Demoni

parte XI

di Lara


Erano quasi due lune che Marco perseverava nella sua decisiose di comportarsi come una bambola senza volontà.
Ubbidiva senza mai obbiettare, passivamente, senza dare a vedere nessun tipo di reazione.
Anak era sempre più conscio di quello che aveva fato, di quello che aveva scatenato nel suo don'ha, nel suo compagno, con le sue parole irriflessive.
Chiedeva continuamente scusa in mille modi, con le parole, con gli occhi, con il cuore...
Ma nulla pareva passare oltre lo sguardo gelido e lontano di quegli occhi azzurri tanto intensi da sembrare violetti, nulla sembrava toccarlo.


Marco era seduto sulla morbida e comoda poltrona di seta purpurea dorata simile al piccolo divano, che era posta sotto l'ampia finestra spalancata sul parco, i tendaggi delicati che si muovevano alla brezza calda e profumata che entrava.
Lo sguardo lontano e perso nel cielo limpido e profondo, il viso immoto.

Anak e Rigel parlavano seduti attorno al tavolo di legno intagliato al centro della sala, alle spalle di Marco; l'Imperatore aveva dato loro udienza per discutere della pace tra il Popolo e i Tangle'da per la decina seguente.
Rigel, dopo un pomeriggio di intensa conversazione con lo sciamano, stava per salutarlo per andare ai suoi appartamenti quando, apparentemente in modo casuale, notò il don'ha seduto quieto e silenzioso.
-Noto con piacere che alla fine hai insegnato al tuo don'ha l'educazione e il comportamento adeguato ad uno come lui, lo vedo solo ora che me ne vado, hai fato un ottimo lavoro Anak, mi complimento!-
Anak puntò gli occhi azzurri e verdi in quelli dell'uomo, il viso rigido e gelido, che esprimeva una rabbia a stento trattenuta.
-Marco è liberissimo di fare tutto quello che vuole, non ha bisogno di esere “educato”... Se è stato zitto è perchè lo ha voluto lui. Non certo per onorare stupide tradizioni!-
Rigel guardava lo sciamano stupito dalla rabbia che esprimevano le sue parole, incapace di comprendere come potesse offenderlo il fatto che lui avesse fatto i complimenti per l'impeccabile comportamento che seguiva le leggi e le tradizioni del suo don'ha.
Si chiese perchè Anak fosse sempre così permissivo con il suo don'ha, più di una volta aveva notato comportamenti di quel ragazzetto biondo che da altri sciamani sarebbero stati puniti in maniera esemplere, mentre Anak pareva non solo passarci sopra, ma in certa misura apprezzarli.
-Benissimo Anak, come dici tu. Sappi però che non capisco come tu possa essere stato così permissivo con il tuo don'ha, altri sciamani avrebbero punito la maggior parte dei suoi comportamenti, mentre tu li accetti, e accetti anche il biasimo e le punizioni nei tuoi confronti che questi suoi gesti comportano!- Anak lo fissava gelido, mentre gli occhi profondi e scuri di Rigel lo sfidavano.
-Quello che faccio io è affare esclusivamente mio Rigel, Marco si può comportare come crede, io accetto e accetterò ogni rimprovero e biasimo. Sono io il suo sciamano ed io decido cosa è lecito o meno per lui, chiaro?- Rigel sorrise, ma era una smorfia gelida.
-Come vuoi tu sciamano, la tua parola è come legge... Ci vediamo domattina nei miei appartamenti per definire le ultime cose, i miei saluti.- La voce bassa e fredda accompagnava il viso simile ad una maschera che nascondeva rabbia.
Rigel con quelle parole si voltò, uscendo dall'appartamento e chiudendosi la porta alle spalle.


