Titolo: Buio
Autore: ki_chan
Parte: 23
Pairing: Nessuno
Raiting: pg13


Buio

Capitolo XXIII

(Joël)

« Apparecchia per cinque »

Mi dice Stefano affacciandosi dalla cucina in cui è rinchiuso praticamente da questa mattina per preparare il pranzo di Natale. E’ ormai mezzogiorno e a momenti dovrebbe arrivare Francesco per passare con noi il Natale.

« Guarda che siamo solo in quattro! »

Ribatto un po’ scocciato perché odio apparecchiare la tavola, soprattutto perché Stefano mi ha obbligato a tirar fuori il servizio “bello” di piatti e bicchieri e ha preteso che apparecchiassi tipo ricevimento con quarantasette forchette e sessanta piatti diversi che ho dovuto lavare perché stavano ammuffendo nell’armadio.

« Non sono così vecchio da essere rincitrullito, se dico cinque siamo cinque »

Sto per chiedergli che cosa diavolo si è inventato quando suona il campanello. Lascio i piatti sul tavolo e ripromettendomi di riprendere il discorso con Stefano mi dirigo verso la porta convinto che sia Francesco.
Apro distrattamente ma quando lo vedo davanti alla porta non so cosa fare. Il mio cuore ha perso un battito e probabilmente ho anche una strana espressione sul viso. Forse per prima cosa dovrei salutarlo o vergognarmi per come mi presento, in tuta, barba lunga e capelli spettinati. Sta di fatto che rimango immobile stupito e anche un po’ spaventato. Lui mi guarda stupito, forse per la mia reazione, poi piano mi saluta e dice:

« Non sembri entusiasta di vedermi »

In quel momento arriva Stefano e allegro dice:

« E’ arrivato il mio ospite … prego, entra »

Michele entra e consegna a Stefano la bottiglia di spumante e il panettone che ha portato. Parla un po’ con Stefano prima di informarsi dove sia Maximilian. Io continuo a barricarmi nel più totale mutismo mentre tento invano di pensare razionalmente. Non appena Michele entra in camera di mio fratello mi volto verso Stefano e gli dico:

« Che cavolo ti è preso? Si può sapere? »

« Perché? Mi sembrava carino invitarlo … »

« Questa è casa mia!! Decido io chi invitare! … almeno potevi avvertirmi, avrei evitato quella figura da pesce lesso! »

« Pensavo di farti un favore a fare quello che tu non avevi il coraggio di fare »

Arrossisco involontariamente ben sapendo che ha ragione. Mi fa piacere che sia qui ma non avrei mai avuto il coraggio di chiederglielo di persona. Non ribatto nulla e mi rimetto a pulire piatti e bicchieri e a disporli sul tavolo. Passo alle posate quando Michele mi si avvicina e dice:

« Scusa per essere venuto. Sapevo che la mia presenza non ti avrebbe fatto piacere ma speravo che almeno non ti desse così fastidio … »

« N-no … è solo che non mi aspettavo venissi! »

Dopo qualche istante di imbarazzato silenzio, imbarazzo che sembro provare solo io, mi dice:

« Vuoi una mano? »

« Si grazie »

Gli appioppo le posate da distribuire mentre io mi dedico ai tovaglioli. Nessuno dei due dice nulla. Io sono un po’ teso ma anche se non vorrei ammetterlo sono felice che lui sia qui.
Finito di preparare la tavola, mi chiudo in camera per darmi una sistemata. Mi guardo allo specchio e devo ammettere che sono proprio da buttare. Mi faccio la barba e mi pettino. Il problema è decidere cosa indossare. La cosa sconvolgente è che non sono mai stato così. Si, insomma, curo il mio aspetto ma certo non sto un quarto d’ora a decidere cosa indossare per il pranzo di Natale. Poi un’idea e le parole di Francesco che mi tornano alla mente. Prendo la camicia e i jeans che abbiamo comprato qualche giorno fa. Sono titubante ma alla fine li indosso. Mi guardo allo specchio e penso che Michele potrebbe apprezzarlo. Mi do dello stupido e del ragazzino mentre scocciato mi spoglio. Che idee stupide che mi vengono. Opto per un semplice paio di jeans normali e un lupetto nero.
Quando esco dalla camera Michele è sulla porta della cucina che parla con Stefano di non so cosa. Mi guarda con la coda dell’occhio e mi regala un sorriso fugace. Sto per voltarmi dall’altra parte in imbarazzo quando suonano di nuovo alla porta. Per un istante mentre apro la porta temo che sia un altro colpo basso di Stefano, ma quando mi trovo davanti Francesco sono sollevato.
Lo faccio entrare e gli prendo il cappotto. L’atmosfera si fa un po’ pesante quando Francesco cercando di essere naturale si presenta a Michele. I due si stringono la mano ma vedo che Michele non è molto felice di vederlo. E’ educato e formale ma molto freddo. E’ Stefano a sciogliere un po’ il ghiaccio chiedendo a Francesco come vadano gli studi.
Non appena Francesco rivolge l’attenzione su di me sento che me ne combinerà una delle sue. Mi fissa un istante prima di trascinarmi in camera. Sbatte appena la porta alle sue spalle e mi dice:

