Disclaimer: i personaggi di questa storia li ho creati io, quindi mi appartengono.

Note: tra # # c’è il corsivo, sono le parti nel passato


Dragon and Warrior

di Bombay

Parte 2/2

#Cammino a testa bassa, assorto nei miei pensieri, mio padre mi ha sgridato per una sciocchezza, sembra che tutto quello che faccio non vada bene ai suoi occhi.

Raggiungo il piccolo stagno, non lontano da qui, mi siedo sul bordo e prendo a scagliare con rabbia dei sassi dentro l’acqua.

“Perché te la prendi con l’acqua, Arek? Cosa ti ha fatto?”

Una figura ammantata di nero mi si avvicina, scrollo le spalle, Sotros si siede vicino a me, mi scosto un poco allontanandomi da lui, stargli troppo vicino ultimamente mi provoca uno stano turbamento.

“Hai paura di me?” domanda notando il mio movimento.

“No, voglio solo stare da solo” sbotto irritato, in parte è vero, in parte no.

“Hai di nuovo litigato con tuo padre” non è una domanda bensì un affermazione.

Sbuffo scostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

“Le voci corrono in fretta a quanto pare”

“Non mi è giunta nessuna voce, l’ho capito dalla tua espressione, dal tuo sguardo” lo guardo negli occhi, quegli occhi azzurri e limpidi. Occhi azzurri: insoliti per un Drago Nero, bellissimi nel viso regolare e delicato di Sotros. Lui è bello, mia sorella Mairim è innamorata di lui, ma Sotros la considera solo un’amica..

Abbasso lo sguardo non riuscendo a sostenere il suo, non so molto di lui, come gli altri del resto, da dove venga, quale sia il suo passato. Solo Trius lo sapeva

“Questo sarà il mio successore quando non ci sarò più” aveva detto il vecchio capo branco e così è stato, nessuno a mosso obiezioni, beh a parte Alcon, che mirava di diventare il successore da sempre, ma non ha potuto opporsi nemmeno lui alla volontà dell’anziano capo branco.

Sotros passa la maggior parte del suo tempo da solo, preferisce la compagnia di vecchi libri polverosi che la presenza di altre creature viventi, a parte me, cerca spesso la mia compagnia, fino ad un po’ di tempo fa non mi sembrava vero di poter condividere il mio tempo con lui.

Ora, ogni volta che sto con lui, mi sento strano, turbato e non so spiegarmi perché, invece quando non è con me continuo a pensare a lui.

“Ti va di parlare?”

Mi riscuoto bruscamente dai miei pensieri “Non c’è niente da dire” sbotto irritato, alzandomi in piedi, mi spolvero i vestiti, si alza a sua volta, è poco più alto di me, mi solleva il viso con la mano, rifuggo il suo sguardo.

“Guardami” è solo un sussurro, ma lo sento come se avesse gridato.

Punto i miei occhi neri nei suoi azzurri, il mio cuore comincia a battere più forte, sorride ed il suo viso si addolcisce, un sorriso che pochi hanno il privilegio di vedere.

“Tuo padre ti vuole bene e ti vuole proteggere, non avergliene a male per questo”

Annuisco, la sua mano mi sfiora lieve la guancia, si allontana da me andandosene da dove è venuto.

Ho il viso in fiamme, mi siedo a terra non capendo perché mi sento così strano e confuso.

 

E’ una splendida serata, mi allontano dalla mia famiglia, dopo aver appianato i dissidi con mio padre.

Solitamente per dormire riacquisto la mia forma: sono orgoglioso di essere un Drago Nero, però assumere sembianze umane ha i suoi vantaggi.

Mi stendo sul manto erboso e fisso le stelle sopra di me, la mia mente richiama il volto sorridente di Sotros, mi tocco la guancia, posso ancora sentire il calore del suo tocco, un brivido mi percorre la schiena, di nuovo la sensazione che ho provato oggi pomeriggio.

Sento una strana tensione crescere sotto la cintola, mi è già successo altre volte, ma ho sempre pensato ad un effetto collaterale della metamorfosi.

Mairim mi ha spiegato qualcosa su come si riproducono gli Uomini e di quanto sia più piacevole che per noi Draghi. Non l’ho mai sperimentato, né in una né nell’altra forma quindi non posso dare un parere. A dire il vero la cosa non mi ha mai interessato.

Sospiro, Sotros, perché continuo a pensare a lui? La tensione aumenta e non so come porvi rimedio, mi volto su un fianco, poi a pancia in giù sul terreno duro, un brivido mi percorre la schiena, muovo i fianchi la piacevole sensazione si ripete, mi volto nuovamente sulla schiena, infilo una mano nei pantaloni, la muovo su e giù per tutta la lunghezza, brividi di piacere mi scombussolano, fino a quando la mia mano non si bagna di un liquido bianco ed appiccicaticcio. Sono stordito dal piacere che ho provato, arrossisco, faccio un paio di respiri profondi, devo parlarne con qualcuno, con i miei genitori neanche a pensarci, Nibor e Roxul non ci sono torneranno solo domani, Amnes mi prenderebbe in giro per l’eternità e Mairim l’ho vista sparire con Ridas quindi non la vedrò fino a domani mattina.

Forse potrei parlarne con Sotros, no non se ne parla. Cosa penserebbe di me? Allora perché mi sto recando nel luogo in cui abita?

Il vecchio castello diroccato, illuminato dalla luna mi mette un po’ d’inquietudine.

“Chi è la?” domanda Sagar.

“Sono Arek figlio di Valmen, devo parlare con Sotros” rispondo e non capisco perché la mia voce tremi.

“A quest’ora?”

“E’ urgente” ribatto, sospiro ora mi manderà via a calci.

“Arek…” la calda voce di Sotros, vedo il suo corpo posarsi leggero sul terreno, un bagliore lo avvolge ora è davanti a me nella sua forma umana.

“Cosa ti è successo? Sembri sconvolto” mi dice scrutandomi attentamente con fare quasi fraterno.

“Devo parlarti” mormoro, ma come fa a sapere sempre tutto di me, sono così trasparente?

“Vieni” mi invita a seguirlo con un cenno della testa.

Percorriamo un sentiero che conduce dietro le rovine del castello, ci sediamo sull’erba umida, sotto ad una quercia.

“Allora?” domanda creando una piccola luce sopra le nostre teste, anche se sia io che lui ci vediamo perfettamente.

Prendo un profondo respiro ed inizio a parlare, non fa commenti, non ride di me, mi ascolta e basta fino a quando non mi fermo.

“Hai solo scoperto il modo in cui si amano gli Uomini, una parte almeno”

Incuranti dell’ora tarda, continuiamo a parlare, Sotros mi spiega molte cose e risponde alle mie domande ed ai miei dubbi, rassicurandomi.

Restiamo in silenzio per un po’, Sotros è così vicino che posso sentire il calore del suo corpo attraverso il tessuto dei nostri vestiti e questo mi provoca nuovamente strane reazioni.

Sotros allunga una mano e me la posa sul petto all’altezza del cuore.

“Per chi batte così forte il tuo cuore, Arek?” mi domanda con voce stranamente dolce e sognante.

Trattengo il fiato, perdendomi in quegli abissi azzurri. Cosa gli rispondo?

“Se te lo dicessi mi odieresti”

“No, non posso odiarti, Arek. Non posso, credimi…” mormora con voce bassa e sensuale, la sua mano si sposta sul mio viso.

“Per te, batte per te…” bisbiglio e nel momento stesso in cui mi esprimo so che è così. Nella mia mente si fa chiarezza, ecco perché mi sentivo così. Sono innamorato, innamorato di Sotros ed ora ho paura perché so che è un amore impossibile. Uno come lui cosa può trovare in uno come me?

Sorride dolcemente accarezzandomi le labbra con il pollice.

“Mi dispiace” sussurro abbassando lo sguardo.

“Shhh”

Si avvicina a me chiudo gli occhi, le sue labbra sfiorano appena le mie, ma questo basta per stordirmi.

Poso le mani sulle sue spalle, respiro profondamente un paio di volte, Sotros aspetta in silenzio, chiudo nuovamente gli occhi.

Le sue labbra sono un'altra volta sulle mie, le succhia dolcemente vi passa la lingua sopra. Reclino il capo indietro socchiudo la bocca la sua lingua si fa strada tra le mie labbra. Non so cosa fare. Non ho mai baciato nessuno prima d’ora. Questo è il mio primo bacio, è stupendo.

Abbandona le mie labbra, mi stringe forte a sé, ho terribilmente caldo. Chiudo gli occhi respiro profondamente, il profumo di Sotros mi pervade le narici, il suo abbraccio è dolce e rassicurante, potrei restare così per tutta l’eternità, ma non ho fatto i conti con il mio corpo che reagisce alla vicinanza di Sotros e lui se ne accorge.

“Voltati ed appoggiati a me”

Faccio come mi dice e mi ritrovo seduto tra le sue gambe con la schiena appoggiata al suo petto.

Le sue mani percorrono il mio petto sopra il tessuto della leggera tunica, poi sotto ad essa accarezzandomi direttamente la pelle. Poso la testa sulla sua spalla, mi bacia il collo, una mano mi accarezza tra le gambe, scatto come una molla.

“Ahhh… Sotros… no…” gemo imbarazzatissimo.

“Rilassati, non farò nulla di diverso da quello che hai fatto da solo” mormora ed il suo respiro sulla mia pelle mi fa tremare.

La sua mano si intrufola nei miei calzoni, la muove su e giù con lentezza e di tanto intanto mi stimola la punta con il pollice; dalle mie labbra escono gemiti incontrollati.

“S-Sotros… ahhh… no… ohhh… si… ahhhhhh”

“Non mi sembri molto convinto” sussurra divertito al mio orecchio mordicchiandolo.

La sua mano si muove con maggiore rapidità su di me.

“Fermo… sto… sto… ahhhhhhh”

Troppo tardi: spargo il mio liquido bianco sulla sua mano. Mi appoggio pesantemente contro di lui, svuotato nel corpo e nella mente.

