Due poliziotti... modello!

di Kieran

Capitolo 5

Tutto si svolse esattamente come era stato per Mark: Karen arrivò al molo 8 con il collega del poliziotto, un ragazzo biondo che dimostrava più o meno venticinque anni, e Malcolm lo perquisì come faceva con ogni persona dovesse salire a bordo dello yacht. Gli uomini di Callahan si assicurarono che il ragazzo fosse da solo e, quando diedero l’ok, Malcolm lo fece salire sull’imbarcazione; Daniel Callahan seguì tutte le operazioni dalla cabina di comando, con un mezzo sorriso sul bel volto. Aveva fatto rinchiudere McCaine nella propria camera personale, lasciandolo in vita per divertirsi con lui: gli avrebbe ammazzato il collega davanti agli occhi, poi forse si sarebbe liberato anche di Karen Grey. Un po’ gli dispiaceva perché, grazie a quella ragazza, era riuscito ad entrare nel giro delle sfilate di moda, senza contare che lei personalmente gli trovava almeno un paio di clienti la settimana, però, quello che era successo, il fatto che si fosse fatta fregare da un poliziotto e che ora tremasse come una foglia, purtroppo l’aveva resa inutile come infiltrata. Avrebbe dovuto trovarsi qualcuno che la sostituisse. Si staccò dalla finestra e fece un cenno alle due guardie, che lo precedettero lungo il corridoio; avvicinandosi, sentì immediatamente la voce agitata del poliziotto, che chiedeva dove fosse il suo collega. Callahan entrò nella stanza con sguardo tranquillo ed il biondo si voltò verso di lui, scosso.
- Dov’è McCaine? – chiese, immediatamente, senza neppure pensare di presentarsi, ed il padrone dello yacht inarcò un sopracciglio.
- Dovrebbe almeno dirmi il suo nome… - disse garbato, ma con tono tagliente; l’altro si quietò un poco.
- Bryan Flaney… al telefono Karen mi ha detto che McCaine sta male! – continuò poi e Callahan annuì.
- E’ vero… però le ha mentito, anche se fra poco effettivamente McCaine non starà più molto bene.
- Cosa… che significa? – esitò, innervosendosi e guardando di sfuggita le due guardie all’entrata.
- Significa che io so perfettamente che voi siete due poliziotti e non mi piace che abbiate ficcato il naso nei miei affari.
- Un’imboscata… - mormorò allora, stringendo i pugni; Callahan annuì sorridendo e di nuovo allungò una mano verso Grant, che gli passò la sua pistola. Il poliziotto mosse mezzo passo indietro, impallidendo quando gliela puntò contro, mentre Karen gli si avvicinò, tremante.
- Dan… posso andarmene? – supplicò quasi bisbigliando e l’uomo le sorrise annuendo.
- Ma certo cara, non è uno spettacolo per una fanciulla. Fred, accompagnala. – comandò al suo braccio destro, dall’aspetto nordeuropeo; l’uomo annuì e fece strada alla ragazza, scambiando una veloce occhiata con il suo capo: sapeva perfettamente cosa doveva fare, senza che gli fosse ordinato. Callahan tornò ad occuparsi del suo sgradito ospite, che rimaneva immobile di fronte a lui, cercando con lo sguardo una via di fuga.
- Vuoi rivedere il tuo collega, Flaney? Ti accontento… - sussurrò lanciando un’occhiata a Grant – Vallo a prendere e portalo qui: voglio che assista all’esecuzione del suo compare.
L’omone annuì ed uscì silenziosamente dalla stanza, mentre Flaney si mordeva il labbro inferiore, cominciando a sudare freddo.

Mark era seduto sul morbido divano nella camera personale di Callahan e cercava un modo per liberarsi: aveva i polsi ammanettati dietro la schiena ed un fazzoletto legato intorno alla bocca, tanto stretto da fargli male al minimo movimento. Uno dei due bestioni idioti, che facevano da guardia del corpo al capo, gli aveva legato una caviglia con una corda e l’altra estremità della stessa al piedino del divano… ovviamente aveva impiegato meno di un minuto a liberarsi, ma restava il problema delle manette. Senza una chiave era impossibile aprirle! Un tonfo, all’esterno della porta, attirò la sua attenzione e presto si accorse che qualcuno stava girando la chiave nella toppa. Era in una condizione disastrosa, però non era certo tipo da arrendersi senza lottare, così si piazzò appena dietro la soglia ed aspettò che la porta si aprisse; non guardò neppure chi era il nuovo arrivato, lo caricò a testa bassa prendendolo in pieno al petto e spingendolo a terra. Il nuovo arrivato si aggrappò alle sue spalle, trascinandolo con sé nella caduta e Mark si ritrovò disteso sopra il suo corpo; preparò il ginocchio per una bella botta all’inguine, ma si fermò quando sentì l’altro ridacchiare. Alzò il viso incontrando due occhi neri, meravigliosi, che gli sorridevano allegri.
- McCaine, non dirmi che hai intenzione di accogliermi ogni volta in questo modo! – esclamò il biondo, vivace; il moro sgranò gli occhi, cercando di mettersi in ginocchio: cosa ci faceva lì Bryan? Oltretutto gocciolante e con indosso una divisa da poliziotto? Il collega si mise seduto e gli tolse il fazzoletto dalla bocca, passando poi delle dita gentili sulle sue guance ferite.
- Cosa… cosa ci fai qui? – mormorò il moro dimenticandosi del dolore ed il partner gli fece l’occhiolino.
- Sono venuto a salvare il principe!
- Ma… Karen ti ha chiamato… non dovresti essere con lei?
Bryan annuì e si portò dietro la sua schiena, cercando un modo per liberarlo dalle manette.
