Demoni

parte XV

di Lara


Il profumo del giardino delle fragranze faceva da tenue e dolce contrappunto all'odore di terra calda bagnata di rugiada che si asciugava al sole.
Mille colori di camelie, begonie, lavanda dolce e delicata, rose, piccoli mughetti... Tutti in fiore, e il verde, i colori e i profumi regnavano in quell'angolo di paradiso.
Laele camminava scalza sull'erba azzurrina e fragrante, un odore simile alla menta ma più dolce, la mente della giovane Dea era persa nella contemplazione del cosmo della vita che solo lei poteva vedere li e in quel momento.
Quel giardino lo aveva creato lei in un lembo di spazio vuoto nell'infinità del cosmo.
Era il suo rifugio, la sua casa. Ora che tutto era finito quella era la sua dimora. Da li proteggeva la sua tribù e benediceva i suoi figli. Guardò laggiù, nella infinita pianura, attraverso una polla di acqua chiara e limpida senza fondo. Si inginocchiò e soffiò delicatamente mentre sulla superficie le piccole increspature facevano posto a una visione.
Si spostò i lunghissimi capelli neri dietro le orecchie e sorrise vedendo la scena che le si presentava. Due uomini ormai vecchi, ma ancora sani e forti, cavalcavano davanti al clan in marcia verso i pascoli estivi, i colori dei carri più vivi che mai, i bambini che ridevano e giocavano,le mandrie sane, numerose e prospere.
Si, il suo popolo era felice.
La Dea si sdraiò all'ombra di un immenso albero dalle foglie di un verde cupo e piumosi fiori rosa, la sua mente che andava al passato, un lieve sorriso che aleggiava sulle sue labbra, una piccola lacrima di cristallo, data dalla dolcezza del ricordo,che luccicava all'angolo di un occhio di onice.