Sotros si sdraia portandomi indietro con sé, mi volto restando su di lui, che mi accarezza lentamente i capelli e la schiena.

 

I giorni passano e tra me e Sotros le cose vanno a gonfie vele. Sono immensamente felice se ne sono accorti tutti, ma non mi importa.

Passo tutto il tempo libero che ho con lui ed un caldo pomeriggio d’estate, lo raggiungo all’interno delle rovine dove c’è penombra e frescura.

Lo trovo nella camera, steso sul letto con addosso solo un paio di pantaloni chiari.

“Dormi?” domando avvicinandomi.

“No, vieni qui…”

Mi tolgo gli stivali e salgo sul letto al suo fianco.

“Non hai caldo?” domanda sfilandomi la camicia, le sue dita fredde percorrono la mia pelle calda e sudata.

“Un po’, la strada per venire qui è tutta al sole” sussurro sulle sue labbra, in breve sono nudo sotto di lui, le sue mani mi toccano con lentezza e precisione, sa dove sono più sensibile.

Prendo il suo viso tra le mani e lo bacio con trasporto, con una mano stuzzica un capezzolo con l’altra si prende cura del mio sesso. Mugolo di piacere nella sua bocca, abbandona le mie labbra scende lungo il mio petto lasciando una scia umida. Inarco la schiena quando mi prende tra le labbra, sono scosso da tremiti di piacere, poso le mani sulla sua testa, tra i suoi corti capelli neri.

Sugge con forza, mi accarezza i testicoli, mi porta inesorabilmente verso il limite, se continua così verrò nella sua bocca.

“Sotros… b-basta… ahhh… basta… ahh… ahh… spo… stati” inutile non mi ascolta vengo con un lungo e basso gemito inarticolato, mi bacia condividendo con me il mio sapore, percorro la sua pelle titubante, ho paura di sbagliare, posa la sua mano sulla mia, guidandola, la posa sul tessuto teso dei suoi pantaloni; intrufolo la mano sotto di essi ed accarezzo il suo fallo, morbido e duro, caldo ed umido.

Le sue labbra sul mio orecchio “Toglili” ansima.

Con un po’ di fatica gli sfilo i pantaloni, riprendo ad accarezzarlo, poso le labbra sul suo petto bianco e liscio, sfioro un capezzolo rosa, lo lecco lo prendo delicatamente tra i denti.

Il respiro di Sotros accelera diventando irregolare.

“Fallo ancora” geme.

Lo mordicchio piano, un gemito esce dalle sue labbra, faccio altrettanto con l’altro mentre muovo la mano su di lui.

Scendo ancora un po’ gioco con il suo ombelico, la sua mano si posa sulla mia testa, mi guida verso le sua labbra cattura le mie.

“Ti amo” sussurra “Ti ho amato dal primo momento che ti ho visto” mi confessa “Non avrei mai sperato tanto, mi bastava vederti felice, ti avrei amato da lontano…”

Sono commosso dalle sue parole mi accarezza le labbra con un dito “Ti prego, continua, ti sei fermato sul più bello”

Arrossisco di botto, riprendendo il movimento con la mia mano. “S-scusa ” balbetto.

Sotros riprende a baciarmi, trema nella mia mano e si libera.

Ci prendiamo una lunga pausa accoccolati l’un l’altro, nonostante il caldo, mezzi addormentati.

Lo osservo per un po’, mi metto sopra di lui, apre gli occhi.

“Ancora” sussurro sorridendo.

Riprende a baciarmi sospingendomi sul materasso, è sopra di me, vorrei fondermi con lui, vorrei essere una cosa sola con lui, anima e corpo, ma non so se è possibile in fondo siamo entrambi maschi.

“Voglio di più Sotros, molto di più” affermo e spero capisca ciò che intendo.

“Non avere fretta Arek”

“Ti prego” lo supplico, inarcando la schiena, i nostri sessi si toccano. “Ti prego” mugolo.

Sotros scende verso il basso mi solleva le gambe, sussulto, la sua lingua è tra i miei glutei, stimola il piccolo orifizio fra essi; mi posa due dita sulle labbra, le succhio piano.

I suoi occhi sono nei miei, mi osserva mentre con un dito entra dentro di me, mi irrigidisco e stringo i glutei.

“Rilassati o ti farò più male…” mi consiglia.

Spinge il dito in profondità nel mio corpo, è strano, non spiacevole, ma strano.

Aggiunge un secondo dito al primo, li muove dentro e fuori.

Li estrae e mio malgrado sospiro di sollievo, il mio sguardo si posa sul suo fallo, non è la prima volta che lo vedo, ma mi rendo conto di quanto sia grande. E’ impossibile che entri in me.

Vengo colto dal panico e naturalmente Sotros se ne accorge.

“Se non vuoi…”

“Io, io ho paura, ma voglio farlo…” confesso continuando a spostare lo sguardo dal viso al sesso di Sotros.

Si fa strada dentro di me, fa male, troppo.

Lo fermo. Chiudendo forte gli occhi.

“Vuoi che esca?”

“Sì. No. Non lo so…” balbetto avanza un altro po’, fa male, è enorme, mi spacca in due.

“Arek, apri gli occhi”

Lo faccio fisso i suoi occhi resi liquidi dal piacere, esce da me. Mi sento terribilmente in colpa reclino la testa di lato.

“Mi dispiace”

Sorride “Non è detto che debba essere solo tu ad accogliere me, si può fare anche il contrario…” afferma strizzando l’occhio.

“Cosa?”

Non capisco, si mette a cavalcioni su di me.

“A me piace in entrambi i modi…”

Mi riceve nel suo corpo, il suo calore mi avvolge strettamente, si muove su e giù regalandomi un piacere sconosciuto provocato dall’unione dei nostri corpi.

Vengo dentro di lui inarcandomi e gridando il suo nome in un’estasi di piacere.

Mi fa uscire da sé ma resta a cavalcioni su di me.

Il sudore gli imperla il corpo è bellissimo, mi mordo le labbra, desidero averlo dentro di me, arrossisco.

“Sotros, voglio sentirti dentro di me”

“Non serve a me va bene anche così…”

“Ma a me no” protesto.

Sorride, divarico le gambe dandogli libero accesso.

Stringo forte gli occhi, il dolore non è diminuito… mi bacia e si introduce completamente dentro di me. Mi sento riempito, ansimo forte lottando per non mettermi a piangere.

Esce quasi completamente poi riaffonda, il dolore mi toglie il fiato, ripete il movimento e questa volta qualcosa cambia. Ha toccato un punto che mi ha dato piacere, alla spinta successiva la cosa si ripete e si intensifica via via che di muove in me. Il dolore scompare lentamente.

Sotros prende il mio membro nuovamente rigido e lo stimola aggiungendo altro piacere, sento chiaramente il suo calore invadermi ed il mio lasciare il mio corpo.

Stremato, sudato ed ansante resto immobile. Sotros esce da me lasciandomi un vuoto immenso, si sdraia a pancia in giù accanto al mio fianco intreccia la sua mano con la mia.

Mi addormento così: felice ed appagato.

 

Un boato mi sveglia di soprassalto, scatto a sedere sul letto.

Sotros è alla finestra, già vestito.

“Cosa succede?” domando mettendomi a sedere sul letto ignorando il dolore che mi attraversa la schiena.

“Ci attaccano!”

Mi infilo i pantaloni e la casacca, mi accosto a lui; è notte, abbiamo dormito per tutto il pomeriggio.

Fiamme, alte e rosse si stagliano nel cielo nero della notte, poi li vedo, Draghi.

Draghi Rossi, non può essere.

“Non è possibile, sono nostri alleati. Perché, perché ci attaccano?”

Sotros mi afferra per le braccia.

“Scappa verso Nord, verso i ghiacci perenni, i Draghi Azzurri ti ospiteranno, digli che sono stato io a mandarti, che l’alleanza tra Draghi e stata infranta dai Rossi”

“No, non posso andarmene ci sei tu, la mia famiglia…”

La mia famiglia è la dove ardono le fiamme, devo andare da loro, mi divincolo dalla sua stretta, esco all’aperto.

Sotros è sopra di me si dirige nella mia stessa direzione laggiù ci sono mia madre mio padre, i miei fratelli e le mie sorelle.

Arrivo, il calore mi investe, mi fermo sconvolto per quel che vedo, non può essere: è un incubo.

Alzo gli occhi al cielo, la battaglia infuria sopra la mia testa.

Sotros si pone al centro delle due fazioni in lotta. Sento la sua voce, ma non comprendo le parole, la mia mente è troppo sconvolta… lentamente tutti atterrano, Neri e Rossi.

Alcon si scaglia contro Sotros, i due ingaggiano battaglia.

Il capo dei Rossi parla e spiega cosa è accaduto.

Alcon ci ha tradito dicendo ai Rossi che Sotros ha infranto l’alleanza, loro ci hanno attaccato.

Un errore.

Il tradimento di Alcon ha distrutto la mia famiglia e quella di altri, che in questa notte calda dormivano ignari del pericolo.

Sotros ha la meglio su Alcon, lo atterra, lo uccide.

Plana su terreno si trasforma, si inginocchia davanti a me, mi abbraccia, le mie membra sono intorpidite, dalla felicità più assoluta sono passato alla disperazione più nera, tutto intorno a me è confuso ed indistinto. Sotros mi scuote, lo guardo in viso, è triste molto triste.

Impartisce ordini secchi e decisi, mi costringe a mettermi in piedi, sposto lo sguardo di qua e di là e la vedo: Mairim è rannicchiata in un angolo.

“Mairim” sussurro appena.

Sotros segue il mio sguardo ed anche lui la vede, le corre incontro la fa uscire da lì e lei grida, grida, grida.

Il suo grido mi strazia, vorrei unirmi a lei, ma il dolore è così forte che mi annienta, la vedo accasciarsi tra le braccia di Sotros che la solleva e viene verso di me.

“Seguimi” ordina.