- Karen è dalla nostra parte, adesso: ha avuto paura di quello che stava succedendo ed ha quasi avuto una crisi isterica, quando ci siamo incontrati. Le ho estorto la verità ed ho elaborato un piano.
- E sarebbe? – chiese, godendo della sua vicinanza e delle dita che stavano facendo degli strani armeggi alle manette.
- Samuel si è fatto passare per me ed ora c’è lui dal capo branco!
- Callahan… - ringhiò cupo Mark e Bryan si chinò sulle sue mani.
- Lo conosci?
- L’ho arrestato quattro anni fa… lui ha fatto uccidere mio fratello.
Mark sentì chiaramente il collega irrigidirsi per un attimo, per poi ricominciare il lavoro sulle manette.
- Allora… visto che le cose stanno così… mi sa che tu scenderai immediatamente da questa bagnarola.
- Cosa?! – sbottò, girandosi di scatto e trovandosi con le mani libere; se le portò davanti al viso, guardandole stralunato, dimenticando per un secondo il vero discorso - Come cavolo hai fatto?
Bryan gli rivolse un sorriso da ragazzino sfrontato.
- Beh, non ti ho detto che ero un ladruncolo, da giovane?
- Avevi detto di essere un teppista! – obiettò il moro, però scosse il capo dandosi dell’imbecille: in quel momento aveva altro cui pensare! Si alzò in piedi di scatto, seguito dal partner, che si mise davanti alla porta impedendogli il passaggio; Mark corrugò la fronte, intuendo le sue intenzioni, ricordandosi le ultime parole serie che aveva pronunciato.
- Cos’hai intenzione di fare, Bryan?
- Impedirti di commettere un omicidio e portarti a casa sano e salvo! – rispose, divertito, ed il moro distolse lo sguardo per un attimo.
- Non lo ucciderò… ma voglio rimetterlo in prigione, una volta per sempre!
Bryan scosse il capo, il viso sempre allegro ma un po’ più serio.
- Non ti credo, McCaine… tu sei un tipo spietato, pensi che non me ne sia reso conto? Hai sangue freddo da vendere, non credo che ti faresti scrupoli ad ammazzare un assassino…
Mark sgranò gli occhi, alterandosi un poco.
- E’ questo che pensi di me? – sbottò, irato, ma il biondo gli si avvicinò, rivolgendogli un sorriso tremendamente sensuale.
- Mi sono sbagliato? – bisbigliò, sfiorandogli il mento con un bacio; il collega lo prese per le spalle, allontanandolo di un poco e guardandolo come se fosse stato pazzo.
- Che diavolo fai, Flaney?
- T’impedisco di fare stronzate! – spiegò rifilandogli un pugno nello stomaco; Mark si piegò su se stesso, rimanendo senza fiato, ed il partner lo tenne stretto mentre accompagnava il suo corpo che scivolava a terra. Impossibilitato a muoversi per il troppo dolore, Mark si accorse solo quando avvenne l’impatto che Bryan lo stava colpendo alla nuca con forza; non perse i sensi immediatamente, lottò con tutto se stesso per mantenersi sveglio, ma già la lucidità lo stava abbandonando. Sentì la voce di Bryan, lontana e dal tono divertito, mentre quest’ultimo se lo caricava sulla schiena, bagnandolo completamente, ed usciva dalla cabina.
- Non permetterò che il mio ragazzo si faccia un periodo di galera per colpa di uno stronzo che si meriterebbe di morire sul serio… Sta per arrivare la cavalleria, Mark… Un po’ di pazienza… - borbottava, camminando impacciato – Mi spiace tesoro, ma ho dovuto farlo… Ma quanto pesi? Ti metto io a dieta appena usciamo da qui… Azz… Sta arrivando qualcuno… Tesoro, ti metto a terra per un attimo!
Furono le ultime parole che Mark udì, prima di svenire.

Quando si risvegliò, avvertì immediatamente un forte dolore allo stomaco ed alla nuca; si lamentò senza neppure accorgersene ed una ragazza gli s’inginocchiò di fianco, mettendosi fra lui e la luce del sole. Mark riuscì a sollevare una palpebra ed a guardarla.
- Sta bene, signore? – chiese lei, rispettosa del grado, e Mark cercò di annuire, ma quel semplice gesto gli provocò un giramento di testa che gli ricordò cosa era successo. Quella specie di partner che si ritrovava lo aveva colpito con forza, facendolo svenire, per impedirgli di affrontare Callahan; gli sembrava poi di essere stato issato sulle sue spalle, ma non ne era certo.
- Signore, vuole dell’acqua? – offrì una diversa voce femminile e Mark alzò gli occhi ritrovandosi un altro viso gentile sopra la testa; puntò le mani a terra, riuscendo a mettersi seduto perché aiutato dalle due poliziotte. Appoggiò la fronte sulla mano, cercando di ricacciare l’emicrania e, finalmente, si rese conto di quanto lo circondava: era steso sul molo ed intorno a lui c’erano una cinquantina di agenti, chi in divisa, chi in borghese e chi con indosso tute da sub. Una retata. Ma com’era possibile?
- Cosa sta succedendo? – mormorò confuso e la ragazza al suo fianco glielo spiegò.
- Siamo stati avvisati che un grosso produttore di droga era a bordo di quello yacht ed abbiamo organizzato una retata. È andato tutto bene, a quanto sembra.
Mark guardò verso l’imbarcazione, scorgendo i tirapiedi di Callahan che venivano scortati a terra dagli uomini della polizia, tutti ammanettati.
- Ma come avete fatto? Il molo era controllato.
- Il molo sì, ma non il fiume! – esclamò allegra l’altra poliziotta – Siamo arrivati usando le imbarcazioni della capitaneria fluviale.