Marco era furente per le parole di Rileg, ma anche inquieto, cosa voleva dire con il fatto che Anak pagava per certi suoi comportamenti?
Il viso impassibile del ragazzo continuava a essere voltato verso la finestra.
Anak gli si avvicinò e si sedette dul cornicione della finestra, la schiena curva, il capo basso e le mani unite in grembo che si torturavano vicendevolmente. Lentamente lo sciamano alzò lo sguardo incontrando quello freddo del suo don'ha.
-Marco... Ti prego! Non mi hai ancora perdonato? Ho capito davvero, entro i miei limiti, ho capito cosa ti ho fatto! Mi sono sforzato di capire! E' che tu vieni da un posto così diverso che mi risulta incomprensibile, e sbaglio sempre.- Marco guardava in faccia Anak, senza mostrare emozioni, solo un'ascolto intento. -Una volta i don'ha erano i prigionieri di guerra e venivano costretti a legarsi ad uno sciamano, era una forma di schiavitù. Era d'obbligo perchè i nostri Dei non ci avevano ancora mostrato un modo di avere la forza necessaria senza prenderla dalla vita delle persone. Una volta i Don'ha erano come bestie, veniva loro succhiata la vita. Ma questo accadeva in tempi tanto remoti che se ne è perso il ricordo, ma certe cose sono rimaste nella tradizione...- Anak prese fiato ma venne interrotto da Marco.
-Cosa voleva dire Rileg dicendo che tu pagavi le mie mancanze?- Anak impallidì.
-Vedi Marco, quando tu, anche senza saperlo, manchi di rispetto ad altri sciamani o persone, sono io che pago. Normalmente ognuno paga per sé, ma per via di quello che ho detto prima le nostre leggi vedono ancora un don'ha come una specie di proprietà dello sciamano. Sono onorati e tenuti in considerazione, ma solo finchè fanno il loro dovere di don'ha. Mi spiace... Io mi accorgo che tu non puoi accettare sempre tutto. Ma vedi per me è sempre stato scontato avere un don'ha di questo mondo che conosceva, accettava e condivideva le leggi. Che sapeva che c'era un modo di comportarsi in publico e che in privato si poteva comportare come voleva. Ma tu non sei di qua, tu sei come sei, mi hai fato mettere in dubbio la giustizia delle nostre leggi, ma io e te siamo vincolati. Quando il vecchio sciamano ha fatto l'antico rito e sei apparso tu invece di uno del mio clan ero felice, ma quel rito ci lega al vecchio modo, e io non posso farci nulla. Te ne prego Marco, perdonami, ho bisogno di te, non di una bambola graziosa ma senza anima. Scusami...-
Le lacrime scorrevano copiose sul volto dello sciamano, mentre lo sguardo di Marco si focalizzava su quelle gocce di dolore, poi lentamente alzò una mano portandola sul viso di Anak, accarezzandolo e asciugando le lacrime.
-Anak, potrei anche perdonarti sai? Anzi, ti perdono... Ma se mi darai un'ordine, uno soltanto, per costringermi ad agire secondo la tua volontà, tra me e te avrà fine ogni tipo di comunicazione e rapporto. E non scherzo.-
Anak, buttando al vento ogni tipo di orgoglio, abbracciò Marco ricominciando a piangere, affondando il viso nell'incavo della spalla del ragazzo biondo.
Marco dopo un primo momento di sconcerto, abbracciò Anak, accarezzando i lunghissimi capelli d'ebano, lisci e setosi, e stringendolo a sé.