Come una bambola lo seguo, affida Mairim alle cura di qualcun altro, viene da me, mi conduce nella nostra stanza, mi fa sdraiare sul letto sfatto, che sa ancora di noi.

“Arek”

Volto il viso e lo guardo, gli occhi azzurri di Sotros sono velati di tristezza ed incredibilmente lucidi.

“Mi dispiace così tanto Arek, avrei dovuto immaginare che Alcon prima o poi avrebbe fatto qualcosa di molto stupido, non avrei mai creduto che avrebbe messo in pericolo il branco”

Mi sfiora la guancia dolcemente.

“Mia madre, mio padre, dove sono?”

Scuote piano la testa “Sono morti…”

Morti.

Questa parola fa scattare in me qualcosa. Non ci sono più, non li potrò più vedere, non gli potrò più parlare.

“No, non è vero. E’ stato solo un brutto sogno, vero?” domando, cerco nei suoi occhi una verità che non esiste.

Sotros mi abbraccia, le lacrime prendono a scorrere sulle mie guance, affondo il viso nel suo petto e piango, sempre più forte.

Mi fa male la testa, mi fa male il petto, sto male.

“Sotros…” singhiozzo.

“Sono qui, sono qui…”#

 

Chissà perché mi sono tornati in mente questi ricordi. Il sole sta tramontando, come ogni sera, portandosi via un altro giorno.

I giorni creano le settimane, le settimane, i mesi.

Domarak corre nella sala comune si ferma a pochi passi da me.

“Ho una notizia importante per te, Arek. Il ragazzo che è stato qui mesi fa è stato catturato, pare lo abbiano imprigionato e torturato, poiché non ha dato informazioni su di noi, lo ritengono un traditore”

Mi alzo di scatto “Sei sicuro che fosse lui?”

Annuisce “Ho sentito che lo chiamavano per nome: Willard”

Stringo i pugni fino a farmi male.

“Devo salvarlo” sussurrò.

Mairim mi posa la mano sul braccio “Non dire sciocchezze, non vorrai mettere in pericolo la tua vita per quell’Uomo?”

“Ti affido il comando, vado solo!” affermo scrollandomi di dosso la sua mano, allontanandomi.

Mairim non ribatte.

 

Plano nel bosco, compio la metamorfosi ed entro in paese, nonostante l’ora tarda c’è molta gente in giro.

Entro nella locanda, mi siedo al bancone, allungo due monete d’oro all’oste che sgrana gli occhi: “Una stanza per stanotte, del cibo e del vino decenti”

“S-subito, signore”

Mi guardo intorno, l’ambiente è fumoso, sono l’unico ad essere da solo, un gruppo di uomini lontani da me sta ridendo sguaiatamente.

L’oste mi serve la cena, poi si sposta poco distante ed inizia a conversare con due uomini seduti al bancone.

“Brutta faccenda. Secondo voi è morto?” domanda l’oste.

“Bah non lo so, però ho sentito dire che non si sentono più le sue grida…” ribatte un uomo robusto dai lunghi e sudici capelli biondi.

“Che idiota, tutto questo per proteggere dei Draghi…” aggiunge l’altro, un ometto basso e corpulento con radi capelli rossicci ed una lunga cicatrice che gli deturpa il viso grassoccio.

“Già, tanto giovane e tanto sciocco” asserisce il biondo scuotendo la testa.

“Certo che tre mesi di torture sono dure per chiunque ed il vecchio Grigon non c’è andato giù leggero…”

“Già e poi si sa, quando ha ragazzi giovani e belli tra le mani si diverte parecchio” sghignazza il rosso.

Sbatto il boccale sul tavolo, l’oste e gli altri due individui mi fissano sorpresi.

“Tutto bene amico” mi domanda il rosso posandomi la mano sudaticcia sulla spalla.

“Tutto bene, mi è solo scivolato il boccale” rispondo, sposto la mia attenzione sul piatto di zuppa che ho davanti, devo agire in fretta, devo agire questa notte stessa, non posso rimandare.

I tre uomini riprendono a parlare ignorandomi e dandomi, a loro insaputa, preziose informazioni.

Esco dalla locanda, mi muovo nelle ombre senza essere visto ed udito, non ho difficoltà ad entrare nelle prigioni, il problema sarà più che altro uscirne, ma questo ci penserò dopo.

Raggiungo il livello più basso, uccido un paio di guardie che sonnecchiano appoggiate al muro.

Ci sono tre celle, due sono vuote. Il mio cuore perde un colpo: in un angolo della sudicia cella, c’è Willard, rannicchiato in posizione fetale, nudo e ferito.

Apro la porta, delle voci giungono dal corridoio, devono avere trovato i corpi delle guardie.

Mi tolgo il mantello ed avvolgo Willard, il suo respiro è appena percettibile.

Esco dalla cella, con il mio prezioso fagotto stretto tra le braccia, un boato fa tremare le imponenti pareti dell’edificio.

 

“I DRAGHI CI ATTACCANO!!!”

Sono le grida che si odono. Corro su per le scale, mi imbatto in un uomo dai capelli rossi, lo stesso della locanda.

“Voi…” mormoro per nulla sorpreso.

Tu, sei uno di loro!” esclama sollevando la spada.

Alzo una mano e lo fulmino sul posto, continuo la mia corsa verso l’alto, fino ad arrivare al cortile devastato dalle fiamme.

Un Drago Nero atterra poco distante da me, è Mairim.

“Avanti! Sali, andiamocene da qui!”

Richiama Ridas e Domarak, in breve ci allontaniamo da quell’inferno.

 

Porto Willard nella nostra stanza, ordino che mi sia portata una tinozza d’acqua calda, dei teli e degli unguenti.

Apro il mantello, Mairim distoglie lo sguardo dal corpo martoriato del ragazzo.

“Luridi bastardi” mormoro sconvolto.

Willard apre gli occhi mi avvicino a lui ma si allontana da me. I suoi occhi azzurri sono velati, opachi, privi della lucentezza che li contraddistingueva.

Gli parlo con dolcezza cercando di rassicurarlo, ma Willard non sembra nemmeno riconoscermi.

Portano la tinozza, lo sollevo nonostante lui si dibatta debolmente, lo immergo nell’acqua e lo lavo piano facendo attenzione alle piaghe, ai tagli, alle ustioni.

L’acqua tiepida pare calmarlo, Mairim mi aiuta parlandogli dolcemente, gli lavo la testa, gli hanno tagliato i capelli, ha abrasioni anche sul cuoio capelluto. L’unica parte priva di ferite è il volto.

Lo sollevo, è leggerissimo, un mucchietto di pelle ed ossa. Lo asciugo con cura, gli medico le ferite, vi cospargo degli unguenti per lenire il dolore e le bendo, mentre mi prendo cura di lui, Willard si addormenta, lo avvolgo nelle coperte.

Ordino a Domarak di restare con lui, di chiamarmi nel caso si svegliasse, esco dalla camera seguito da Mairim.

“Come possono avergli fatto questo, solo per delle stupide informazioni? Ci odiano così tanto da far soffrire una creatura come Willard?” mi appoggio pesantemente alla porta di quercia scuotendo piano la testa.

“Grazie, Mairim, il tuo tempismo è stato perfetto” mormoro voltandomi verso di lei.

Sorride “Ho osservato i tuoi movimenti con la sfera, Ridas ti ha seguito. Non saremmo intervenuti se non ce ne fosse stato bisogno”

L’abbraccio e mi stringo forte a lei “Il suo corpo guarirà, ma la sua mente? Cosa gli hanno fatto per ridurlo così? Ho paura. Ho paura che non torni più da me”

 

Rientro nella camera, congedo Domarak, mi sdraio vicino a Willard che dorme rannicchiato su sé stesso in un angolo del letto, gli poso una mano sulla fronte, è calda e sudata.

Sospiro, sono stanco e angosciato. E’ quasi l’alba posso concedermi qualche ora di sonno.

Quando mi sveglio, Willard mi sta fissando, sorrido, ma quando cerco di toccarlo si ritrae.

La porta si apre ed entra Mairim con in mano una ciotola.

“Ben svegliato, Arek”

“Quanto ho dormito?”

“Parecchio, non ho avuto cuore di svegliarti” mi spiega porgendomi la ciotola di brodo.

La fisso interrogativo “Non è per te, è per lui…”

Sorrido Willard si è messo seduto, lo imbocco come fosse un bambino, mangia tutto quanto, si rannicchia nuovamente, allungo una mano per sfiorargli il viso, chiude gli occhi e si irrigidisce, gli accarezzo la guancia smunta, si rilassa apre gli occhi e sospira.

 

L’autunno arriva portato da un lieve brezza che rinfresca l’aria, tutto si tinge si colori caldi e scuri, il giallo, il rosso, il marrone.

Giorno dopo giorno le ferite di Willard si rimarginano, anche se per alcune resterà la cicatrice.

Non vuole lasciare la stanza in cui si trova, accetta di buon grado la mia compagnia e quella di Mairim, ma si agita se entra qualcun altro. Non parla, si fa sfiorare appena, tiene sempre lo sguardo basso, ogni giorno che passa la speranza che torni da me si allontana sempre di più.

Passo ore a parlargli o a leggere per lui, Mairim lo accudisce con la dolcezza di una madre. Lei che gli era così ostile. Tutto il branco è partecipe in una maniera o nell’altra: la piccola Edan figlia di Satial e venuta oggi con un enorme mazzo di lavanda profumata, l’ha distribuita per tutta la stanza, ha dato a me e Willard una coroncina di fiori.

Quando se ne va mi siedo pesantemente sul letto occupato da Willard che sobbalza per lo spavento.

Due lacrime di commozione scendono dalle mie guance, Willard solleva una mano mi sfiora la guancia, corruga la fronte, osservando le dita umide.

“Ti prego, Willard, torna da me…”

 

La neve è giunta presto a ricoprire tutto con il suo manto candido e bianco, sono semi sdraiato davanti al camino acceso, con Willard accoccolato contro, ha cominciato a rimettere su peso, i capelli gli arrivano appena sotto le orecchie, sta decisamente meglio, ma non mi parla ancora.