« Perché sei vestito così? »

« Cosa vorresti dire? »

« Siamo andati apposta a fare spese per questo momento e tu esci conciato così? »

« Non sono poi così male vestito così! Mi sminuisci »

« No! Sei tu che ti sminuisci! »

« Dai piantala!! E’ una cosa penosa! Non è nel mio carattere, lo sai! »

« Ohhh poche storie! Cambiati … e fai in fretta che potrebbe fraintendere! Già vorrebbe strangolarmi, vediamo di non peggiorare le cose! »

« E’ colpa mia se non ti sopporta! »

« Ma guarda, ha anche ragione dopo quello che ha visto quella sera … »

Mi cambio solo per farlo contento ma sono molto dubbioso. Quando ho finito gli dico un po’ scocciato:

« Va bene così? »

« Sei bellissimo! »

« Ma piantala! »

Devo essere sincero: quando esco dalla camera mi sento tremendamente a disagio come poche volte mi era capitato. Sarà che sono davvero indecente vestito così o forse sarà che mi sento subito lo sguardo di Michele addosso. Francesco sgattaiola abilmente in cucina da Stefano e io rimango nel salone con Michele. Vorrei davvero sprofondare quando Michele mi fa notare che ho ancora il cartellino della camicia attaccato.
Mentre tento di staccare quel dannato cartellino Michele mi dice:

« Stai molto bene vestito così! »

Stupidamente, cercando invano una spiegazione, dico:

« E’ Francesco che ha insistito perché li indossassi! »

« Lo immaginavo »

Il suo tono è stranamente triste, quasi scocciato. Non potendo certo spiegargli cosa ha in mente Francesco, gli dico:

« Non te la prendere con lui per quello che ti ho fatto io … »

« Non è così facile! »

« Lui è un ragazzo dolcissimo, è un grande amico per me … l’unico! »

« Non è solo un amico »

« Sì, è solo quello … ormai da tempo! »

« Cercherò allora di non desiderare che si soffochi con il panettone! »

Scuoto la testa divertito mentre gli chiedo se può andare lui a adire a Maximilian che è pronto in tavola.
Il pranzo, quasi interminabile data la quantità elevata di portate che Stefano ha preparato, passa tranquillo. Maximilian non ha praticamente toccato cibo anche se Stefano l’ha pregato di mangiare qualcosa. Io mangio in silenzio senza far troppa attenzione ai discorsi che fanno a tavola.
Verso le cinque del pomeriggio ritorna un po’ di calma in casa. Francesco è tornato a casa per passare un po’ i tempo anche con la sua famiglia. Maximilian si è chiuso in camera, probabilmente a telefonare a Luca come fa sempre ormai, e Stefano è sul divano dove l’ho praticamente costretto a stare mentre lavo i piatti e sistemo al cucina mentre Michele mi da una mano.
Quando siamo soli in cucina gli chiedo:

« Perché sei venuto? »

« Ti da davvero così fastidio che sia qui? »

« Non intendevo quello. Solo …generalmente si passa il Natale con la propria famiglia »

« Di solito si … »

« Tu l’hai sempre passato con noi il Natale. La tua famiglia? »

« Perché me lo chiedi? »

« Perché non me ne hai mai parlato. »

« Perché non ti è mai interessato saperlo. »

Rimango in silenzio ben sapendo che ha ragione, ma non per questo non posso che rimanere male per le sue parole. Per un attimo mi ero illuso che davvero le cose tra noi fossero cambiate, che potessimo avere un rapporto civile … ma ci siamo fatti troppo male perché ciò avvenga.

« Non sono ben visto dalla mia famiglia. A parte mio fratello, meno mi vedono meglio stanno »

Lo guardo stupito, non mi aspettavo certo una cosa simile. Non me la sento di chiedergli di più. Posso capire che sia un argomento poco piacevole. Spero solo che non fraintenda il mio comportamento. Ma lui, senza che io gli dica nulla, comincia a raccontarmi cosa è successo:

« Mio padre mi ha cacciato di casa quando avevo vent’anni dicendomi di non farmi più vedere »

« Tua … tua madre? »

« Non ha fatto nulla »

« Perché ti ha cacciato? »

« Mi ha visto mentre abbracciavo Damiano sul divano … non l’ha presa per niente bene. Ma puoi immaginare come è andata »

« D … Damiano? »

« Si, ci siamo messi insieme che avevamo quindici anni e chissà forse se le cose fossero andate diversamente staremmo ancora insieme … »

« Gli vuoi molto bene … »

Mi sento così stupido a dire una cosa del genere. Ad essere sincero non so proprio cosa dire, da una parte sono curioso di conoscere il passato di Michele ma non mi fa molto piacere parlare di Damiano.