Dopo alcuni lunghi attimi il pianto liberatorio dello sciamano ebbe fine, e si staccò dall'abbracio con aria lievemente imbarazzata, non era abituato a mostrare a quel modo i sentimenti, ma quel periodo lo aveva logorato più di quanto pensasse.
-Perchè domani devi ancora parlare con quel pezzo di merda di Rigel?- Anak sorrise e si sedette sulla poltrona mettendosi in braccio Marco, aspirando il profumo della pelle del suo don'ha.
-Molto probabilmente devo andare via a ingraziarmi il Sacerdote del loro strano dio dai due volti prima di incontrare l'imperatore, può essere un valido alleato se riesco a convincerlo che la pace tra i nostri due popoli vale la pena di essere preservata. Solo che a quanto dice Rigel tu non potresti venire con me, perchè pare che il tipo di rapporto che c'è tra di noi per loro risulta immorale.- Marco si sentiva bene tra le braccia di Anak, come non si sentiva da molto tempo, ma quando parlò di cose immorali gli vennero in mente i pregiudizi di casa sua.
-E allora che dovresti fare? Lui mi ha detto di andare che tu potevi benissimo stare qua, solo che se ci separiamo staremo male e il modo che mi ha suggerito non mi convince.- Anak semprava perso nel problema, non notava l'espessione stupita del suo don'ha che lo fissava.
-Come se ci separiamo staremo male?-
-Se stiamo lontani per più di un giorno l'incantesimo che ci lega ci fa stare male finchè non saremo di nuovo vicini, non lo sapevi?- Marco guardava il viso di Anak senza capire.
-Ma io e te siamo stati lontani per mesi quando sono arrivato...- Anak annuì.
-E' quelle che ha suggerito Rigel, allora non stavamo male perchè il nostro legame era stato spostato da me a te al vecchio sciamano e a te. Praticamente era come se fosse stato lui il tuo sciamano, ma non mi fido a dare a Rigel quel potere su di te, e poi non è uno sciamano.
Finchè sono lontano non ti posso aiutare se succede qualcosa...- Marco si sentì improvvisamente angosciato.
-Vuoi dire che se lui poi non volesse non potrei tornare ad essere il tuo don'ha?- Anak sorrise.
-No, quello no, io posso ripristinare il legame in qualunque momento, anzi, è il legame che si rimette a posto da solo non appena ci vediamo.-
-Allora va bene, anche se Rigel è uno stronzo e lo odio, sarebbe solo per pochi giorni no? E in pochi giorni dubito riesca a combinare casini... Poi siccome non è uno scimano non saprà come sfruttare il legame!- Anak scosse la testa.
-Dimentichi che è figlio della vecchia sciamana e del suo don'ha, anche se non è uno sciamano sa molto sui nostri riti. E poi non mi fido di lui.- Marco si sentiva spaventato dall'idea di rimanere alla mercee di Rigel, ma si rendeva conto che il popolo e i clan avevano bisogno della pace, che non sarebbero mai stati in grado altrimenti di proteggersi dall'invasione dei Tangle'da. Che sarebbe sicuramente avvenuta se la loro missione diplomatica falliva.
-Non me lo dimentico, ma anche se è stronzo è qui come noi per la pace no? Non credo farà cose strane... E poi mi pare che al di là di tutto voglia anche lui il bene del popolo, non credi?- Rassicurato da quelle parole Anak si chinò a baciare Marco, con un dolce sfiorare di labbra.