- Callahan? – domandò il moro ansioso, ma a questa domanda rispose una voce maschile, a lui ben nota.
- Lui è tutto tuo, socio!
Voltò il capo con uno scatto, sentendo un’altra fitta alla nuca, e si trovò a fissare il corpo umido di Bryan, che lo guardava dall’alto con espressione trionfante, porgendogli un paio di manette; allungò un braccio verso di lui, che lo afferrò aiutandolo ad alzarsi.
- Bryan… che diavolo è successo? – chiese piano e l’altro indicò con un gesto del capo il viavai di persone intorno a loro.
- Li abbiamo presi! Quando Karen mi ha raccontato la verità, ho chiamato mio zio che a sua volta ha mandato immediatamente Samuel e Gillesby, di pattuglia in zona; ho scambiato i miei abiti con Samuel ed abbiamo aspettato di ricevere l’ok dalla Narcotici. Ci hanno avvisati che si stavano muovendo per via fluviale e solo allora io mi sono tuffato in acqua ed ho raggiunto lo yacht, mentre Samuel si faceva passare per il tuo socio; mentre ti liberavo, i ragazzi dell’antidroga sono saliti sulla barca ed hanno catturato tutti quanti!
- Non c’è nessun ferito? – disse Mark, pensieroso, proiettato già con la mente verso quello che avrebbe fatto di lì ad un momento, e Bryan scosse il capo, perdendo luminose goccioline dai capelli.
- No! Karen è stata salvata da Gillesby, perché Callahan si voleva liberare anche di lei, Samuel sta bene e tu sei stato portato in salvo dal tuo principe azzurro! – terminò con fare da buffone; le due poliziotte ridacchiarono, divertite, e Mark gli lanciò un’occhiataccia, prima di strappargli le manette dalle dita.
- Non pensare di passarla liscia, Bryan… devo fartela pagare per i cazzotti che mi hai rifilato! Ma adesso devo fare un’altra cosa…
Oltrepassò la sua espressione divertita e si avvicinò agli agenti che avevano in custodia Callahan, appena sbarcato dallo yacht; l’uomo lo vide immediatamente e socchiuse gli occhi con espressione minacciosa, ma il moro non si lasciò intimorire. Gli si fermò proprio di fronte, lanciando uno sguardo ad uno dei due agenti, che costrinse l’uomo a congiungere le mani davanti al petto; Mark chiuse le manette attorno ai suoi polsi, stringendole appositamente per fargli male, continuando a fissarlo negli occhi scuri.
- Stavolta finirai in prigione per causa mia, Callahan: - ringhiò sul suo viso – non avresti dovuto lasciare le cose a metà.
L’uomo lo guardò con fare minaccioso.
- Stai attento alle spalle, McCaine. – sibilò gelido, ma, da dietro la schiena di Mark, spuntò una mano che batté una pacca sulla nuca dello spacciatore; entrambi gli uomini si voltarono verso il nuovo arrivato, che li osservava con aria annoiata.
- Che scena patetica! – mugugnò Bryan, abbozzando uno sbadiglio – Callahan, non potevi trovare una battuta più originale?
- E tu chi diavolo sei? – sbottò l’altro, arrossendo per la rabbia; il biondo gli rivolse un sorriso sarcastico, poi appoggiò un gomito alla spalla del suo partner.
- Il vero Flaney!
Callahan socchiuse gli occhi, fissandolo con astio, ma venne sospinto dai due agenti che lo avevano in custodia e portato su una volante; Mark e Bryan rimasero a guardarlo senza muoversi, fino a quando una voce alle loro spalle non li fece voltare.
- Possibile che tu debba sempre farti riconoscere?
- Zi… capo! – si corresse il biondo, allegro – Quando sei arrivato?
- Proprio adesso. – rispose il commissario guardandosi intorno – Mi hanno detto quello che avete fatto… non è stato da incoscienti?
Bryan inarcò le sopracciglia, ma Mark rispose prima di lui.
- Sarebbe filato tutto liscio se non avessi incontrato Callahan… ma non potevamo immaginare che fosse lui lo spacciatore.
Il commissario annuì con il capo, passando lo sguardo fra i due detective.
- Avete fatto un lavoro eccellente… avete risolto il caso in soli quattro giorni. Sei il solito fortunato, vero Bry? – concluse, sardonico, guardando il nipote che incrociò le braccia al petto, assumendo un’aria fintamente offesa.
- Ma tu guarda… io ho bravura e fiuto, zietto!
- Non chiamarmi così! – ringhiò l’altro, ma Bryan gli appoggiò una mano sulla spalla, con faccia strafottente.
- Non meritiamo un premio per il lavoro che abbiamo svolto? – chiese con aria furba, ma l’uomo assunse un’espressione altrettanto affilata e posò a sua volta le dita sulla spalla del nipote.
- E’ vero! Allora, vacanza premio per McCaine, mentre per te… non ti tolgo parte dello stipendio! Che ne dici?
- Cosa?! Ehi, questa è discriminazione! – obiettò il biondo, ma il commissario scosse il capo.
- No, questa è giustizia!
- Mi ritrovo un despota, per capo! – sbuffò incrociando le braccia al petto e voltando le spalle allo zio. Mark, che aveva assistito in silenzio sentendosi sempre più leggero, finalmente sorrise ed appoggiò una mano sui capelli bagnati del collega, che lo guardò con espressione piuttosto sorpresa.