« E’ normale, quando si sta insieme ad una persona per quasi nove anni e normale volergli bene. Mi sbaglio forse? »

« Credo che sia così … non ne ho idea dato che non mi è mai capitato di avere una relazione seria »

« Mai? »

Se penso a quanti uomini ho avuto faccio fatica a fare il conto esatto ma contare quante relazioni serie ho avuto, beh il conto è facile. Nessuna. La più lunga è stata con Michele ma certo quella non era una relazione seria. Cerco di spostare il discorso di nuovo su di lui chiedendo piano:

« Lo ami ancora? »

Si volta verso di me per guardarmi e chissà forse capire cosa ho in mente, ma continuo con ostinazione a fissare il piatto che sto lavando.

« Perché me lo chiedi? »

Mi volto verso di lui imbarazzato e stizzito incontrando il suo sguardo e senza pensare dico:

« Non certo perché sono geloso! »

Mi fissa un istante e dice:

« Certo »

Ancor più stizzito dico:

« Smettila di guardarmi in quel modo! »

« In che modo ti starei guardando? »

« Come se sapessi cosa sto pensando … come si guarda un bambino che mente per sembrare più grande! »

« E tu mi stai mentendo? »

Si fa più vicino a me e io distolgo di nuovo lo sguardo e senza troppa convinzione dico:

« Perché dovrei mentire? »

Mi prende il mento tra le dita e delicatamente mi costringe a voltare il viso vero di lui. Preso alla sprovvista non so come reagire. La sua voce è tanto bassa che brividi mi percorrono tutta la schiena quando dice:

« Guardami negli occhi mentre mi dici si o no »

Rimango in silenzio incapace di rispondere. Lui si avvicina ancora, il suo viso è così vicino che d’istinto chiudo gli occhi. Sento le sue labbra fresche posarsi delicatamente sulle mie. Mi concedo solo un istante prima di allontanarmi con il viso in fiamme e il cuore in gola. Non ho la forza di guardarlo negli occhi quando dico:

« Non è come credi! »

« Scusa … »

« Non devi scusarti »

Cerco di concentrarmi di nuovo sui piatti per cercare di calmarmi un pochino. Le mani però mi tremano davvero troppo. Sono vergognoso. Il resto del tempo lo passiamo in silenzio. Lui sembra tranquillo mentre io non faccio altro che darmi dell’idiota.
Era quello che volevo ma non ho potuto impedirmi di allontanarmi. Lui ci sarà sicuramente rimasto male.

E’ ormai sera quando finiamo di sistemare e Michele decide di tornare a casa. Io non ho ancora detto una parola. Ho tentato tante volte di dire qualcosa ma nulla che non sembrasse fuori luogo. E’ ormai sul pianerottolo quando lo chiamo con una nota d’esitazione:

« Michele … »

« Si? »

« Se non hai nulla da fare a capodanno potresti venire da noi … sono sicuro che a Maximilian farebbe piacere. »

« E a te? »

Esito un istante prima di dire, quasi in un sussurro:

« Anche … »

Lui sorride e dice:

« Allora vengo volentieri »

Ho ancora il cuore che batte all’impazzata quando mi chiudo lo parto alle spalle. Non avevo mai provato nulla di simile.

Prendo il telefono, insolitamente libero, e chiamo Francesco

« Pronto? »

« Ciao, sono io … »

« Cosa è successo? Ci siamo visti poche ore fa … »

« Michele ha cercato di baciarmi … »

« e … ? »

« Io l’ho allontanato … »

« Pronto?? »

Ma ha messo giù il telefono!! Stizzito lo richiamo ma non mi da il tempo di dire nulla che dice:

« Sei un deficiente! »

« Perché hai attaccato il telefono? »

« Non parlo con gli stupidi! Si può sapere perché l’hai fatto? »

« Non lo so! »

« Gli puzzava l’alito? »

Scoppio a ridere allentando così la tensione.

« No, non gli puzzava l’alito! »

« Allora cosa?? Non era quello che volevi? »

« Si, credo di si. Ma non lo so! Non ho mai provato nulla di simile! »

Il tono di Francesco si fa più serio e dolcemente dice:

« Ti dico io cos’è successo … Ti sei innamorato e hai paura, sei confuso e ti vergogni perché sei stramaledettamente orgoglioso »

« Io … se mi stessi sbagliando? Se in realtà non lo amassi davvero? Finirei per fargli ancora del male capisci? Se scoprissi di non essere in grado di amare? »

« Se non provi non lo scoprirai mai … »

« Non credo di essere ancora pronto … »

« Attento solo a non fartelo portar via! »

« Già! Forse me lo meriterei anche. Il fatto è che con lui non posso più permettermi di sbagliare! »

Francesco cerca di darmi coraggio, di spronarmi ma dopo un po’ capisce che c’è ben poco da fare e decide di cambiare argomento. Parliamo del più e del meno finché sua mamma, infuriata, gli dice di ‘staccarsi da quel cavolo di telefono’. Ha ragione, l’ho monopolizzato per l’intera giornata. Ci salutiamo. Io mi lascio cadere sul letto esausto ma felice dopo tanto tempo mentre ripenso ancora alle sue labbra sulle mie.

 


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