E’ assente e distante, si lascia sfiorare, come ora, ma niente di più.

Il fuoco nel caminetto scoppietta allegramente, creando una dolce atmosfera domestica.

Mi alzo per riattizzare il fuoco; un ciocco cade, spargendo tutt’intorno faville e qualche pezzetto di carbone ancora ardente.

Willard si tira indietro guaendo come un cucciolo.

“Non aver paura, non ti accadrà niente…” tento di rassicurarlo.

Indietreggiando posa la mano su un pezzetto di carbone, grida tenendosi la mano ferita, il suo grido è qualcosa di terribile.

Si raggomitola su sé stesso, ansimando forte, portandosi la mano al petto, mi avvicino con cautela a lui, sta tremando violentemente.

“Willard, Willard”

Apre gli occhi, li socchiude, poi li spalanca e si riempiono di lacrime.

“Arek”

L’ha sussurrato o me lo sono immaginato?

Scoppia a piangere disperatamente, in questi lunghi mesi non ha mai versato nemmeno una lacrima, ripete il mio nome come una preghiera.

“Shhhh, va tutto bene, va tutto bene…” sussurro prendendolo tra le braccia.

“Non guardarmi…” geme singhiozzando.

Lo abbraccio e lo stringo forte.

“Non guardarmi, sono orribile”

Gli prendo il viso tra le mani “No, non lo sei, non lo sarai mai ai miei occhi”

Il suo viso è ancora smunto, i suoi occhi sono ancora cerchiati di scuro, ma in essi è ritornata la lucentezza di un tempo, lui è tornato da me.

Sorrido felice, asciugandogli le lacrime, Mairim entra e tutto quello che teneva in mano cade a terra frantumandosi ai suoi piedi. Si precipita verso di noi si inginocchia ed abbraccia Willard, sorprendendolo.

“Cosa hai fatto alla mano?” domanda aprendogliela delicatamente, rivelando la bruciatura.

Le spiego l’accaduto mentre lei vi applica un unguento e la fascia.

“Ho combinato un bel disastro” esclama indicando la brocca in frantumi.

L’aiuto a ripulire il guaio che ha combinato, lascia la stanza, mi riavvicino a Willard, gli sfioro il viso.

“Cosa ricordi di quello che ti è successo?”

Rabbrividisce stringendosi nelle spalle “Non voglio ricordare…” sussurra.

Lo stringo forte a me “Non importa. Scusa, scusa…”

Resta a lungo in silenzio, poi comincia a parlare con voce bassa ed incerta.

“Sono tornato al villaggio da cui ero partito. Volevo trovare un lavoro, vivere la mia vita, ma non riuscivo a dimenticarti. Una sera sono andato alla locanda, ero deciso a tornare qui, ma un uomo mi ha riconosciuto come uno degli avventurieri partiti molti mesi prima per dare la caccia ai Draghi Neri, si è seduto al mio tavolo e mi ha fatto delle domande. Non ho detto nulla sul luogo, gli ho raccontato che sono riuscito a fuggire dopo mesi di prigionia, ma non mi ha creduto, mi ha additato come traditore, visto che ero dalla parte dei Draghi. Tradivo la mia razza, in parte è vero, ma se avessi spiegato le ragioni non avrebbero capito. Mi hanno arrestato, mi avrebbero liberato se avessi dato loro le informazioni che volevano, ma non potevo, non potevo tradirvi, tradirti…” fa una lunga pausa poi prosegue “Mi hanno messo in prigione, dopo circa due settimane sono iniziate le torture” la sua voce si fa ancora più bassa.

Trema violentemente nel mio abbraccio “E’ stato terribile” singhiozza “Ho creduto di impazzire, troppo dolore. Troppo dolore ed umiliazione”

“Basta, basta, nessuno ti farà del male. Sei al sicuro ora…”

Gli racconto di come l’ho salvato, dei mesi trascorsi dopo la sua liberazione.

“Non erano passate che poche settimane da quando me ne sono andato, ma continuavo a pensarti…” mormora guardandomi in viso “Oramai questa è la mia casa” sussurra.

“Io mi sono innamorato di te, me ne sono accorto standoti lontano. Non mi importa se non mi ami, so che non potrò mai prendere il posto di Sotros, ma ti prego tienimi con te. Perché, anche se sono solo un Uomo, ti amo!”

Sono commosso dalle sue parole, mai avrei immaginato di poterle sentire dalle labbra di Willard. E’ passato tanto tempo dall’ultima volta che ho sentito le parole ti amo rivolte a me.

Il cuore mi è balzato nel petto da tanta che è la felicità, mi accosto a lui bacio le sue labbra pallide con dolcezza e tenerezza. Mi sollevo un poco da lui, chiude gli occhi e reclina la testa in dietro, poso nuovamente le mie labbra sulle sue, le assaporo dopo tanto tempo di lontananza, le succhio, le lecco, le lambisco, esploro la sua bocca, lui la mia. Lo sospingo a sdraiarsi, sostenendomi sulle braccia per non schiacciarlo sorride attirandomi a sé, le sue mani scorrono sulla mia schiena sotto il tessuto scuro della camicia. Un brivido di piacere mi percorre la pelle, ho una gran voglia di fare l’amore con lui, ma so che non è il caso, ora ha solo bisogno di coccole.

Mi stendo al mio fianco lo stringo a me accarezzandolo e baciandolo, i suoi sospiri sono la risposta alle mie attenzioni.

 

Oggi ha nevicato tutto il giorno, fa un freddo terribile, ed ora si è alzato anche il vento, la fuori si sta scatenando una vera bufera di neve.

Mairim, Ridas, Willard ed io stiamo cenando nella sala grande, di tanto in tanto gli scuri sbattono e si sente l’ululato del vento.

Finito di cenare Willard ed io ci ritiriamo nella nostra stanza “Devo sbrigare un paio di cose, ti raggiungo presto”

Annuisce e sparisce in camera.

Quando lo raggiungo è già sotto le coperte, ma non sta dormendo, mi spoglio in fretta, quando sto per indossare la camicia da notte. Mi chiama.

“Non metterla…” sussurra.

Abbandono l’indumento e mi corico sotto le pesanti coperte, tremando per il freddo, scoprendo con piacere che anche Willard non indossa nulla.

“Hai freddo?” domanda accoccolandosi contro di me, intrecciando le sue gambe con le mie.

“Sì, si gela la fuori…”

Sospira e chiude gli occhi, sfiora le mie labbra con le sue “Voglio fare l’amore…” bisbiglia, il suo fiato caldo sulle mie labbra, si arrampica su di me, muove dolcemente i fianchi.

“A-aspetta” gemo sollevandogli il viso.

“Voglio che sia tu, questa volta…”

Socchiude gli occhi non capendo, sorrido.

“Voglio essere io ad averti in me…”

Arrossisce ed abbassa lo sguardo, cerco i suoi occhi.

“Vuoi?” sussurro. Annuisce, gli tiro indietro i capelli, gli bacio la fronte.

Mi bacia le labbra, le sue mani percorrono il mio corpo, indugia sui miei capezzoli, un brivido mi percuote. Lo desidero. Si inginocchia tra le mie gambe divaricate.

“Fallo subito…” sussurro.

“Ma…”

Gli poso un dito sulle labbra, sorrido rassicurandolo, chiudo gli occhi inarcandomi, il dolore accompagna la sue entrata in me. Era molto, molto tempo che non accoglievo qualcuno in me.

Ci baciamo, Willard geme nella mia bocca.

“Muoviti” sussurrò e così fa. Dentro e fuori. Regalandomi sensazioni sopite, ma mai dimenticate.

Il nostro amplesso è lungo: costellato di baci e carezze Willard è un amante dolce e premuroso.

Viene dentro di me, abbandonandosi sfinito su di me mentre, a mia volta, vengo su di noi.

Fa per spostarsi, lo fermo “Resta… ti prego… solo per un po’”

E’ bello stare così ancora uniti, dopo tanto tempo mi sento completo ed amato.

Willard si muove, abbandona il mio corpo si sdraia al mio fianco, mi volto verso di lui.

Gli accarezzo e guance pallide.

“Willard?”

“Mhhh?”

“Ti amo”

Socchiude gli occhi, piega le labbra in un dolcissimo sorriso. Lo bacio.

 “Ti amo” ripeto piano.

“Anch’io…” sussurra “Ma…” i suoi occhi si incupiscono “Sotros?”

Gli accarezzo i capelli “E’ morto da tanto tempo. Non posso continuare a consumarmi nel dolore. lui non lo vorrebbe, credimi non sei un ripiego. Mi reso conto di amarti quando te ne sei andato. Quando ti ho ritrovato, ho passato giorni temendo che non saresti più tornato quello di un tempo, che non avrei più potuto specchiarmi nei tuoi occhi chiari, ti amo sinceramente, credimi, anche se più di così non so esprimerlo…”

Mi getta le braccia al collo mi stringe forte.

“Parlami di lui, per favore. Voglio conoscerlo meglio…”

Si accoccola al mio fianco ed io inizio a raccontare, come se fosse una favola la mia vita con Sotros, fino al giorno della sua morte.

I ricordi tornano prepotenti, non sbiaditi dal tempo.

 

#Siamo circondati, sono troppi, perché ci attaccano? Noi non abbiamo fatto nulla, abbiamo solo sorvolato il loro villaggio.

Tra questi umani ci sono anche dei maghi, due dei quali devono essere anche particolarmente forti.

Sotros ed io ci alziamo in volo. Facciamo solo qualche metro e sbattiamo contro ad una barriera invisibile: siamo in trappola.

“Posso dissolvere la barriera per qualche istante, scappa, ci penso io poi ti raggiungo”

“No, posso aiutarti…”

“Fa come ti ho detto”

Si para davanti a me e viene colpito da un incantesimo.

“SOTROS!!!”