- Forza, devi asciugarti, altrimenti ti buscherai un raffreddore. – disse gentile e, per la prima volta in vita sua, Murdock vide Bryan arrossire lievemente e si ritrovò con gli occhi sgranati… si era perso qualcosa? Invece di rispondere con una delle sue solite battute sarcastiche, il nipote annuì semplicemente con il capo ed a quel punto il commissario intuì la situazione e cercò di trattenere un sorriso compiaciuto. Finalmente quello scapestrato di un nipote sembrava aver trovato la persona in grado di calmarlo un po’ e di completarlo alla perfezione… quindi lui doveva fare quello che era in suo potere per agevolare quella nuova situazione.
- McCaine… hai svolto un ottimo lavoro ed a quanto sembra non ti è scocciato troppo lavorare con Bry. – disse con tono colloquiale; entrambi i ragazzi lo guardarono ed il moro annuì.
- La ringrazio, signore. Lavorare con Flaney non è così male, quando s’impara a capire che è solo un buffone! – asserì con faccia seria ed il biondo sgranò gli occhi, prima di replicare.
- Ehi! Non andate un po’ troppo d’accordo, voi due?
Murdock annuì sorridendo con complicità al partner di suo nipote.
- Mi piaci McCaine… cosa ne dici, ti andrebbe di chiedere un trasferimento al mio commissariato?
Bryan si fece serio all’improvviso e questo bastò allo zio per capire che teneva veramente alla relazione nata con il suo nuovo collega; McCaine sembrò pensarci un attimo, però poi annuì con il capo.
- Ne sarei onorato… ma spero che non mi metta a lavorare in coppia con lui! – borbottò divertito, con la chiara intenzione di prendersi gioco del biondo; il commissario assunse una finta aria pensierosa, mentre Bryan li guardava con le braccia incrociate ed un’espressione corrucciata.
- Beh… sei l’unico che è riuscito a sopportarlo per più di tre giorni… ti aumenterò lo stipendio, d’accordo?
- D’accordo! – annuì allegro Mark, poi entrambi guardarono ridacchiando il biondo, che però a questo punto li osservava con un sorriso sarcastico ed un’espressione tagliente.
- Uhm… voi formate proprio una bella coppia… - mormorò pensieroso – Non è che lo vuoi al commissariato per provarci con lui, vero zio?
- Non dire idiozie, ragazzino! – farfugliò arrossendo un poco – Io sono sposato e mi piacciono le donne! – terminò lanciando un’occhiata imbarazzata a due poliziotte che stavano passando di fianco in quel momento; Bryan ridacchiò, muovendo mezzo passo indietro e guardando Mark con sarcasmo.
- Infatti… lo sappiamo che McCaine è un travestito, no?
- Flaney! – sbottò il moro avvicinandosi, minaccioso, ma il collega si allontanò ridacchiando, rivolgendogli una linguaccia; il commissario Murdock, con una vena pulsante sulla testa, si trattenne giusto cinque secondi, prima di urlargli contro.
- Imbecille! Abituati a tenere quell’uniforme, perché io ti mando a dirigere il traffico!

Bryan entrò per primo nell’appartamento ed accese le luci, appoggiando le chiavi sul tavolo del salotto; Mark lo seguì chiudendosi la porta alle spalle e si tolse il giubbotto leggero. Dopo aver sbrigato le pratiche necessarie in ufficio, dopo aver salutato Miss Stevenson ed averla rassicurata sulla buona riuscita delle indagini e, dopo finalmente essersi fatti una doccia e cambiati nelle rispettive abitazioni, ora dovevano prendere i pochi effetti personali che avevano lasciato nell’appartamento condiviso per meno di una settimana. Andarono ognuno nella propria stanza e Mark ne uscì poco dopo con il portatile e la propria valigietta, ma dovette aspettare qualche minuto, prima che Bryan lo raggiungesse fischiettando, con una borsa fra le mani. Il moro corrugò la fronte, cercando di capire cosa contenesse.
- Non mi pareva fossi venuto qua con tanta roba… - mormorò e l’altro annuì.
- Infatti! Questi sono un paio di vestiti che mi stanno particolarmente bene e poi ci sono anche delle scarpe proprio belle!
- Li vuoi rubare?! – sbottò, contrariato, ma il biondo scosse il capo.
- Certo che no! Sono solo un premio per il lavoro svolto! – esclamò allegro e convinto di quello che stava dicendo; Mark sospirò, scuotendo il capo: era inutile discutere con lui, ormai lo aveva capito.
- Allora andiamo? – chiese avvicinandosi alla porta d’uscita, ma il partner gli rispose appoggiando i propri averi sul tavolo, togliendosi il giubbotto di jeans che ancora indossava.
- No, fermiamoci un po’!
- Ma… è quasi ora di cena! Se perdiamo tempo qui, va a finire che ceniamo alle dieci, stasera! – obiettò il moro che, nonostante quello che aveva mangiato per pranzo, già sentiva un certo spazio libero nello stomaco; Bryan non lo ascoltò neppure e si avvicinò al camino accendendolo rapidamente, essendo un modello che bruciava senza legna. Mark appoggiò la propria roba accanto alla porta d’ingresso, mentre l’altro si aggirava per la casa, ignorandolo, prendendo prima un telo che appoggiò a terra sul tappeto, poi una coperta di lana leggera ed infine un paio di bicchieri da whisky ed una bottiglia; il moro a quel punto capì più o meno le sue intenzioni e gli si avvicinò lentamente. Avendo finalmente sistemato tutto come gli aggradava, Bryan guardò il suo collega rivolgendogli un sorrisetto cauto, togliendosi le scarpe agilmente, mentre gli si avvicinava. Mark rimase ad osservarlo in silenzio, fino a quando se lo ritrovò addosso, ed allora gli cinse la schiena con le braccia, mentre il biondino faceva lo stesso con lui.
- Cos’hai in mente? – gli chiese piano e l’altro abbozzò un ghigno.
