, sì?"

(Simon era straniero, parlava con accento strano, se volete sentire la sua voce aspettate che la Kodansha tragga un anime dal manga di Eva, NdA!)

Elio protese un istante le labbra in avanti, in una sorta di broncio.

"Uhm. Vabbè. Mettiamola così, e guarda che io nun sono aperto di lì, so' chiuso, chiuso per ferie, chiuso fino a data da destinarsi, chiaro?... Quindi aria, se è questo che stai cercando."

"Io sono qui solo per copie," fece Simon con l'aria più innocente del mondo.

"Ah."

Credevo per far sesso... pensò Elio, con una punta di inammissibile delusione.

Guardò le mani vuote di Simon. "E copie de che? Dove sta il foglio?"

"Foglio?"

"Avanti, tiralo fuori e facciamo presto..."

"Tiralo fuori...?"

Simon restò un po' perplesso, inclinò la testa di lato, poi sorrise. "Ahhh..." E portò la mano alla patta dei calzoni.

"Ma che cazzo fai?!" esclamò Elio, sconcertato.

"Io lo tira fuori e faciamo presto."

"Ma che, ci hai in testa solo quello?!" Elio si morse il labbro inferiore, poi si rammentò di essere in negozio, e si sentì nervosissimo. "Senti, Simon: qui non si tromba, qui si fanno copie..."

"Apunto. Io vuole dieci di te."

"Eh?!"

Simon indicò l'esterno del negozio. "C'è scrito fuori. Eliofotocopie."

Elio restò a bocca aperta.

Poi si passò la mano tra i capelli castani.

"Ma che te sei messo in mente?!..." Rise, a crepapelle. "Mica vuol dire che so' copie de me! Eliofotocopia è una cosa che... se fa per i proggetti, i disegni delle case, ci hai presente... " Si appoggiò al bancone, ruminando l'idea. "Elio, Fotocopie. Seeeh, magari 'sto negozio fosse mio... sarebbe: Da Elio, fotocopie." Di nuovo rise. "Ammazza, pare 'na pizzeria..."

Simon stava in silenzio, ed era chiaro che non capiva, o non gli interessava capire tutto quel che diceva Elio. La sua attenzione era tutta concentrata su quel bel ragazzo muscoloso e nervoso, giovane e un po' timido e per questo più spavaldo: un'immagine che suscitava in lui tanti ricordi, piacevoli e no, di un passato mai dimenticato...

Elio si accorse di quello sguardo pesante, e tagliò corto: "Insomma, bello: qui si fanno copie, di documenti, di carte, di disegni, e cazzi del genere..."

Simon si illuminò tutto.

"Cazi. Sì. Copie di cazi."

Fece un passo avanti, agguantò Elio per la collottola.

"Ehi, giù le mani... ma che fai?!"

Simon lo spinse dolcemente verso la fotocopiatrice.

"Tu qui per lavorare, sì? Io vuole copie. Dieci." Sollevò il coperchio della macchina, ci addossò contro Elio e gli sussurrò dolcissimo all'orecchio. "Uno solo di te non mi basta più."

E un bacio delicato, insinuante sul collo suggellò il suo desiderio.

"Eddài..." Elio si sentiva accaldato, suo malgrado.

Mani sotto la maglietta, i bottoni dei jeans che si aprivano quasi da soli.

Elio ansimava sentendo il peso del corpo incredibile di Simon addosso al suo, la sua voce carezzevole, suadente, implorante.

"Sei belo. Caldo. Io ti vuole, tanto."

Mani che si intrufolavano nei calzoni.

"Nun ce provà..." mormorò Elio con voce roca.

"Io non vuole niente di male. Solo copia."

Abbassò i jeans e gli slip di Elio e lo piegò a novanta gradi sul vetro della macchina, facendogli premere sopra i genitali. Elio vide le dita di Simon andare al display del numero di copie, digitare un dieci luminoso, e si rilassò un istante, ridacchiando.

"Anvedi che sozzo, è questo che vuoi, copie di cazi..."

Il suo intanto si intrufulava lungo il vetro, ansioso di fare bella figura.

Il dito di Simon scivolò sul pulsante verde di accensione.

"Ora io... copia con te."

Elio trasalì.

"Nun ce provà, t' ho detto!..."

Pressione sul tasto.

Flash... flash... flash...

Elio sentiva quasi fisicamente il calore dei lampi della fotocopiatrice contro il suo ventre.

Simon addosso a lui, contro i suoi lombi nudi, dolcissima pressione.

"Oh cazzo..." rantolò il ragazzo, accecato dalla cruda luce che frustava le pareti del negozio.

"Non fa male," sussurrò Simon, eccitatissimo.

"Dici?..."

Flash... flash... flash...

I fogli si accumulavano nel cassettino.

Elio gemeva, vinto.

*

Simon prese le fotocopie, ci diede un'occhiata, poi fece un sorriso malandrino in direzione di Elio, che ansimava sconvolto, le mani appoggiate alla fotocopiatrice ronzante.

"Sai cosa, Elio? Buone copie, ma io preferisce l'originale."

Occhi verdi incazzati si levarono su di lui.

"Mi avevi detto che non faceva male!"

Simon alzò le bionde sopracciglia, con innocenza.

"Infati a me non ha fato male, te lo asicuro!"

Lo sdegno imporporò la faccia sudata di Elio.

"Stronzo!"

Simon gli si avvicinò. "Non ti è piaciuto? Pecato."

Prese il coperchio della fotocopiatrice e lo chiuse di botto.

Elio arretrò istintivamente.

Ciac!

Che suono strano...

Poi Elio realizzò cos'era successo.

"Merda!" esclamò, costernato.