“VATTENE! Salvati almeno tu! Tu che sarai il mio successore”

Vengo colpito a mia volta, ruzzolo a terra sollevando un gran polverone, sfrutto la cosa a mio vantaggio, mi trasformo in umano e mi rendo invisibile. Mi nascondo dietro un albero.

Senza più doversi preoccupare per me, Sotros combatte, si difende, uccide i nemici.

Un mago gli scaglia contro un altro potente incantesimo, Sotros piomba a terra, lancia un grido di dolore, ha un’ala spezzata, non può più volare, non ha più il vantaggio dell’altezza.

Lo bersagliano di colpi. A sua volta lancia parecchi incantesimi, ma i due maghi lo contrastano, con qualche difficoltà, ma lo bloccano.

Non posso restare a guardare esco dal mio nascondiglio pronto a colpire, a morire se necessario.

Sotros si volta nella mia direzione può vedermi anche se sono invisibile.

Sento la sua voce nella mia testa.

“Va via, Arek! Non puoi più fare nulla per me. Ti amo. Vivi anche per me”

Dai miei occhi sgorgano lacrime di dolore e disperazione, vorrei poter urlare tutto il dolore che ho dentro.

Continuano a colpirlo ad infierire sul suo corpo morente, mi copro le orecchie, non voglio sentire il suo straziante grido di dolore, ma è inutile: esso penetra nel mio cuore e nella mia anima devastandoli.

Il corpo di Sotros si accascia al suolo senza vita, come il mio senza più forze.

I ricordi felici degli anni trascorsi al suo fianco scorrono crudeli nella mia mente.

Le urla di gioia degli Uomini sovrastano i miei singhiozzi, fanno scempio del suo corpo ed ebbri di gioia se ne vanno a festeggiare ignari del dolore che hanno inflitto. Mi trascino vesto il corpo devastato di Sotros mi accoccolo contro di esso, desideroso solo che la morte venga a prendermi riconducendomi accanto a colui che amo e che mi è stato strappato così crudelmente e senza ragione.#

 

“Così mi ritrovarono Mairim e Ridas. Colmo solo di dolore incapace di muovermi, parlare, pensare, mi riportarono a casa. Vani furono i loro sforzi per curarmi: mi rifiutavo di bere e di mangiare, non abbandonavo mai la stanza che era stata mia e di Sotros. Una notte lo sognai: non ricordo molto di quel sogno. Il giorno dopo uscii dal castello diroccato, ripresi la mia forma di Drago, mi librai in volo, radunai il branco, dissi loro le ultime volontà di Sotros, Ridas mi ridiede la carica di capo branco che di diritto mi spettava.

Non avevo più lacrime da piangere, il mio cuore si era inaridito, la mia anima era diventata nera, la mia mente urlava solo vendetta.

Come primo ordine, come nuovo capo branco, comandai di alzarci in volo: tutti!

Raggiungemmo il villaggio a Nord. Devastammo tutto. Non risparmiai nessuno: uomini, donne, bambini, vecchi.

Al nostro passaggio rimanevano solo macerie e cadaveri, ma questo non mi faceva sentire meglio, tutt’altro ampliava il vuoto che sentivo dentro. Mi ritirai qui. Cercai la solitudine, la mia sete di vendetta diminuì alla fine si placò, ma ogni pretesto era buono per attaccare un villaggio, se subivamo un torto lo avremmo ripagato dieci volte tanto”

 

Willard mi fissa, due lucenti lacrime, solcano le sue guance chiare.

Mi abbraccia, affonda il viso nel mio petto, mi stringe forte. Restiamo così alle tenue luce della candela che si è quasi del tutto consumata, gli accarezzo piano i capelli. E’ quasi l’alba ormai, abbiamo parlato per tutta la notte.

“Deve essere stato terribile” sussurra, asciugandosi le lacrime con la mano.

“Lo è stato…” mormoro con un filo di voce, rimembrando quei terribili giorni.

Siamo seduti uno di fronte all’atro con le coperte sulle spalle, Willard prende il mio viso tra le mani.

“Perdonami se ti ho fatto ricordare cose tanto tristi, mi dispiace…”

Scuoto la testa.

“Ora che te ne ho parlato è come se mi fossi liberato di un peso che mi gravava sul cuore” sussurro ed è la verità.

Si adagia languido tra i cuscini, scostandosi i capelli dal viso.

Tende una mano verso di me, invitandomi a sdraiarmi su di lui.

“Amami ancora, Arek, ti prego” sussurra passando le mani tra i miei capelli lunghi. Gli bacio le labbra, la mia lingua, accarezza piano la sua, mi circonda la vita con le gambe, il collo con le braccia.

Si tende e sospira, scivolo in lui assaporando ogni singolo attimo.

In questo istante tutto ruota intorno a noi, ci siamo solo noi due. Il resto non conta, il mondo può finire adesso, ma a noi non interessa, perché ci porterebbe via uniti.

“Arek…”

Il mio nome mormorato dalle dolci labbra di Willard, raggiungiamo l’apice del piacere insieme.

Ansante lo libero dal mio peso, posa la sua testa color miele sul mio petto e dopo poco si addormenta.

Sono stanco, ho bisogno di dormire almeno per qualche ora. Sono felice di aver condiviso il mio passato con Willard, insieme potremo costruire il nostro futuro.

 

E’ un tiepido pomeriggio d’autunno. I caldi colori di questa stagione tingono tutto il territorio sotto di me. Sorvolo la zona qui intorno, è meglio essere prudenti.

Willard mi aspetta al limitare della foresta atterro e acquisisco sembianze umane.

“E’ tutto molto tranquillo, non c’è nessuno in giro…” lo informo.

Ho appena finito di parlare quando un fruscio attira la mia attenzione e quella di Willard, che prontamente posa una mano sull’elsa della spada.

Un uomo esce dal bosco, indossa abiti da viaggio e stringe un lungo bastone in una mano: un mago.

Ci vede, si ferma e china il capo in segno di saluto, non sembra ostile.

“Salute a voi. Perdonate la mia intrusione nel vostro territorio, non sono qui con cattive intenzioni” spiega con voce calma e salda, allarga le braccia, non porta armi con sé e non ha intenzione di lanciare incantesimi.

Willard al mio fianco si rilassa, quest’uomo è chiaramente un incantatore, sarebbe uno stupido se fosse qui per attaccarci.

“Desidero parlare con il capo”

“Sono io”

Mi squadra con attenzione, poi fissa per un lungo istante Willard.

“Permettetemi di entrare nelle vostre terre, ho bisogno di un’erba che cresce solo qui. Non ho nulla da offrirvi che non possediate già; se volete potete prendere la mia vita”

Sollevo un sopracciglio, è venuto fin qui per una pianta: le foglie di Kadak. La usiamo per tutto, è miracolosa, ma non mi aspettavo che fosse disposto a pagare un prezzo tanto alto; sono stupito e profondamente colpito dalle sue parole.

“Permettetemi di cogliere quell’erba e me ne andrò come sono venuto”

Chi è quest’uomo? Per chi rischia la sua vita? Per la sua sposa, per un’amante, un fratello o per un figlio?

Annuisco.

“Venite”

Ci segue nella radura, gli altri Draghi ci fissano, ma non fanno domande.

“Cogliete tutto quello che vi occorre”

Lo osservo mentre si accoccola a terra e taglia le piccole piante, le mette in un sacco. Il suo aspetto mi ricorda in qualche modo Sotros, ha la sua stessa corporatura, lunghi capelli neri e gli occhi blu. Colmi di tristezza eppure non ha paura di essere qui, avrebbe combattuto per ottenere anche pochi ciuffi di quella pianta, ha coraggio da vendere oppure è tanto disperato da non avere più nulla da perdere.

Non ci teme, ma ci rispetta, ha trattato con parole semplici, dirette come si stessa rapportando con un altro della sua stessa razza.

Sono pochi gli individui e soprattutto i maghi come lui, ma quest’uomo, pur essendo ancora giovane deve averne passate parecchie, l’aura magica che emette è molto potente.

“Quale tipo di male dovete curare?” domando.

“Una ferita, provocata da un dardo avvelenato” sussurra.

“Lo saprete sicuramente: oltre all’infuso potete usare quest’erba per fare dei cataplasmi, farà suppurare la ferità e combatterete l’infezione sia dall’esterno che dall’interno” spiego, lui mi ascolta ed annuisce.

“Grazie”

Si pulisce gli abiti dalla polvere fa un cenno con il capo. Mormora una parola ed un istante dopo non è più davanti a noi.

Ora è notte fonda, Willard è accoccolato contro di me.

“Non ci ha detto nemmeno il suo nome…”

Comprendo subito di chi sta parlando.

“Un uomo coraggioso” aggiunge.

“Già, mi chiedo per chi ha rischiato la vita…”

Willard si solleva e mi fissa negli occhi.

“Sicuramente per una persona che ama moltissimo” mormora, poi posa la sua bocca è sulla mia.

“Eppure, ho percepito in lui tanta tristezza e tanta malinconia” sussurro tirando indietro dolcemente i capelli di Willard.

 

Osservo la luce dell’alba filtrare dalla finestra aperta, creare strani giochi di luce ed ombra e la lieve brezza mattutina rinfresca questa stanza.

Volto la testa, osservo l’uomo sdraiato al mio fianco, che dorme profondamente.

Oggi, sono dieci anni che è qui, accanto a me.

Giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. L’ho visto crescere e maturare diventare lo splendido uomo che è ora; i suoi lineamenti sono più decisi, più adulti, ma non per questo meno delicati, il suo fisico è snello asciutto, i muscoli torniti, la pelle lievemente abbronzata, dorata dal caldo sole d’estate, i suoi capelli biondi lunghi e lisci, ora sono sparsi sulla sua schiena ampia e forte.

Gli bacio la guancia e scivolo fuori da quest’alcova dove ci siamo amati per tutta la notte.

Si muove, schiude gli occhi: due splendidi zaffiri, sotto le folte ciglia.

“Arek…” sussurra con voce bassa “E’ presto”

Ha ragione è molto presto, ma oggi è un giorno importante.