*§*§*

-Accetti la mia proposta quindi, sciamano?- Rigel era seduto al tavolo del suo appartamento, guardando in faccia Anak come cercando di capire le ragioni di questa sua accettazzione improvvisa.
-Si Rigel, per questa decina accetto la tua proposta, anche perchè non c'è altra soluzione, tra poco parto e sai benisimo cosa comporta la lontananza al legame.- L'uomo sfregiato annuì, e Anak gli vide una luce di vittoria che non gli piaceva negli occhi.
Cercando di studiare meglio l'uomo, provò a sondare leggermente ma la mente era chiusa e trapelavano solo normali emozioni, nulla che lasciasse presagire guai. Marco stava in piedi alle spalle di Anak, silenzioso e immobile, acoltando il discorso e studiando il volto di Rigel.
Decise che era sempre più viscido, ma per una decina di giorni poteva sopportare.
-Bene allora Anak, fa l'incantesimo e preparati a partire, che la scorta ti sta già aspettando.- Quella fretta fece salire la rabbia di Anak, che strinse i pugni, cercando di calmarsi. Come si permetteva quell'uomo di comandarlo? Guardandolo con espressione glaciale si alzò e gli fece cenno di avvicinarsi a lui e Marco.
Rigel si mise davanti a Marco, mentre Anak in mezzo a loro recitava una formula, cantilenandola, nell'antica lingua degli dei.
Impose la mano sulla fronte prima di Marco e poi di Rigel, poi li guardò, gli occhi distanti, la forza dell'incantesimo che lo avvolgeva e lo rendeva un semidio, Marco senti una specie di vuoto all'altezza del cuore.
-Tu ora sei il don'ha di Rigel, obbedisci come se fossi io, onora come se fossi io, servi come se fossi io.- Finito di parlare Anak battè tre volte le mani e si lasciò cadere sulla sedia, stanchissimo.
Marco sapeva che quelle erano le parole del rito, ma gli avevano dato fastidio...
Poi si avvicinò ad Anak che si teneva stravolto la testa tra le mani e gli strinse una mano tra le sue, guardandolo.
-Marco, io ora vado... - Il ragazzo biondo annuì e strinse leggermente la mano grande e dorata dell'altro.
-Lo so, ti accompagno almeno per un pezzo Anak.- Ignorando completamente Rigel, Marco e Anak si diressero verso le stalle.
Una volta giunti Marco colse di sorpresa lo sciamano abbracciandolo.
-Mi mancherai.- Quelle erano le parole più belle che lo sciamano si era mai sentito dire da Marco e lo strinse a sé con forza.
-Una decina passa in fretta Marco, promettimi di non fare stupidaggini.. Ho voglia di ritrovarti al mio ritorno!- Lo sciamano sorrise e Marco ridacchiò.
-Hai voglia? O ma stai partendo e mi sa che non se ne fa niente..- Marco al viso stupito di Anak rise, non si aspettava che una semplice battuta lo sconvolgesse così tanto.
-Ecco... Posso sempre rimandare la partenza sai?- Anak poggiò le mani sul collo di Marco accarezzando la pelle morbida e vellutata. Marco ridacchiò.
-Sarebbe bello ma non penso che sapresti trovare una scusa sul perchè hai ritardato!- Con un sospiro sconsolato e gli occgi brillanti di ilarità lo sciamano annuì.
Poi con leggerezza baciò Marco, divorandolo.
Non si lasciarono per molto, assaporando un lungo bacio in un angolo scuro del cortile interno del palazzo, sulla strada che portava alle stalle.
Poi si incamminarono silenziosamente verso le stalle, dove si salutarono senza una parola, solo con un lungo sguardo.


Rimasto solo Marco si rirovò a girovagare per il parco del complesso imperiale, ammirando i mille fiori colorati e le centinaia di alberi di tipo diverso.
Il parco era punteggiato da angolini più intimi, come grandi alberi frondosi e profumati che lui non conosceva, alla cui ombra panchine di pietra e piccole fontane o laghetti di ninfee creavano un piccolo paradiso.
Si sdraiò all'ombra di uno di quegli enormi alberi, le maniche della tunica arrotolate, e le braccia incrociate dietro la testa.
Aveva voglia di stare solo, e di certo il pensiero di passare i prossimi giorni con Rigel non lo entusiasmava.
Chiuse gli occhi e scivolò nel sonno con dolcezza, cullato dal rumore gorgogliante di una fontana e dall'aria profumata e calda.