-Tutto questo allora a cosa è servito, se ci sarà guerra tra le nostre due genti?- Anak in piedi, fiero e forte, fissava l'uomo dalla cui decisione dipendeva il futuro di tutte le genti del Popolo.
La sala del trono era enorme, la pietra delle mura era bianca e sembrava contenere piccoli frammenti di quarzo, brillanti come lucciole alla luce del sole che proveniva dalle finestre alte e strette dai vetri colorati. Una ventata di aria fresca, la maestosa porta di legno decorato in oro alle sue spalle era stata aperta portando con se un profumo dolcissimo , come dei fiori di stella che crescevano nella pianura. Passi lenti e tranquilli risuonarono sul pavimento lucido, a scacchi di pietra nera e bianca e si fermarono al suo fianco.
Marco, vestito di una semplice tunica bianca e pantaloni dello stesso colore si era portato al suo fianco. L'uomo assiso sul trono lo guardava con enorme interesse, gli occhi acuti che parevano chiedersi cosa quel ragazzo facesse li.
-Mio Signore.- Un inchino di un'eleganza perfetta, Anak ne fu sorpreso. I capelli biondi erano stati tagliati corti come quando era arrivato e sembravano una corona aurea attorno al suo volto, il viso e il corpo guariti completamente dalla brutta avventura e i modi regali lo rendevano una persona diversa, nuova. -Sono qui alla vostra presenza per offrirvi qualcosa che so desiderate in cambio della pace tra i Tangle'da e il Popolo. Volete ascoltarmi?-
Anak si chiese se Marco fosse impazzito. Erano tornati dalla torre da una ventina di giorni in cui non si era mai fatto vedere al di fuori della sua stanza e ora si presentava nella sala del trono portando un'apparente soluzione. Senti una risata sussurrata nella sua mente e si accorse che Laele era li, da qualche parte, che li guardava invisibile.
Il re fissò studiando il ragazzo e annuì. La sala era vuota a parte loro e tre guardie, alti arazzi alle pareti narravano la storia di quel popolo guerriero e dei loro Dei.
Muti testimoni di chissà quanti e quali segreti.
-Parla, sono curioso di sentire quello che ha da dire uno dei famosi Don'ha.- Marco deglutì, cercando di mantenere la sua facciata di sicurezza. Maledizione a Laele che lo aveva messo in quel guaio!
-Mio Signore, tu sei senza eredi, e tutti i dotti uomini del tuo regno non hanno saputo porre rimedio a questa cosa. Io posso offrirti la cura in cambio della pace.-
Anak fissò stralunato Marco, era forse impazzito? Cosa stava succedendo in quella stanza visto che gli sembrava di non capire pur avendo seguito la discussione? Come poteva Marco guarire quell'uomo?
Il trono grande e riccamente adorno di sete e ori in quel momento sembrava ospitare solo un uomo, non un re come avrebbe dovuto. Un uomo dal viso stanco e oppresso da mille preoccupazioni. Un uomo che aveva solo un vero desiderio nel cuore. Un erede del suo sangue, nato dal suo seme che sembrava essere sterile al di là di ogni capacità di guarigione di saggi e dotti provenienti da ogni angolo del regno.
-Come proponi di realizzare quello che in anni di regno nessun uomo di scienza, magia, religione, è mai riuscito a realizzare? Non fare promesse che non puoi realizzare... Il prezzo sarebbe troppo caro, nessuno può prendere in giro l'imperatore dei Tangle'da ragazzo, ricordalo.- Gli occhi violetti come ametiste brillarono e Marco raddrizzò le spalle. Ora dipendeva da lui convincere l'uomo che non era intenzionato ad avvelenarlo o a farsi beffe di lui.
-Permettetemi di portarvi questo. La soluzione del vostro male.- Una piccola ampolla di vetro rosso con il tappo comparve nella mano di Marco che lentamente si avvicinò al trono, consapevole degli occhi di Anak puntati sulla sua schiena. Il tempo sembrò scorrere in modo diverso, il minuscolo pulviscolo d'oro imprigionato nei raggi di sole che entravano dalle finestre pareva muoversi in una lenta danza senza tempo, il rumore dei passi pareva eccheggiare forte, ma il rumore più potente era il battito del suo cuore, che balzava nel suo petto come un uccellino terrorizzato. Se il re non si fosse fidato, se non avesse funzionato... Non solo tutte le persone del Popolo, ma anche lui e Anak sarebbero morti.
Gli pareva di camminare attraverso la melassa, verso quell'uomo che lo guardava con negli occhi un misto di aspettativa e diffidenza, speranza e paura. Sentimenti che lottavano come lampi negli occhi di ghiaccio del sovrano che pareva solo un uomo con troppi pesi sulle spalle e troppi dolori nel cuore. I capelli precocemente incanutiti del re piovevano in ordinate e corte ciocche sulla fronte alta e piccole e indecifrabili rughe circondavano gli occhi e la bocca.
Marco piegò un ginocchio e porse la boccetta al sovrano, fissando il suo sguardo violetto e sincero negli occhi dell'altro, coperti dal velo di diffidenza di chi aveva imparato a sue spese che non ci si poteva fidare. Il sovrano allungò la mano grande e solida, la mano di un guerriero, e prese la piccola ampolla.
Il tempo parve riprendere a scorrere normalmente e Marco si permise di respirare, sentendo una goccia di sudore gelido che gli correva lungo la schiena.
-Voi mi dite che se berrò questa cosa, sempre che non sia veleno, la mia adorata moglie avrà in dono un figlio nato dal mio seme. Come posso fidarmi?- Anak a quella domanda chiuse un attimo gli occhi ragionando. Lui si fidava di Marco ed era sicuro che quella boccetta fosse opera di Laele. Quindi probabilmente era veramente una cura per il male che impediva al sovrano di avere figli.
-Mio signore, ci offriamo come ostaggi finchè il bambino non sarà concepito. Come garanzia ti basta?- Anak aveva parlato di getto, senza riflettere,e non sapeva se pentirsi o no di quella proposta.
Il re osservò l'ampolla attraverso un raggio di sole, studiandola.
-Ma questo non vuole dire che non sia veleno il liquido di questa ampolla.- Con un gesto repentino le mani grandi tolsero il tappo e ingoiò il liquido ambrato e insapore. -Bene, così si metterà fine all'ipotesi del veleno...- Il re sorrise freddamente e si rivolse alle guardie.-scortate i miei ospiti nel loro appartamento e badate che non si allontanino fino a che non sarò sicuro di avere un'erede.- Marco e Anak si scambiarono un'occhiata sorpresa per l'azione del re e seguirono silenziosi e docili due delle tre guardie.