Mi chino e gli bacio e labbra con dolcezza.

“Vieni”

Lo prendo per mano, il lenzuolo scivola lungo il suo corpo, si alza, posso ammirarlo in tutta la sua nudità.

“Dove?” mormora ancora assonnato.

“La schiusa”

Spalanca gli occhi “E’ oggi!” esclama completamente sveglio.

Si veste in fretta, mi segue lungo il sentiero fino ad una parte ancor più diroccata del castello

Mairim è accoccolata a terra, nella sua forma di Drago Nero, alza la testa, osserva prima me e poi Willard, poco distante da lei c’è Ridas, che osserva attentamente l’uovo.

“Avvicinati” sussurra.

Willard si accosta con riverenza all’uovo che sta per schiudersi, che si sta già crepando, lo fissa non sbatte nemmeno le ciglia per non perdersi un istante, stringe la mia mano.

Mi affianco a lui e lo abbraccio da dietro.

“Una nascita è sempre un evento meraviglioso, qualunque sia la razza…” bisbiglia.

Sorrido ha perfettamente ragione.

Il piccolo dentro all’uovo si muove facendo rompere il guscio che si sbriciola sotto i colpi del musetto appuntito.

Mairim scosta con il muso un pezzo di guscio dalla testa del piccolo, lo lecca e questi rotola fuori dai resti dell’uovo cercando subito la mamma, che lo protegge sotto la sua ala.

Willard si volta e mi fissa, la fronte corrucciata “Ma non è Nero”

Rido “No, non lo è, acquisirà la pigmentazione della nostra specie solo tra qualche mese”

“Oh” arrossisce e guarda Mairim che si prende cura del suo piccolo, usciamo.

Ridas sta volando sopra le nostre teste, atterra leggero davanti a noi.

Mano nella mano, Willard ed io torniamo indietro, assumo la mia forma.

“Sali” ordino, senza esitare Willard sale sulla mia groppa e ad ovest laggiù c’è un lago, atterro.

Willard salta giù e si rotola nell’erba umida di rugiada, scuoto la testa compiendo la metamorfosi.

“Che bello, questa cosa della schiusa mi ha emozionato…” esclama, portandosi le mani dietro la testa.

“E’ stato meraviglioso…”

Mi sdraio al suo fianco sorridendo, restiamo così sdraiati nel sole.

Willard si alza, si spoglia lasciando cadere i suoi abiti a terra.

“Vado a fare un bagno, vieni?”

Scuoto la testa “Non ne ho voglia, ma va pure senza di me”

Si tuffa in acqua, mi metto a sedere osservandolo nuotare nella limpida acqua del lago.

Dopo una lunga nuotata esce, si inginocchia davanti a me e mi bacia. Le sue labbra sono fredde e bagnate come lo è il suo corpo. Si appoggia a me inzuppandomi i vestiti, mi spoglia con lentezza, si sdraia su di me, gli accarezzo i capelli bagnati resi più scuri e pesanti dall’acqua.

Percorro il suo corpo umido e lucido accarezzandolo piano, gli circondo la vita con le gambe.

“Mi vuoi?” domanda sornione.

“Sì, tutto quanto” sussurro inarcandomi, il suo sesso duro e pulsante si fa strada nel mio corpo.

Gli mordo la spalla, imprimendogli l’impronta dei mie denti. Si spinge a fondo nelle profondità del mio corpo.

La sua mano si prende cura del mio sesso. L’afferro e lo fermo, mi fissa negli occhi, capisce, sorride.

Continua a muoversi in un crescendo maggiore, trema e si libera in me.

Lascia subito il mio corpo, si sdraia, sono su di lui, lo penetro piano, non voglio che finisca subito.

Nuovamente uniti, ci muoviamo, Willard mi incita, vuole di più. Il suo fallo è nuovamente duro e teso.

Grida il mio nome, spezzato dagli ansiti di piacere, vengo in lui soffocando il mio grido di puro piacere nella sua bocca.

Il suo liquido bianco si sparge tra i nostri corpi, sorriso uscendo da Willard.

“Credo proprio che ora farò il bagno” sussurro mordendogli un capezzolo.

Sospira “Bisogna vedere se ti permetto di raggiungere l’acqua” le sue mani mi accarezzano ovunque.

Torniamo a casa, che la notte è scesa ormai da molte ore, Willard si addormenta sulla mia groppa durante il volo di ritorno. E’ sfinito, lo sono anch’io a dire la verità, ma abbiamo passato una giornata splendida.

 

#La tenue luce dell’alba mi sveglia, sollevo la testa, sbadiglio sbattendo un paio di volte le ali.

Sotros atterra davanti a me; sfiora il suo muso contro il mio.

“Voglio mostrarti un luogo” mormora alzandosi in volo, senza darmi nemmeno ili tempo di ribattere. Con un balzo lo seguo. Ci libriamo in volo con il sole che nasce alle spalle, sorvoliamo verdi prati e un’immensa foresta, davanti a noi le montagne. Sotros mi guida attraverso esse fino ad una profonda gola. Atterriamo sull’erba profumata; un ruscello corre poco distante e sgorga direttamente dalla roccia.

Sotros cambia sembianze ed io lo imito qualche istante dopo.

“Che luogo splendido” esclamo tuffando le mani nell’acqua gelida e bevendone alcuni sorsi.

“Sapevo che ti sarebbe piaciuto” mormora sedendosi ai piedi di un albero, appoggiando la schiena contro il tronco.

Lo raggiungo e mi inginocchio davanti a lui. E’ strano questa mattina, sembra lontano assorto in antichi pensieri, solleva lo sguardo e mi fissa con i suoi bellissimi occhi azzurri ed un triste sorriso piega le sue labbra.

“Vieni qui mormora” attirandomi a sé, facendomi posare la schiena sul suo petto, mi scosta i capelli dal collo e mi bacia la pelle procurandomi un lungo brivido, incrocia le braccia intorno alla mia vita e rimaniamo così per lunghissimi minuti.

“Ti amo” bisbiglia all’improvviso, mi districo dal suo abbraccio, mi volto e lo guardo: i suoi occhi sono terribilmente tristi.

“Sotros…” mormoro posandogli una mano sul viso vorrei poter fare qualcosa per alleviare la sua tristezza, ma non so cosa.

“A volte mi sento terribilmente solo…” bisbiglia distogliendo lo sguardo.

“A parte te non ho nessun’altro”

Sbatto le palpebre, quanta sofferenza in quelle poche parole e d’istinto lo abbraccio.

“Perché parli cosi?” mormoro profondamente scosso.

“Questa notte ho fatto un sogno: che mi ha rammentato chi sono, cosa sono…” sussurra rimanendo immobile nel mio abbraccio.

Gli prendo il viso tra le mani, ma lui continua a fuggire il mio sguardo.

“Cosa stai dicendo? Sotros, guardami…”

Lo fa ed io mi perdo in quegli abissi azzurri come il cielo sopra di noi.

“Sono un mezzo sangue, Arek. Mio padre era un Drago Nero, mia madre un Drago Azzurro” sospira come se si fosse liberato da un peso.

“Non appartengo a nessuno dei due clan”

“Appartieni a me ed io a te…” grido senza accorgermene, ma sono troppo sconvolto dal suo dolore ed è la prima volta che lo vedo in questo stato.

Sorride tristemente sdraiandosi sull’erba con un sospiro, resto seduto a terra e lo fisso.

“Nessuno dei due clan voleva un bastardo mezzo sangue” mormora “Così quando sono stato abbastanza grande per cavarmela da solo mi hanno allontanato”

“Ti hanno esiliato…”

“No, mi hanno gentilmente intimato di non farmi più vedere” ride nervosamente poi riprende il suo racconto “Ho vagato a lungo per i vari territori di questo mondo, sono stato per molti anni nella terra degli Elfi, ho imparato la loro lingua, i loro usi e costumi, ma non ero uno di loro” fa una lunga pausa.

“Un altro lungo periodo della mia vita l’ho trascorso tra gli Uomini, ho lavorato come apprendista di un fabbro e li conobbi Glewyn, il figlio del fabbro. Un ragazzone forte e robusto dai folti capelli rossi, mi innamorai di lui”

Spalanco gli occhi a quella rivelazione ed è come se qualcuno mi avesse dato un pugno nello stomaco, Sotros non si accorge della mia reazione, è troppo preso dai propri ricordi, dal proprio dolore.

“Lui però non mi amava, non mi ha mai amato. Mi usava e basta, ma ero troppo giovane e troppo innamorato per accorgermene”

Sospira profondamente, prende la mia mano nella sua e la stringe forte.

“Continua…”

“Glewyn ed io dividevamo lo stesso giaciglio ed una notte il mio corpo reagì alla sua vicinanza. Lui se ne accorse, beh ti lascio immaginare come è finita” la sua voce si spegne in un sussurro stringo con forza la sua mano.

“Ti ha violentato?”

“Più o meno, ma io lo amavo e mi andava bene anche così. Quella notte per me fu la prima volta”

I suoi occhi si velano di malinconia e tristezza, si morde le labbra e prosegue.

“Dopo quella notte, ogni volta che ne aveva voglia si abbassava i calzoni e mi possedeva a qualunque ora del giorno o della notte, in qualunque luogo fosse un poco appartato”

Chiude gli occhi posandosi una mano sulla fronte “Quanto ero stupido, per me non c’era dolcezza. Non una parola, non una carezza. Quando gli rivelai i miei sentimenti mi schiaffeggiò e mi derise, poi mi prese nello squallido vicolo dietro la bottega… in quel momento il mio cuore si spezzò e lo odiai per quello che mi stava facendo e per quello che mi aveva fatto in quegli anni, ma non mi ribellai a quell’ennesima violenza, non ne avevo la forza, giurai però a me stesso che non mi sarei mai più innamorato”

Stringe il pugno tanto forte da far sbiancare le nocche.

“Com’è finita poi?”

Sotros scoppia in una risata crudele che mi fa rabbrividire.