- Non ho voglia di aspettare stasera… mi sa che sarò troppo stanco! – esclamò, strofinando le mani sulla stoffa della sua camicia, ed il moro inarcò un sopracciglio.
- Cos’è che non puoi aspettare? – domandò, malizioso, ottenendo però un suo sorriso divertito.
- Uhm… vediamo di rinfrescarti la memoria… - sussurrò sfiorandogli le labbra con lievi baci; Mark rinsaldò la presa intorno alla sua schiena, stringendoselo subito contro il corpo e, senza aspettare neppure un attimo, chiese ed ottenne di accedere alla sua bocca. Bryan mugugnò qualcosa, accettando il gioco della sua lingua, cercando di trattenersi dal chiedere il dominio di quel bacio ed assumendo, per la prima volta, un ruolo lievemente passivo; le mani di Mark scivolarono lungo la sua maglia larga, riuscendo ad intrufolarsi al di sotto per sfiorargli la pelle liscia della schiena e Bryan stavolta gemette. Si staccarono dopo un lunghissimo attimo, fissandosi con occhi incandescenti.
- Nella mia camera o nella tua? – mormorò roco Mark, ma il partner scosse il capo.
- Qui… davanti al camino. – rispose sensuale; finalmente il moro capì a cosa serviva la coperta ed annuì, inginocchiandosi sul tappeto chiaro, costringendolo a seguirlo. Cominciò a baciarlo sul collo, seguendo la linea dei suoi nervi fino ad appropriarsi con i denti della clavicola coperta dal tessuto blu; Bryan gettò indietro il capo, sospirando, con un lieve sorriso sul viso arrossato. Le mani di Mark, ancora sotto la maglia del biondo, risalirono portandola con sé, costringendolo ad alzare le braccia per potergliela sfilare e, immediatamente, i suoi occhi nerissimi si cibarono degli addominali, dei pettorali non troppo pronunciati, dei capezzoli non ancora eretti; di nuovo appoggiò le dita sulla sua colonna vertebrale, cominciando un gioco di baci sul petto del compagno, che sembrava subire passivo. Mark lo spinse costringendolo a stendersi sulla schiena, scendendo con la lingua lungo i suoi muscoli, risalendo dalla parte opposta, fino a tornare sul suo collo; a quel punto Bryan mosse le mani lungo il suo corpo teso, imprigionando fra le dita i bottoni di madreperla della camicia, sfilandoli uno ad uno dalle asole. Mark sollevò il viso fissando i suoi occhi brillanti durante tutta quell’operazione, specchiandosi nell’espressione passionale del suo biondino. Quando ebbe finito, Bryan gli sfilò la camicia dai pantaloni e gliela calò lungo le spalle, facendogli capire di volerla levare, e Mark gli agevolò il compito, restando anch’egli a torso nudo; gli occhi del biondo scivolarono languidi su di lui, mentre le sue dita gli sfioravano appena la vita.
- Voglio restare a dormire qui… - sussurrò all’improvviso, con tono alquanto perentorio, e Mark inarcò un sopracciglio.
- Perché?
- E’ la prima volta che stiamo insieme: non voglio dovermi rivestire dopo aver fatto l’amore con te e trascorrere il resto della serata in un luogo diverso da questo, dimenticandomi, anche solo per un secondo, quello che stiamo per fare.
- Bryan… - bisbigliò il moro, alquanto stupito; il partner gli sorrise sinceramente, per nulla imbarazzato da quello che aveva detto, poi si raddrizzò ed allungò una mano riuscendo a prendere il telefono, che gli porse.
- Chiama un ristorante, un cinese o quello che vuoi tu… dì loro di portarci qui la cena.
- Non conosco i ristoranti della zona! – obiettò contrariato, cominciando a rendersi conto che quell’interruzione stava durando un po’ troppo; Bryan gli rivolse uno strano sorriso e compose un numero breve, distendendosi poi lentamente sul tappeto ed inarcando in modo voluttuoso la schiena, offrendogli il petto. Mark non si lasciò sfuggire l’invito e si chinò nuovamente su di lui, depositandovi lievi baci, rincorsi da brevi lappate; Bryan cominciò a parlare al telefono, chiedendo di essere messo in contatto con un ristorante vicino alla zona in cui abitava, che accettasse ordini a domicilio… il tutto con una voce bassa ed erotica, indotta dalle attenzioni di Mark. Mentre aspettava una risposta in silenzio, il moro si spostò verso un suo capezzolo e glielo strinse gentilmente fra i denti, costringendolo a soffocare un gemito per non scandalizzare la persona all’altro capo del telefono. Ringraziò gentilmente, con voce appena ansimante, poi abbassò il telefono verso il partner, offrendoglielo.
- Parla tu, ordina quello che vuoi. – disse provocante; eccitato e completamente perso nel suo sguardo di fuoco, Mark si portò la cornetta all’orecchio, cercando di dimenticare, anche se per un solo secondo, quello che stava accadendo in quella stanza. All’altro capo del filo rispose una voce femminile che allegramente annunciò il nome del ristorante; la salutò e le chiese quali fossero le specialità ed i menù disponibili per la consegna a domicilio e lei cominciò un lungo elenco, che però il moro non riuscì a seguire. Bryan si era messo bocconi di fronte a lui ed ora gli stava leccando il petto in modo alquanto strano, ma incredibilmente eccitante: usava tutta la superficie della lingua, come un gatto che lava il pelo dei cuccioli, mancava solo che cominciasse a fare le fusa. La ragazza rimase in silenzio per un paio di secondi, prima che Mark si accorgesse che aveva finito di parlare, così deglutì, cercando di tirar fuori la voce e di concentrarsi.