Riaprì in fretta il coperchio. Ma era troppo tardi, ovviamente.

Simon si sporse sulla fotocopiatrice.

"Oh, cosa è questa roba bianca tuta spiacicata su vetro, coperchio?..." Passò un dito sulla superficie inzaccherata e se lo portò alle labbra, con aria malandrina. "Ahhh... ma è sbora! Come mai tanta sbora qui se non ti è piaciuto?"

Elio lo fissò, paonazzo in faccia.

"A' biondo, senti, vedi di annàttene, eh?!"

"Dove?"

"Indove te pare... va' affanculo!"

Prese lo straccio, imprecando. Pensava a quanto tempo ci avrebbe messo a ripulire per bene tutta la macchina. E se l'odore del Vetril avrebbe mascherato quello dello sperma...

Come mai tanta sbora qui se non ti è piaciuto?

Elio era furioso con se stesso e con Simon.

Vabbé, ammettiamolo: almeno un pochino mi è piaciuto...

Suo malgrado gettò un'occhiata alle fotocopie che il biondone teneva in mano, dove in bianco e nero erano state immortalate le sue parti migliori, nitidissime contro il fondo confuso, la sequenza di tutti i suoi contorcimenti.

Eliofotocopie...

Non sapeva bene il perché, ma si vergognava di quel che si era lasciato fare.

"Io molto sodisfato del tuo negozio," sorrise Simon. "Buon lavoro." Posò le copie sul bancone. "Ora io pago."

"Ahò, non sono una marchetta!" saltò in aria Elio, inferocito.

Simon indicò alle sue spalle. "Dieci copie duemila lire, c'è scrito fuori. Ecco duemila lire."

Le lasciò sul bancone, si aggiustò i vestiti, ammiccò al ragazzo.

"Tu sai mio numero di telefono, sì? Tu sai dove io abito." La sua voce si fece calda. "Ti aspetto, Elio. Quando hai voglia... vieni."

E se ne andò.

*

Elio si svegliò tardi il mattino dopo, confuso ed appagato.

Non c'era fretta, c'era il titolare ad aprire il negozio.

Si assicurò che la nonna non fosse nei paraggi, e tirò fuori dalla borsa sportiva le fotocopie.

Simon le aveva dimenticate.

O forse le aveva lasciate a bella posta.

Elio guardò i fogli, ad occhi spalancati. Bestiale com'erano chiare le immagini di quel che c'era a contatto col vetro, era una vera e propria fotografia!

Simon era un drago a fargli fare porcate come quelle.

E fotocopia qua, fotocopia là, alla fine c'è riuscito, a mettermelo nel culo...

"'Sto brutto fijio de 'na mignotta," mormorò, ma senza cattiveria.

Si stirò voluttuosamente sulle lenzuola, ricordando la sera prima. Se solo quel bacchettone rompicoglioni del titolare avesse visto, se avesse saputo cosa era successo nel suo negozio...

Mica so' cazzi suoi!

Elio sogghignò, passando le fotocopie.

Eh sì, questi so' proprio cazzi miei... anvedi quanti cazzi: uno, due, tre, quattro, cinque, sei...

Si accigliò.

Sette, otto, nove...

Nove.

"E il decimo?!" esclamò a voce alta.

Poi rammentò.

La macchina sporca di sperma. Aveva dovuto spegnerla per pulirla senza rischiare di rimanere fulminato. Ed era stato tanto stravolto da staccare la spina senza far caso ad una spia che lampeggiava...

Quale spia? La prima in alto a destra.

Paper jam!

"Mapporcazzozza...!!!" gridò, mettendosi le mani nei capelli.

Infilò le copie di nuovo nella borsa, saltò letteralmente nei jeans, infilò la maglietta, agguantò le chiavi del negozio e corse fuori, la nonna che lo inseguiva.

"Elio! Non fai colazione?!... Non ti sei neanche lavato la faccia!"

Se non arrivo in tempo altro che la faccia, mi lavano...

Scese le scale di casa rischiando di inciampare, corse per la strada come un ladro, la gente che lo seguiva con lo sguardo. Quasi si fece stirare da un paio di macchine, che lo mandarono in luoghi innominabili, lui non si fermò neanche a rispondere, tutto quel che voleva era arrivare al negozio, arrivarci prima del titolare...

Troppo tardi.

Il negozio era aperto ed il titolare era già dentro.

Elio restò a guardarlo con occhi sbarrati, tutto ansimante.

"Ciao," lo salutò quest'ultimo. "Perché tanto presto? Te sei dimenticato quarche cosa?"

Accanto alla fotocopiatrice c'era una figura nera.

"Posso, vero?" chiese una dolce vocina.

"Ma certo che può, Suor Giuseppina" rispose il titolare con voce cordiale. "Tanto sa fare da sola, no?" Si rivolse a Elio. "Già che sei qui, segna tu venti copie del bollettino parrocchiale."

Flash, flash, flash...

Elio era agghiacciato.

Se il foglio è rimasto dentro la macchina...

"E ora vediamo com'è venuto il bel disegnino di don Franco..." cinguettò la suora, chinandosi sul cassettino delle copie in uscita.

... e con l'accensione la macchina si è resettata...

"Oh Vergine Benedetta!" squittì la religiosa.

Elio si sentì morire.

"Che c'è?" chiese il titolare, preoccupato. "Nun son venute bbene?... Sorella... Ahò! A' sorè!... Ma che, se sente male?!... Elio! Nun stare lì impalato, pijia un po' d'acqua! Sorella!..."

Sul bollettino parrocchiale, invece del disegnino di don Franco...

... c'era la decima Eliofotocopia.



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