Un senso di angoscia si impadronì di lui nel sonno, gli sembrava di soffocare. Vide un'immenso demone che lo guardava, e puntava un dito contro di lui, trapassandolo con un artiglio enorme e nero. Nel sogno Marco si sentiva spaventato ma capiva che c'era qualcosa che non andava.
Prese coraggio e nel sonno chiese al demone perchè era venuto da lui.
Una volta Anak gli aveva spiegato che quelli non erano solo sogni, ma il modo in cui i loro dei demoniaci comunicavano con loro.
Una voce cavernosa e che penetrava nelle ossa frantumandole si innalzò e con un senso di panico Marco pensò che sarebbe morto, poi delle immagini si accavallarono rapide nella sua mente, vide se stesso piangere su un corpo senza capire di chi era, vide Laele ma era una donna adulta e bellissima, poi vide se stesso, ma era diverso, più vecchio, e teneva in mano un lungo pugnale sporco di sangue. Una disperazione senza pari gli attanagliò il cuore, pianse e si disperò, sempre nel sonno senza riuscire a svegliarsi.
Poi una voce lontana, preoccupata per lui, dolce...
-Marco svegliati è solo un sogno, non ti può fare male!- La voce di Laele e la sua mano sulla spalla che lo scuoteva lo svegliarono del tutto.
-Laele! Era un sogno orribile, bruttissimo!- Lo guardò con quello sguardo senza tempo che ogni tanto balenava sugli occhi della bambina.
-Un sogno mandato dagli dei è sempre una sventura, ti hanno messo in guardia Marco.-
Il ragazzo biondo scose il capo, incapace di accettare che una cosa simile accadesse a lui. Messo in guardia, ma da cosa, o chi? Laele lo guardava preoccupata e poi gli diede un bacio sulla guancia.
-Anak è partio vero? Non mi ha salutato...- Marco la vide fare un'esperessione triste e si sentì in colpa. Effettivamente la sera prima Anak aveva detto alla bambina che partiva, ma oggi non l'aveva salutata, decise quindi di dirle una piccola bugia.
-Non ha potuto, ma ha detto di salutarti sai?- A quelle parole Laele si illuminò.
-Davvero? Evviva! Credevo si fosse dimenticato di me!- Marco sorrise e stava per dire qualcos'altro quando una fitta dolorosa allo stomaco lo fece piegare in due. Cosa stava succedendo? La voce di Rigel si fece strada nella sua mente, chiamandolo. Come osava? Sapeva benissimo di sentirsi così perchè Rigel gli stava ordinando di tornare indietro... Non potendo fare altro e con il cuore colmo di rabbia si alzò e salutò Laele che lo guardò allontanarsi con un'espressione stupita.

Arrivato all'apartamento di Rigel Marco entrò sbattendo la porta. Come si permetteva di fare una cosa simile? Chi credeva di essere?
Lo vide seduto su di una poltrona con in mano un grosso volume, circondato di pergamene e altri libri, e da sfere di vedro che sembravano bolle contenenti strani liquidi dai colori vivaci.
-Cosa vuoi?- Marco lo fissava con astio, non cercava neppure di celarlo.
-Ti volevo semplicemente qua con me, non sono come Anak, con me ti devi comportare come si deve, non sopporto certe cose.- Quele parole dette con la masima naturalezza fecero imbestialire il ragazzo biondo.
-Ma chi ti credi di essere? Razza di sacco pieno di boria!- Rileg alzò lo sguardo dal libro, lanciandogli uno sguardo freddo come le distese di ghiaccio che coprivano i punti più lontani della pianura, e che non si scioglievano mai.
-Il tuo padrone al momento, o Anak non ti ha mai detto la vera natura del rapporto tra don'ha e sciamano?- Marco pensò a quello che gli aveva detto il giorno prima, ma accadeva solo nei tempi antichi, o no?
-Mi ha detto che accadeva solo nei tempi antichi. Quindi io non sono di nessuno, chiaro? Tantomeno tuo Rileg.-
-Quelle leggi non sono mai state cancellate, sono solo cadute in disuso, quindi è più che lecito che io le applichi, quindi sta zitto e siediti qui.-
Marco si sentiva soffocare le parole in gola, come si permetteva di comandarlo? Controvoglia, guardandolo con odio, si sedette dove gli aveva indicato, sul tappeto ai suoi piedi.