- Ah… la specialità del giorno... per due. – sbottò, chiedendosi quale fosse; la ragazza confermò e domandò se gradivano anche da bere. Bryan morsicò con decisione uno dei capezzoli del moro, che non riuscì a trattenere un gemito; il biondo ridacchiò divertito, mentre la ragazza all’altro capo del filo si azzittiva.
- Bi… birra… - balbettò Mark cercando con poco successo di allontanare Bryan dal proprio petto e lanciandogli occhiate a metà fra l’imbarazzato e l’assassino; la sua interlocutrice annuì e chiese se era tutto, ma in quel momento il biondo strappò la cornetta dalle mani del partner.
- Fragole… tante… fragole… - sussurrò con voce così erotica da far sgranare gli occhi a Mark; di nuovo la ragazza non disse nulla per qualche secondo, però poi cominciò a ridacchiare e confermò l’ordine. Chiese l’indirizzo dell’appartamento e di nuovo fu Mark a risponderle poi, finalmente, poté riagganciare e guardò il collega che lo fissava con una faccia chiaramente divertita.
- Che cavolo ti è saltato in mente?! – esplose, lievemente alterato, ma l’altro non si lasciò minimamente scoraggiare e, senza alcun preavviso, gli saltò addosso buttandolo con la schiena a terra ed imprigionandogli i polsi contro il tappeto soffice. Attaccò il suo collo con lievi morsi, succhiando poi la pelle calda, mentre con un ginocchio premeva contro il suo inguine e, a sua volta, si strofinava contro la coscia del partner; Mark subì per un attimo, prima di decidere che il gioco andava ribaltato ma, quando provò a liberarsi della morsa dell’altro, scoprì che non ci riusciva. Bryan era più basso e magro di lui, anche si di poco, ma in quanto a forza non scherzava affatto! I morsi del biondo si spostarono lungo il braccio destro di Mark, cominciando ad alternarsi a giochi veloci della lingua, seguendo la linea del bicipite contratto, per poi infilarsi nell’incavo del suo gomito, facendolo rabbrividire.
- Non ti muovere. – mormorò in quel momento il biondo, interrompendo per un solo secondo la sua attività; gli lasciò il polso sinistro facendo scorrere le unghie lungo il braccio, scendendo lungo il suo fianco, fino a raggiungere la vita. Mark inarcò la schiena, gemendo senza potersi controllare, mentre le dita del partner raggiungevano i bottoni dei suoi jeans e li slacciavano con un movimento unico. Gli liberò anche l’altro braccio e si mise in ginocchio al suo fianco, sfilandogli lentamente i jeans mentre non abbandonava i suoi occhi; Mark lo lasciò fare fino a quando non rimase in boxer, ma a quel punto decise di approfittare di quel momento di libertà, per riprendere il comando del gioco. Si raddrizzò cingendo la schiena del biondo e premendoselo contro il corpo, mentre introduceva facilmente la lingua fra le sue labbra già gonfie e umide. Con le mani sfregò con forza la pelle della sua schiena calda, come a volersi assicurare che fosse vera e non un sogno, poi portò le dita sui suoi pantaloni, slacciandoli velocemente mentre con i denti scendeva lungo il mento, arrivando a mordicchiare la giugulare. I sospiri di Bryan si fecero più intensi mentre, con il viso gettato all’indietro, si aggrappava alle sue spalle; Mark lo costrinse a sdraiarsi per potergli sfilare i calzoni, facendo attenzione che la pelle delle mani venisse a contatto con quella delle sue gambe, scendendo al contempo con il viso lungo quel petto modellato per depositarvi lievi tocchi di labbra. Le dita di Bryan si persero nei capelli del moro, quasi giocando con essi mentre il corpo s’inarcava come se non potesse fare altro; la lingua di Mark s’insinuò nel suo ombelico sfregandone i contorni, spingendo in profondità, ritraendosi per permettergli di soffiare aria fredda contro l’umidità rimasta. I gemiti di Bryan si fecero più vocali, mentre le sue dita cominciarono a stringere, spasmodiche; le mani del partner scesero sui suoi boxer, sfilandoli con lentezza esasperante per entrambi. Ora il biondo era completamente nudo di fronte agli occhi dell’altro, che si sentiva ormai in fiamme; senza aspettare un secondo di più, si chinò andando a giocare con la lingua fra i riccioli biondi dell’amante, che si aggrappò con forza al telo steso sotto di lui. Risalì il suo membro con lentezza spietata, concedendogli solo la punta della lingua, abbandonandolo prima di raggiungere la vetta; un gemito di disappunto sfuggì dalle labbra del biondo, che però rimase senza fiato spalancando gli occhi quando, improvvisa, la bocca del moro s’impossessò del suo membro teso e supplicante. Mark rimase fermo con il capo, giocando con la lingua intorno alla punta congestionata, torturando il ragazzo che, in sua completa balia, non riusciva più a controllare la propria voce. Poi, finalmente, cominciò a muoversi su di lui, appagando le sue invocazioni; con due dita risalì lungo il petto, riuscendo a raggiungergli le labbra, che si schiusero immediatamente, accogliendolo. Contrariamente a quanto si era aspettato, però, Bryan non le succhiò, ma le leccò con tutta la superficie della lingua, lasciando che una scia di saliva scivolasse lungo il suo mento e, di fronte a quello spettacolo, Mark dimenticò per un attimo di esistere. Dio, quel ragazzo era nato per fare sesso e far impazzire il partner! Il moro si ricordò di quanto stava facendo, solo quando Bryan aprì gli occhi per capire il perché dell’interruzione, così riprese con più foga il lavoro che stava eseguendo sul suo membro. Per la propria sanità mentale decise di togliere le dita dalla bocca dell’altro e le portò alla sua apertura, forzandola lentamente; il biondo chiuse con forza le dita sui suoi capelli, tremando appena, ed il partner capì cosa lo spaventava. Mosse con lentezza il primo dito, cercando di farlo godere sia con quel movimento che con quello della bocca e sembrò riuscire nell’intento. Lo penetrò con un secondo dito, mentre la sua lingua gli faceva perdere completamente lucidità; capì che si stava lasciando andare e sorrise fra sé, sollevato di poter finalmente affondare nel suo corpo… cominciava a non farcela più! Un gemito diverso dagli altri, però, lo paralizzò.