“Due giorni dopo si ammalò ed in una settimana la febbre lo consumò e l’uccise” si mette a sedere posando la testa sulle ginocchi.

“Con le conoscenze che già avevo allora sulle erbe avrei potuto salvarlo, ma non lo feci, lo guardai morire, mentre mi implorava di perdonarlo: non gli concessi nemmeno questo”

La sua voce mi giunge in un sussurro “Qualche giorno dopo me ne andai e ripresi a vagare per le nostre terre, in cerca di un luogo da poter chiamare casa. Incontrai il vecchio Trius che mi prese con se, conducendomi al vostro branco”

Alza lo sguardo, lo fissa nel mio “Quando ti ho visto la prima volta il mio cuore ha mancato una battito. Con il passare dei mesi un sentimento prorompente ha distrutto le difese del mio cuore. Mi ero rassegnato ad amarti da lontano e per me è stato difficile rimanere indifferente al tuo fascino. Diventato capo branco ero più impegnato, quando hai cominciato ad evitarmi ho sofferto tantissimo. Quando poi sei venuto a cercarmi quello notte lontana, non potevo crederci, temevo di essermi illuso ed invece, nella tua disarmante ingenuità, ti stavi dichiarando”

Arrossisco ripensando a quella notte e le labbra di Sotros catturano le mie in un lungo bacio.

“Perché mi hai raccontato tutto questo?” mormorò passando le dita tra i suoi corti capelli neri.

Sorride dolcemente accarezzandomi il viso “Perché sei il mio compagno e credo che sia giusto che tu sappia…”

Lo abbraccio e lo stringo forte per un lungo ed interminabile istante. Il vento mi scompiglia i capelli, Sotros mi solleva il viso le nostre labbra si incontrano, gliele succhio con dolcezza le schiude le nostre lingue duellano tra loro, lo sospingo a sdraiarsi sul manto erboso, mi sollevo quel che basta per parlare “Lui sapeva che eri un Drago?”

Sotros corruga la fronte e ride sommessamente ed i suoi occhi diventano liquidi.

“No. Al villaggio non lo sapeva nessuno” mormora con infinita tristezza.

Catturo nuovamente le sue labbra mentre le sue mani vagano sulla mia tunica strattonandola cercando di toglierla, sorridendo mi sollevo quanto basta per permettere di sfilarmela, in breve siamo entrambi nudi, le nostre erezioni si sfiorano facendoci gemere forte.

“Amami Arek, possiedimi con forza e dolcezza come solo tu sai fare; possiedi il mio corpo, il mio cuore, la mia anima…”

Tremo per l’intensità di quelle parole… entro in lui con un'unica spinta, si arcua sotto di me, butta la testa indietro e socchiude le labbra in un grido muto.

E’ bello quando si lascia andare completamente sotto di me; prende il mio viso tra le mani e mi bacia le labbra.

“Ti amo, Sotros” mormorò sciogliendomi in lui. Mi stendo al suo fianco ed aspetto che i nostri respiri tornino normali, dopo poco si accosta a me aderendo completamente; con un mano mi accarezza lieve mentre mi bacia il collo, la sua mano si intrufola tra le mie natiche, accarezza lieve la piccola fessura, con lentezza esasperante incunea la punta. Un brivido di anticipazione mi percorre la schiena. Spingo il bacino indietro, mordendomi le labbra, un tremulo lamento mi esce dalle labbra.

Un secondo dito si unisce al primo “Ahhhh… Sotros…”

“Dimmi cosa vuoi…”

“Te, voglio solo te…” bisbiglio rauco e le sue dita abbandonano il mio corpo.

Sotros si mette seduto con la schiena appoggiata al tronco dell’albero, mi metto a cavalcioni su di lui, mi allarga le natiche ed è in me.

Resto fermo per un lungo momento avvertendo semplicemente l’unione dei nostri corpi, poi inizio a muovermi lentamente dondolando e gemendo, mi mordo le labbra quando Sotros afferra il mio membro e mi massaggia con forza. Fermo la sua mano, voglio venire insieme a lui, oggi voglio condividere anche questo.

Sotros intuisce i miei pensieri ed insieme ci muoviamo varcando la soglia del piacere insieme.

Con un sospiro appagato poso la fronte sulla sua spalla, siamo ancora uniti e con lui in me mi assopisco.

Quando riapro gli occhi sono steso sull’erba il mio mantello mi copre un poco, Sotros mi guarda e mi sorride spostandomi una ciocca scura dal viso.

Guardo l’ombra dell’albero l’ora di pranzo è trascorsa da un pezzo.

“Questo luogo non lo conosce nessuno, sono secoli che ci vengo solo io, anche perché ci si può giungere solo volando” sussurra sorridendo, tutta la tristezza che c’era sul suo viso è scomparsa.

“Ho voluto condividere con te questo luogo” bisbiglia baciandomi la fronte.

I miei occhi si riempiono di lacrime di commozione, Sotros ha la capacità di turbarmi in positivo ed in negativo. Mi stringo a lui “Grazie” bisbiglio. E’ stupido lo so ma è l’unica cosa che mi viene in mente in questo momento.

Passiamo tutto il resto della giornata in questo luogo da sogno poi torniamo alle rovine: un luogo che è diventato casa.#

 

La lieve brezza autunnale mi scompiglia i capelli, ho in grembo un libro, ma sono ore che non leggo una pagina.

Osservo Willard che insieme ai Draghi più giovani raccoglie le foglie dorate e le accatasta, quello che era un lavoro di pulizia è diventato un gioco anche perché il vento sparpaglia le foglie e quando non è lui sono i più piccoli a tuffarsi nei mucchi già accatastati.

Willard inciampa e cade a terra, uno dei più piccoli li gli sale a cavalcioni accomodandosi sul suo stomaco ignorando le proteste del giovane umano.

Il cucciolo gli dice qualcosa, Willard scoppia a ridere di gusto rotolando su un fianco facendo ruzzolare a terra il piccolo scatenando l’ilarità generale, si alza spolverandosi i vestiti e viene verso di me sorridendo.

Si siede al mio fianco allungo una mano e gli tolgo una foglia impigliata nei suoi capelli chiari.

“Questo era un gioco che facevo sempre da piccolo…” mormora liberando i lunghi capelli dal laccio di cuoio.

Sorrido, tutto il branco lo ha accettato, non semplicemente perché e il mio compagno, ma perché è lui. A tutti i membri non interessa se Willard è un Umano si fidano di lui.

Qualche settimana fa abbiamo subito un altro attacco e lui era tra le nostre file, non gli importava di essere chiamato traditore. Ha cercato di spiegare le sue ragioni, non l’hanno ascoltato ed allora ha combattuto contro la sua razza per proteggere la nostra.

Un cucciolo gli si avvicina e lo trascina nuovamente nel gioco, sorride voltandosi verso di me.

“Vieni anche tu”

Scuoto la testa sorridendo: ha imparato la nostra lingua, è strano sentire parlare un Umano nel nostro vecchio idioma.

 

Mairim mi si accosta “Era tanto tempo che non ti vedevo così sereno”

Annuisco sembra che voglia aggiungere qualcosa, ma non lo fa.

L’inverno sussegue all’autunno, la primavera all’inverno. Il tempo trascorre inesorabile, quando ci penso una morsa di tristezza e paura mi attanaglia lo stomaco, vorrei avere il tempo di fermarlo, ma non posso.

Talvolta Willard mi guarda, nei suoi occhi scorgo tristezza e rassegnazione. Entrambi sappiamo che la nostra storia non durerà per sempre ed io lo vedrò sfiorire.

Scuoto la testa scacciando quei funesti pensieri.

 

La nostra quiete non dura mai troppo a lungo. L’autunno è una delle stagioni che preferisco.

Un pomeriggio come gli altri, la tranquillità silenziosa di questo luogo viene rotta dallo squillo di una tromba e dal suono di tamburi lontani.

Domarak atterra davanti a me.

“Dobbiamo andarcene, questa volta hanno mobilitato l’esercito del regno, vogliono queste terre, non possiamo combatterli, sono troppi anche per tutti noi messi insieme. Abbiamo troppi cuccioli da proteggere”

Lo fisso: ha ragione se ci fossimo solo noi adulti potremmo avere qualche speranza, ma ci sono troppi piccoli da difendere se i loro genitori morissero non avrebbero scampo.

Mi alzo in volo do’ ordine di lasciare queste rovine, a quanto pare qui non c’è più posto per noi, negoziare sarebbe inutile.

Torno indietro: raduno alcuni piccoli sparsi qua e là, li indirizzo verso la salvezza, cerco con lo sguardo Willard, non lo vedo. L’esercito continua ad avanzare minaccioso.

Mairim mi affianca allarmata: “Non riesco a trovare Alena, non me ne vado senza mia figlia”

Atterriamo, ci siamo solo lei ed io. Willard esce dalle rovine, correndo, tra le braccia stringe un cucciolo di Drago: Alena. La lascia andare, madre e figlia volano via. Willard mi viene in contro, un nugolo di frecce si abbatte su di noi. Due frecce colpiscono Willard, una alla spalla, l’altra al braccio sinistro.

Si inginocchia a terra. Con una fiammata uccido alcuni aggressori.

“Va via, ti copro le spalle! Raggiungi gli altri…” grida estraendo la spada.

E’ un suicidio.

Sto per ribattere quando altri Draghi tornano indietro ed attaccano gli Umani, mietendo vittime tra le file nemiche.

“Questo territorio è nostro da secoli: tale rimarrà!” esclama Ridas affiancandomi.

“Distribuitevi, annientateli!” ordino. Ora che i ciccioli sono al sicuro possiamo difendere la nostra casa.

Proteggo Willard con il mio corpo, mi trasformo, schiena contro schiena affrontiamo gli avversari: lui con la spada, io con la magia.

Sbaragliamo i nemici ricacciandoli indietro, non abbiamo subito perdite, i nostri avversari molte.

Abbiamo vinto, mi volto verso Willard: si accascia a terra gemendo. E’ ferito. Gravemente

ferito.