Ma perchè capitava tutto a lui? Era neppure un giorno che Anak se ne era andato e già Marco si chiedeva perchè non lo aveva portato con se.
A costo di restare nascosto tutto il tempo, o qualunque altra cosa, ma non ce la faceva già più a sopportare Rileg.
Seduto a gambe incrociate sul folto e morbito tappeto blu e oro Marco meditava vendetta per quando fosse stato libero dal legame con Rileg, ma non potevano legarlo a una pianta?
O meglio ancora lasciarlo libero?
Lentamente si fece buio e Marco scoprì di annoiarsi mortalmente li seduto senza fare nulla.
E non poteva alzarsi perchè ovviamente anche il solo pensioro di contraddire Rileg faceva insorgere le prime avvisaglie di dolore.
Cominciò a osservare le stane sfere di vetro, non capiva come avevano potuto metterci quei liquidi all'interno, visto che erano sfere perfettamente integre.
A cosa potevano servire?
Senza sapere come si ritrovò ad essere certo che Rileg non era assolutamente a digiuno di magia, magari non era la magia del popolo delle pianure, ma era pur sempre un tipo di stregoneria.
La luce oramai scarsissima fece chiudere a Rileg il volume che stava leggendo, e appoggiatolo al tavolino che stava accanto alla poltrona si stiracchiò, alzandosi mentre Marco lo guardava.
Ignorandolo completamente, cosa che diede un fastidio enorme al ragazzo che aveva bisogno si sgranchirsi le ossa, se ne andò dall'appartamento lasciandolo li, solo.

Marco allungò una mano per prendere una delle sfere di vetro e la sentì pesantissima, piena di un liquido azurro cupo. Sembrava essere contenuto nella sfera ma non di toccarne il vetro, provò a scuoterla ma il liquido si muoveva pigramente, quasi fosse una cosa gelatinosa.
Osservandola vedeva che più la scuoteva più sembrava diventare solido invece che liquido.
Allora la lasciò ferma nel palmo della mano, pazientando per alcuni minuti.
Dopo muovendola piano si accorse che era ritornata liquida.

Marco, perso nello studio della sfera non si accorse che Rileg era tornato e lo osservava con un sorriso strano sul volto sfregiato. Gli occhi di onice lo fissavano freddi e calcolatori, ma con una strana scintilla che lo avrebbe inquietato e spaventato.
-Cosa stai facendo?- Marco trasalì.
-Guadavo. Non lo vedi?- Rileg gli si avvicinò e gli tolse la sfera dalle mani poggiandola nuovamente sul tavolino.
-Vieni, devo andare a prendere delle cose al mercato.- Marco si alzò indolenzito e si stiracchiò. Sentendo l'aria fresca che entrava dalla finestra rabbrividì leggermente e si strinse nelle spalle.
-Che hai da comprare a quest'ora?- Rileg non rispose e Marco si ritrovò a seguirlo attraverso le strade quasi vuote di persone e merci, fino ad una banco un po appartato che conosceva, quello di Deoris.
Marco sorrise nel vedere la donna che a sua volta gli sorrise, salutandolo con un cenno del capo.
-Cosa desiderate da me signori?- La voce della donna era gioviale come al solito, anche se leggermente roca per la stanchezza.
-Mi hanno detto che tu sei l'unica ad avere l'alga rossa. La voglio.- Deoris studiò a lungo il viso sfregiato di Rileg, poi scosse il capo.
-Ti devono aver informato male signore, io non vendo una cosa così pericolosa, e anche se la avessi non la venderei ad una persona che so ne farebbe un uso sbagliato.- Rileg fece un passo avanti con aria minacciosa, appoggiando le mani sul tavolo dove la merce era esposta e chinandosi verso la donna che non pareva per nulla turbata.
-Non ho chiesto il tuo parere strega, ho detto che la voglio.-
-E io ho detto che non la vendo a gente malvagia. Marco, ma come fai ad andare in giro con uno simile?- Deoris, per nulla intimidita o spaventata, sorrideva all'indirizo del ragazzo biondo che seguiva la scena da un passo di distanza.
-Non è proprio una mia scelta Deoris, dic..- La voce irosa di Rileg lo interruppe.
-Zitto! Non ti ho certo detto che ci potevi parlare mi pare!- Marco zittito contro la sua volontà fisava con odio puro la schiena dell'uomo alto e massiccio.
-Come dicevo prima, non posso venderla a una persona che sia meno che onesta. E zittendo a quel modo Marco mi hai solo dimostrato che non posso fidarmi.- Marco vedeva la donna che tranquillamente e con una sicurezza di sé invidiabile affrontava Rileg che, sempre più irato, pareva perdere il controllo.
-Come vuoi tu strega, ma ci si risentirà, e allora non mi potrai negare nulla.- Con una mossa brusca che quasi rovesciò il tavolo e tutta la merce Rileg si voltà avviandosi a grandi passi verso una strada laterale, facendo cenno a Marco di seguirlo.
Salutando la donna con lo sguardo Marco seguì Rileg, spaventato da quel confronto che non capiva.