- M…Mark…
Il moro si bloccò per un istante, incapace di muoversi: il suo nome detto dall’altro, in quel momento ed a quel modo, gli trafisse il petto, facendogli mancare il respiro. Cosa diavolo succedeva?
- Che… che c’è? – ansò Bryan, accorgendosi di quell’interruzione e Mark si sollevò guardandolo negli occhi, prima di sorridergli dolcemente.
- Va tutto bene, piccolo. – rispose gentile – Dove sono i preservativi?
Il partner si guardò intorno nella stanza, poi indicò il proprio giubbotto appeso sullo schienale di una sedia; senza dire nulla si tirò indietro per sottrarsi al suo abbraccio e si alzò per andarli a prendere, offrendogli la meravigliosa visione del suo corpo nudo ondeggiante. Guardandolo, chinato in avanti per frugare nelle tasche, Mark si ritrovò a serrare con forza i pugni intorno al telo sul quale era semi sdraiato: nella sua testa si era fatta strada una consapevolezza improvvisa e devastante. Lui voleva quel ragazzo… ma non voleva solo il suo corpo, non voleva che fosse un partner con cui fare del sesso ogni tanto… Lo voleva per sé, bramava la sua mente, le sue attenzioni, il suo… amore… Bryan tornò verso di lui guardandolo con espressione di nuovo maliziosa, che però scomparve dal suo bel volto quando lo afferrò con forza per la vita e lo costrinse a cadere in ginocchio quasi addosso a lui.
- Ma cosa… - cominciò il biondo, ma Mark gli mise un dito sulle labbra.
- Bryan… Cos’è per te questo? – chiese piano, con voce dubbiosa, ed il partner inarcò un sopracciglio.
- Ehm… puoi spiegarti meglio? – domandò a sua volta e Mark lo fissò negli occhi seriamente.
- E’ solo sesso?
- …
Per la prima volta da quando lo conosceva, Bryan, invece di rispondere, distolse lo sguardo; da quel semplice gesto il moro intuì le sue parole non dette, così prese un respiro profondo e gli infilò due dita sotto il mento per costringerlo a guardarlo.
- Bryan… Pensi che una storia fra noi due possa funzionare?
Il biondo rimase a fissarlo, occhi neri in quelli ancora più scuri dell’altro, poi annuì lievemente con il capo, senza dire nulla; quella sua aria strana, quasi timorosa, colpì incredibilmente il collega, che non riuscì a nascondere un sorriso gentile.
- Sei meraviglioso. – mormorò senza quasi accorgersene; un sorriso raggiante illuminò il volto del biondo, rendendolo se possibile ancora più bello, e Mark lo spinse a terra con gentilezza, cominciando a sfiorargli il mento con baci delicati.
- Se vogliamo iniziare una relazione... – sussurrò quindi, fra un bacio e l’altro – E’ meglio mettere in chiaro una cosa. – continuò, staccandosi e fissandolo negli occhi; Bryan ricambiò con decisione lo sguardo, senza alcun vacillamento nelle iridi scure - Perché una storia funzioni, una storia con me… ci deve essere fiducia! Assoluta! Se perdi la mia fiducia perdi anche me, quindi non tollero nessun tipo di tradimento: se mai mi verrai a dire che mi hai tradito, in qualsiasi modo, io ti lascerò. – disse, quasi con durezza, ed il biondo lo fissò per un secondo, prima di mettersi a ridacchiare.
- Sto con il ragazzo più bello che abbia mai incontrato in vita mia, perché mai dovrei tradirlo? Mi credi tanto scemo?
- Ti piace solo il mio aspetto fisico? – borbottò accigliandosi, ma Bryan gli rispose mordicchiandogli lo sterno e sfilandogli i boxer che ancora indossava.
- Ho parlato di bellezza esteriore? – chiese di rimando; Mark sorrise, improvvisamente sollevato, poi si raddrizzò e lo guardò con aria maliziosa.
- Dov’eravamo rimasti?
- A questo… - rispose il partner, mostrandogli un preservativo già pronto all’uso, ed il moro inarcò un sopracciglio, perplesso.
- Quando lo hai scartato?
- Non ti ho detto che da giovane ero un borseggiatore?
- Ero rimasto a ladruncolo… - sbuffò allegro, mettendosi in ginocchio; Bryan gli infilò il preservativo agilmente, assumendo tuttavia un’espressione lievemente preoccupata. Mark non disse nulla fino a quando non ebbe finito, poi se lo tirò contro il petto baciandolo con foga; il biondo rispose lasciando che fosse il partner a condurre, ma di nuovo il moro si accorse di un certo timore nei suoi gesti. Lo lasciò, spingendogli il petto in modo che si distendesse sul tappeto, seguendolo con il corpo, mentre con il proprio membro sfiorava quello dell’altro, poi lo guardò con intensità negli occhi, chiedendogli una muta spiegazione che però non sembrava disposto a fornirgli.
- Cosa succede? – chiese quindi e Bryan sollevò uno sguardo accattivante verso di lui.
- Avrei preferito che tu fossi meno grosso… - giustificò, finalmente, facendolo arrossire da capo a piedi.
- Idiota… - borbottò, nascondendo il viso contro la sua spalla, ma Bryan appoggiò le labbra al suo orecchio, parlando sommessamente.