Da una settimana il loro appartamento era diventato la loro prigione, ma avevano sfruttato il tempo nel migliore dei modi...
Marco era sdraiato sul divano con la testa appoggiata alle gambe di Anak che intrecciava le sue dita alle morbide ciocche bionde mentre davanti a loro Deoris parlava con Laele che aveva assunto la forma della bambina di sempre.
-Sei sicura che quella cosa farà in modo che il re abbia un figlio?- Il tono di Anak era scettico e Laele lo fissò scuotendo il capo con rassegnazione. Capiva la sfiducia in una cosa simile, ma era la millesima volta che glielo spiegava!!!
-Anak, lo sai benissimo che quel liquido era solo un po di sidro allungato, che il miracolo, se così lo vuoi chiamare, lo ha fatto la mia magia! Essere una Dea comprende dei piccoli vantaggi, come poter operare guarigioni altrimenti impossibili! E si , sua moglie aspetta già un figlio tra tre giorni verrà qua il re e firmerà il patto. E no, non ho intenzione di sopportarti ancora a lungo quando sei di quest'umore!- La Dea con uno scintillio svanì lasciando le tre persone a fissare l'aria. Deoris rise e si portò alle labbra una tazza di infuso alla menta dolcificato con il miele.
-Cosa avete intenzione di fare una volta liberi? Tornerete alle vostre pianure no? O tu Marco hai scelto....?-
Marco sospirò incontrando lo sguardo profondo e dolce di Anak.
La seta del divano carezzava i suoi piedi nudi e dalla finestra aperta una lieve brezza portava i soliti rumori attutiti dalla distanza del giardino sottostante e il profumo delle rose rampicanti che crescevano lungo il muro sotto la finestra. Pensò ai fiori bianchi e profumati, e gli venne in mente la madre.
Laele aveva dato come prezzo per aiutare Anak a liberarlo che lui potesse scegliere se tornare a casa o restare li.
Marco aveva sempre desiderato rivedere la propria casa e la madre. Anche quando la visione di quella famiglia ormai quasi sconosciuta che era la sua lo aveva sconvolto, nel suo cuore il desiderio di riabbracciare almeno un'ultima volta la madre e dirle addio era sempre stato vivo. Ma se avesse scelto di tornare avrebbe avuto per sempre negata la possibilità di rivedere Anak, il popolo che ora considerava la sua strana e ancora un po aliena famiglia, le distese senza limiti della pianura, i carri colorati e i cavalli selvaggi che correvano liberi come il vento tra l'erba alta e odorosa. Gli mancava il suo cielo azzurro, il profumo delle torte di sua madre e il suo abbraccio. Aveva chiesto a Laele se poteva semplicemente salutarla e poi rimanere lì ma lei aveva detto di no, che doveva scegliere, o qua o la.
Allungò la mano e sfiorò con la punta delle dita le labbra di Anak ammirandone ancora una volta la splendida pelle dorata e i capelli neri come l'ala di un corvo.
-Deoris, il mio cuore non è mai stato così combattuto. Amo questo posto, queste persone..- I suoi limpidi occhi brillarono posandolo sguardo sullo sciamano, dicevano “amo anche te Anak” - ma vorrei almeno dire addio a mia madre, alle persone che amavo nel mio mondo. Vorrei rivederle... Sentire un'ultima volta il profumo di lavanda di mia nonna, il caldo odore delle torte di mia madre, la fresca sensazione delle sue mani che mi accarezzavano le guance quando stavo male. Ma ormai credo che non le rivedrò mai più. Come posso andarmene per sempre da qua e vivere nel ricordo della libertà della pianura? Lasciare Anak, il mio Clan, le distese infinite e questo cielo che all'inizio mi sembrava così strano? Resto. Non credo di dover più decidere...-Gli occhi di Anak si illuminarono, e si chinò a baciare le labbra morbide di Marco in un leggero e sensuale sfiorare.
-Vedo che hai scelto e che il tuo cuore non soffrirà più come prima. La mia benedizione, se a qualcosa può servire, è con voi due.. Ma ora è meglio che vada o sarà buio prima che arrivo a casa!- I tre si sorrisero, in un momento di profonda comunione, e la donna enorme si voltò, andandosene.
Rimasti soli Anak e Marco fecero passare lunghi istanti di silenzio. L'avventura con Rileg li aveva cambiati entrambi, e molto, molto più di quanto pensassero.
Marco ora era cresciuto, aveva una forza interiore che non avrebbe mai pensato di avere e una profondità di pensiero per lui estranea, anche se quel mondo lo aveva costretto varie volte a vedere dentro di sé, mai aveva avuto una capacità di analisi e di sincerità così assoluta.
Anak era molto più riflessivo, aveva pù fiducia in se steso ed era alle prese con un potere suo personale molto più grande di quello che pensava. Doveva imparare come gestirlo ma sapeva che con Marco al suo fianco non c'erano cose impossibili. Difficili, estremamente difficili si, ma impossibili non più.
-Allora resti..- Due parole che contenevano tutta la felicità del mondo, tutto il sollievo di giorni e giorni in preda alla paura silenziosa di non rivedere mai più il suo don'ha.
I loro occhi si incrociarono rimanendo incatenati a lungo. I loro cuori battevano all'unisono in quel momento e si cercarono per approfondire la promessa di bacio che si erano scambiati prima.