Deoris vide i due allontanarsi e sospirò, acasciandosi leggermente.
Per un attimo aveva avuto una paura tremenda, sapeva benissimo che quell'uomo era uno stregone più potente di lei, ma non poteva asolutamente permettere che un' erba pericolosa e potente come l'alga rossa cadesse in mano ad una persona simile.
Pensando a Marco si chiese preoccupata come avesse fatto a finire nelle grinfie di un individuo simile.
Un individuo che aveva un simile potere su di lui poi..
Aveva chiaramente percepito l'odio del ragazzo per l'uomo, e il filo che lo legava all'altro. Ma c'era qualcosa che le sfuggiva, come era possibile che un don'ha non fosse legato al suo sciamano? E di certo quell'uomo non lo era!


Marco seguiva Rileg che caminava spedito per i vicoli della città, avvicinandosi sempre di più alla città bassa, dove Marco non era mai stato.
Era la parte malfamata della città dove ti potevano uccidere per una moneta di rame.
Le strade erano piene di ladri, mendicanti e prostitute che facevano segno di invito verso le profondità buie dei vicoli.
Bordelli si alternavano ad ogni angolo, vicino a case da gioco, taverne e altri posti che Marco non capiva cosa potessero essere.
Marco si sentiva minacciato, fuori posto in modo palese.
Rileg si fermò di botto e lui andò a sbattere contro l'ampia schiena, rimbalzando al'indietro; stava per cadere ma l'uomo lo afferrò per un polso tenendolo in piedi.
Drappeggiandosi meglio l'enorme mantello nero sulle spalle Rileg osserava i vicoli bui rischiarati nella notte appena iniziata da fiaccole agli incroci, come per orientarsi.
Una leggera caliggine copriva i vicoli di pietra, e scoli maleodoranti e neri creavano osceni rivoli in mezzo alla strada, riempiendo dell'odore di fogna le strade.

Marco cominciava ad avere freddo, la semplice camicia non gli dava abbastanza calore in quella notte.

Rileg, come se avesse scelto la strada da fare, smise di guardarsi attorno per
concentrarsi sul ragazzo biondo in piedi accanto a lui.
Gli si avvicinò e gli mise un braccio sulle spalle avviluppandolo nel suo mantello.
-Così sei più al sicuro, non vogliamo che Anak si ritrovi un don'ha morto, vero? Stiamo andando da un mio vecchio amico, te non fiatare per nessun motivo e c'è la possibilità che ne usciamo vivi.- Rileg si incamminò a passo spedito addentrandosi sempre di più nei vicoli mentre Marco rifletteva su quelle parole.

Si fermarono dopo una decina di minuti davanti ad un bordello che aveva un'aspetto decisamente migliore degli altri e Rileg si alzò sulla persona, raddrizzando la schiena e tirando leggermente indietro il mantello. Il viso sembrò quasi trasformarsi, abbandonò l'espressione altezzosa che quasi sempre lo accompagnava e ne assunse una che fece rabbrividire Marco.
Licenziosa e maliziosa, sembrava essere diventato un'altro.
Entrò sempre stringendo a sé il ragazzo con passo tranquillo, come se quel posto gli appartenesse.
Una grande sala piena di divani, tavolini e persone più o meno vestite si aprì davanti a Marco. Non si aspettava un posto quasi lussuoso come poteva essere quello, in cui tra l'altro non capiva assolutamente cosa ci erano venuti a fare.