Lo sollevo tra le braccia, lo porto all’interno, mi occupo di lui, incurante della debolezza che tenta di sopraffarmi a causa delle ferite che ho riportato.

Non lascio il suo capezzale per un solo instante, anche se a mia volta sono stanco e turbato.

Ha la febbre altissima, le sue ferite fanno fatica a rimarginarsi, nonostante le cure.

Nel delirio della febbre continua a chiamarmi, non posso fare nulla per lui, se non tenergli la mano, questo mi rende furioso.

Non voglio che muoia, sono egoista, lo so, ma non sono pronto a perdere un persona a me tanto cara. Se succedesse credo proprio che impazzirei.

Nonostante le insistenze di mia sorella, resto accanto a lui. Dormo qualche ora, un sonno nero e senza sogni.

Quando mi sveglio, è notte inoltrata… delle candele bruciano sparse per la stanza, mi stropiccio gli occhi, Willard volta la testa dalla mia parte ed apre gli occhi.

“Willard” sussurro scostandogli capelli dalla fronte sudata.

“Ho sete…”

Lo sollevo con cautela tra le braccia e gli accosto una coppa colma d’acqua alle labbra.

“Credevo di essere morto…” sussurra posando la testa sulla mia spalla.

“Ti riprenderai, sei forte…”

Sorride amaramente “Già, ma per quanto ancora? Per me gli anni passano Arek. Guardami: giorno dopo giorno sono cambiato, tu sei lo stesso di quando ti ho visto la prima volta, vent’anni fa, e la seconda, dieci. Preferisco morire oggi, per le ferite inferte da un nemico, come si confà ad un guerriero, piuttosto che avvizzire e morire da vecchio. Voglio che tu conservi di me il ricordo dei miei giorni più belli, di quando ti sei innamorato di me…”

Lo stringo piano a me, non voglio sentire certi discorsi fa troppo male.

“Non parlare così” sussurrò.

Mi sfiora la guancia, “Va a riposare, sei distrutto…”

Scuoto la testa con forza.

“Willard” sussurrò baciandogli le labbra.

Fa un pallido sorriso “Non piangere per me…” mormora, senza che me ne accorgessi lacrime salate stanno solcando le mie guance.

“Vorrei tanto tornare al lago e fare ancora l’amore con te…” sussurra chiudendo gli occhi.

“Ci torneremo, ci torneremo tutte le volte che vorrai, tra qualche giorno, quando starai un po’ meglio…” prometto.

Lo guardo cedere alla stanchezza, esco dalla stanza la testa mi gira penosamente, mi appoggio al muro per non cadere. Mi tocco il braccio, la fasciatura che mi ha fatto Mairim è macchiata di sangue.

Scivolo lungo il muro, sono prossimo a perdere i sensi, stringo forte gli occhi.

“Arek! Arek!”

La voce profonda di Ridas mi desta dal torpore, alzo la testa.

“Stai bene?” domanda, molto preoccupato.

Scuoto debolmente il capo, ma non sono le ferite a dolermi bensì il grande senso di angoscia che mi pervade.

Allunga una mano, mi aiuta ad alzarmi, barcollo non riesco a stare in piedi. Passa il mio braccio introno al suo collo e con l’altro mi sostiene per il fianco.

“Mairim è in ansia per te” sussurra, accompagnandomi nella mia stanza.

Mia sorella è davanti alla porta.

“Guarirà” cerca di rassicurarmi riferendosi a Willard.

“E’ un ragazzo forte” le fa eco Ridas. Apprezzo i loro tentativi di consolarmi.

“La verità è una sola: io sono un Drago, lui un Uomo. Morirà un giorno, prima di me ed io rimarrò solo. Nuovamente solo. Non credo di riuscire a sopportarlo. Adesso, non ci riuscirei…” confesso.

“E’ la stanchezza che ti fa parlare così. Domattina, dopo una bella dormita, vedrai tutto sotto una luce diversa”

Dormo qualche ora, un sonno costellato di brutti sogni.

Il giorno dopo le condizioni di Willard sono lievemente migliorate. Mairim prepara un decotto con un le foglie di kadak. A fatica, giorno dopo giorno, si riprende.

“Portami al lago”

Tremo, le sue parole risuonano come la richiesta di un ultimo desiderio, prima di…

No, non devo pensarci.

 

Volo fino al lago, atterro sulla riva, Willard scivola giù dal mio dorso, mi trasformo e gli sono accanto. Sta guarendo lentamente, ma ha insistito tanto per venire qui, anche se è ancora debole e stanco.

“Questo luogo mi piace tantissimo, abbiamo passato dei bei momenti qui” sussurra con voce bassa e triste, annuisco. Bacio le labbra di Willard, un bacio intenso e lungo.

Si sdraia sull’erba accarezzandomi il volto, so cosa vuole ed io sono pronto a donargli tutto me stesso ogni qual volta lo desidera.

Con riverenza lo spoglio, lo accarezzo, lo bacio, lo faccio gridare di piacere, prendendolo tra le labbra.

Mi sorride e siamo uniti profondamente, fusi, anima e corpo, la mente annegata in un mare di piacere.

Noi due. Solo noi due.

Ci rivestiamo piano senza fretta. Paghi dell’amore donatoci reciprocamente. Il sole sta tramontando, creando uno spettacolo unico solo per noi. Lo guardiamo abbracciati l’un l’altro.

Non resisto e bacio le sue labbra morbide e dischiuse per me.

 

All’improvviso mi stacco da lui, tendo le orecchie allarmato.

“Cosa c’è?”

“Voci, molte voci, dobbiamo andarcene subito” non faccio in tempo a finire la frase che dagli alberi alle nostre spalle sbucano degli Uomini armati. Come hanno fatto ad arrivare fino a qui. Con la magia sicuramente. Quindi tra loro ci sono acne dei maghi.

Scatto in piedi, è un agguato in piena regola, come ho fatto a non accorgermene prima?

Willard si alza in piedi a sua volta, porta la mano sull’elsa della spada, ma non l’estrae.

“Cosa volete?” domando, cercando di trovare una via di fuga per Willard.

“Voi, le vostre teste. Gironzolate qui intorno per aspettare il momento migliore per attaccarci” ci accusa, quello che identifico essere il capo.

“No, non è vero!” grida Willard.

“Sta zitto, sei un traditore, alleato di un Drago. Mi fai schifo!” esclama, sputando a terra con disprezzo.

“Noi veniamo qui solo per godere dell’acqua del lago e di questo luogo. Non è mia intenzione attaccarvi, se così fosse l’avrei fatto già da molto tempo” cerco di negoziare, ma inutilmente.

Vedo troppo tardi il bagliore brillare nella foresta, un raggio di luce arriva dritto nella direzione di Willard.

Con un movimento repentino lo spingo a terra, venendo colpito in parte dal fulmine.

“AREK!!!” grida.

“Scappa” sussurro, Willard si alza ed estrae la spada, scuotendo la testa ostinato.

“Non potete fuggire…” esclama l’Uomo davanti a me “Siete circondati!”

Esasperato dalla loro cocciutaggine mi ritrasformo in Drago, se hanno deciso di attaccarci peggio per loro: moriranno!

Mi alzo in volo quanto basta per essere in vantaggio, da quattro punti diversi della foresta brillano quattro luci: due bianche, due rosse.

Innalzo una barriera magica riesco a contrastarli, ma vengo attaccato da troppi fronti diversi ed in più devo badare a Willard che non è nel pieno delle sue forze.

Stano due dei quattro maghi presenti ne uccido uno, ma gli altri continuano a castare i loro incantesimi contro di me.

Sono ferito: sto perdendo molto sangue. Ho mietuto parecchie vittime, si stanno ritirando, dei maghi ne è rimasto solo uno. Bene!

Con la coda dell’occhio vedo il capo degli gruppo trafiggere Willard con la spada. Distratto da quella scena vengo colpito dall’ultimo giovane mago rimasto. La scarica elettrica percorre il mio corpo, mi contorco dal dolore; in un ultimo slancio lo incenerisco con una fiammata.

Crollo a terra stremato, sono pochi gli Uomini rimasti, Willard è piegato in avanti: il suo sangue sta macchiando il terreno.

Torno nella mia forma umana, voglio affrontare quel bastardo che ha ferito Willard.

A fatica mi alzo in piedi. Formulo un incantesimo, l’Uomo afferra Willard e lo mette davanti a sé, posandogli il coltello sulla gola.

“Bastardo…” sibilo interrompendo la cantilena, non posso rischiare di colpire Willard.

“Incredibile, un Drago che si da tanta premura per un Umano…” sghignazza con un movimento rapidissimo del polso pianta il pugnale nel petto di Willard che spalanca gli occhi accasciandosi a terra senza emettere un suono.

“NOOOOOOOOOOOOOOOOO!”

Nel momento stesso in cui Willard tocca terra, scaglio un fulmine uccidendo l’assassino dell’uomo che amo.

Crollo in ginocchio sfinito, sono rimasti solo cinque Uomini. Non ho la forza di attaccarli, potrebbero finirmi, ma non lo fanno sono basiti per quello che è successo.

A fatica mi trascino verso Willard. La vita sta lasciando il mio corpo, ma non mi interessa, striscio sulla terra scura, devo toccarlo un’ultima volta.

Allunga una mano, la prendo e la stringo nella mia.

“Ti amo” dicono le sue labbra macchiate di sangue.

“Ti amo” sussurro baciandolo.

Chiude gli occhi, reclina il viso ed esala l’ultimo respiro.

“Willard, Willard, WILLARD!!!”

Ho la vista appannata, non so se dalle lacrime o dal dolore, vorrei urlare tutto la disperazione che provo in questo momento, ma non ce la faccio. Sono troppo debole, le forze mi stanno abbandonando. La vita mi sta lasciando. Mi accascio su di lui il mio cuore non può sopportare un altro dolore così grande.

La Morte questa volte è clemente: mi avvolge nel suo abbraccio freddo e nero conducendomi da lui.

 


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