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Un anno dopo......
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-Insomma Anak, possibile che con tutto quello che sta succedendo al raduno di quest'anno non ci sia stato il tempo di parlare dei pascoli a nord? Sono nostri, lo sai. Sono generazioni che il nostro Clan ci porta i vitelli durante l'estate e il clan del salice bianco non può assolutamente prenderseli!- Il tono di Marco era accalorato mentre seduto a gambe incrociate sulla pelliccia stesa sul pavimento della grotta parlava con veemenza al suo sciamano. I dipinti che gli ornavano il corpo nudo erano di un rosso acceso, e un solo vecchio talismano gli ornava i capelli di nuovo lunghi fino alle spalle. Anak ora sedeva con gli anziani nel consiglio degli sciamani, carica che avrebbe volentieri scambiato con un dolcetto.
Odiava stare ore e ore seduto mentre quei vecchi legati a tradizioni inutili e che era ora di cambiare cavillavano per la gioia di farlo.
Sorrise e scosse il capo.
-Fosse così semplice lo avrei già intavolato quel discorso, ma sai benissimo che quei vecchi amano sopra ogni altra cosa passare i giorni e le notti attorno a quel fuoco parlando per il gusto di dar fiato ai polmoni.-
Anak riflettè che ora Marco parlava sempre del “LORO” clan, e la cosa lo rendeva immensamente felice.
Passò la mano tra i capelli del suo Don'ha in una carezza e gli baciò la fronte, aspirando il profumo di sandalo che sprigionava la sua pelle. Lo amava con tutta l'anima. E ora sapeva che anche Marco lo amava. Aveva rinunciato al suo mondo per lui, solo per lui.

La grotta era sempre la stessa da migliaia di anni, ma quell'anno sembrava loro molto più accogliente e famigliare, e la loro alcova era sempre piena del profumo dei fiori. Quello era un regalo di Laele, che si era presentata al clan come loro Dea e che ora aveva un intero popolo ai suoi piedi che la adorava e amava.
I due si baciarono con dolcezza e trasporto, assaporando la calda sensazione dell'amore che li legava mentre le loro mani si scoprivano ogni volta come se fosse la prima.
Erano tutti e due felici ora, tutti e due avevano il loro posto nel mondo, un posto che amavano e che dividevano con la persona che era tutto per loro.
Da qualche parte un viso bellissimo di donna si trasformò in un sorriso radioso e benedisse ancora una volta quelle due persone innamorate, donando loro una vita lunghissima e prospera.

*+*+*+*+*+FINE*+*+*+*+

Lafine... sigggh....




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