-Mio signore Rileg! Benvenuto! Sono mesi che non vieni a farci visita!- Una donna sottile e che aveva visto tempi decisamenti migliori si parò innanzi a loro, il viso stanco e gli occhi grigi pesantemente truccati.
-Sai che appena posso vengo volentieri a trovarti Reelena, ma sono stato in viaggio, come vanno gli affari ultimamente?- La donna scosse il viso con aria tragica.
-Ci sono sempre meno giovani che decidono di intraprendere l'antico mestiere, e sempre più spesso devo... convincerli... a lavorare per me. Ma dimmi che questo splendido fiore è il tuo nuovo acquisto Rileg, ottimo gusto come al solito, potrei addirittura pensare di comprartelo!- Marco si senti strozzare e arrossire. Pensava che lui, che lui... Stava per scansarsi da Rileg quando lui lo strinse più forte.
-Carino vero Reelena? Ma è molto selvatico... E per ora mi piace ancora, quando me ne sarò stancato potrei anche pensare di vendertelo. Ma ora è prematura la cosa.- Rileg stava sorridendo alla donna che aveva preso il mantello sistemandolo in un guardaroba e li guidava verso un divano appartato e seminascosto da alcuni paraventi.
-Rileg, sai meglio di me che quando ti stanchi di un ragazzo non ne rimane mai molto su cui lavorare!- A quella che era una battuta incomprensibile per Marco i due scoppiarono a ridere.

Parlarono per molto di cose che Marco riusciva a cogliere solo marginalmente, mentre ogni tanto Rileg gli accarezzava la gola o il viso in maniera distratta.
Gli sembrava un elaborato duello verbale di cui lui era solo un'ignaro spettatore.
Guardandosi attorno Marco si sentiva sempre più imbarazzato, si sentiva mille occhi addosso e non capiva assolutamente perchè Rileg fosse andato in un posto simile. Poi li senti parlare di quell'erba che Deoris si era rifiutata di vendergli, l'alga rossa.
A quanto pareva era una specie di droga che causava dipendenza.
-Si, so dove poterla prendere ma ti costerà cara. Però potremmo fare un baratto se non te la senti di spendere 10 monete d'oro.- Rileg sorrise con aria meditabonda.
-Credo di sapere che vorresti al posto delle monete, ci guadagneresti dieci volte tanto Reelena. Ma preferisco pagarti. Passo a prenderla domani.-
Detto quello Rileg si alzò, e venne accompagnato alla porta dalla donna che si passava nervosamente la mano nei lunghi e lisci capelli bruni. Una volta usciti Rileg avvolse nuovamente se steso e Marco nel mantello e si incamminarono a passo spedito verso la residenza imperiale.


-Che cosa ti serve a fare quell'alga rossa Rileg?- Marco era seduto al tavolo che mangiava, mentre l'uomo, che aveva appena toccato cibo, si era già rimesso a leggere seduto sulla poltrona, alla luce di una lampada.
-A cose che non ho intenzione di spiegarti Marco.-
Guardandolo male decise che era meglio non approfondire, prima che gli dicesse di nuovo di stare zitto.
Era stato zittito già troppe volte per i suoi gusti quella sera, non aveva voglia di sentirselo ordinare una di più.
Appena ebbe finito di cenare Marco si alzò per andare a dormire nell'altro appartamento, quello che divideva con Laele e Anak, ma una domanda dell'uomo sfregiato lo bloccò.
-Dove credi di andare tu?-
-A dormire, non posso neppure fare quello?- Silenziosamente e con movenze leggere Rigel si mise alle spalle di Marco, abbracciandolo e baciandogli il collo.
-Certo che dormirai, ma con me!-

Fine per ora *_* (me sadica mode on)
PS: se mi uccidete non potete leggere il resto ^^'





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