- Prendimi, Mark.
Non se lo fece ripetere due volte: si raddrizzò fissandolo, ormai dimentico dell’imbarazzo di un secondo prima, e gli sollevò le gambe in modo che gli circondassero la vita; si posizionò alla sua entrata scorgendo un minimo vacillamento nel suo sguardo, ma si chinò appropriandosi dolcemente delle sue labbra e solo in quel momento cominciò a spingersi dentro di lui. Il corpo di Bryan s’irrigidì di colpo ed il partner si bloccò nonostante gli costasse un enorme sforzo; con una mano scivolò fra i loro corpi e s’impossessò del suo membro che, nonostante il timore, era ancora ben eretto. Cominciò a masturbarlo con perizia, riuscendo a portare la mente del biondo ad un livello di confusione totale e, solo in quel momento, lo penetrò completamente; Bryan strinse i denti emettendo un singulto ed artigliando le sue braccia e Mark rimase fermo in quella posizione, sfiorandogli le labbra con lievi baci.
- Shh, va tutto bene, piccolo, rilassati o non ti piacerà.
I meravigliosi occhi neri del biondo si aprirono riflettendosi nei suoi, apparendo umidi ed incerti, poi il ragazzo sorrise ed annuì con il capo.
- Fammi impazzire, Mark. – bisbigliò; il moro dovette dar fondo a tutto il proprio autocontrollo per non cominciare a muoversi con forza e ricominciò il lavoro interrotto dalla propria mano. Solo quando Bryan cominciò a gemere ed a muoversi con attenzione, finalmente decise di uscire piano per poi rientrare: cominciò con movimenti gentili, premurosi, notando che ancora il partner sentiva dolore, però poi gradualmente accelerò, fino a quando entrambi non cominciarono a gemere chiamandosi. Bryan venne dopo poche spinte, inarcandosi tanto da accogliere completamente il membro di Mark, che a quel punto non riuscì più a trattenersi ed esplose dentro di lui; rimase un attimo immobile, dopo quell’incredibile orgasmo, cercando di capire dove e chi fosse, poi si accasciò sul suo corpo accaldato, uscendo con delicatezza. Ansimanti, cercarono di riprendersi per minuti interminabili ed il primo a muoversi fu Mark, che si dovette alzare per andare in bagno a togliersi il preservativo; quando tornò, vide che Bryan si era ripulito nel telo e lo aveva buttato in un angolo, rimanendo sdraiato sul soffice tappeto azzurro. Gli si distese di fianco, avvolgendo entrambi nella coperta preparata in precedenza, e se lo strinse contro il corpo, facendogli appoggiare la testa sul proprio petto; Bryan gli cinse il busto con le braccia, accoccolandosi contro di lui, il respiro che lentamente tornava regolare.
- Come stai? – chiese apprensivo Mark, sfiorandogli la schiena con lente carezze, ed il partner sospirò.
- Per ora bene… vedremo domani! – rispose con voce un po’ assonnata, però poi un sorriso gli accarezzò le labbra – E’ la prima volta che qualcuno mi chiama “piccolo”. – mormorò con un sospiro ed il moro gli baciò la fronte sudata, ottenendo che alzasse il capo e catturasse le sue labbra per un bacio più corposo. Si separarono dopo qualche istante e, cinque minuti più tardi, Mark si accorse che il suo angelo si era addormentato.

Stava finalmente per cedere al sonno, quando il campanello suonò e riportò indietro la sua coscienza; si spostò delicatamente per non svegliare Bryan, pur sapendo che di lì a poco avrebbe dovuto farlo comunque, e si alzò infilandosi solamente i jeans. Guardò l’orologio, scoprendo che aveva trascorso più di mezz’ora a contemplare quel viso angelico e sorrise lievemente: era cotto di quel ragazzino? Pareva proprio di sì! Il brontolio dello stomaco gli fece immediatamente intuire chi fosse alla porta ed, infatti, quando aprì si trovò di fronte una ragazzina con in mano uno di quei contenitori che mantenevano caldi i cibi all’interno. Lei alzò uno sguardo incredulo su di lui, senza dire nulla per un secondo, poi gli sorrise ed abbozzò un inchino.
- Salve, sono Patty del ristorante! Ci siamo sentiti per telefono! Ho qui la vostra cena! – esclamò allegra; Mark annuì e si fece da parte per lasciarla entrare, indicandole il tavolo dove appoggiare la roba mentre cercava il proprio portafogli. La ragazza si guardò intorno, curiosa, e quasi subito vide Bryan che dormiva sul tappeto, mezzo scoperto e chiaramente semi-nudo; si avvicinò di qualche passo, fissandolo con occhi enormi, prima di voltarsi verso Mark che la osservava con un sorriso di comprensione. Lei esitò un attimo poi, capito che non aveva provocato la sua ira, gli rivolse un sorriso raggiante.
- Siete due modelli? – chiese alludendo chiaramente alla loro prestanza fisica; Mark lanciò un’occhiata allo splendido ragazzo che dormiva profondamente, valutando che con quell’espressione ingenua sembrava ancora più carino di quanto non fosse in realtà, poi si rivolse di nuovo alla moretta e scosse il capo.
- No. – rispose solo e lei inarcò le sopracciglia.
- Peccato, sono sicura che fareste carriera!
- Può darsi… - mormorò perdendo di nuovo lo sguardo sui lineamenti fini del partner – Ma preferisco tenere per me la bellezza di quell’angelo.
La ragazza sgranò gli occhi, piacevolmente sorpresa da quella frase, mentre il poliziotto si era ormai dimenticato di lei e neppure ricordava le parole appena pronunciate dalla sua coscienza.

(Fine)


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